Come si calcola il rischio reale per il tumore al seno
Da trenta anni lo dico e lo scrivo.
Lotta contro il cancro !
Tira fuori il coraggio !
Linguaggio guerresco !
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Dopo 30 anni ora uno studio serio conferma le mie strampalate idee !
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IL CANCRO NON E' UNA GUERRA ed i PAZIENTI NON SONO GUERRIERI
Spesso si parla di tumori usando metafore di guerra e delle persone malate come dei coraggiosi eroi o delle vittime. Non tutti però sono convinti che si tratti delle immagini giuste
Non ci sono guerrieri né battaglie. Solo persone con un cancro che cercano di vivere al meglio il resto della loro vita, senza per forza essere un esempio per gli altri. Basta questo per sintetizzare il senso dell'indagine realizzata dall'associazione inglese Macmillan Cancer Support sulla percezione che i malati hanno del racconto del cancro, sui media come nella vita.
Due mila persone con un tumore hanno in maggioranza dichiarato di averne abbastanza delle metafore militari usate per descrivere la loro condizione, stufe soprattutto di quel senso di colpevolezza o inadeguatezza che sembra aleggiare intorno a chi "ha perso la battaglia".
Parole che pesano, che dividono la stessa comunità di malati. E delle quali, in fondo, potremmo fare a meno.
Parlare di guerrieri, di coraggio e a volte di eroismo - sostengono le persone affette da un tumore - può mettere in soggezione e a disagio, soprattutto chi ha appena ricevuto la diagnosi.
L'idea di dover affrontare una sfida sottintende la possibilità di vincerla e quando si ha a che fare con un cancro non è così scontato: i tumori inguaribili, purtroppo, esistono ancora. E quindi, chi non sconfigge il proprio cancro è un perdente che non si è impegnato abbastanza?
Meglio perciò andare sul concreto, dire le cose come stanno: nessun combattente, nessun eroe e nemmeno vittime, bensì persone che stanno affrontando ciascuno la propria malattia (sì, perché parlare in generale di cancro può dare adito all'idea che sia un'unica patologia, quando in realtà ciascun tumore è diverso e unico) vivendo ogni giorno al meglio. Persone che hanno bisogno di parlare con il proprio medico, con i familiari e la comunità di terapie, sentimenti e percorsi senza essere compatiti e considerati dei condannati a morte – ma nemmeno senza essere esaltati come dei semi-dei per quella che è la loro normalità.
Tuttavia, dal sondaggio britannico è emerso anche che espressioni e immagini guerresche tendono a dividere la comunità di malati. C'è chi, infatti, non vive questa narrazione in senso negativo, ritenendo che considerare il proprio tumore come una sfida da vincere abbia aiutato a prendere consapevolezza, a responsabilizzarsi e a porsi degli obiettivi per andare avanti. Altri ancora riconoscono che la metafora della lotta sia utile a livello di comunicazione, anche se, come tutte le semplificazioni, non sempre calza a pennello.
"Questi risultati – ha commentato alla Bbc Karen Roberts della Macmillan Cancer Support – mostrano quanto semplici parole e descrizioni possano in realtà creare divergenze". L'intento del sondaggio non era scardinare completamente un certo tipo di narrazione, ma far riflettere sull'importanza delle parole, non dando per scontato che siano bene accette e condivise da tutti coloro che vivono con un cancro.
Considerazioni che sono rivolte ai media (per i quali comunque già esistono linee guida), agli amici e ai familiari di una persona con un cancro perché, quando non sanno come approcciarsi, siano schietti e sinceri senza ricorrere a luoghi comuni, ma anche ai malati stessi, che non devono sentirsi costretti da convenzioni linguistiche solo perché socialmente diffuse.
La via della chiarezza e della condivisione potrebbe essere quella giusta.
(*) https://www.bbc.com/news/health-47002578
https://www.medicitalia.it/blog/oncologia-medica/4700-dare-sempre-speranza-i-fattori-predittivi-sono-una-mera-informazione-non-una-condanna.html
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Oggi carnevale con la bebè la vestirò da gattino
Noi non c'entriamo nulla con i social dove e' sconsigliabile postare foto dei bambini.
Se nulla osta (ci pensi) e volesse inviarci una foto della gattina la pubblichiamo
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Condivido ogni parola di questo approfondimento.
