Come si calcola il rischio reale per il tumore al seno

Marea
Marea
salvocatania:
forse il matrimonio poco si adatta a chi e' invasato dai demoni adrenalinici.

Naaa, mio marito è adrenalina pura e non lo cambierei di una virgola. Sa che anche lui vola con il parapendio? E fa motocross e ennemila altri sport...a volte mi gira la testa, ma lo amo da impazzire! Speriamo però che eventuali figli prendano da me
Ex utente
Ex utente
salvocatania
Doc , certo che non si è fatto mancare niente! E come fa, adesso, a vivere senza aver trovato un altro modo per impiegare l'adrenalina?

Anche mio marito, come quello di Marea, è dipendente dall'adrenalina e quando per un motivo o nell'altro non può abbandonarsi ad essa (sport estremi, gare in moto, lancio col paracadute) soffre. Ma proprio soffre nel vero senso della parola.
Laura
Laura

Finalmente ho letto tutto!
venus bellissime notizie, finalmente si coordinano, e la casuccia si avvicina!
creamybellissima eschimese

dottore giusto non mettere in pena la cara e dolcissima stefania!!! E grazie per avere aggiornato il nostro elenco delle survivor.
Quanto al fuori di seno dopo i 50...beh, ho intenzione di esserlo parecchio! e voglio giocare con un paio di anni di anticipo. Fanculo alla.menopausa. cle provaci, anzi, se vuoi ti accompagno

Ely
Ely

A furia di gironzolare ho beccato la cangura!

Follie?

Il bagno con lo squalo e il ragazzino!

Io avevo visto la bestiola, ma non ero così sicura, sono miope.
Lui si ferma, toglie la maschera e mi fa: mamma, ma che pesce è quello?
E io: amore, è una grossa cernia. Ma torniamo, che sento freddo?
Mi sono messa gambe dorso, l'ho preso per il bavero della muta e un attimo dopo eravamo a riva.
Quando il padre ci è venuto incontro, lui esclama: papà, papà, abbiamo visto una cernia così! E spalanca le braccine.....

Ex utente
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Ely
Oh my goodness! Io penso che sarei potuta svenire eh, magari una volta raggiunta la spiaggia e portato in salvo il cuccioletto, ma sarei svenuta. Io sono proprio l'opposto dell'adrenalina dipendente. Ho paura pure delle montagne russe, pensa te
Ex utente
Ex utente
venus amorucciola nostra, ma cosa leggo? Aria fritta? Chiedi che te la mettano in un sacchetto che te la porti a casa che hai la pupa che ti aspetta
Che bello tesoro, una buona notizia a cui noi, come consiglia il dottore, ci aggrappiamo e facciamo trenino su "maracaibo e mare forza 9, partire si ma dove? Zan zan"!
Adesso piano terapeutico con data di inizio a lunedì al più tardi e a casa!
- Modificato da Ex utente
Ely
Ely
Lasimo:
utente 
Ely
Oh my goodness! Io penso che sarei potuta svenire eh, magari una volta raggiunta la spiaggia e portato in salvo il cuccioletto, ma sarei svenuta. Io sono proprio l'opposto dell'adrenalina dipendente. Ho paura pure delle montagne russe, pensa te

No, niente adrenalina.
Io sapevo che c'era uno squalo che gironzolava nei dintorni e già sapevo che lo squaletto di barriera non attacca l'uomo.
Ma soprattutto NON L'HO VISTO bene, causa miopia.
Ho visto una roba bianca grossa che andava pacificamente a zig zag.

Le montagne russe danno fastidio anche a me. Chissà perché pagare e fare la fila per farsi rivoltare lo stomaco.
Ex utente
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Ely
Ely:
Le montagne russe danno fastidio anche a me. Chissà perché pagare e fare la fila per farsi rivoltare lo stomaco.

Mio marito ogni tanto ci prova. Vorrebbe organizzare un giro di famiglia in elicottero. Io sentosaltare un battito solo al pensiero
salvocatania
salvocataniaMedico Chirurgo

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salvocatania
salvocataniaMedico Chirurgo


Buone notizie da una ricerca che sta facendo passi da gigante anche per le mutate Brca che oltre a temere rischi elevati per la mammella sono preoccupate per il rischio a carico delle ovaie.

Nel mese di Dicembre e' stato pubblicato sulla rivista piu' prestigiosa della Medicina


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questo editoriale

Editorial Free Preview

Personalized Medicine for Primary Treatment of Serous Ovarian Cancer
List of authors.Dan L. Longo, M.D.

December 19, 2019
N Engl J Med 2019; 381:2471-2474
DOI: 10.1056/NEJMe1914488

The introduction of "personalized medicine" has spurred major changes in oncology, but success has been spread unevenly across the spectrum of solid tumors. Although prognoses for adenocarcinoma of the lung and melanoma have been profoundly altered, other diseases, such as colon cancer and ovarian cancer, have lagged behind owing to differences in genetics and biology. One of the earliest classes of targeted therapies in ovarian cancer has been the PARP (poly[adenosine diphosphate–ribose] polymerase) inhibitors.1-3 In this issue of the Journal, investigators report the results of three randomized trials of three different PARP inhibitors for maintenance therapy in patients with ovarian . . ..............................................................................................................................................................

