Emicrania tipi cause diagnosi.

Emicrania: tipologie, caratteristiche, cause

Revisione Scientifica:

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Dr. Mauro Colangelo Neurologo, Neurochirurgo

L'emicrania è una forma di cefalea primaria che si può manifestare in due forme: con aura e senz'aura. Quali sono le cause, quali sono le caratteristiche del dolore emicranico e come fare la diagnosi.

Cos'è l'emicrania?

L'emicrania, dopo la cefalea di tipo tensivo, è una delle forme di cefalea più diffuse tra la popolazione, con elevato impatto socio-economico e personale.

L’emicrania è una condizione patologica complessa che potrebbe essere considerata una tendenza ereditaria ad avere cefalea, accompagnata a sintomi vegetativi e a ipersensibilità a diversi stimoli. Alla base di questa predisposizione potrebbe esserci un’alterazione nei meccanismi centrali di controllo del dolore e delle altre informazioni sensoriali.

Per approfondire:Emicrania con aura negli adolescenti: conseguenze e rimedi

Tipi di emicrania: con aura e senz'aura

L’emicrania è una forma di cefalea primaria clinicamente caratterizzata da una triade sintomatologica costituita da: dolore con caratteri peculiari, disturbi neuro-vegetativi e ipersensibilità agli stimoli neuro-sensoriali. L’emicrania ha due principali sottotipi: l’emicrania senza aura, che rappresenta l’80% dei casi, e l’emicrania con aura.

Emicrania senza aura

In passato era anche denominata emicrania comune, colpisce prevalentemente le donne con un rapporto femmine: maschi pari a 2-3:1.

Insorge generalmente a partire dai 30 anni con un picco di prevalenza sui 40-45 anni e tende ad attenuarsi dopo i 50 anni, con riduzione dell’intensità del dolore e scomparsa dei sintomi associati. 

È ben nota la tendenza alla familiarità di questo disturbo, che si trasmetterebbe con meccanismo autosomico dominante a penetranza incompleta. 

La diagnosi di emicrania senza aura l’occorrenza di almeno 5 episodi mensili. Gli attacchi hanno una durata che può variare da qualche ora sino a tre giorni, se non adeguatamente trattati, e sono peculiarmente caratterizzati da dolore pulsante, di intensità progressivamente crescente da media a forte, a localizzazione unilaterale, inizialmente in regione sovra-orbitaria e tendente alla secondaria diffusione, come nella figura 10 viene schematicamente illustrato.

Alla cefalea si associa nausea e/o vomito ed è quasi sempre presente intolleranza per i rumori e per la luce (fono/fotofobia), accentuazione dell’olfatto (iperosmia), congestione congiuntivale e lacrimazione, difficoltà a concentrarsi e frequentemente amnesia.

Sull’intensità della cefalea esercita effetto aggravante ogni tipo di attività fisica quali lo scendere le scale o simili attività motorie di routine. Lo stato di sofferenza indotto da questa molteplicità di sintomi è quasi sempre di grado notevolmente disabilitante per come inficia l’efficienza psico-fisica con conseguente menomazione della produttività lavorativa e delle funzioni sociali dell’individuo che ne è affetto.

Per approfondire:L'emicrania senz'aura

Emicrania con aura

La forma di cefalea emicranica con aura ha un'incidenza del 20% di tutte le emicranie, è definita “classica” oppure emicrania oftalmica o “accompagnata” per indicare la presenza dell’aura che precede la crisi dolorosa. Il fenomeno aurale consiste in un sintomo neurologico transitorio legato a disfunzione focale emisferica o del tronco dell’encefalo.

Nella maggior parte di casi si tratta di aura visiva, caratterizzata da scotomi positivi del tipo di luce scintillante o  di linee frastagliate detti spettri di fortificazione oppure da macchie cieche o deficit a quadranti del campo visivo o visione confusa (scotomi negativi).

La variabilità dei sintomi visivi dipende dal diverso grado di coinvolgimento delle aree corticali circostanti la corteccia  visiva occipitale.  

