Viscosupplementazione e condroprotezione: il caso di una ballerina professionista
Nella gestione conservativa della patologia degenerativa negli ultimi anni si mira a distinguere due sostanziali forme di "artrosi": una caratterizzata da osteopenia/osteoporosi dell'osso subcondrale (più, se vogliamo, correlative all' "invecchiamento" osseo) e una caratterizzata dalla presenza di edema osseo.
INTRODUZIONE
L'utilizzo dell'acido ialuronico e dei condroprotettori in ambito di patologia degenerativa articolare è ormai pratica consolidata e validata da numerose esperienze, cliniche e scientifiche.
Nella gestione conservativa della patologia degenerativa negli ultimi anni si mira a distinguere due sostanziali forme di "artrosi": una caratterizzata da osteopenia/osteoporosi dell'osso subcondrale (più, se vogliamo, correlative all' "invecchiamento" osseo) e una caratterizzata dalla presenza di edema osseo.
La conoscenza/valutazione dell'edema osseo è stata resa possibile, nel corso degli ultimi anni, dall'implementazione degli esami di Risonanza Magnetica. Migliori definizioni e maggiore diffusione dell'esame di RMN ha permesso di conoscere un tipo di sofferenza ossea, sostanzialemente traumatica (microtraumi ripetuti o un macrotrauma pre-fratturativo) caratterizzata da dolore acuto, prevalentemente sotto carico, ma che può mantenersi con caratteristiche di dolore costante infiammatorio anche notturno.
Quando la sofferenza è collegata a fenomeni da overuse articolare il quadro clinico che si mostra è sovrapponibile al quadro degenerativo da "invecchiamento", ma le caratteristiche del paziente, del "lavoro articolare" richiesto (tanto più se si tratta di paziente sportivo) e, ancor di più, della differente tipologia di "artrosi", impongono un approccio terapeutico che può avere delle specificità differenti.
CASO CLINICO - BALLERINA DI DANZA CLASSICA
Riporto il caso clinico di una giovane paziente che seguo da tre anni. Ballerina professionista attualmente di 28 anni. Da circa 4 anni ha periodiche riacutizzazioni dolorose a livello dell'alluce destro.
Si è presentata a me senza significative limitazioni funzionali (la flessoestensione delle articolazioni dell'alluce era regolare in considerazione della sua attività professionale) ma con dolore ai gradi massimi del movimento articolare e alla digitopressione articolare. Manteneva con fatica le posizioni di maggiore stress per l'alluce.
Nonostante le sorprendenti capacità che le ballerine sviluppano nel tollerare il dolore durante l'esecuzione del gesto artistico, la paziente era stata costretta, nel corso degli ultimi mesi, a ridurre il carico di lavoro. Aveva già effettuato trattamenti "sintomatici" con applicazioni di ghiaccio, FANS topici e FANS sistemici con parziali e transitori benefici.
Dopo valutazione clinica, ecografica, radiografica e di RMN si è posta diagnosi di sofferenza articolare di grado medio dell'articolazione metatarsofalangea caratterizzata da periodiche riacutizzazioni infiammatorie e parziale riduzione, durante le fasi algiche, del grado di movimento articolare.
La danza classica è la disciplina che maggiormente comporta un sovraccarico del piede e delle dita (alluce in particolare). Nonostante la grande attenzione rivolta nella preparazione e nella correttezza del gesto artistico, spesso il piede delle ballerine è esposto a diverse patologie.
ALLUCE RIGIDO ARTROSICO
Tra queste vi è il cosiddetto alluce rigido artrosico.
La perdita di articolarità della metatarsofalangea (meno frequentemente quella interfalangea) è un fenomeno che, in conseguenza di una costante usura, si instaura nel tempo e che, se diagnosticato precocemente, può essere gestito con approcci conservativi mini-invasivi.
In alcune posizioni tipiche della danza classica l'alluce subisce intensi stress (si pensi che per raggiungere la posizione in demi-pointe l'articolazione MF deve mantenere un angolo di 90°).
Nel caso della ballerina abbiamo eseguito delle valutazioni (cliniche e strumentali) iniziali e dei periodici controlli (circa ogni sei mesi) dello stato di salute articolare.
Le immagini ecografiche hanno mostrato periodiche distensioni della capsula articolare conseguenti a fasi infiammatorie (quelle in cui l'articolazione era sottoposta a particolari periodi di stress per l'intensificarsi degli spettacoli teatrali). Si è escluso con esami di laboratorio che la patologia fosse riconducibile ad artropatia metabolica (la gotta, ad esempio).
Le immagini radiologiche hanno mostrato (con scarse differenze nel corso dei 3 anni) un modico restringimento articolare con alcune irregolarità del profilo osseo corticale a livello metatarsale.
Il quadro di RMN (una effettuata 3 anni orsono e una nel corso di quest'anno) ha escluso osteocondriti o altre patologie primarie articolari, mostrando un quadro di sfumato edema osseo sia della porzione distale del primo metatarso sia della porzione prossimale della prima falange.
Il quadro clinico e radiologico è, quindi, compatibile con una fase precoce di artopatia degenerativa da ripetuti microtraumi che, in considerazione dell'attività della paziente, potrebbe condurre a un precoce alluce rigido artrosico.