Grazie Dottore
Ho ricevuto tantissime critiche da colleghi oncologi quando 5 anni fa nel
https://www.medicitalia.it/blog/oncologia-medica/4700-dare-sempre-speranza-i-fattori-predittivi-sono-una-mera-informazione-non-una-condanna.html
scrivevo
"Il modello parassitario, così purtroppo presente ed enfatizzato dai media, che sinora ha ispirato tutte le strategie di LOTTA, traghettando il linguaggio militare (persino i soggetti volontari per uno studio vengono chiamati "arruolati") direttamente dalle vittoriose battaglie contro le malattie infettive del passato, con l'obiettivo di bonificare il corpo sradicando il cancro come un virus chirurgicamente o chimicamente, è un modello quanto mai obsoleto.
Tant'è che tutte le nuovissime terapie "molecolari" tendono ad essere personalizzate per ogni tipo di tumore. Facile dedurre che un ciarlatano si riconosce subito perchè propone una unica terapia per tutti i tumori. E non solo invece sono eterogenei i tumori su pazienti altrettanto eterogenei , ma addirittura solo poche cellule di tutto il tumore sono veramente maligne, quelle che lo fanno crescere: le cellule staminali del cancro.
E soprattutto è una arma a doppio taglio perché letale sul piano psicologico in caso di fallimento delle terapie.
Quello più moderno, conoscendo sempre meglio la sua flessibile fisiologia, è di riuscire a farlo diventare più frequentemente una malattia cronica come ad esempio il diabete, malattia curabilissima che consente uno stile di vita assolutamente normale.
E se paradossalmente non fosse maligno e neanche cattivo? Non dal punto di vista della diagnosi, ma della semantica.
Se non fosse nè aggressivo, nè subdolo, se non fosse nemmeno infido?
Metti il caso che fosse al contrario stupido, ottuso e insensato.
Che non avesse scopi (13) e teologia, che non combattesse contro il suo ignaro ospite al fine di distruggerlo, ma si ritrovasse invece conquistatore anarchico e senza volontà, tanto meno di potenza?
Che non assomigliasse affatto a quell'alieno mostruoso, l'estraneo e contrario che si è impossessato del nostro corpo portandolo perfidamente alla rovina.
Che, proprio dovendo antroporfomizzare, riuscissimo a immaginarlo come un idiota arcaico e primitivo, una sorta di tonto e limitato, non per questo poco pericoloso, non per questo meno pericoloso.
Anzi pericolosissimo pur non riconoscendogli una identità dotata di una volontà malvagia,nè dotato di una "intelligenza malvagia" e che la sua pericolosità deriva dalla sua strutturale insensatezza, dalla sua primitiva organizzazione metabolica e per paradosso, distruttivo in quanto stupido e inaspettatamente elementare e afinalistico.
E' possibile approfondire alcuni di questi concetti su
http://www.senosalvo.com/mai_perdere_la_speranza.htm
http://www.senosalvo.com/possibile_sfuggire_alla_morte.htm
Medico e ricercatore di fama internazionale, David Serva-Schreiber, fu colpito all'età di 30 anni da un cancro al cervello, ritenuto oggettivamente come "letale". Diciannove anni dopo avere girato il mondo, impegnato in conferenze e presentazioni dei suoi nuovi libri, lui stesso deve ammettere che la malattia è tornata, ancora più aggressiva. Non rimpiange nulla di quel che ha fatto in questi 19 anni regalati di vita durante i quali ha convissuto con lo stupido tonto che tuttavia non gli ha impedito di vivere la normalità professionale e quella di una famiglia, con 3 figli.
E sono stupefacenti le pagine scritte poco prima di morire, con domande ancora cruciali, strazianti ma straordinariamente lucide, sulla vita.
Coltivo con scrupolo tutte queste fonti di speranza che alimentano il desiderio di vivere sino a domani, poi a dopodomani, poi a dopo-dopodomani.....
Sono convinto che occorra fare di tutto per aiutare i malati a mantenere intatta la loro capacità di sperare. Non si tratta di servire loro pietose bugie, non è necessario camuffare la verità per dare speranza.
Una fonte di speranza è il piacere di stare con i propri cari. Quando vedo mia moglie ed i miei figli tocco il cielo con un dito.
Anche un semplice animale da compagnia può illuminare il grigiore della malattia. Molto tempo fa mi dovetti sottoporre ad un estenuante ciclo di chemioterapia che durò tredici mesi, e per placare le terribili nausee adottai un sistema poco ortodosso: dormire accanto al mio cane e accarezzarlo di tanto in tanto. Era come se lui avesse capito che aveva un ruolo molto importante nella mia battaglia per la salute. Ogni mattina andavo a correre con lui. O meglio lui aveva preso talmente a cuore la sua missione che sarebbe più generoso dire: "Mi portava a correre tutte le mattine".