Cioe'

Prima, Paola e Velia.
Suonano un po' come nomi di donne, invece sono tre studi pubblicati nel mese di dicembre dal New England Journal of Medicine, e che però con le donne hanno a che fare.
Infatti, tutti e tre dimostrano l'efficacia della classe di farmaci chiamata parp inibitori: tre diverse molecole hanno dimostrato di allungare in maniera significativa la sopravvivenza libera da malattia nelle donne con tumore ovarico sieroso di alto grado, il tipo istologico più comune di carcinoma dell'ovaio.

Gli studi dimostrano inoltre che i benefici dovuti ai tre farmaci sono molto simili, nonostante si tratti di molecole diverse, di diversi i protocolli di intervento e di diverse popolazioni di pazienti, tutte con forme avanzate e aggressive di malattia, ma con caratteristiche molecolari differenti.
I farmaci e le donne
I parp inibitori sono farmaci che bloccano l'azione dell'enzima parp coinvolto nella riparazione del DNA delle cellule cancerose e, nel caso specifico dei tre trial appena pubblicati, si tratta di niraparib (studio Prima), olaparib (Paola), e veliparib (Velia). "Olaparib e niraparib sono già stati approvati per la terapia di mantenimento nelle pazienti sensibili al platino, cioè nelle donne con tumore ovarico che per almeno sei mesi dalla fine della chemioterapia non hanno avuto recidive. Olaparib è approvato solo per pazienti con mutazione BRCA 1/2, mentre niraparib per tutte le donne sensibili al platino",

