Tutto sui farmaci equivalenti
Il farmaco che ha perduto il brevetto si chiama farmaco equivalente, mantiene le medesime caratteristiche di qualità ed affidabilità del farmaco brevettato e a fatica si fa largo tra le porzioni di mercato poiché ancora appesantito dal sospetto della sua presunta inferiorità
L’ assistenza sanitaria contribuisce ad una parte del guadagno di salute che è ora possibile rispetto ad alcuni decenni orsono. L’espressione più vistosa ne è l’allungamento della vita media dei cittadini (82 anni ora per un soggetto di sesso femminile nel nostro paese, 78 per gli uomini).
Questo produce a sua volta una maggiore richiesta di servizi salute e di conseguenza un aumento dei costi.
Oltre alla ricerca delle contromisure organizzative e di finanziamento, il sistema salute può fronteggiare l’aumento dei costi forzando il parametro dell’efficienza.
Il mondo dei farmaci – la loro produzione ed il loro consumo – rappresenta una delle aree dove, con più difficoltà, si possono applicare dei correttivi agli attuali trend di spesa, soprattutto per la necessità che ai risparmi di gestione venga associato il mantenimento della qualità e degli standard di assistenza.
Da tempo quindi l’industria del farmaco e le autorità che ne regolano l’immissione sul mercato sono impegnate fianco a fianco nello stimolo della produzione di farmaci, capaci di mantenere le stessa caratteristiche dei farmaci brevettati, ma, al momento della perdita del brevetto (cruciale tuttavia perché un’ azienda possa rientrare dai costi sostenuti nelle ricerca) possano essere resi disponibili a costi contenuti.
Sono questi i farmaci ora definiti “ bioequivalenti”. Ingenerosamente a questi farmaci veniva associato il termine “generico”, ora in disuso poiché portatore in sé di uno stigma lessicale ( il termine pare associato infatti ad una caratteristica denigratoria di genericità: il che non è vero).
Il farmaco che ha perduto il brevetto quindi – come oggi disponibile in Italia – mantiene le medesime caratteristiche di qualità ed affidabilità del farmaco brevettato e a fatica si fa largo tra le porzioni di mercato poiché ancora appesantito dal sospetto della sua presunta inferiorità.
Quest’area di attività – una vera e propria cultura a sé dentro la cultura già immensa rappresentata dal mondo farmaceutico – gode quindi di una normativa di garanzia emanata a livello nazionale e perfezionata da quella regionale. Inoltre, è guidata nella sua diffusione dai documenti tecnici che vigilano sull’appropriatezza prescrittiva.
I temi sui quali la cittadinanza si è dimostrata più sensibile sono due: quello dei diversi eccipienti che possono “accompagnare” le molecole prodotte da diverse aziende ( ma in realtà la variabilità tra farmaco e farmaco è minore di quella paventata) e quello della “sostituibilità” di un farmaco con un altro equivalente, ma non identico.
Su questo la legislazione sta producendo vari contributi ed il rischio è quello di aumentare la confusione su un’area già di per sé gravata da precedenti non incoraggianti. Spetterà al mondo delle professioni un compito duplice : quello di una maggiore assunzione di responsabilità nella presa in carico dei cittadini, che con il sistema fiscale alimentano il nostro welfare, e soprattutto quello di una comunicazione trasparente su un mondo che è di confine tra interessi commerciali e bisogno di salute.