Non chiamiamolo più soltanto mal di schiena
Circa un anno fa, dall'idea di un gruppo di specialisti, nasceva il progetto "Obiettivo Zero Dolore" che si proponeva di portare all’attenzione dei cittadini, le problematiche legate alla malattia dolore e cercava di raccontare con semplicità, attraverso la rete e i social network, i canali della comunicazione 2.0, le possibilità di cura e di supporto per tutti coloro che soffrono.
Proprio nel primo articolo veniva spiegato come il dolore cronico sia una epidemia silenziosa, che affligge un numero rilevante di persone (circa 12 milioni di cittadini Italiani). All'interno di questo variegato universo, il "mal di schiena" rappresenta una galassia a se stante, sicuramente la più grande e quella che presenta i costi sociali maggiori.
Praticamente nessuno può dire di non aver avuto, almeno una volta nella vita, mal di schiena. Questa altissima incidenza porta però molte persone a sottovalutare il problema. Fortunatamente, il mal di schiena che la maggior parte di noi conosce, è un disturbo acuto, spesso scatenato da un sovraccarico funzionale che si verifica solitamente in ambito lavorativo o sportivo, e che presenta una prognosi favorevole, risolvendosi spontaneamente in tempi abbastanza brevi (dalle 2 alle 6 settimane).
La lombalgia, nome più scientifico del mal di schiena, o come viene indicata nel mondo anglosassone, il "low back pain" (LBP), viene definita come un dolore, di durata superiore alle 24 ore, che si localizza nella regione posteriore del corpo, compresa tra il margine inferiore delle dodicesime coste e la piega glutea inferiore, associato o meno ad un dolore riferito ad uno o ad entrambi gli arti inferiori. La lombalgia definita in questo modo rappresenta, di fatto, un variegato insieme di sintomi e non una singola patologia: le differenti strutture anatomiche, così come i meccanismi patogenetici sottostanti e responsabili del dolore, sono molto numerosi. Se l'approccio multidisciplinare rappresenta la corretta modalità di presa in carico di qualunque paziente con dolore, è proprio nella gestione della lombalgia che tale approccio diviene indispensabile: le competenze specifiche di ognuno degli specialisti che si occupano di dolore (ortopedico, neurologo, fisiatra, terapista del dolore, geriatra) troveranno nel percorso di cura di questi pazienti, un loro spazio ed un possibile ruolo sia diagnostico che terapeutico.
La dimensione del problema viene perfettamente tracciata dal lavoro del 2012 di Balaguè e colleghi: la lombalgia possiede una prevalenza (percentuale di casi sul totale della popolazione) che si attesta oltre l'84%, in associazione ad una incidenza (percentuale di nuovi casi all'anno) del 23%, con l'11% dei pazienti che presentano disabilità nello svolgimento delle attività quotidiane proprio a causa del dolore. Nel Global Burden of Disease (GBD 2010) Study, un mastodontico ed impressionante lavoro di analisi epidemiologica e farmacoeconomica sull'impatto delle differenti patologie, declinato su scala mondiale, il mal di schiena è risultato essere la prima causa di disabilità globale (misurata in YLDs : years lived with disability, cioè anni vissuti con una disabilità) e il sesto fattore come determinante dell'impatto sanitario globale (misurato in DALYs: disability adjusted life year).
Oltre all'enorme impatto sanitario, sociale ed economico, la gestione della lombalgia rappresenta una sfida impegnativa anche dal punto di vista clinico: spesso i trattamenti attuati falliscono, ancor più spesso non si riesce a porre una corretta diagnosi su quale ne sia la causa, in alcuni casi non si è neppure sicuri di quale di tutte le possibili strutture anatomiche sia la "vera" responsabile del dolore, il così detto "pain generator".
Il low back pain riconosce infatti, numerosissime possibili cause: le patologie discali (protrusioni, bulgin, ernie discali, infezioni), problematiche osteoarticolari (sindrome delle faccette zigoapofisarie, infiammazione e degenerazione delle articolazioni sacroiliache), patologia vertebrale (fratture, crolli porotici, localizzazioni metastatiche), alterazioni strutturali della colonna vertebrale (stenosi del canale, spondilosi, scoliosi e rotoscoliosi), patologie del sistema nervoso (radicoliti, mieliti), disturbi miofasciali a carico delle componenti muscolari e legamentose. A rendere ancora più complessa la diagnosi di questo quadro clinico bisogna considerare che ognuna di queste condizioni può presentarsi insieme alle altre.
Così come molteplici possono essere le cause e le strutture coinvolte nella sua genesi anche il tipo di dolore che caratterizza la lombalgia può presentarsi in tre differenti forme: nocicettivo, neuropatico e misto. Il dolore nocicettivo, o somatico, è il dolore che origina a livello delle strutture muscolari, osteoarticolari e cutanee, è facilmente localizzabile e solitamente ben descrivibile, origina dall'attivazione di specifiche strutture nervose, i recettori, detti in questo caso nocicettori, e viene trasmesso attraverso vie nervose dedicate, fino ad una specifica area della corteccia cerebrale. Il dolore neuropatico origina invece da una lesione o una malattia del sistema nervoso somatosensoriale, non origina dai recettori ma da sedi anomale (lesioni delle guaine mieliniche, danni assonali, alterazioni delle sinapsi) presenta un carattere subdolo, difficilmente localizzabile viene spesso descritto come una sensazione sgradevole e fastidiosa (tipo scossa elettrica, punture di spillo, bruciore o formicolio insistente) più che come un vero e proprio dolore. La forma mista in fine, presenta contemporaneamente, in differenti proporzioni, le caratteristiche delle altre due forme.
