Come si calcola il rischio reale per il tumore al seno
Ciao Mare, è un po' che non ti incrocio 😊🤗..come sta il papà di tua nuora?
Ciao Patti😘
Ciao Simone,
Benvenuto tra noi
Aspettiamo il dott.
Un saluto alla tua mamma 😊
- Lilli❤️
che fa la prima chemio 🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈
- LoryCalif ❤️
che dovrebbe riprendere la chemio 🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈
- Lara71 ❤️
che fa la Tac 🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈
- Isabella 2708❤️
che ha visita chirurgica di controllo 🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈
- Ortoressica❤️
che ha visita oncologica 🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈
- Lea78 ❤️
che ha la visita con il radioterapista 🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈
- La mamma ❤️ di Leonhart ❤️
che fa emocromo 🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈
- il papà ❤️ di Juventina ❤️
che ha visita di controllo 🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈
- la mamma ❤️di Alexa❤️
che fa la seconda radio 🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈
- la mamma ❤️ di Jamelia ❤️
che ha visita oncologica 🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈
- le altre RFS❤️
impegnate in visite terapie controlli attese o che ne hanno comunque bisogno 🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈
Buongiorno Rfs!!
Che agenda fitta oggi!!!🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈🌈
Eccomi ci sono anch'io!!!
E anch’io!!
Ciao Patti
È in arrivo il Winx busproveniente dalla Toscana prontissimo a prelevare la RfS Lilliche oggi inizia la terapia...Winx
Ginevra
Rosa
Akira
Move78
Risa
Muovetevi e non fate come.al.solito, soprattutto tu Ginevrache stai sempre a intoparti!
Daje Lilli💪💪💪 arriviamooooooo
Eccomi ragazze, questa volta ho fatto tardi io!! Mi sono intopata per bene anche perché alle 13 ho visita oncologica.
Daje Lilli , siamo con te ❤️
Buongiorno, ho 37 anni e nessuna familiarità per tumore al seno.
Lo scorso settembre ho eseguito la solita ecografia annuale di controllo con il seguente referto:
"mammelle normoconformate, capezzoli estroflessi non secernenti, granulia diffusa ma non noduli palpabili sospetti o adenopatie loco-regionali.
Mammelle ad ecostruttura disomogenea prevalentemente ghiandolare fibrocistica.
Non reperti ecografici francamente sospetti.
Non linfoadenomegalie al cavo ascellare bilateralmente.
Note plurime formazioni anecogene cistiche bilateralmente la maggiore di 10mm a sinistra.
Si segnalano alcuni spot iperecogeni suggestivi per microcalcificazioni distrofiche nel contesto di aree adenosiche più evidenti ai QQ superiori bilateralmente, da approfondire con mammografia.
Conclusioni: calcificazioni distrofiche in mastopatia fibrocistica complessa.
Si consiglia anticipo di mammografia (una tantum) quindi autopalpazione mensile e controlli senologici clinici ecografici annuali.
Categoria BIRADS 3".
Ho quindi effettuato 3 mesi dopo mammografia con tomosintesi con questo esito:
"mammelle discretamente radiopache per prevalenza della componente fibroghiandolare.
Non si rilevano noduli isolati o microcalcificazioni raggruppate o distorsioni parenchimali sospette in senso oncologico bilateralmente.
Puntiformi calcificazioni con aspetto displasico disseminate ai quadranti superiori bilateralmente, più numerose a sinistra.
Profilo cutaneo regolare".
Il radiologo non ha specificato sul referto l'intervallo dei prossimi controlli (era anche restio in partenza a farmi la mammografia per via dell'età), ma mi ha solo rimandato a voce all'ecografia annuale (anche il senologo ha scritto ecografie annuali nonostante il BIRADS 3).
Volevo però chiedere un vostro parere in tal senso in merito a quelle calcificazioni displasiche e su come vanno controllate.
Grazie
Elisabetta
Grazie dello scritto che condivido, ti abbraccio
Lori
Grazie Lori per le tue parole ❤️
Come stai, é passata la febbre?
Cosa credi che ci siamo dimenticate?Il.giro è lungo ma il ha il pieno!