. In tutti e tre i trial le pazienti coinvolte sono donne affette da carcinoma ovarico allo stadio III e IV, quindi molto avanzato, e alla prima diagnosi. Dal punto di vista istologico si trattava di carcinomi sierosi di alto grado, cioè costituiti da cellule poco differenziate e per questa ragione molto aggressivi.
All'inizio fu Esmo 2018
Ma prima di descrivere protocolli e risultati dei tre studi facciamo un passo indietro,. "Nel corso di Esmo 2018, il congresso europeo di oncologia dello scorso anno, vennero presentati i risultati dello studio Solo-1 che dimostrò che le pazienti con tumore dell'ovaio con BRCA mutato trattate con olaparib dopo essere state sottoposte a chirurgia e chemioterapia con platino hanno un vantaggio di tre anni di sopravvivenza libera da malattia rispetto alle donne con le stesse caratteristiche che però non fanno terapia con il parp inibitore". Anche l'anno successivo, a Esmo 2019 – aggiunge l'oncologa - sono stati presentati dati sui parp inibitori come strategia di mantenimento dopo platino e chirurgia, ma questa volta la popolazione di donne sulla quale sono stati testati i farmaci era composta da donne affette da carcinomi di alto grado, come nel caso di Solo-1, ma indipendentemente dal fatto che avessero o no mutazione BRCA. Ecco – dice Lorusso – questo aspetto è quello che hanno in comune i tre studi di cui parliamo. Hanno arruolato pazienti con e senza mutazione". Andiamo nel dettaglio, dunque.
Prima
Lo studio Prima è uno studio condotto in Europa, così come il trial Paola, ed è molto simile a Solo-1. Le donne coinvolte erano tutte affette da tumore ovarico di nuova diagnosi e sono state trattate con 6-9 cicli di chemioterapia con platino e sottoposte a intervento chirurgico. Poi, sono state randomizzate, cioè distribuite casualmente in due gruppi: a un gruppo è stato dato niraparib come terapia di mantenimento per tre anni, all'altro è stato somministrato un placebo. Ma mentre Solo-1 aveva arruolato soltanto pazienti con mutazione BRCA, nello studio Prima sono entrate anche donne prive di questa mutazione e donne con difetto di ricombinazione omologa o HDR, un tipo di difetto nella riparazione del DNA che include un'ampia gamma di anormalità genetiche che possono essere rilevate con vari test: le mutazioni BRCA sono una delle molte HRD. "Tra l'altro nel 67% dei casi si è trattato di pazienti con cattiva prognosi, con un tumore non asportabile in prima istanza, che avevano avuto necessità di fare chemioterapia prima dell'intervento chirurgico", aggiunge l'oncologa.
Benefici per tutte
Come sono andate le cose? Niraparib ha aumentato in maniera significativa il tempo libero da recidiva nelle pazienti mutate BRCA ma non solo a loro. "Hanno tratto vantaggio dal parp inibitore le donne con il deficit del sistema di ricombinazione omologa HRD, che in tutti questi studi è stato valutato con un test che si chiama MYChoise. E ancora, a seguire, le pazienti negative al test per HRD, sebbene in maniera minore, e infine quelle prive di mutazioni BRCA. Insomma, in misura diversa la terapia di mantenimento con niraparib ha prolungato la sopravvivenza senza malattia a tutta la popolazione di donne in studio".
Paola-1
Lo studio Paola, o meglio Paola-1, ha confrontato la combinazione olaparib-bevacizumab con bevacizumab utilizzato da solo in pazienti con tumori sierosi o endometrioidi in III o IV stadio di alto grado indipendentemente dalla presenza di mutazione BRCA: una popolazione simile a quella del Prima quindi. Il bevacizumab è un anticorpo monoclonale antiangiogenetico, cioè un antitumorale che inibisce la vascolarizzazione delle masse cancerose e che viene utilizzato nei tumori ovarici come terapia di mantenimento. "Anche questo studio è stato straordinariamente positivo – commenta Lorusso – ha dimostrato un incremento del tempo alla recidiva in tutta la popolazione arruolata con un vantaggio significativo nelle donne sottoposte a terapia con entrambi i farmaci rispetto a quelle trattate con il solo bevacizumab. La cosa interessante è che quando si vanno a osservare i risultati sulla base della natura molecolare della malattia si vede che le pazienti con mutazione del BRCA beneficiano moltissimo della combinazione olaparib-bevacizumab, le pazienti con il deficit del sistema di ricombinazione omologa beneficiano abbastanza della terapia, non ne beneficiano invece le pazienti prive di deficit della ricombinazione omologa".
I tre bracci di Velia
Il terzo studio, il trial Velia, è stato condotto negli Stati Uniti e ha utilizzato il parp inibitore veliparib. La differenza fondamentale di questo trial rispetto agli due è che in Prima e Paola la randomizzazione, cioè la distribuzione casuale delle pazienti nei diversi bracci, veniva fatta alla fine della chemioterapia con platino, in Velia la randomizzazione invece è stata effettuatala prima della chemioterapia, dopo la diagnosi. "È una differenza fondamentale perché la popolazione arruolata in Velia comprende sia pazienti che rispondono al platino sia pazienti che non rispondono, quindi una popolazione peggiore dal punto di vista prognostico rispetto a quella degli altri due studi, perché non selezionata sulla base della risposta alla chemioterapia".
Velia è uno studio a tre bracci: ha confrontato infatti gli effetti della chemioterapia con platino da sola (il primo braccio), della chemioterapia più veliparib (il secondo), e della chemioterapia più veliparib più due anni di mantenimento col parp inibitore (il terzo braccio). "Per ora sono stati presentati i risultati del confronto tra chemio da sola e chemio più veliparib seguito da mantenimento col farmaco e il risultato è stato che dando veliparib insieme alla chemio e come mantenimento per due anni si riesce ad aumentare in maniera significativa il tempo libero da malattia nelle pazienti con mutazioni BRCA e in quelle con il sistema HRD alterato. Non si sono osservati grandi vantaggi nelle pazienti HRD negative cioè e in quelle prive di mutazioni BRCA", spiega Lorusso.
Un'oncologia sempre più personalizzata
"Ora: si tratta di analisi esplorative, che suggeriscono più che dire con certezza, e saranno necessari altri studi per confermare questi risultati – riflette Lorusso -. Però emerge che le pazienti mutate BRCA e quelle con deficit del sistema HRD sono quelle che beneficiano più di tutte della terapia con i parp inibitori, e questo dato è trasversale a tutti e tre gli studi". Ma cosa significa in termini di scelte terapeutiche per le pazienti? "Il dato dice che si va sempre più verso la personalizzazione della medicina, verso una terapia mirata al caso singolo, selezionato in base alle caratteristiche molecolari del tumore. Già con l'arrivo dei parp inibitori in seconda linea abbiamo lavorato moltissimo per rendere disponibile il test del BRCA in tutte le pazienti con tumore ovarico che oggi è previsto dalle nostre linee guida nazionali (di cui Lorusso è coordinatrice per il tumore ovarico, ndr), dove è scritto che tutte le pazienti con questa malattia, tranne gli istotipi mucinosi e border line, devono essere avviate al test per la ricerca della mutazione del BRCA già alla diagnosi. Ora dobbiamo ragionare se estendere prima o poi quest'obbligo anche al test HRD, che è qualcosa di più del BRCA: è il BRCA più l'analisi di tutta una serie di altri geni che contribuiscono al riparo del danno del DNA. Si tratta di un test più complesso del test del BRCA. Ma crediamo sia irrinunciabile per il futuro".
Il carcinoma ovarico
Secondo i dati Aiom-Airtum, i nuovi casi di malattia in Italia sono ogni anno all'incirca 5200 e trentamila le donne attualmente in trattamento.