In altre varianti, l’aura può essere caratterizzata da disturbi sensitivi come ipoestesia o parestesia (formicolii) o da emiparesi (forma sporadica o di tipo ereditario chiamata emicrania emiplegica familiare); può verificarsi anche il raro fenomeno della autopoagnosia delle mani, ossia il paziente non percepisce più le mani come sue; oppure da paralisi di uno dei nervi oculomotori (emicrania oftalmoplegica) o da inibizione posturale con caduta al suolo per interessamento del tronco dell’encefalo (emicrania basilare di Bickerstaff). 

L’aura può anche essere espressa da disturbi del linguaggio in genere del tipo di parafasia, che è una forma di afasia del versante espressivo, consistente nel sostituire un termine esatto con uno sbagliato o nel cambiamento d’ordine di sillabe o parole, con conseguente difficoltà per la comprensione del discorso.

Di norma l'aura non deve durare oltre 60 minuti (nella maggioranza dei casi dura meno di 30 minuti) altrimenti si cade nella condizione di emicrania con aura prolungata a cui potrebbe sottendere un fenomeno ischemico cerebrale, evidenziabile col neuro-imaging: in questi casi si parla anche di “infarto emicranico”.

Per approfondire:L'emicrania con aura

Caratteristiche del dolore dell'emicrania con aura

All’aura fa seguito la fase dolorosa che è sovrapponibile a quella descritta per l’emicrania senza aura.

In una minoranza di casi può accadere che all’aura non faccia seguito la fase dolorosa dell’attacco: è la condizione definita aura emicranica senza cefalea o emicrania decapitata oppure emicrania sine emicrania. In alcuni pazienti può esservi occorrenza di una fase premonitoria, ore o giorni prima dell’attacco, ed anche di una fase risolutoria della cefalea, caratterizzate entrambe da iper- o ipoattività, depressione, voglia di taluni alimenti, sbadigli ripetuti, senso di fatica, tensione o dolore nucale.

Diagnosi dell'emicrania con aura

Mentre per la diagnosi della forma senza aura la ICHD-III pone la condizione di almeno 5 attacchi mensili, per l’emicrania con aura sono sufficienti solamente due attacchi al mese; quando la frequenza eccede questi valori di parla di emicrania cronica.

Nel 3% dei casi, l’emicrania può trasformarsi da episodica in cronica: si ha cronicizzazione se in un periodo di tre mesi si ha persistenza di cefalea, non necessariamente con le peculiarità dell’emicrania, per almeno 15 giorni al mese, purché fra gli episodi di cefalea vi sia un numero di almeno otto attacchi di emicrania, con o senza aura.

Il rischio di cronicizzazione dipende dalla frequenza degli attacchi e dalla durata di ciascuno di essi, che se è protratta peggiora la sensibilizzazione centrale al dolore, dall’uso inappropriato di farmaci sintomatici e dalla persistenza di fattori predisponenti rappresentati da disturbi del sonno, obesità e particolarmente da depressione e dallo stress. Quest’ultimo fattore contribuisce congruamente al processo di cronicizzazione specialmente in quei pazienti emicranici in cui vi sia la sovrapposizione con una cefalea di tipo tensivo.

Cause dell'emicrania

Una spiegazione delle cause che possono portare l'emicrania è basata su una complessa serie di eventi neurali e vascolari. Ad una fase iniziale di vasocostrizione, che giustificherebbe il fenomeno dell’aura, farebbe seguito una fase di vasodilatazione responsabile del sintomo della cefalalgia dovuto ad attivazione delle terminazioni nervose (nocicettori).Questo potrebbe essere dovuto a una maggiore tendenza dei pazienti emicranici a produrre serotonina.

La serotonina nel sistema nervoso centrale svole diverse funzioni come neurotrasmettitore e agisce tra l’altro per la trasmissione degli stimoli dolorifici. I recettori di serotonina nel soggetto emicranico sarebbero più sensibili, producendo un effetto vaso-costrittivo da cui dipende la sintomatologia dell’aura emicranica.

Secondo la più recente “teoria centrale”, il soggetto che soffre di emicrania avrebbe uno stato di ipereccitabilità neuronale nella corteccia cerebrale (il cosiddetto “cervello emicranico”) legato ad un difetto geneticamente determinato del “filtro” del dolore, la qual cosa giustificherebbe la predilezione della cefalea per determinati nuclei familiari.

