Trattamento, disinfezione e medicazione delle ferite
In questo articolo, cercheremo di identificare alcuni dei tipi di ferite più comuni guidandovi nella definizione dell'obiettivo di cura e nella scelta della medicazione o del prodotto migliore per raggiungere tale obiettivo.
Le ferite non sono tutte uguali. Comprendere questo concetto è essenziale.
Esiste un'ampia varietà di ferite che possono essere trattate dagli operatori sanitari e in seguito anche dai pazienti stessi e queste possono essere associate a trauma, interventi chirurgici, o malattie.
Approcciarsi in modo corretto alle ferite è la strada più complessa ma più sicura da seguire, poiché l'errore più comune nella gestione della cura delle ferite è curarle senza effettivamente pensare alla causa della ferita, al tipo di tessuto che si sta trattando e a quello che bisogna ottenere nel tempo.
Senza questo approccio, i fallimenti terapeutici sono dietro l'angolo: dai ritardi della cicatrizzazione, alle sovra-infezioni batteriche resistenti, alle complicanze locali, fino al peggioramento di quadri patologici e/o la conseguente disseminazione ematica (setticemia) di un'infezione inizialmente superficiale.
In questo articolo, cercheremo di identificare alcuni dei tipi di ferite più comuni guidandovi nella definizione dell'obiettivo di cura e nella scelta della medicazione o del prodotto migliore per raggiungere tale obiettivo.
Valutazione del paziente
Anzitutto, è necessario valutare complessivamente il paziente che si ha di fronte: una corretta raccolta della sua storia clinica ci permetterà di intraprendere una strada terapeutica senza tralasciare eventuali problematiche internistiche.
La prima cosa da fare prima di affrontare qualsiasi ferita è eseguire una valutazione complessiva del paziente. Di seguito vediamo come impostarla correttamente:
- Storia - Storia medica, chirurgica, farmacologica e sociale del paziente.
- Esame - Prima dell'intero paziente, poi della ferita.
- Indagini - Quali esami del sangue, radiografie, ecografie etc occorrono.
- Diagnosi - Clinica, Eziologica.
- Attuazione - Attuazione del piano di assistenza.
- Valutazione - Monitorare, valutare i progressi e adeguare il regime di gestione.
Dopo la raccolta dei dati clinici e l'impostazione del percorso di cura assistenziale è necessario dedicarsi alla ferita stessa, iniziando a considerare i seguenti parametri:
- Tipo di tessuto: Necrotico, infettivo, granulazione.
- Essudato della ferita: Tipo, Volume.
- Condizione dell'area attorno alla ferita.
- Livello di dolore: persistente, intermittente, al cambio della medicazione.
- Dimensione: Lunghezza, Larghezza, Profondità.
Un aspetto molto importante da considerare è proprio il tipo di tessuto che compone la ferita, poiché è da quello che dipendono le nostre prime azioni. L'infezione, il tessuto di granulazione e la necrosi, sono fra le eventualità che più frequentemente possono presentarsi in un'area affetta da una ferita. Vediamole nello specifico:
- Tessuto infettivo
Il tessuto infettivo deve essere trattato con antibiotici topici e/o sistemici solo dopo aver perfezionato un tampone cutaneo per la ricerca di specie batteriche e/o micotiche corredato di antibiogramma o antimicogramma. Difatti è importante selezionare il tipo di terapia solo dopo aver ben chiaro il tipo di germe, il tipo ed il grado di resistenza ai farmaci.
- Tessuto di granulazione
Il tessuto di granulazione è un tessuto duro-elastico che richiede una certa gestione e protezione. In genere è necessaria una medicazione che mantenga un ambiente minimamente umido e protegga i tessuti.
- Tessuto necrotico
Il tessuto necrotico deve essere sempre rimosso da una ferita. Idealmente, il modo più rapido (e spesso più sicuro) per rimuovere il tessuto necrotico è coinvolgere un medico chirurgo che poi sbriglierà chirurgicamente il tessuto interessato in modo conservativo appena sopra la base vitale. Se ciò non è possibile, utilizzare medicazioni note per favorire lo sbrigliamento autolitico (scioglimento della parte necrotica).
Come trattare una ferita?
Semplificando al massimo possiamo dire che le ferite derivino da 2 tipologie di traumi: un trauma chirurgico (che causa solitamente una ferita chirurgica elettiva, ovvero un taglio e una sutura ideali) o un trauma esterno accidentale, che causerà una cicatrizzazione per seconda intenzione (laddove non arriva la mano del chirurgo) o di prima intenzione (ovvero il rimaneggiamento chirurgico della ferita stessa); in quest'ultimo caso esiste una maggiore incidenza di deiscenza (che significa separazione parziale o totale degli strati di una ferita chirurgica) o complicanze di vario genere.
Esistono però anche nel trattamento delle ferite in elezione numerosi fattori di rischio ben identificati che possono portare a deiscenza della ferita, tra cui sovrappeso, età avanzata / avanzata, cattiva alimentazione, diabete, fumo e terapia radiante in precedenza nell'area. Per tale ragione la modificazione di alcuni di questi parametri potrebbe risultare fondamentale per la guarigione di una ferita chirurgica.
In caso di segni evidenti di infezione entrano subito in gioco gli antisettici su base acquosa, prodotti molto maneggevoli e indicati nel processo di guarigione delle ferite.