Il carcinoma ovarico rappresenta circa il trenta per cento di tutti i tumori maligni dell'apparato genitale femminile e occupa il decimo posto tra tutti i tumori nelle donne. È una malattia considerata insidiosa e per due motivi principali: perché è caratterizzato da sintomi aspecifici (che quindi si possono confondere con segni di patologie assai meno importanti) e poi perché attualmente non ci sono strumenti di prevenzione o test di screening precoce. E questa è la ragione per cui in più del sessanta per cento la diagnosi arriva quando la malattia è già in stadio avanzato e le possibilità di cura ridotte. Tra i fattori di rischio c'è l'età (il picco di incidenza sta tra i 50 e i 60 anni) ma alcuni tipi di tumore dell'ovaio si presentano anche in donne più giovani.
I fattori di rischio
Il 15-25 per cento di questo tipo di cancro ha come principale fattore di rischio la familiarità: le donne con una parente molto prossima affetta da un tumore dell'ovaio, ma anche della mammella o dell'utero hanno più probabilità di ammalarsi. Infine le alterazioni dei geni BRCA 1 e BRCA 2 di origine ereditaria possono portare a una predisposizione più o meno importante allo sviluppo del tumore ovarico.
salvocatania
salvocataniaMedico Chirurgo

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Rivolto a quelle che hanno seguito il mio consiglio di stampare tutti i loro commenti !



La scrittura portando a un rallentamento della impulsivita' permette anche gradualmente riflessioni differenti.
Per poter scrivere la persona deve tradurre le emozioni in pensiero e coordinare il movimento per trasporre il pensiero in scrittura ( piu' evidente se con la penna)
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Questo processo aiuta a operare in automatico una fase di rielaborazione interna che permette di modificare la percezione del problema.

Come detto in precedenza la scrittura consente una attivita' di distacco dal problema , perche' l'emozione viene vissuta come interna alla persona, mentre le frasi scritte sono qualcosa di esterno , dal quale la persona riesce a prendere una parziale distanza.

All'atto pratico se riesumate i vostri commenti del 2018 e li confrontati con quelli del 2019 scommetto che siano evaporati zavorre che gravano sul bagaglio a mano e non servono a nulla se non a riportarvi periodicamente sulla sedia a dondolo.

Scommettiamo che siano evaporati termini come
RABBIA, RISENTIMENTO, PAURA, angoscia, disperzione ecc ecc

E se appaiono ancora sono nella frequenza molto meno usati di prima e sostituiti da altri termini come tempo, vivere, speranza, amici, familiari ecc ecc

Si accettano scommesse !!!

Perche' il nostro blog non puo' essere paragonato ad alcun tipo di supporto psicologico esistente ?


Lasciamoci alle spalle tutte le critiche che sono emerse negli ultimi mesi riguardo ai supporti psicologici tradizionali e non sarei neanche troppo severo, perche' gli effetti iatrogeni negativi li ha anche la Medicina ufficiale (terapie e inadeguata formazione alla comunicazione da parte degli operatori sanitari, non di tutti per fortuna).
E non fa eccezione quindi neanche la psicologia praticata .

Il nostro blog, persegue due obiettivi principali :
1) Aiutare a riappropriarsi della propria vita attraverso la narrazione e condivisione . Ripercorrendo attraverso le esperienze anche molto dolorose il dramma vissuto in prima persona.
Percorso difficile, ma superando la impotenza appresa e attraverso la saturazione semantica (esorcismo del fantasma che ci perseguita e ci rincorre) e quindi allenando la resilienza e' possibile imparare ad avere il controllo delle paure, che ci saranno sempre, ma non comanderanno piu' loro.

2) Incrementare la sopravvivenza [/b


Quando, dopo avere aperto questo forum, in un consesso pubblico di oncologi, cercavo di spiegare che
[b]"CON-dividere
un percorso o un iter diagnostico-terapeutico attraverso una RETE SOCIALE fosse gia' terapeutico per l'umore e forse addirittura per un aumento della sopravvivenza, mi avevano preso tutti per un FUORI DI SENO..

Oggi dopo diversi anni mi ascoltano con maggiore attenzione (invidiosi esclusi !) Il prof . Curigliano dell'IEO che si occupa degli outliers , mi ha sempre ascoltato con mooolta attenzione.

ORA C'E' LA CONFERMA SCIENTIFICA

Condividere il tempo e lo spazio, e quindi le parole, i timori, le emozioni che accompagnano le sedute di chemioterapia, aiuta. Anzi, di più: è in grado di aumentare, sebbene di poco, i tassi di sopravvivenza. È il risultato di uno studio longitudinale, il primo del suo genere su un campione così vasto e per un tempo così lungo (5000 persone seguite per circa 9 anni), che è stato realizzato dai ricercatori del NHGRI, National Human Genome Research Institute dell'NIH e di Oxford, e pubblicato sulla rivista Network Science. Più in dettaglio gli autori dell'indagine hanno dimostrato che la socialità, la possibilità di comunicare, di entrare in relazione, di stare fianco a fianco con altri pazienti nel corso delle sedute di chemio aumenta del 2% la sopravvivenza a 5 anni.

