Come si calcola il rischio reale per il tumore al seno
Giusto Daniela!
Juventina
Ho messo il port alle Molinette, e ho fatto sempre lì anche il test genetico, ma non sono seguita a Torino. Però ci capito spesso, la trovo una città bellissima!
Qualche nostra caregiver ha tempo per invitare qui questa nostra giovane amica ?
https://www.medicitalia.it/consulti/senologia/626851-parere-su-referto-relativo-a-mammografia.html
Ciao Rfs
Passo per un saluto dopo essermi messa in pari con le ultime 4 pagine dalla mia ultima entrata...
BUONA FESTA DELLA MAMMA A TUTTE!!!
Per festeggiare mi sono concessa una lunga passeggiata con Lilli più lunga degli altri giorni!
Vi abbraccio tutte!!
DOTTORE
Il mio oncologo sinceramente mi aveva detto che è normale continuare ad avere il ciclo solo con tamoxifene ma appena posso glielo ridico per sicurezza!
Grazie per rispondere sempre in maniera così tempestiva è MAGNIFICO!!!!!!!!!
Buongiorno RFS! Oggi gran mal di testa dovuto a tutta questa tensione e a questa ansia...
Juventina aveva chiarito bene il problema in tre righe.
Comunque in generale non e' che avere qualche ciclo in piu' o meno pregiudichi tutto il programma terapeutico. Scrivetevi queste perplessita' che avete riscontrato rispetto alle esperienze raccontate dalle altre. L'incontro serve a personalizzare le terapie
.....se no di cosa discutete con l'oncologo ? Del sesso degli angeli ?
Buongiorno a tutte e un ringraziamento al dottor Catania e alla gentile utente che mi hanno invitato su questo forum.
Ci vuole scrivere il suo nome 9anche di comodo) e se lo desidera pio' scegliere un avatar in modo che la sua firma venga apposta igni volta in automatico.
Legga
https://www.medicitalia.it/spazioutenti/forum-rfs-100/come-si-calcola-il-rischio-reale-per-il-tumore-al-seno-44-1159.html
e se lo desidera puo' cominciare a raccontarci la sua esperienza di caregiver (figlia-parafulmine)
Mia madre è stata operata nel 2015, purtroppo il tumore era in stato avanzato ed ha dovuto fare sei mesi di chemio per cercare di ridurre la massa e'stata dunque operata e poi ha avuto una recidiva. In pratica ha sviluppato metastasi cutanee. Le stesse nel tempo stanno diventando resistenti ai farmaci e si stanno espandendo a livello cutaneo provocandogli molto dolore. Purtroppo l'approccio alla malattia da parte sua non è stato dei migliori, non si cura nel modo adeguato e non segue i protocolli. Per me è difficile affrontare la situazione, specie perché viviamo in città diverse, da un lato lei vorrebbe la soluzione al suo caso, ma nello stesso tempo non ripone fiducia nelle cure. Io non mollo, la invito a lottare ed ora ho preso contatti con una struttura per provare nuovi farmaci.Per fortuna per ora pare che gli altri organi non siano coinvolti. Se fosse più collaborativa e ottimista sarebbe tutto più semplice. Questa in sintesi la mia esperienza.
Qui abbiamo molti esempi di figlie (Sonica, Faby, Dina, Aurora, Monica....) e mariti (ultimi Max, Heriano, Robert), parafulmini dei malati che vivono in trincea in prima linea nella guerra che ben conosciamo.
CAREGIVER
Tra le tante cose che emergono nella esperienza del cancro, il forum ha fatto emergere una realtà nascosta e trascurata dalle istituzioni: l'esercito silenzioso dei caregivers: i familiari protagonisti dell'accudimento. Nella nostra esperienza sono le figlie che si occupano delle madri. Esistono studi e statistiche, che sondano i sentimenti e il vissuto di questa prode categoria, che si carica di tutte le ansie del malato, tant'è che nel nostro forum descrivono "Mia madre è serena ". Lo credo bene! Nella narrazione delle figlie-parafulmine c'è una raccolta di rabbia, stanchezza, senso di colpa, per timore di non essere adeguate al compito, o percezione di una propria supposta e percepita "inutilità".
Secondo una ricerca del 2005 della Center on Aging Society di Washington: il 16% dei caregiver si sente esausto; il 26% avverte come imponente il peso emotivo del loro compito; il 13% vive una profonda frustrazione vedendo l'assenza di miglioramento del proprio caro; il 22% arriva a fine giornata spaventato dal timore di non essere in grado di saper fronteggiare le responsabilità del ruolo, spaventato dal futuro che lo attende, dalla propria impotenza.
