Come si calcola il rischio reale per il tumore al seno
Buona notte ❤️ e buona Pasqua a tutti 🥰🐣
Io ci sono!
Molto interessante il suo approccio approfondimento Dott. Catania!
Buona Pasqua e buona notte a tutto il blog!
Solo successivamente mi sono reso conto quanto fuori dal coro fosse il volume che avevo pubblicato nel 1989, con la prefazione di Umberto Veronesi, frutto di un immane lavoro di raccolta di esperienze, scritte su lettera, di donne che, ufficialmente nella maggioranza dei casi, non avrebbero dovuto conoscere la verità, mentre non era così, anche se alcune facevano finta di non conoscerla.
Tutto ciò accadeva mentre il tumore del seno subiva un radicale rinnovamento diagnostico e terapeutico.
Infatti, proprio nel 1973, anno di fondazione di AttiveComePrima, l'istituto dei Tumori di Milano presentava il Trial Milano I, che si concluderà nel 1980, e che confrontava un campione di pazienti trattate con mastectomia con un campione di pazienti trattate con quadrantectomia radioterapia.
Questo studio, che può essere considerato la pietra miliare della moderna chirurgia della mammella, fu fortemente voluto da U. Veronesi contro tutto e contro tutti.
Anche in campo diagnostico, grazie ad U. Veronesi, il sottoscritto diede un significativo contributo ideando un agoaspiratore automatico, che permise di poter effettuare non solo un esame citologico, ma addirittura una vera microbiopsia per esame istologico.
Questo volume con la prefazione di U. Veronesi e la collaborazione di uno dei più grandi radiologi dell'epoca, Stefano Ciatto, che morì anni dopo in un incidente d'auto, venne tradotto in diverse lingue.
In quel periodo storico c'era un grande fermento scientifico sullo studio di quanto gli eventi stressanti potessero impattare sull’ insorgenza del cancro e sulla sopravvivenza.
Diversi studi avevano analizzato se uno o più eventi, come ad esempio la morte di un figlio o del marito, una separazione o un divorzio, ma anche un nuovo matrimonio o una nuova convivenza, il brusco cambiamento delle condizioni di vita ed altri ancora potessero aumentare il rischio.
Tra gli studi con risultati negativi troviamo un grande studio prospettico norvegese (Kvikstad 1994, Kvikstad, Vatten 1996) che ha indagato la perdita del figlio o del partner e lo studio di Roberts (1996) che ha valutato, in 258 casi, l'associazione tra gli eventi stressanti nei 5 anni precedenti e il rischio di tumore della mammella.
Tra gli studi con esito positivo, uno studio finlandese (Forsen 1991) aveva confermato l’associazione delle perdite affettive nei 6 anni precedenti con un rischio 5 volte superiore.
L'ipotesi più accreditata fu che non sia tanto l'evento in sé a determinare un maggior rischio, quanto l'incapacità o l'impossibilità a fronteggiare l'evento (Coping).
Venne suggerita anche l'ipotesi della sensibilizzazione individuale (Anisman, Sklar 1982) cioè del rischio dipendente dall'essere stati sottoposti in età precoce a ripetute condizioni stressanti, che porterebbe in età adulta a sovrastimare l'evento e a sottostimare la capacità di adattamento.
Cruciale per il sottoscritto l'incontro e i vari studi allestiti e pubblicati in riviste impattanti con l'amico Marcello Tamburini, consulente scientifico di AttiveComePrima, uno dei tre fondatori della Società di Psiconcologia italiana e che all'Istituto dei Tumori, sotto la sua direzione, aveva intrapreso un intenso lavoro scientifico volto alla definizione di metodologie e strumenti per la valutazione della Qualità di Vita che ha consentito un accrescimento delle conoscenze relative all'esperienza psicologica della malattia oncologica e dei relativi trattamenti.
A quell'epoca ho iniziato a raccogliere le schede di tutte le pazienti che incrociavano il loro destino di paziente con il mio di chirurgo oncologo.
In realtà le prime schede e relativo follow up non avevano lo scopo di studiare i tassi di sopravvivenza delle pazienti, che erano sconfortanti, ma per studiare modelli di coping positivi.