Non state a cercare di capire il significato di questo studio appena pubblicato e che merita ulteriori approfondimenti
Ma è l'ennesima prova di quanto sostengo da 40 anni che oltre ai fattori prognostici tradizionali e genetici esistono anche ALTRI fattori prognostici modificabili dal medico, dal paziente (sociali) , dalla società in cui si vive
Cancro al seno: impatto di fattori sociali, biologia e disparità su sopravvivenza
I ricercatori dell’Università dell’Illinois di Chicago hanno esaminato i dati nazionali di donne con carcinoma mammario positivo al recettore degli estrogeni in stadio iniziale e hanno scoperto che i determinanti sociali della salute e la biologia del tumore hanno contribuito ugualmente a tassi di morte più elevati tra le donne afroamericane.
Lo studio, pubblicato su JAMA Oncology, è il primo (a conoscenza degli autori) sulle disparità del cancro al seno a includere un biomarcatore genomico dell’aggressività del tumore nell’analisi della proporzione della disparità mediata dalla biologia del tumore.
I ricercatori affermano che le loro scoperte convalidano il ruolo dei determinanti sociali della salute come causa principale delle disparità razziali negli esiti del cancro al seno e suggeriscono anche che per eliminare il divario di sopravvivenza, che è stato documentato per la prima volta più di quattro decenni fa, abbiamo bisogno di “un più chiaro quadro dei meccanismi biologici alla base del fenotipo tumorale aggressivo che è più diffuso nelle donne nere e comprensione della complessa relazione tra condizioni sociali avverse, varianti genetiche legate all’ascendenza e biologia del tumore”.
Per la loro analisi, i ricercatori hanno esaminato i dati disponibili attraverso il programma di sorveglianza, epidemiologia e risultati finali del National Cancer Institute. Hanno esaminato i tumori al seno positivi al recettore degli estrogeni in stadio 1 e 2, il tipo più comune di cancro al seno che generalmente ha la prognosi più favorevole, con casi diagnosticati tra il 2004 e il 2015.
Nello studio sono stati inclusi i dati di 60.137 donne. I ricercatori hanno calcolato l’effetto dei determinanti sociali della salute – in particolare lo svantaggio del vicinato e lo stato assicurativo – sulla mortalità e hanno scoperto che rappresentavano il 19% della disparità. Hanno anche calcolato l’effetto delle caratteristiche biologiche dei tumori esaminando i dati dei risultati dei test di laboratorio genomici, che sono stati utilizzati per anticipare la risposta del tumore alla chemioterapia e la probabilità di recidiva.
Hanno scoperto che la biologia del tumore rappresentava il 20% della disparità. Hanno anche scoperto, analogamente a molti altri studi, che le donne afroamericane avevano minori probabilità di trovarsi nei gruppi di reddito e di istruzione più alti e di avere un’assicurazione sanitaria. Avevano maggiori probabilità di avere tumori aggressivi con un alto rischio di recidiva, di essere diagnosticate allo stadio 2 e di ricevere la chemioterapia.
JAMA Oncol. Published online February 16, 2023. doi:10.1001/jamaoncol.2022.7705
Anche qui appena pubblicato e non di facile comprensione, ma mostra lo sforzo di estendere l'immunoterapia in associazione a diversi tipi di tumore
Cellule dendritiche CD5+ associate alla risposta all’immunoterapia
I ricercatori della Washington University School of Medicine di St. Louis hanno scoperto che le cellule dendritiche CD5+ svolgono un ruolo nella risposta all’immunoterapia tra i pazienti affetti da tumore. I risultati, pubblicati sulla rivista Science, suggeriscono che una terapia supplementare progettata per aumentare il numero o l’attività delle cellule dendritiche CD5+ potrebbe potenzialmente estendere i benefici salvavita dell’immunoterapia a più pazienti affetti da cancro.
I ricercatori hanno analizzato i dati del The Cancer Genome Atlas, un database pubblico con informazioni su 20.000 tumori che rappresentano 33 tipi di cancro, e hanno scoperto che i pazienti con tipi di cancro della pelle, del polmone, delle ossa e dei tessuti molli, della mammella e del collo dell’utero vivevano più a lungo se avevano più livelli di cellule dendritiche CD5+ nei loro tumori.