Per tale motivo si è deciso di intervenire precocemente con un programma terapeutico che prevedesse il coinvolgimento combinato della Fisiatria Interventistica e della Fisioterapia.
PROTOCOLLO
La paziente è stata sottoposta a un protocollo che prevede periodiche infiltrazioni endoarticolari, effettuate sotto guida ecografica, di acido ialuronico a basso peso molecolare alternate ad alto peso molecolare e assume regolarmente sostanza con finalità condroprotettive.
Nel dettaglio la paziente viene circa ogni sei mesi sottoposta a una prima infiltrazione con 1-2ml di acido ialuronico a basso peso molecolare (10-20 mg, 0,5-0,73 MDa) seguita (a sette giorni di distanza) da una infiltrazione con 1-2 ml di acido ialuronico ad alto peso molecolare (15-30 mg, >1,5 MDa).
Il protocollo è stato discusso con la paziente e si è optato di non inserire altre sostanze farmacologiche (steroidi e/o anestetici) in articolazione.
Solo in alcuni casi è stato consigliato per 3 giorni l'assunzione di Ibuprofene (600 mg/die).
INFILTRAZIONE ECOGUIDATA
L'articolazione metatarsofalangea dell'alluce è facilmente identificabile, anche con soli reperti anatomici, dal clinico, ma io preferisco attuare un monitoraggio ecografico dell'ingresso dell'ago.
La tecnica infiltrativa Ecoguidata (http://www.fisiatriainterventistica.it/procedure-terapeutiche/infiltrazioni) consente un preciso ingresso dell'ago anche in articolazioni con deformità acquisite: a volte un'osteofita di uno dei due capi articolari può rendere più difficoltosa (e, quindi, più spiacevole per il paziente!) l'infiltrazione.
Valutare ecograficamente il percorso dell'ago, monitorare il corretto posizionamento dell'ago e l'ingresso intra-articolare della sostanza iniettata sono, insieme a una migliore compliance del paziente, valide motivazioni per prediligere la tecnica ecoguidata.
CONDROPROTEZIONE E FISIOTERAPIA
Alla paziente è stato consigliato di integrare la dieta con Glucosamina Solfato (500mg/die) e Condroitin Solfato (400 mg/die) e abbinare periodiche mobilizzazioni articolari nei periodi in cui l'attività teatrale è meno intensa. Si è scelto di non attuare alcuna interruzione nell'assunzione dell'integrazione alimentare per tutto il periodo in corso, mentre l'affidamento alla terapia manuale del Fisioterapista è richiesta periodicamente e su base della sintomatologia riferita dalla paziente.
RISULTATI
Gli esami strumentali non hanno riportato alcuna variazione del quadro articolare nel corso dei tre anni. Ciò non rappresenta un dato significativo ma possiamo ritenere che in considerazione del quadro degenerativo già riscontrato in fase iniziale (la paziente era sintomatica già da un anno) l'assenza di progressione nel peggioramento sia quantomeno un dato interessante.
Certamente interessante è, invece, la gestione, nel corso dei tre anni in analisi, della sintomatologia algica, della funzione articolare e della possibilità da parte della ballerina, di non subire alcuna limitazione nella propria pratica. La paziente riferisce di percepire "la necessità" di ripetere le infiltrazioni perché in grado di riconoscere i primi sintomi che precedono un vero stadio infiammatorio.
CONSIDERAZIONI
Pur non esistendo attualmente delle chiare indicazioni da parte della Letteratura Scientifica in merito agli approcci mini-invasivi in ambito preventivo, ritengo che la conoscenza della progressione della patologia degenerativa e della biomeccanica dell'articolazioni che giungono alla nostra attenzione (differente per ogni paziente e per ogni disciplina sportiva) possa supportare un approccio "interventistico" precoce purché integrato in una visione globale del "benessere articolare".
Il razionale che mi ha spinto ad alternare due pesi molecolari (e due concentrazioni) differenti di acido ialuronico deriva dall'obiettivo di ottenere dapprima (con l'acido ialuronico a basso peso molecolare) un'azione prevalentemente “biologica” volta anche a ridurre la sintomatologia algica e, seppur parzialmente, il quadro infiammatorio. Molecole a maggiore peso molecolare consentono, invece, di prevedere un prevalente effetto di "viscosupplementazione" propriamente detta e la persistenza del beneficio sintomatico per un periodo maggiore.
Un peso molecolare ancora maggiore potrebbe, invece, a volte comportare parziali effetti collaterali in pazienti che non possono permettersi se non brevissime pause dal loro "gesto atletico".
Il peso molecolare che non supera i 2 MDa è, a mio avviso, quello da preferire in casi similari.
E' importante non considerare l'infiltrazione, a mio avviso, come l'unico atto terapeutico: il corretto movimento e, laddove necessario, il corretto approccio fisioterapico sono parti importanti del percorso di cura della patologia e prevenzione delle recidive.
Tecniche infiltrative, condroprotezione, "igiene posturale" e il corretto movimento sono i pezzi più rappresentativi di un puzzle che, solo nel suo insieme, raffigura il prendersi cura di un'articolazione.
Questo articolo fa parte dello Speciale Salute Benessere Osteoarticolare