Fra questi si segnala lo Iodiopovidone, il quale può essere lasciato in applicazione per tempi superiori ai 2 minuti e come indicato nella scheda tecnica. Al termine è idealmente utile il risciacquo con soluzione fisiologica.
Per tale ragione, il trattamento iniziale delle ferite chirurgiche spetta comunque sempre agli operatori sanitari, che adopereranno medicazioni periodiche, utilizzando metodiche di valutazione dei margini e disinfezione della cute, mentre il management delle ferite più lievi e/o già sottoposte a controlli periodici con personale sanitario può essere demandato anche alle cure domiciliari; in questo contesto prodotti della disinfezione in soluzione acquosa come lo Iodiopovidone possono rendere grandi benefici laddove correttamente impiegati.
Non solo ferite chirurgiche però: esiste un grande capitolo di lesioni non provocate da agenti esterni che debbono essere considerate quando si parla di “disinfezione delle ferite”; si fa riferimento alle ulcere, lesioni provocate da disequilibri dello stato metallico e clinico dei pazienti, quasi costantemente presenti sugli arti inferiori (a causa della stasi venosa e linfatica). Sebbene non si tratti di vere e proprie “ferite” queste lesioni, che possono impattare in modo sostanziale la prognosi quod vita dei pazienti affetti, debbono passare le medesime valutazioni cliniche e chirurgiche, al fine di porre il prima possibile in pristino stato la cute aggredita da queste “ferite endogene”.
Affinché una ferita cronica passi alla fase di guarigione, gli operatori sanitari e i pazienti o aventi cura degli stessi, devono essere in grado di pulire la ferita il più accuratamente possibile senza causare ulteriore dolore al paziente.
Le parole "pulizia" e "sbrigliamento" (debridement) sono spesso usate in modo intercambiabile, tuttavia sono due termini distinti per descrivere i diversi processi di gestione; vediamole nello specifico:
Pulizia delle ferite
Si basa sull'applicazione seguita da un delicato sfregamento, mediante garza sterile, di un fluido (come lo iodiopovidone in soluzione acquosa) in grado di ripulire l'area e asportare i materiali contaminati dalla sua superficie.
Debridement della ferita
La rimozione di tessuti morti o devitalizzati, particelle e corpi estranei da un letto della ferita. Lo sbrigliamento è generalmente accettato come un precursore necessario alla formazione di nuovi tessuti. Esistono molti metodi di debridement della ferita; alcuni sono facilmente accessibili alla maggior parte del personale clinico, tuttavia altri richiedono una formazione o un'applicazione specialistica e possono essere trovati solo in cliniche specializzate o in strutture di assistenza acuta.
Vediamo quali sono le modalità di rimozione delle parti non vitali da una ferita:
Autolisi
Il metodo più comune per rimuovere il tessuto necrotico da una ferita consiste nell'utilizzare gli enzimi e il fluido naturali presenti nel corpo. Questo è indicato come autolisi. La terapia delle ferite umide aiuta in questo processo, sebbene alcuni agenti umidi possano aumentare il rischio di macerazione.
I prodotti per la medicazione delle ferite che aiutano a favorire il debridement autolitico includono spesso gli stessi componenti usati all'interno delle “medicazioni avanzate” (vedi oltre).
Biologico
Il debridement biologico utilizza larve appositamente allevate per fagocitare il tessuto necrotico e favorire la sua rimozione. Questo processo non è comunemente usato poiché i pazienti generalmente non si sentono a proprio agio con le larve sulle ferite.
Enzimatico
Ci sono alcuni prodotti enzimatici disponibili in tutto il mondo che solitamente comprendono alginato di calcio e due enzimi presenti in natura presenti nella saliva-lattosio perossidasi e glucosio ossidasi.
Meccanico
Lo sbrigliamento meccanico può comportare diversi metodi. La Sharp Surgery è il gold standard del debridement meccanico e prevede che un chirurgo rimuova tutto il tessuto necrotico in modo che il letto della ferita vascolare sia esposto e possano accadere naturalmente quei processi di riparazione della ferita stessa.
Medicazione delle ferite
Un ultimo aspetto da tenere presente nel management delle ferite è relativo alle medicazioni avanzate le quali debbono avere alcune prerogative atte a mantenere i seguenti vantaggi:
- mantenere umido il microclima
- temperatura costante
- protezione dalle infezioni
- permeabilità all’ossigeno
- atraumaticità
- maneggevolezza
Esistono medicazioni avanzate di varia natura e spaziano da medicazioni di Poliuretano, gel idrofilo, Idrocolloidi, Alginati, a contenuto salino, Carbossimetilcellulosa, Carbone attivo, Collagene animale.
Questa guida quindi illustra le principali metodiche di management delle ferite, con particolare attenzione a quelle più importanti. E' necessario però comprendere che ogni ferita se non ben trattata può diventare “importante” e pertanto, il suo inquadramento iniziale è sempre fondamentale. In caso di lesioni più lievi sarà poi il medico a suggerire anche sulla scorta di questi schemi, il miglior approccio che potrà essere assicurato anche in ambito domiciliare, dal paziente o da chi ne prende cura.
Questo articolo fa parte dello Speciale Salute Disinfezione