Se vi è defaillance di questa funzione la “soglia emicranica” è più bassa, se intervengono fattori precipitanti o favorenti come:

  • ormonali: emicrania da ciclo mestruale o da contraccettivi; 
  • ambientali: variazioni climatiche, rumori, fumo di sigarette;
  • psicologici: stress, depressione;
  • alterazioni del ritmo sonno-veglia;
  • alimentari: alcol, cibi con nitriti, tiramina, glutammato, etc.
  • particolari condizioni come l'emicrania da orgasmo.

Sintetizzando, l’episodio di emicrania consegue a un insufficiente filtro sugli input sensitivi legato ad una disfunzione delle strutture centrali del tronco dell’encefalo che condizionerebbe una ipereccitabilità centrale del trigemino (stato pro-nocicettivo); sulla base di questa alterata modulazione della sensibilità al dolore si determina una bassa soglia emicranica su cui vanno ad agire i fattori scatenanti o triggers (che in inglese significato “grilletto”); come conseguenza si attivano riflessi trigeminali idonei a provocare la sequela vaso-dinamica responsabile delle fasi cliniche dell’episodio di emicrania.

Tra i fattori che possono scatenare l'emicrania vanno menzionati anche i traumi cranici, lo stress e la tensione muscolare. Eccitazioni ripetute del nocicettore inducono il coinvolgimento anche dei neuroni contigui non direttamente interessati dallo stimolo dolorifico, ossia si propagano come accade in un incendio (ignition hypothesis).

Su questi neuroni diventano efficaci anche stimoli subliminali, ossia al di sotto della soglia necessaria per produrre l’eccitazione: a ciò consegue un ampliamento a cerchi concentrici della zona coinvolta dal dolore per cui alle cellule sensitive del cervello viene segnalata come dolente una parte molto più estesa di quanto in realtà non lo sia inizialmente.

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Come nasce il dolore emicranico?

È importante soffermarsi brevemente sulle cause della trasmissione del dolore, mettendo innanzitutto a fuoco le strutture anatomo-funzionali implicate nella zona della testa, del collo e della faccia.

Le informazioni sensitive dalla faccia, congiuntiva, cavità orale, muscoli cranio-facciali, periostio, articolazione temporo-mandibolare e dura madre (la meninge esterna che ricopre l’encefalo) sono veicolate dal nervo trigemino (V nervo cranico) attraverso le sue tre branche oftalmica, mascellare e mandibolare.

La sensibilità della parte posteriore del capo è devoluta al nervo grande occipitale di Arnold, che nasce dal secondo nervo cervicale (C2); quella della nuca e dell’orecchio deriva, invece, dal nervo piccolo cervicale e dal nervo grande auricolare, che ricevono fibre sensitive dal secondo e dal terzo nervo cervicale (C2-C3).

La Fig. 4 illustra schematicamente l’innervazione sensitiva della testa e del collo. Lo stimolo sensitivo tattile, termico e dolorifico raccolto dalle strutture recettoriali periferiche si propaga con il meccanismo del “potenziale di azione” lungo le vie di conduzione della sensibilità e arriva nel Sistema Nervoso Centrale (S. N. C.) dove, dopo un primo contatto funzionale con i nuclei del talamo, viene successivamente rilanciato alla corteccia somato-sensoriale, situata nel lobo parietale degli emisferi cerebrali, per essere riconosciuto e percepito (come illustra schematicamente la figura).

Per la natura della sua struttura, il cervello in sé non è sensibile al dolore, ma il mediatore del dolore cefalico è, come si vede, un fitto plesso nervoso di pertinenza del nervo trigemino inserito prevalentemente nell’avventizia dei vasi sanguigni. 

All’esterno del cranio le fibre dolorifiche partono dall’occhio, dal cuoio capelluto, dai muscoli della testa, dal periostio, dalle mucose del naso e dei seni paranasali, dai vasi sanguigni del cranio e della faccia, dall’orecchio medio ed esterno, dai denti. I meccanismi in grado di eccitare i nocicettori contenuti in queste strutture sono costituiti dalla trazione, dislocazione e compressione dei vasi sanguigni, dallo spasmo dei muscoli cranici o cervicali, dalla distensione della dura (per aumento della pressione all’interno del cranio) e, naturalmente, dall’infiammazione delle meningi e dei nervi sensitivi.

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Data pubblicazione: 15 dicembre 2021

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