Una cosa che il mio gatto Titus, ovviamente, non può fare. Ma mi offre la sua fedele compagnia e mi fa l'immenso regalo di dormire fra le mie gambe. Grazie Titus, con te mi sento meno solo di notte>>
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Mi chiamo Rina e ho promesso al dr. Catania e a mia figlia che avrei fatta una breve sintesi della mia esperienza con il cancro.
Alcune cose le ha gia' scritte mia figlia agevolandomi il compito.
Ho 83 anni e la scoperta della malattia risale al febbraio del 1988. Allora fare una diagnosi di cancro equivaleva nell'immaginario comune ad una sentenza di morte. Le terapie erano veramente aggressive : si somministravano chemioterapici molto tossici sino a saggiare la resistenza del malato con gravi conseguenze. Nel mio caso sino all'aplasia midollare. Ma la cosa che piu' ci faceva sentire sole era il clima di omerta' che ci circondava a partire dagli stessi medici.
Nessuno osava fare domande perche' tanto si sapeva che nessuno avrebbe dato risposte vere. Ci tengo a dire che la mia stessa esperienza e' stata vissuta dalla mia amica Enza di Messina , ancora viva e pimpante a 85 anni, e che e' stata operata nello stesso giorno dal dr. Catania e con la quale ci sentiamo ancora al telefono e non c'e' necessita' piu' di parlare di cancro.
Ricordo tutto come fosse accaduto oggi !
Con una diagnosi di tumore avanzato gia' metastatico ai linfonodi a causa di errori dei medici che avevano sottovalutato la mia situazione , mi sono ritrovata nello studio del Prof. Veronesi in via Salvini 10 a Milano, raccomandata dalla sua segretaria, amica di una nostra conoscente.
Il Professore senza giri di parole mi disse che non c'era tempo da perdere e 'nel mio Istituto (dei Tumori di Milano) ci sono 3 mesi di attesa' e mi indirizzo' dal Prof. Catania, Primario di Chirurgia dell'Ospedale Buzzi di Milano, e che aveva lo studio proprio nel palazzo di fronte della stessa via al numero 3.
La via e' una perpendicolare di C.soVenezia a due passi da Piazza S.Babila.
Mi fiondo immediatamente dalla segretaria del Prof. Catania per essere ricevuta SUBITO a costo di aspettare sino a sera essendo senza appuntamento.
Il primo impatto con il prof. Catania e' stato quanto mai sfavorevole : mi aspettavo un professionista di una certa eta', e invece mi trovo davanti un ragazzino in jeans, capelli lunghi, abbronzatissimo in pieno inverno.
Nella stessa sala di attesa c'era una altra paziente, Enza, anche lei inviata dal Prof. Veronesi.
Neanche l'approccio comunicativo mi ha tranquillizzata quella volta pur se la spiegazione razionale "signora siamo nella fase diagnostica e di inquadramento e quindi non si meravigli se io possa far poco per lenire la sua legittima ansia , ma vedra' che dopo l'intervento imboccheremo una strada in discesa".
Uscendo da quello studio , preoccupati dall'incontro con "il ragazzino" e dubitando della sua esperienza per la giovane eta' siamo rientrati nello studio del Professor Veronesi dove la segretaria alle nostre perplessita' rispose " il prof. Catania segue da tempo il professor Veronesi all'Istituto ed e' uno dei chirurghi con la maggiore casistica (oltre 300 interventi all'anno) : ecco perche' affida a lui le sue pazienti che non possono aspettare tempi lunghi."
Relativamente rinfrancati siamo tornati a casa in attesa del ricovero previsto dopo 10 giorni , non prima perche' il pr. Catania il giorno dopo sarebbe partito per la Svezia per una settimana per partecipare, mai sentita prima, alla Vasaloppet , la gara di sci di fondo piu' antica, lunga (90 km) , difficile (temperature inferiori ai 25 gradi sottozero !). Nei giorni successivi di attesa la mia ansia si e' spostata dal mio tumore all'ansia per il "ragazzino" sotto le bufere di neve della Svezia. E se gli succedesse qualcosa , io che faccio ?
Allora non c'era Internet , ma riuscii a documentarmi sulla terribile Vasaloppet e questo accrebbe alle stelle la mia ansia per il "ragazzino" e certi giorni era di tale livello da portarmi all'interno di una chiesa a pregare per lui, dimenticandomi di pregare per me.