In Italia
Secondo l'Istat, in Italia sono oltre tre milioni le persone che si prendono cura di un familiare colpito dal cancro, provando spesso rabbia e solitudine. Un quaderno della Fondazione Aiom risponde alle domande di chi deve affrontare la malattia accanto al proprio caro
Sono 8 milioni e mezzo, oltre il 17% della popolazione, le persone che in Italia si prendono cura di chi ha bisogno di assistenza. E solo 900mila lo fanno per mestiere, rientrando cioè nella categorie dei badanti. Tutti gli altri, parliamo di 7,3 milioni, sono uomini e donne che assistono un loro familiare – coniuge, convivente, genitore, figlio o figlia: ammalato, invalido o non autosufficiente. È la fotografia che l'Istat ha scattato sul mondo dei caregiver, letteralmente donatori di cura, nel nostro paese. Per la maggior parte hanno tra i 45 e 64 anni e, secondo l'Istituto di statistica, in un caso su 4 dedicano alla persona malata più di 20 ore a settimana. Tra questi ci sono, ovviamente, anche coloro che si dedicano a chi ha un tumore.
I caregiver in oncologia. In Italia vivono con una diagnosi di cancro 1,4 milioni di uomini e 1,7 milioni di donne: oltre 3 milioni di persone. E 3 milioni sono anche coloro che si prendono cura di questi pazienti.. "I caregiver sono un esercito spesso invisibile, di cui poco si parla e poco si sa. Persone che pure dedicano mediamente 8 ore di assistenza giornaliera al proprio congiunto, e per le quali ansia, depressione e sofferenza sono solo alcuni dei problemi".
Le difficoltà di chi vive accanto a un malato di cancro
Lo stress psicologico. In termini psicologici, l'impatto del tumore può essere maggiore sul familiare che sullo stesso paziente. In particolare quando il caregiver conosce, sa della prognosi della malattia più di quanto non sappia il malato. Una situazione all'apparenza paradossale ma niente affatto rara, specialmente nei paesi latini come il nostro, dove il familiare è presente quasi sempre e durante tutto il percorso di cura: al momento della diagnosi, dell'ospedalizzazione, della somministrazione delle terapie e dei colloqui con i medici. E dove, a differenza dei paesi di cultura anglosassone, è ancora forte il concetto di protezione del malato e non sempre facile da accettare quello di condividere la verità sulla malattia. I dati ci dicono che le attività che il familiare-caregiver ritiene più stressanti sono l'aiuto diretto nei bisogni fisici, la gestione dei sintomi della malattia, gli effetti collaterali delle cure, gli spostamenti per raggiungere l'ospedale e le attese per visite e terapie.
Rabbia, impotenza, senso di colpa e solitudine. E le emozioni? Cosa prova più spesso chi si occupa di un parente con tumore? Rabbia, che si associa all'ingiustizia della malattia. Senso di colpa, quello di chi è sano mentre la persona che ama non lo è più. Naturalmente impotenza. E solitudine
Rabbia-impotenza - solitudine
Buona domenica rfs, scrivo e davanti ai miei occhi l'azalea della ricerca fa bella mostra di se con i suoi fiori abbondanti che quest'anno ho scelto sulle tonalità del rosso.
Ve la voglio condividere virtualmente e dedicarla a tutte le mamme per la loro festa, alle donne che lo diventeranno, alle donne che sognano di diventarlo, che siano mamme di pancia o mamme di cuore non importa, quello che conta è il legame che ci unisce ai nostri figli.
Personalmente mi ritengo fortunata , felicissima e orgogliosissima del mio personalissimo miracolo e capolavoro che si chiama Federica e che alla facciazza del mio ex cancro sto vedendo crescere e diventare donna
Ma non posso fare a meno di dimenticare che purtroppo non a tutte è riservata questa gioia , la ricerca ha fatto passi da gigante è vero, tuttavia tanto ancora c'è da fare affinché si possa parlare di cancro soltanto come di un segno zodiacale... serve davvero l'aiuto di tutti !!!
Un abbraccio a tutte/i
Antonella
Per fortuna le metastasi cutanee hanno una progressione lentissima , ma credo che piu' grave per il suo equilibrio sempre sotto pressione sia l'aspetto logistico in cui e' costretta a muoversi
Cui si aggiunge l'approccio difficile alla malattia da parte della mamma
Credo che la causa di tutto (e suppongo non facilmente rimediabile) risieda nella diversa residenza che vi separa. Nella mia esperienza e se guardiamo nel nostro blog le mamme proprio perche' hanno un parafulmine nelle figlie vivono la loro esperienza in modo del tutto differente da quello che ci descrive. Forse il suo, della mamma, atteggiamento regressivo puo' avere una chiave di lettura
cioe' di una richiesta di attenzioni che rasenta il ricatto. Quando si vive l'esperienza della malattia sono frequentissime queste manifeste e ricattatorie richieste di attenzione.
Sto parlando della mia esperienza professionale e quindi non saprei cosa dire nel suo caso.
Ci mancava in un gruppo Fuori di Seno .....ATAVICA !
.................perche' ??
Sono perfettamente d'accordo con quanto asserisce dottore. Sarebbe tutto più semplice se mamma fosse qui con me. In effetti le difficoltà logistiche di certo rappresentano un ostacolo ulteriore. Da parte mia c'è sempre stata tutta la massima disponibilità ma mi creda a volte è proprio difficile trattare con la mamma. Rifiuta anche il supporto psicologico. Spero che il nuovo approccio terapeutico che a breve le proporranno possa ridare un po' di fiducia per affrontare più serenamente la malattia.