Spasticità dei muscoli del volto e “spasticità” delle ghiandole
La spasticità, conseguente a una lesione del sistema nervoso centrale (cervello e midollo spinale), comporta in sostanza una riduzione della capacità dei muscoli di farsi allungare dai loro antagonisti. Esistono tanti disturbi causati dalla spasticità di muscoli in distretti anatomici non comunemente indagati in pazienti con danni al sistema nervoso centrale e con spasticità complesse agli arti superiori ed inferiori. Tali disturbi, come il blefarospasmo o l'emispasmo faciale, se non trattati, possono portare ad una vera e propria invalidità
Quando l'iperattività non è solo un problema a carico dei muscoli degli arti superiori ed inferiori.
La spasticità, conseguente a una lesione del sistema nervoso centrale (cervello e midollo spinale), comporta in sostanza una riduzione della capacità dei muscoli di farsi allungare dai loro antagonisti.
Ad esempio, se è spastico il brachiale, che è un muscolo che flette l'avambraccio sul braccio, il suo antagonista naturale, il tricipite brachiale, situato sulla faccia opposta del braccio, avrà difficoltà a stendere il gomito; e la stessa difficoltà l'avrà la forza di gravità, una forza a cui tutti noi abitanti del pianeta terra siamo continuamente sottoposti, e che tende naturalmente a farci stare con le braccia stese mentre manteniamo la stazione eretta.
Di conseguenza, in alcuni soggetti colpiti da una patologia del cervello, i muscoli flessori dell'avambraccio sul braccio sviluppano un aumento del tono muscolare che determina quello che è l'atteggiamento caratteristico di questi pazienti: il gomito flesso e l'avambraccio pronato.
Anche alla mano la situazione è sovrapponibile: i muscoli flessori diventano spastici, le dita si piegano e la debolezza dei muscoli antagonisti determina impossibilità ad aprire la mano per approcciarsi ad un oggetto.
In genere vediamo i pazienti affetti da una paresi spastica dell'arto superiore compiere continui tentativi con la mano opposta per cercare di aprire le dita della mano paretica e favorirne una sia pur minima funzione.
Esistono però dei tipi di spasticità più particolari, che possono interessare dei distretti anatomici a cui abitualmente, sbagliando, diamo meno importanza da un punto di vista clinico nella valutazione globale di un paziente, ma che possono diventare invalidanti nella vita quotidiana tanto quanto una mano che si apre con difficoltà.
Ad esempio si può sviluppare spasticità ai muscoli del collo e del distretto cefalico, che modifica la capacità di rotazione del collo di un paziente e quindi la capacità di mantenere lo sguardo all'orizzonte, andando ad inficiare la capacità di inseguimento di un punto mobile, e che molto spesso porta ad un deficit posturale che si traduce in difficoltà nello svolgere le comuni azioni della vita quotidiana, come guidare, guardare la TV e leggere, ovvero compiere tutte quelle azioni che necessitano di una buona capacità di prolungato mantenimento di una postura fissa con la testa.
Anche i muscoli del volto possono diventare spastici in seguito ad un evento patologico. Ad esempio l'orbicolare dell'occhio. A che serve questo muscolo? E' il muscolo che ci permette di insaponarci il viso senza che le mucose degli occhi vengano irritate dal detergente, perché grazie all'orbicolare la chiusura delle palpebre è ermetica. La spasticità di questo muscolo porta alla chiusura della palpebra, per cui il disturbo è chiamato blefarospasmo.
Se, in seguito a un evento patologico, si sviluppa il blefarospasmo, il paziente comincerà progressivamente a percepire difficoltà a tenere gli occhi aperti, perché l'antagonista dell'orbicolare, il muscolo elevatore delle palpebre, è molto più debole (è il muscolo più piccolo del corpo umano), essendo deputato a reggere il peso delle palpebre per consentirci di tenere gli occhi aperti quando siamo svegli. Molto frequentemente, in una fase iniziale, il paziente e il suo medico curante attribuiscono i disturbi a una banale congiuntivite, ma, con il passare del tempo si ha un progressivo peggioramento dello spasmo di chiusura, questi pazienti possono diventare funzionalmente ciechi.
Non c'è alcun dubbio, in questi casi, che la migliore scelta terapeutica sia indebolire il muscolo più forte, l'orbicolare, tramite infiltrazioni intramuscolari con tossina botulinica con dosi leggermente superiori a quelle che si usano in estetica.