Il CD5, che è una glicoproteina transmembrana espressa sulla superficie delle cellule T e di alcune cellule B. Svolge un ruolo importante nella messa a punto della segnalazione del recettore delle cellule T durante lo sviluppo e nella loro funzione effettrice nella periferia.
I ricercatori hanno analizzato il compartimento mieloide dei linfonodi drenanti della pelle umana e hanno scoperto che la frequenza della popolazione CD5+ all’interno del compartimento DC2 era ridotta nei linfonodi affetti da melanoma umano rispetto alla stessa popolazione nel tessuto non affetto. Di conseguenza, l’espressione di CD5 e una firma del gene CD5+ DC correlano con una maggiore sopravvivenza e sopravvivenza libera da recidive nei pazienti con una varietà di tumori. Hanno identificato una funzione immunostimolante critica per CD5 sulle cellule dendritiche che potenzia l’innesco dell’attivazione delle cellule T reattive al tumore, la proliferazione, la funzione effettrice e la risposta all’immunoterapia. L’espressione di CD5 sulle cellule era direttamente correlata con l’estensione dell’effettore helper CD4+ e con il priming delle cellule T citotossiche negli esseri umani. La delezione selettiva dell’espressione di CD5 ha impedito una risposta efficiente all’immunoterapia nei topi portatori di tumore, con conseguente rigetto immunitario difettoso dei tumori.
I ricercatori hanno anche esaminato le biopsie di pazienti e hanno scoperto che la delezione dell’espressione di CD5 nelle cellule T ha influenzato negativamente l’innesco delle cellule T CD5 + mediato da cellule dendritiche, l’immunità antitumorale e la risposta all’immunoterapia. Inoltre, hanno riscontrato un aumento del numero di DC CD5+ dopo immunoterapia in vivo, che corrispondeva a un aumento del numero di queste cellule in un paziente con deficit di PD-1. L’interleuchina-6 (IL-6), che era abbondante nelle cellule di questo paziente, è stata rilevata anche a livelli più elevati all’interno dei tumori dopo la terapia rispetto alle misurazioni basali. I ricercatori identificano quindi IL-6 come un fattore importante nella differenziazione e sopravvivenza delle cellule dendriticheCD5+.
Science 17 Feb 2023 Vol 379, Issue 6633 DOI: 10.1126/science.abg2752
Misura del ritardo in diagnosi e cura del cancro: servono metodi standardizzati
Una revisione degli studi che hanno valutato l’associazione tra i tempi di attesa del cancro e gli esiti del trattamento evidenzia incongruenze che rendono difficile trarre conclusioni definitive. La ricerca, condotta dagli scienziati della McGill University, in Canada, è stata pubblicata dalla rivista eLife. L’analisi suggerisce che i metodi utilizzati per misurare i tempi di attesa tra la diagnosi e il trattamento del cancro devono essere standardizzati e aggiornati per tenere conto dei diversi punti temporali nel continuum della cura del cancro e dell’uso di nuovi trattamenti.
Negli ultimi anni si è prestata molta attenzione al ritardo tra la diagnosi e il trattamento del cancro, in particolare durante la pandemia di Covid-19. Durante la pandemia, le visite di routine e diagnostiche dei pazienti alle cure primarie sono cessate o ridotte, ci sono stati cambiamenti nel dosaggio del trattamento e frazionamento della radioterapia, nonché ritardi e interruzioni della chemioterapia e la chirurgia è stata riservata ai casi più urgenti e non elettivi.
Il team ha cercato studi che esaminassero qualsiasi associazione tra i tempi di ritardo e gli esiti del cancro e ha trovato 20 meta-analisi e nove revisioni sistematiche. Attraverso i diversi studi, i ricercatori hanno coperto 32 diversi intervalli di tempo di ritardo, ovvero tempi di ritardo tra diversi traguardi nella cura del cancro, e nove diversi tipi di cancro. Hanno scoperto che, attraverso i diversi tipi di cancro e i tempi di ritardo studiati, le associazioni tra i tempi di ritardo e la progressione del cancro o la morte spesso erano in conflitto tra gli studi.