La settimana successiva mi presento in Ospedale per ritirare alcuni esami e lui mi riceve perche' voleva parlare con me. Dinamico, arzillo, sorridente con un grande cerotto sulla fronte (!!) e mi dice "signora sono mortificato, ma le chiedo un po' di comprensione : ho dei formicolii alle dita della mano sinistra per un principio di congelamento, le chiedo troppo se spostiamo solo di qualche giorno l'intervento. ?" Panico ! Poi tutto ando' molto bene e nella lunga degenza (allora non erano inferiori alle 8 giornate) ho conosciuto il vero ragazzino, fuori di testa all'apparenza, capace, professionale competente, empatico. La chemio successiva e' stata terrificante sia per la tossicita' sia perche' non esistevano rimedi efficaci per gli effetti collaterali, come ad esempio nausea e vomito. La perdita dei capelli era nulla in confronto agli altri effetti collaterali gravi, sino all'aplasia midollare con ricovero, trasfusioni, trapianto di midollo.
Gli 8 giorni di degenza sono stati cruciali per riflettere.
Sino a quel momento avevo vissuto senza apprezzare nulla della vita o apprezzando le cose banali della vita. In quel momento ho compreso che non mi importava piu' nulla di quanto vivere, ma di come vivere. Di non perdere un solo istante a riflettere se "sono o non sono guarita", perche' INTANTO VIVO ! Mio marito si stupiva, lui e' morto anni dopo considerandomi sempre spacciata, delle mie parole " non me ne frega nulla della speranza, che un sentimento del futuro, mentre io mi occupo del presente, di vivere OGGI ! "
Come diceva Ada Burrone che ho conosciuto con il prof. Catania, non mi chiedo mai se sono guarita oppure no, perche' questo gia' blocca la vita che e' breve !
Non so se sono guarita...ma ho guadagnato, quando tutti mi davano spacciata (li ricordo gli sguardi..ad uno ad uno...anche dei medici quando parlavo dei miei 11 linfonodi metastatici !!!), 31 anni !!!
Signora Rina .. grazie. Un abbraccio
Grazie a TE !
Patricia sai quale e' uno degli effetti collaterali del cancro ?
Ci rende tutti uguali !!
Sono Rina..non signora Rina !
GraZie per la sua bellissima testimonianza... oggi, quando riceviamo il
Referto e vediamo qualche piccolo valore che non va, andiamo subito in panico... non so dove lei ha trovato questa forza. Io mi sento triste, spero sempre che tutto vada bene. La paura ancora non passa... sono trascorsi 2 anni dalla scoperta del tumore di mia mamma. Ad oggi, ringrazio Dio perché tutto va bene... speriamo che tutto vada bene sempre per tutti...
Verdiana
Grazie di cuore per aver condiviso la sua storia ❤❤❤
Posso volerti bene?
Ti ringrazio tantissimo....
E la tua amica arzilla di Messina ci farà un regalo anche lei?
Verdiana,
non ne uscirai mai da questo incubo sino a che ti concentrerai sul futuro, dimenticando che la vita e' oggi !
Io forse paradossalmente sono stata avvantaggiata dall' avere raschiato il fondo del barile.
Ho compreso di essere morta gia' e quindi perche' preoccuparmi del futuro ?
Svegliandomi ogni mattina con questa voglia di vivere il presente , smettendo di pensare al futuro, sono passati 31 anni !
Io lo penso da quando mia madre si è ammalata di tumore, che non esistono battaglie, che non è colpa nostra né se ci ammaliamo, né se.moriamo...cosi come per il depresso, o l'anoressico, non è colpa sua se si ammala, non gli si può dire 'che ci vuole, esci, o mangia', la sola responsabilità che devono e possono avere è amarsi abbastanza da cercare di curarsi nel modo per loro migliore...
Ed essere esempi per qualcuno è una rottura di balle infinita, lo vivo per adesso sulla mia pelle, dove se mi incazzo o corro in loop sulla ruota del.criceto non 'sono all' altezza'
Quanto al fatto che altri siano affezionati ai termini da battaglia.. Beh... Credo siano retaggi culturali, oggi presenti, di una certa cultura fascista o Spartana... Fatti loro.
Già mi stanco all'idea di dovere fare una battaglia...
Grazie !
Con la mia arzilla di Messina parliamo di tutto tranne che di cancro perche' non ci chiediamo mai se siamo guarite oppure no.
E anche perche' abbiamo tanti altri discorsi piu' interessanti sulla VITA !