La ricerca. Gli scienziati – esperti di scienze sociali comportamentali - che hanno firmato la pubblicazione hanno analizzato i dati relativi a 4.691 uomini e donne di circa 60 anni affetti da varie forme di cancro, in chemioterapia presso due ospedali pubblici dell'Oxfordshire dal 2000 al 2009.
Di ognuno hanno seguito i destini clinici e anche la posizione occupata nelle sale dove venire loro somministrata la chemioterapia lungo tutto il corso della malattia: chi fossero i loro vicini di poltrona, quelli con i quali scambiavano chiacchiere, preoccupazioni e magari anche battute, e che destino clinico avessero a loro volta questi pazienti. In termini più scientifici gli autori hanno costruito e analizzato un network, una rete, di co-presenze.

Si mangia di più quando si è tra amici. Ma spinti da quale curiosità, o da quale considerazione? Jeff Lienert, del Social and Behavioral Research Branch dell'NHGRI e primo autore della ricerca, dichiarando in una nota rilasciata dall'NIH quanto segue ha di fatto risposto alla domanda: "I modelli di comportamento degli esseri umani si basano su ciò che li circonda - ha detto -. Per esempio, spesso si mangia più quando si è tra amici, anche se nemmeno si sa cosa c'è nel piatto. Come anche, quando si va in bicicletta in compagnia, spesso le nostre performance migliorano, indipendentemente dalle performance altrui". Lienert e i suoi colleghi devono essersi chiesti se la possibilità di frequentare la compagnia giusta, per così dire, può influenzare persino la risposta alla chemio. Magari di poco. E in effetti così è stato.

I risultati. Coloro che avevano condiviso più tempo della cura con compagni di chemio lungo-sopravviventi avevano avuto il 2% in più di chance di sopravvivere a 5 anni rispetto a chi aveva avuto come compagni altri pazienti che non avevano avuto lo stesso destino. In termini di tassi di sopravvivenza, nel primo caso il valore registrato era stato di circa 72% mentre nel secondo del 70%.
Il tasso di sopravvivenza a 5 anni è la percentuale di persone che vivono per più di un quinquennio a partire dalla fine del trattamento. Per esempio un tasso di sopravvivenza del 70% , hanno chiarito gli autori, significa che su 100 persone, 70 di loro dopo 5 anni sono ancora in vita.

Se il 2% vi sembra poco.
Il 2% è poca cosa? Forse. Tuttavia è un dato indicativo: indica che il setting della chemio conta. E sui grandi numeri è anche un dato significativo.
Lienert ha infatti dichiarato: "Su un campione di 5000 pazienti in nove anni, parliamo di 100 persone". Di cento persone che hanno una chance di vivere un po' di più.

Cosa c'è dietro. Naturalmente lo studio in questione non aveva l'obiettivo di indagare se ci fossero, e quali fossero, le ragioni biologiche dell'influenza del setting delle chemioterapie sulla sopravvivenza, né poteva averlo, per come era strutturato. Tuttavia gli autori un'ipotesi l'hanno fatta: che quel 2% di differenza ha a che vedere con lo stress. "Quando sei molto stressato vengono rilasciati i cosiddetti ormoni dello stress, come l'adrenalina, che servono per innescare la risposta di combattere o scappare", ha dichiarato Lienert. "Se non puoi fare né l'una né l'altra cosa, come succede quando sei in chemioterapia, gli ormoni dello stress possono aumentare".

L'importanza del supporto sociale.
Tra gli obiettivi della ricerca non c'era nemmeno quello di valutare l'impatto dei visitatori sulla sopravvivenza. Tuttavia i ricercatori ipotizzano che l'effetto della presenza di amici, o parenti possa essere simile a quello degli altri pazienti. "Un supporto sociale positivo nel momento esatto in cui si prova uno degli stress maggiori è cruciale. Se hai un amico col cancro, fargli compagnia durante la chemio probabilmente lo aiuterà ad abbattere i livelli di stress. Ed è probabile che l'impatto sia efficace, e forse più efficace di quello provocato dall'interazione con altri pazienti ammalati di cancro come lui", ha concluso Lienert.
Ma amici o parenti o pazienti che siano "I nostri risultati suggeriscono che si verifica un'influenza sociale nei reparti di chemioterapia, e quindi potrebbe essere necessario considerare in che modo la chemio viene somministrata", si legge nel testo della pubblicazione.



Immagine: rappresentazione della rete sociale di co-presenza durante le sedute di chemioterapia. I piccoli cerchi rappresentano i pazienti, i colori si riferiscono all'anno in cui hanno iniziato le sedute. Credit: Jeff Leinert, NHGRI


Se nello studio presentato , ormai giunto al dodicesimo anno di follow-up, c'e' un incremento della sopravvivenza del 2% , che comunque vuol dire che 100 persone in piu' vivono di piu', e' solo perche' qualcuno per poche ore durante la chemioterapia gli ha tenuta la mano.
Se e' cosi' perche' noi non potremmo attenderci un tasso di sopravvivenza molto piu' elevato in considerazione del fatto che la mano la teniamo per chi lo desidera 24 h/24 ??????