I dati più chiari e informativi riguardavano il cancro al seno, al colon-retto e alle ovaie. Ad esempio, l’evidenza ha suggerito che un ritardo tra la chirurgia e la chemioterapia adiuvante nel carcinoma mammario aumenta il rischio di morte. Mentre nel cancro intestinale, garantire che vi sia un intervallo di tempo sufficientemente lungo tra la chemioradioterapia e la chirurgia è stato associato a una minore progressione della malattia. Sebbene ci fossero alcune tendenze chiare come questa, l’analisi ha identificato tre carenze significative nei metodi utilizzati per esaminare l’impatto dei tempi di ritardo, che secondo gli autori ostacoleranno i tentativi di monitorare queste tendenze nel tempo e valutare l’impatto della pandemia.
In primo luogo, gli studi analizzati variavano nella loro capacità di tenere conto delle modifiche ai trattamenti standard di cura, che possono ridurre il rischio di progressione della malattia o morte. In secondo luogo, c’era ambiguità nella definizione dei punti di inizio e fine della cura del cancro, il che rende difficile confrontare o mettere in comune i dati. In terzo luogo, gli studi non prendono in considerazione lo stadio della malattia o la prognosi dei singoli pazienti e se ciò influisce sul motivo per cui esiste un intervallo di tempo tra i punti della loro cura. Ad esempio, l’aumento del rischio di morte per cancro al seno nelle persone che hanno trascorso un tempo più lungo tra l’intervento chirurgico e la chemioterapia includeva le persone sottoposte a cure palliative.
Gli autori concludono che è necessario apportare modifiche alla dichiarazione di Aarhus, una serie di raccomandazioni e liste di controllo nate dalle discussioni sul modo migliore per condurre ricerche sui tempi di ritardo nella diagnosi del cancro. Estendere la dichiarazione per comprendere i tempi di ritardo nell’intero continuum di cura del cancro, non solo la diagnosi, aiuterebbe i ricercatori a stimare in modo più accurato i rischi causati dai cambiamenti nella fornitura di cure per il cancro come quelli osservati durante la pandemia di Covid-19.
eLife 12:e81354. https://doi.org/10.7554/eLife.81354
Lo scorso settembre ho eseguito la solita ecografia annuale di controllo con il seguente referto:
"mammelle normoconformate, capezzoli estroflessi non secernenti, granulia diffusa ma non noduli palpabili sospetti o adenopatie loco-regionali.
Mammelle ad ecostruttura disomogenea prevalentemente ghiandolare fibrocistica.
Non reperti ecografici francamente sospetti.
Non linfoadenomegalie al cavo ascellare bilateralmente.
Note plurime formazioni anecogene cistiche bilateralmente la maggiore di 10mm a sinistra.
Si segnalano alcuni spot iperecogeni suggestivi per microcalcificazioni distrofiche nel contesto di aree adenosiche più evidenti ai QQ superiori bilateralmente, da approfondire con mammografia.
Conclusioni: calcificazioni distrofiche in mastopatia fibrocistica complessa.
Si consiglia anticipo di mammografia (una tantum) quindi autopalpazione mensile e controlli senologici clinici ecografici annuali.
Categoria BIRADS 3".
Ho quindi effettuato 3 mesi dopo mammografia con tomosintesi con questo esito:
"mammelle discretamente radiopache per prevalenza della componente fibroghiandolare.
Non si rilevano noduli isolati o microcalcificazioni raggruppate o distorsioni parenchimali sospette in senso oncologico bilateralmente.
Puntiformi calcificazioni con aspetto displasico disseminate ai quadranti superiori bilateralmente, più numerose a sinistra.
Profilo cutaneo regolare".
Il radiologo non ha specificato sul referto l'intervallo dei prossimi controlli (era anche restio in partenza a farmi la mammografia per via dell'età), ma mi ha solo rimandato a voce all'ecografia annuale (anche il senologo ha scritto ecografie annuali nonostante il BIRADS 3).
Volevo però chiedere un vostro parere in tal senso in merito a quelle calcificazioni displasiche e su come vanno controllate.
Grazie
Elisabetta
Benvenuta Elisabetta.
Le risponderò in serata-notte.