Nell'ambito del mal di schiena il dolore neuropatico in forma "pura" è molto raro. Nella maggior parte dei casi ci si trova di fronte ad un dolore nocicettivo, soprattutto a carico della colonna, oppure misto, in particolare quando sono coinvolti anche gli arti inferiori.
Probabilmente a causa di tutti questi fattori (enorme incidenza, impatto socio economico, difficoltà diagnostica e patogenesi multifattoriale) la medicina moderna non è ancora stata in grado di rispondere in modo totalmente soddisfacente al problema.
Recentemente sono stati pubblicati lavori scientifici (Williams 2014, Machado 2017), che hanno dimostrato la mancanza di efficacia di uno dei farmaci più utilizzati nel trattamento della lombalgia e cioè del paracetamolo, molecola ampiamente utilizzata (ed abusata) e considerata, erroneamente, innocua.
I farmaci antinfiammatori sono da sempre la categoria di farmaci antidolorifici maggiormente impiegata in Italia: 468,9 milioni di DDD "daily drug dose", cioè di dosi giornaliere di farmaco prescritte, per una spesa totale di 209,2 milioni di euro. Il dato si ripete, ovviamente, anche nel trattamento del mal di schiena dove spesso, al FANS, viene affiancato un miorilassante, per lo più per via parenterale intramuscolare. Questo approccio, molto diffuso, non è supportato da alcuna evidenza, anzi un lavoro del 2017 di Machado ha messo in evidenza come l'efficacia dei FANS nel trattamento della lombalgia può avere una minima efficacia, nelle fasi acute, ma che non raggiunge una differenza significativa dal punto di vista statistico nei confronti del placebo. Le recenti (febbraio 2014) linee di indirizzo EMEA hanno sollevato un warning in merito alla sicurezza nell'impiego di tiocolchicoside, il miorilassante maggiormente impiegato nelle associazioni iniettive con i FANS, raccomandandone un uso limitato nel tempo (7 giorni) ed esclusivamente in presenza di contratture muscolari dolorose associate a patologia acuta della colonna vertebrale.
Un recentissimo lavoro pubblicato da Mathieson e colleghi (NEJM 2017) ha suscitato molto scalpore nella comunità scientifica riportando l'inefficacia del Pregabalin nel trattamento della nevralgia sciatica. Il lavoro, che fornisce sicuramente interessanti spunti di riflessione sul problema del corretto inquadramento diagnostico del dolore neuropatico, presenta alcuni punti deboli : l'utilizzo della scala VAS per la valutazione del dolore neuropatico non è validato, i valori medi di dolore all'inizio dei trattamenti è relativamente basso (3,8), i pazienti selezionati non presentavano esclusivamente dolore sciatico ma anche lombalgia (un tipo di dolore che notoriamente non risponde a questa categoria di farmaci). Soprattutto in merito a questo ultimo punto, nel trattamento di pazienti con dolore misto (il più comune nell'ambito della lombalgia) la pratica clinica più diffusa e universalmente accettata è quella di un approccio multimodale e che preveda la così detta combination therapy cioè l'impiego in associazione di diversi farmaci con azioni differenti mirate ai diversi meccanismi : analgesici oppioidi e farmaci adiuvanti per la componente neuropatica (antiepilettici e antidepressivi).
Proprio il bel lavoro di Uberall e colleghi del 2016 (OXYNTA) dimostra l'efficacia e la tollerabilità dell'impiego dei due farmaci oppioidi di più recente immissione sul mercato: Tapentadolo e associazione Ossicidone/Naloxone. In particolare entrambi i due farmaci sono risultati validi nel ridurre l'intensità della componente neuropatica, ma il dolore nocicettivo e misto sono risultati maggiormente responsivi alla combinazione Ossicodone/Naloxone sia come riduzione dell'intensità del sintomo che come percezione soggettiva del miglioramento clinico complessivo e dell'aumento della qualità di vita.
Questo studio conferma e ribadisce quanto già evidenziato nel precedente studio PROBE dello stesso autore, pubblicato nel 2015: la formulazione combinata di Ossicodone e Naloxone rappresenta la miglior opzione terapeutica nella gestione del dolore cronico, ed in particolare del mal di schiena, con efficacia e tollerabilità maggiori di tutte le altre formulazioni a base di farmaci oppioidi disponibili sul nostro mercato : Morfina, Codeina e anche Ossicodone in formulazione non associata a Naloxone.
Nei prossimi articoli che leggerete su queste pagine avremo il contributo degli altri membri del board scientifico che illustreranno il loro punto di vista e il loro approccio specialistico alla problematica della lombalgia.
Probabilmente qualcuno di voi si sarà riconosciuto come uno dei milioni di pazienti che combatte ogni giorno contro il suo mal di schiena: sminuito, sottovalutato, trascurato. Nessuno può promettervi una soluzione sicura, ma se cominciamo a dare il giusto peso a questa patologia e a cercare le strategie diagnostiche e terapeutiche più adeguate, insieme potremo avviare il percorso che ci porti al nostro "Obiettivo Zero Dolore".
Questo articolo fa parte dello Speciale Salute Vinci il Dolore