Comprendo che qualcuno voglia andare a fare il volontario : chissa' dove e con quale scopo ?
Mi sono occupato per decine di anni di supporto da parte dei volontari negli ospedali.
Domande
1) Quanto siamo sicuri che siano gradite le visite di "un volontario in divisa"?
2) Sulla vostra pelle avete imparato che quel che piu' si cerca dentro l'acquario in isolamento e confusione e' essere CAPITE !
Non basta avere avuto un tumore per CAPIRE una sconosciuta.
Sarebbe lungo spiegare che "per capire occorre amare !"
Amare non necessariamente l'oggetto delle nostre visite , ma almeno il proprio lavoro !


Ecco perche' alcuni operatori e psicologi riescono a penetrare nel sottosuolo del paziente. Altri NO.

Il nostro blog fornisce un AUTO-MUTUO-AIUTO e non sto a spiegarne il significato facilmente comprensibile.
Oggi Angel mi ha scritto per aggiornarmi sulle condizioni di Venus ricoverata in Ospedale.
[A proposito, dove sono i volontari delle associazioni NEI GIORNI FESTIVI ?] LATITANTI !!!]

Sono certo che questo supporto non possa che essere utile a Venus , ma allo stesso tempo e' utile ad Angel stessa , che ha affrontato la sua recente "brutta notizia" non reagendo, ma PROAGENDO in modo magistrale, UNA STRATEGIA da insegnare cioe' alle scuole di psicologia.


E la stessa Ninni oggi cerca di rassicurare noi , mentre dovrebbe accadere il contrario.
La stessa agenda di Patri e' ormai diventata rituale per il nostro blog (idea geniale !!) cioe' una sorta di coinvolgimento condiviso dei problemi altrui, per allontanare o almeno "ovattare" i nostri.

Estremamente difficile far comprendere a quelle che "non hanno tempo" di scrivere sul blog con costanza e spiegare loro quanto sia utile farlo come se fosse una terapia.
Effettivamente per il gran numero di commenti non e' facile seguire tutti i commenti, ma quel che chiedo io e' una altra cosa : quando si ha poco tempo basta esporre i propri problemi quotidiani anche senza leggere quelli degli altri.
Perche' l'esercizio base e' quello di ricostruire un diario del proprio dramma per un tempo minimo di 15 minuti al giorno.

Esporre i propri problemi e' utile , condividere quelli degli altri e' esponenzialmente ancora piu' efficace.
La cosa strana , ma non tanto, e ' paradossalmente evidente che quelle piu' costanti in questo esercizio sono quelle gia' piu' forgiate a tutte le intemperie.
E che hanno compreso bene che in fondo 15 minuti nella giornata sono nulla su 24 ore, parti delle quali a volte sprecate in attese di controlli inutili, solo per fare un esempio , 15 minuti per star meglio e forse, ma diversi studi cominciano a farlo sospettare, ad incrementare il proprio tasso di sopravvivenza sono sicuramente ben investiti.

Poi il tempo piano piano ci fara' comprendere ( CHANGE) quanto il nostro cambiamento sia condizionato ANCHE dalla condivisione dei problemi degli altri.
C'e' chi ha una predisposizione, genetica e quindi caratteriale, come Rosa sin da piccola e, lo dico forte come ANGEL . Angel secondo voi come fa ad essere sempre presente nel blog ? Secondo voi ne avanzerebbe tanto di tempo ad Angel ?
Terapie pesanti+ 4 ore di lavoro + Rebecca+ marito+ impastare la pizza + altre mille cose.
Mai una volta assente con le RFS !
10 minuti dopo la scoperta delle sue"metastasi", (speriamo si tratti di un falso positivo) esattamente come Rosa, era gia' in prima linea a fianco dei problemi di Venus.
Presente sempre e gia' EXPERTISE ! Non ho letto infatti mai una sua replica tecnica scorretta da rendere necessario un mio intervento correttivo.
E di Patri circondata da nipoti, cani , gatti, feste paesane, gite esoteriche, ecc che vogliamo dire ? Ha mai dimenticato uno di noi ? Non mi meraviglierei se un giorno leggessi "fili colorati per il dr. Catania che ha dimenticato di pagare l'IMU"
E non e' vero che il bene non torni indietro !
E ve lo dico per esperienza anche personale !

Se non si ha interesse (amare per poter capire) per i problemi degli altri non serve far finta di essere interessati. Chi il problema ce l'ha riesce sempre a comprendere e sentire quando l'aiuto e' solo formale o sentito ! E il primo e' sempre inutile e quindi inefficace se non addirittura percepito come beffardo e fastidioso.

Quindi non esiste narrazione ( = commento) indicibile, inenarrabile o censurabile. Mentre e' inutile il commento non sentito e solo formale !