Con Marcello Tamburini, che morirà nel 2007 per un tumore al polmone, ci siamo posti, ad esempio, un problema di Coping positivo per aiutare a fronteggiare lo shock delle donne, che sottoposte a terapie aggressive e mutilanti, non trovavano il coraggio di “guardarsi per la prima volta”. E la chirurgia ricostruttiva era praticamente inesistente.
Non è facile spiegare oggi il dramma di queste donne che subivano interventi molto invasivi perché l’operazione comportava l’asportazione dell’organo ghiandolare e lo svuotamento del cavo ascellare, con un prezzo deturpante altissimo conseguente alla asportazione di entrambi i muscoli pettorali, mettendo così a nudo la parete toracica.
Per approfondire: La comunicazione in Oncologia: dall'omertà all'infobesità
Quello studio però, insieme ad altri portati avanti con la preziosa consulenza di Marcello Tamburini, aprì una nuova strada di ricerca e di conoscenze, perché anche se ideato solo per definire un modello di coping positivo, man mano che passavano gli anni, il follow-up mostrava che i due campioni statisticamente presentavano dati sempre più divergenti.
Questo perché il campione che aveva usufruito durante l'anestesia locale del supporto del chirurgo (placebo?), non solo confermava una maggiore capacità di fronteggiare l'evento, ma inaspettatamente a 15 anni di osservazione presentava tassi di sopravvivenza significativamente più favorevoli rispetto al campione che non aveva avuto alcun supporto nel corso dell'intervento, a prescindere dai fattori prognostici classici.
Ricordo di avere trasmesso questi dati a Marcello, introverso e riservato, e di avergli strappato un largo sorriso.
Poi negli anni successivi Marcello ci ha lasciati per un tumore al polmone e coerentemente al suo generoso percorso (Responsabile delle cure Palliative dell'Istituto dei Tumori) scelse di morire non a casa sua, ma in un Hospice accanto ai “suoi” pazienti, che aveva seguito sino a poco tempo prima.
Io continuai su quella strada tracciata con lui arrivando persino ad accompagnare tutti i pazienti in sala operatoria con il supporto di psicologi che mi contattavano per studiare temi da svolgere per tesi specialistiche di psicologia. Con il compito di dare Fede e Speranza anche in sala operatoria.
Per approfondire: Supporto Psicologico in Sala Operatoria
IL SISTEMA IMMUNITARIO
Continuo ad astenermi dal formulare ipotesi, ma era troppo facile rivolgere il pensiero al sistema immunitario “distratto” in alcuni casi e attivato in altri anche solo dall'intervento di suggestioni effimere, generate dall'intervento del medico o dallo stesso paziente.
Negli anni 80-90 trovava molto credito l'ipotesi che una credenza, una fede, un forte convincimento, un fatto mentale, potesse indurre trasformazioni tali nella mente e nel corpo da attivare potenti ed efficaci difese contro una malattia considerata inguaribile.
Può il nostro organismo reagire all'aggressione di un tumore e sconfiggerlo?
Certo che sì.
Il nostro corpo ha le armi efficacissime per contrastare il cancro, solo che in determinate condizioni non riesce ad usarle. Il vero cambio di paradigma, la vera rivoluzione è riuscire a risvegliare il nostro sistema immunitario.
E, per fortuna, è ciò che le ricerche stanno cercando di ottenere.
Il problema è riconoscere le cellule tumorali, che spesso riescono a nascondersi, e non farsi individuare dal sistema immunitario con diversi stratagemmi. Tutte le cellule hanno sulla parte esterna, la membrana, dei segnali particolari, ossia delle molecole chiamate ANTIGENI.
Sono gli antigeni ad avvertire il sistema immunitario quando deve intervenire. Ma le cellule di un tumore che derivano da cellule sane del nostro organismo, non hanno sempre antigeni che le rendono riconoscibili come pericolose.
Per fortuna poco per volta la biologia molecolare è riuscita a capire quali di questi segnali (antigeni) siano caratteristici di alcuni tipi di cancro. Il passo successivo quello di creare in laboratorio anticorpi, chiamati anticorpi monoclonali, pronti a colpire le cellule che presentano l'antigene.
Gli anticorpi sono molecole normalmente prodotte dai nostri globuli bianchi, in particolare dai linfociti B, proprio per rispondere a una specifica aggressione, come quella di un batterio.
Quelli usati contro il tumore sono realizzati artificialmente, grazie a linfociti a cui è stato fatto riconoscere l'antigene del tumore.