Se pensiamo a ciò che può succedere un po' “più in basso”, la spasticità può avere effetti ancora più devastanti. L'essere umano è dotato di muscoli masticatori molto potenti. La chiusura della bocca è affidata a muscoli situati intorno alla regione posteriore della mandibola che sviluppano una forza tale da permettere all'uomo di stritolare con i suoi denti alimenti anche di notevole consistenza. In casi limite, vediamo trapezisti in volo che affidano il peso del corpo alla forza di questi muscoli, reggendosi al trapezio col solo morso serrato.
In una condizione basale, però, il tono di questi muscoli, ovvero il loro stato di contrazione a riposo, è appena sufficiente per permetterci di tenere la bocca chiusa durante le fasi di veglia. Spesso, nel soggetto anziano che si addormenta seduto e con il capo poggiato, notiamo che, con la riduzione del tono muscolare determinato dall'addormentamento, la bocca si apre.
I muscoli masticatori sono spesso sede di aumento del tono a seguito di stress emotivi, e, durante la notte, la loro spasmodica contrazione in soggetti che attraversano periodi di forte tensione emotiva determina quel “digrignare dei denti” che può essere responsabile di lesioni delle superfici masticatorie dei denti stessi.
Se esaminiamo questo fenomeno dal punto di vista neurofisiologico, ontogenetico e filogenetico, questi muscoli sono assimilabili per certi versi ai muscoli flessori degli arti superiori sia come sedi preferenziali della spasticità, ma anche fisiologicamente deputati all'afferramento del cibo e alla nutrizione.
In natura esiste un potente veleno, prodotto da un batterio anaerobio, che penetrando attraverso le ferite che l'uomo si produce va ad aumentare il tono muscolare dei muscoli masticatori (masseteri , pterigoidei, temporali) in primis, causando una paralisi spastica della mandibola che non riesce più ad aprirsi (“trisma della mandibola”), salvo poi estendersi a tutta la muscolatura scheletrica determinando alla fine la morte per arresto-spasmo dei muscoli respiratori. Questo potente veleno è la tossina del tetano. Data l'elevata pericolosità è fondamentale il ricovero immediato in terapia intensiva e la somministrazione di immunoglobuline anti-tetaniche per ridurre il rischio di morte del soggetto, così come il tempestivo utilizzo di anticonvulsivanti e miorilassanti per via sistemica e locale.
In altre patologie del sistema nervoso centrale lo spasmo dei muscoli masticatori diventa progressivamente più forte fino a chiudere la bocca, impedendo al paziente un'alimentazione fisiologica per cui bisogna alla fine nutrirlo o con sondino naso gastrico o con una gastrotomia endoscopica percutanea. In questi casi la somministrazione tempestiva della tossina botulinica è fondamentale per permettere l'apertura della bocca andando a ridurre il tono muscolare dei muscoli masticatori.
Nello stesso distretto anatomico ci sono i muscoli mimici, le cui contrazioni determinano il manifestarsi delle nostre emozioni e quella multiforme e infinita variabilità della nostra capacità di espressione e di comunicazione; un sorriso (contrazione sincrona dei muscoli risori) o un annusamento (contrazione sincrona degli elevatori dell'ala del naso) sono tra i molteplici schemi di contrazione dei muscoli mimici.
Uno spasmo asimmetrico del muscolo risorio o dell'elevatore dell'ala del naso, così come del muscolo zigomatico, determina una marcata asimmetria della mimica facciale, con sovvertimento completo dell'armonico espletarsi della nostra capacità comunicativa. Uno spasmo del muscolo orbicolare delle labbra o del muscolo buccinatore può portare, oltre alle già menzionate alterazioni mimiche, difficoltà nel mantenere il cibo all'interno della bocca durante la masticazione e nel posizionamento del cibo all'interno del cavo orale per procedere ad una corretta masticazione e deglutizione, con delle conseguenze facilmente immaginabili sia in ambito funzionale, con un aumentato rischio di passaggio di materiale alimentare nelle vie respiratorie, sia in ambito sociale, con difficoltà nella gestione di pranzi e cene in compagnia. Un'attenta gestione di queste problematiche complesse da un punto di vista riabilitativo, dopo una attenta valutazione clinica da parte di un medico fisiatra o neurologo esperto in questo tipo di disturbi, prevede un trattamento della motricità muscolare con un terapista o un logopedista adeguatamente addestrato e l'utilizzo di farmaci antispasmodici locali; in casi come questi descritti, la terapia con tossina botulinica è di gran lunga il trattamento più diffuso ed efficace in assoluto.
Infine un tipo molto particolare di “spasticità”, che affonda le sue basi patogenetiche nello stesso tipo di trasmissione nervosa che porta un muscolo all'ipertono, ovvero nella liberazione di acetilcolina da parte del terminale sinaptico dei neuroni, è la “spasticità” delle ghiandole salivari e sudoripare.