Ma se e' difficile spiegare ( ci ho messo 40 anni per capirlo) l'atteggiamento quasi "istintivo" delle marmotte, e' piu' semplice far comprendere , come sia possibile allenando ogni giorno la nostra resilienza impadronirsi di quel tanto che ci serve per vivere meglio e quindi indipendentemente dal vivere meglio dopo l'esperienza del tumore.
.
Esattamente come si fa allenando l'attivita' fisica se si vuole incrementare il livello di resistenza alla fatica e quindi allo stress.
La narrazione della propria storia e della quotidianita' dopo l'esperienza del cancro e' una vera strategia di resilienza , intesa come capacita' di resistere, di affrontare e di crescere anche dentro esperienze di profondo dolore e di riemergere da esperienze che rischiano di farci naufragare.
Ma la strategia di resilienza e' la maschera di una strategia della speranza, che puo' prendere diverse forme.
Mentre e' sempre presente e forte la speranza di guarigione e di vivere a lungo, altre speranze man mano possono riemergere man mano che passa il tempo : esse toccano la permanenza delle relazioni affettive e di cura, il significato di cio' che si sta vivendo qui ed ora , la possibilita' di raggiungere alcuni obiettivi, la qualita' della vita e il poter crescere spiritualmente.

La narrazione attraverso la condivisione aiuta gli altri, ma soprattutto se' stessi.
Aiuta se' stessi anche solo il fatto di scrivere una sorta di diario della propria vita.
Ci sono studi che hanno mostrato come la forma piu' efficace sia quella di scrivere a mano ogni giorno con la penna come si faceva una volta ( diario e lettere).
La scrittura con la penna pero' limita la condivisione con altri.
Il blog assolve bene questa funzione di diario condiviso ed esteso ad un gran numero di persone ed in tempo reale.
Ecco perche' e' importante scrivere ogni giorno.

Perche' scrivere ogni giorno il diario del trauma condiviso?

Il senso sostanziale di un trauma e' di un qualcosa che, una volta accaduto, si insedia prepotentemente nella vita di una persona , nella sua mente e nella sua dimensione emozionale.
Anche in questo caso, lo strumento piu' adatto e' rappresentato dalla scrittura, attraverso quello che viene definito il 'diario del trauma", che pero' per essere condiviso necessita del mouse e non della penna.

Nella narrazione condivisa , tutti i giorni anche per soli 10 15 minuti, la persona si ritagliera' uno spazio, nel quale , dovra' ripercorrere tutti i momenti del trauma, spesso perche' altri hanno offerto il pretesto di situazioni analoghe alla nostra.
Alcune ricordi sono stati rimossi da noi e riemergono solo perche' evocati da altri

Tanto piu' efficace il diario del trauma quanto piu' si entra nel vivo e dentro i piu' piccoli aspetti. Cosa ha sentito, cosa ha pensato, quali sensazioni fisiche.
L'esperienza va ripetuta quotidianamente ( non "quando trovo il tempo") per imparare ad accettare tutte le emozioni che emergono : il dolore, la rabbia, l'irritazione.
L'esercizio quotidiano aiutera' ad accogliere cio' che emerge , mentre la saturazione semantica contribuira' quasi automaticamente ad esorcizzare i fantasmi che evocano i termini utilizzati anche dagli altri con il piu' elevato significato emotivo : esempio metastasi e morte.
Questo processo puo' apparentemente sembrare sadico (=ricordare cio' che fa male)
Permette invece di elaborare molto piu' rapidamente quanto avvenuto perche' porta la persona a una esposizione maggiore rispetto al proprio trauma ( che normalmente arriva, SCOMBUSSOLA, e poi va via , ma poi torna) e facilita il processo di adattamento , come gli occhi che abituati all'oscurita', piu' rapidamente guardano la luce, piu' si abituano alla luminosita'

Il questi giorni di Natale i piu' difficili per la famiglia di Rosa, Stefania e la mamma di Rosa si telefonano quasi quotidianamente per parlare di Rosa. Piangono e poi sorridono . Il dolore resta intatto, l'accettazione del lutto fa passi da gigante.
Giorno dopo giorno.

Il vantaggio principale di questo esercizio e' che essendo intenzionale , si toglie al trauma di arrivare inaspettatamente.
Lo scopo e' quindi quello di evocarlo volontariamente per renderlo meno aggressivo e forte di quando lo si subisce in maniera passiva.

La scrittura permette inoltre , una maggiore dissociazione dall'evento , perche' quest'ultimo passa dall'essere una esperienza che la persona vive completamente all'interno di se', a qualcosa di esterno, un racconto scritto , dal quale la persona puo' piu' facilmente prendere gradualmente le distanze.

Conclusione :
Affiche' il processo narrazione-condivisione sia efficace, e' necessario che la persona abbia la costanza di affrontare quotidianamente ( anche solo per 15 minuti) i propri " mostri".

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Ho fatto gia' presente che il gran numero di commenti rappresenta un problema per tutti......anche per me pero' che devo tener d'occhio sempre la bottiglia.

Verissimo che il problema sia non di poco conto se consideriamo che solo nel 2019 abbiamo scritto 105.000 commenti !

che ci hanno fatto diventare il primo blog al mondo di Medicina Narrativa.