In questo modo si possono creare infinite popolazioni di queste molecole, iniettandole a una persona ammalata del tumore che sono in grado di riconoscere, vanno a colpirlo.
Dopo una lunga fase di sperimentazioni cliniche ora il sistema funziona così bene che oggi un farmaco su due contro i tumori è un anticorpo monoclonale.
Con il tempo si è arrivati ad utilizzare anticorpi ancora più efficaci perché non solo sono in grado di distruggere il tumore riconoscendo gli antigeni, ma sono in grado di trasportare farmaci che mandano segnali di Alert ai Linfociti T, che sono globuli bianchi molto più aggressivi, per dire loro di aggredire e distruggere le cellule tumorali.
Il problema, ancora aperto, è che non si riesce, ma siamo sulla buona strada, a creare anticorpi monoclonali per tutti i tumori.
Mentre quelli del sangue sono più facili da raggiungere, i tumori “solidi” a volte sono “protetti” da una sorta di barriera che li rende impenetrabili ai farmaci e anticorpi monoclonali.
La vera rivoluzione è quindi quella di “risvegliare” il sistema immunitario.
Purtroppo, il problema è molto più complesso anche perché, come rilevato dall'italiano Mantovani già 30 anni fa, il tumore ha molti modi per ingannare il sistema immunitario. Non solo riesce a rendersi invisibile, ma spesso impedisce che le nostre difese si attivino come dovrebbero.
Infatti, il sistema immunitario è governato da un insieme di freni, che chiamiamo “checkpoint” e di acceleratori che insieme regolano il suo funzionamento.
Il tumore purtroppo è in grado di fare largo uso di questi freni per bloccarlo anche quando il sistema immunitario dovrebbe reagire.
E riesce persino a farsi aiutare da alcuni globuli bianchi, che si comportano come veri “poliziotti corrotti” che passano dalla parte del nemico.
E che lo aiutano a crescere e a nascondersi.
Insomma, le nostre difese sarebbero in grado di distruggere le cellule tumorali, ma non lo fanno perché il tumore sparge segnali ingannevoli attraverso molecole che si diffondono nell'organismo e i globuli bianchi vengono ingannati e finiscono per obbedire al tumore. Quelle molecole le produce il tumore.
Esempio eclatante quello del melanoma.
Prima che venisse sperimentato l'uso di una molecola in grado di bloccare il recettore ctla-4 dei linfociti T, niente sembrava efficace per aumentare la sopravvivenza dei pazienti con melanoma metastatico. È stato sufficiente riuscire a sbloccare il freno ctla-4 e le prospettive per i pazienti con melanoma metastatico sono cambiate drasticamente.
Buon risveglio al blog
Oggi, per augurarvi la Santa Pasqua, troverete una colazione principesca: caffè fumante 🫖 ☕☕☕☕☕☕☕☕☕☕, tortina al miele🥮🥮🥮🥮🥮🥮🥮 e una spremuta di arance della Piana di Catania🍊🍊🍊🍊🍊🍊🍊🍊
Auguri cari a tutte voi di serenità e tantissima salute🌹🌹🌹🌹
Buongiorno blog
Buongiorno dottor Catania
Buona Pasqua a tutti ❤️
Buongiorno dott. Catania ❤️
Salvato anche il 4 capitolo, grazie e ancora grazie doc.
Tantissimi auguri di buona Pasqua 🐣 a lei, ai suoi cari e grattini pasquali 😂🤣😂🤣 alle pelosette di casa
Buongiorno blog ❤️
Io ci sono ❤️
Oggi mi tocca spignattare perché ci riuniamo tutti qui da me, siamo in nove + Rino e il pelosetto dei consuoceri 🥰
Sono felice ❤️
Un pensiero per le ragazze nella stanza accanto
Un pensiero per i loro familiari
Che sia un giorno sereno anche per chi vive momenti difficili, tristi, dolorosi.
dottore leggo tutto di un fiato i suoi approfondimenti...quanti amici ed estimatori ha incontrato nella sua vita. ...non so se è stata più avventurosa la sua esperienza di sportivo o quella di medico. In ogni caso, se non decide di reincarnarsi in un criceto, nella prossima vita studio medicina e le faccio da assistente!!! Le voglio bene
Buona Pasqua blog
Grazie Doc per i preziosi approfondimenti
❤️❤️❤️