L'iperidrosi si può manifestare in seguito ad un danno del sistema nervoso centrale così come la spasticità di un muscolo, ed è frequentemente localizzata nelle aree dove sono maggiormente presenti le ghiandole eccrine responsabili della liberazione della produzione e della liberazione del sudore ovvero nel palmo della mano, nell'area plantare del piede e nel cavo ascellare. Esiste un vero e proprio apparato “sudomotore” nel sistema nervoso, la cosiddetta via nervosa del sudore, che parte dalla corteccia cerebrale ed arriva alle ghiandole passando dall'ipotalamo, dal midollo, dal corno laterale del midollo al ganglio simpatico e da qui alle ghiandole sudoripare.
Il fisiologico funzionamento delle ghiandole sudoripare palmari e plantari è legato ad una attivazione prevalentemente da stimoli emozionali, in cui dalla corteccia frontale e pre-motoria, attraverso l'ipotalamo, partono gli stimoli sudoripari; le aree che controllano la sudorazione lungo questa via nervosa sono apparentemente slegate dalle aree della termoregolazione, tanto è vero che per diagnosticare una vera iperidrosi, questa non deve essere presente durante il sonno, quando le emozioni non influenzano la sudorazione.
Questo disturbo autonomico legato all'ipertono della via sudomotoria può essere ampiamente debilitante, portando ad isolamento sociale così come ad una disabilità occupazionale, fisica e psicologica.
Allo stesso modo, la scialorrea, ovvero l'eccessiva produzione di saliva da parte delle ghiandole salivari (parotide, che produce da sola circa l'80% della saliva, sottomandibolare e sublinguale), può manifestarsi in casi di disturbi neurologici conseguenti a danni traumatici del sistema nervoso centrale, nel caso di paralisi labio-glosso-faringea in esiti di ictus, così come in patologie neurodegenerative, come il morbo di Parkinson, ed è dovuta ad una iperattività delle vie autonomiche che liberano acetilcolina a livello delle ghiandole salivari.
Fisiologicamente, la produzione di saliva viene mantenuta in modo costante dalle ghiandole sottomandibolari e sublinguali per evitare che la bocca vada incontro a secchezza, evenienza che aumenterebbe il rischio di infezioni e causerebbe difficoltà nell'eloquio; in momenti in cui la produzione di saliva deve aumentare, ovvero durante la masticazione del cibo, la parotide riesce ad incrementare la propria produzione per permettere al bolo alimentare di procedere lungo la via digestiva. Normalmente la produzione di saliva è di circa 1-1,5 litri al giorno. In seguito ad una iperstimolazione acetilcolinica derivante dal danno al sistema nervoso centrale questa quantità può raddoppiare o triplicare, ed in pazienti in cui la deglutizione è deficitaria questo problema diventa ancora più evidente.
Nell'iperidrosi e nella scialorrea la terapia è esclusivamente farmacologica e prevede la somministrazioni di farmaci per via sistemica, come farmaci anticolinergici tipo scopolamina e glicopirrolato, che però è gravata da numerosi effetti collaterali, e farmaci per via topica, come la tossina botulinica, che va selettivamente a bloccare la liberazione di acetilcolina da parte del terminale sinaptico. Una scialorrea non responsiva ai trattamenti farmacologici può essere trattata in via definitiva con l'intervento chirurgico di resezione delle vie nervose che portano alle ghiandole salivari.
In conclusione, esistono tanti disturbi causati dalla spasticità di muscoli in distretti anatomici non comunemente indagati in pazienti con danni al sistema nervoso centrale e con spasticità complesse agli arti superiori ed inferiori. Tali disturbi, come il blefarospasmo o l'emispasmo faciale, se non trattati, possono portare ad una vera e propria invalidità. Altre “spasticità non convenzionali”, come l'iperidrosi e la scialorrea, possono portare all'isolamento sociale e all'aumento del rischio di polmoniti per inalazione della saliva in eccesso.
Se nelle forme di spasticità complessa in cui sono coinvolti gli arti superiori ed inferiori è fondamentale utilizzare un approccio combinato con trattamento riabilitativo, ortesico e farmacologico per il raggiungimento di un ottimo risultato, in questi casi particolari il quadro clinico è molto più “semplice” e gran parte del trattamento risiede nel trattamento farmacologico. La tossina botulinica, gold standard nel trattamento di queste patologie, correttamente infiltrata dopo un attento esame clinico, risolve l'ostacolo funzionale e restituisce al paziente la capacità, ad esempio, di aprire la bocca per mangiare o l'occhio per vedere, o semplicemente una mano asciutta per afferrare con sicurezza.
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Questo articolo fa parte dello Speciale Salute Disturbi del Movimento