Tutti quelli interessati alla massima efficacia avrebbero interesse a condividere le esperienze altrui ( e sono tante) , ma la cosa piu' importante e' quella di allenare la resilienza attraverso l'aggiornamento del proprio

DIARIO DEL TRAUMA


15 minuti al giorno !
Quelli che fanno costantemente questo esercizio non mi scrivono mai mail per segnali banali o inesistenti rilevati dagli esami strumentali dei controlli. Quelli che non fanno questo esercizio o vanno e vengono, spariscono e tornano , usano il blog come un bancomat, sono quelle che riempiono la mia posta di tutti i giorni con le loro paure e problemi irrisolti.

15 minuti al giorno per se' stesse
tolgono la scusa di torno
del "non ho tempo!"

Ecco perche' a quelle che non hanno tempo per gli altri chiedo di ritagliarsene almeno uno spicchio per se' stesse.

Per le altre che chiedono aiuto comunque ci sono sempre quelle sempre presenti : Angel, Dada, Patri, Stella, Nina, Speranza e tante altre che non nomino ma che ho ben presenti e cui si sono aggiunti acquisti recenti di primo ordine tra cui Annina, Bava e altre ancora.
L'esercizio e' ovviamente ancora piu' efficace (nell'allontanare i propri problemi) se si e' costantemente coinvolte nella CONDIVISIONE

15 minuti al giorno per se' stesse
tolgono la scusa di torno
del "non ho tempo!"



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Fermarsi e scrivere (su un file word del pc oppure su un quaderno di carta, poco importa lo strumento utilizzato) consente, in primo luogo, di fermarsi e dedicarsi del tempo. È un momento per sé, per guardarsi e sentirsi senza "pressioni" o "doveri" esterni: consente di avvicinarsi a sé, esprimere tutto quello che si muove dentro e al tempo stesso prendere un po' di distanza; consente uno spazio di riflessione e metariflessione
. Offre, alla fine, una prospettiva più obiettiva ed equilibrata, più ampia.

Concretamente poi i benefici sono tanti e dimostrati dalle ricerche scientifiche: la scrittura espressiva – sul lungo termine – può ridurre lo stress, migliorare la qualità del sonno e della funzionalità di polmoni e fegato, ridurre la pressione sanguigna, rendere persino il sistema immunitario più forte, migliorare il nostro modo di agire nel mondo e quindi anche le nostre prestazioni e la qualità delle nostre relazioni. E, insieme ad altri percorsi di lavoro personale, aiuta nella gestione di ansia, depressione o nell'affrontare le conseguenze di eventi faticosi od emotivamente impattanti.

Cosa serve, per dedicarsi alla scrittura espressiva, è presto detto: oltre al supporto per scrivere, l'ingrediente principale è un tempo e un luogo dedicati. Bisogna trovare un momento (almeno 15 minuti, suggeriscono gli studi) e un posto in cui ci si trova bene, a proprio agio, senza essere disturbati.

E poi, si parte. Dentro di sé. Mettendo giù le cose importanti, personali; i propri: sentimenti, emozioni, vissuti, pensieri, azioni. Quello che emerge. È un raccontarsi a se stessi.
Se davanti al foglio o al video sembra che non ci sia nulla da dire spesso il tema viene offerto dalle altre e in tal modo interagendo si risale anche al proprio dramma in condivisione.

Avvertenze: non censurare nulla, non farsi condizionare dalla necessità di una bella scrittura o dalla grammatica;
Non stiamo partecipando ad un concorso letterario : stiamo ricostruendo i cocci delle parti di quel se' frammentato dalla malattia (arte dello Kintsugi)

E poi, l'invito è a rileggere: potranno emergere nuove riflessioni, nuove osservazioni, nuove comprensioni proprio dalle proprie parole. Si può "ricomporre" quando scritto, dando un ordine diverso, se si sente che questo potrebbe essere più appropriato o piacevole (se – invece – ritrovare le proprie parole ed emozioni dà disagio, si può soprassedere, per riprendere quel testo in un altro momento).

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Stampando ogni giorno ci si riserva una seconda. terza . quarta riflessione su quanto abbiamo scritto.

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Maria Antonietta
Maria Antonietta
salvocatania
Per capire bisogna amare... Come sono d'accordo con lei Dott.
Dada 62 Fiduciaria
Dada 62 Fiduciaria
salvocatania
Grazie per questo approfondimento.Il k ovarico è una gran brutta bestia.La mia Rossella non cè più ,ma tante beneficeranno di questi farmaci! Non bisogna mai perdere la fiducia nella Medicina.La ricerca va avanti....

Grazie per farci leggere le Sue avventuredanno tanta gioia!

È rimasto poi imbrigliato nell'amore altrochè parapendio!
Ah l'amore!
Dada 62 Fiduciaria
Dada 62 Fiduciaria
Lasimo
Ciao!
Tutto bene?
Ti offro un buon caffè espresso bollente.... ...italiano 100%
Niente zucchero!
Ex utente
Ex utente
Dada 62
Buongiorno tesoro bello!
Pronti per il caffè! Sono in giro per negozi perché i miei figli non mi hanno voluto al cinema con loro: siamo grandi, non c'è bisogno che rimani a vedere il film con noi.

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