La Medicina Narrativa e la BLOGterapia

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Dr. Salvo Catania Oncologo, Chirurgo generale, Senologo

 

La narrazione della malattia e la BLOGterapia.

"La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla", così inizia il romanzo autobiografico "Vivere per raccontarla" di Gabriel Garcia Marquez, premio Nobel della letteratura e che successivamente alla pubblicazione confidava di avere trovato l'ispirazione nei mesi in cui gli era stato diagnosticato un linfoma.

Raccontarsi non fa bene solo ai pazienti, ma anche ai medici, e infatti, parallelamente alla diffusione della medicina narrativa, si è sviluppata una letteratura che racconta il lavoro del medico e cerca di far fronte, attraverso la scrittura, alle inevitabili difficoltà di relazione con i propri pazienti, anche nell’ottica di far fronte al burnout, ovvero all’esaurimento della spinta ideale e psicologica a portare avanti il proprio lavoro che può colpire proprio i medici più umanamente disponibili all’ascolto.

L’atto di raccontarsi come essere umano fragile, in un momento di debolezza, ha suscitato anche l’interesse dei bioeticisti. Infatti un paziente che racconta e viene ascoltato prenderà sicuramente decisioni più consapevoli, e il medico avrà maggiore facilità ad accettare le sue decisioni anche quando sono in contrasto con quanto lui stesso avrebbe fatto nella medesima situazione.

Raccontare sé stessi è quindi una delle chiavi del cosiddetto empowerment del paziente, quel processo di crescente autonomia decisionale dei malati al quale aspira la medicina moderna.

E’ paradossale pensare che il concetto di empowerment (=responsabilizzazione) è nato quando è nata la medicina tecnologica, perché gli scienziati erano convinti che i numeri, i dati, le misurazioni, avrebbero consentito alle persone di decidere più facilmente e con maggiore lucidità.

La verità è che i dati spesso sono “confondenti”, perché non decidiamo solo sulla base di essi, come un computer, mentre le storie ci forniscono quella componente emotiva che ci permette di riflettere meglio: http://www.senosalvo.com/infobesita.htm

Anne Hunsaker Hawkins in “Reconstructing illness. Studies in pathography“ (1999) definisce “patografie” le biografie dei vissuti dei pazienti che narrano la loro storia e le difficoltà incontrate. In tal modo finiscono per raccontare come comprenderle e superarle. Le patografie sono delle vere storie di avventura, perché la persona che si ammala, viene strappata al proprio mondo, noto e ordinario, per essere catapultata in quello straordinario, ignoto e pieno di ostacoli, confuso e pieno di pregiudizi, dove si lotta per la sopravvivenza.

Quanto fosse importante la narrazione della malattia dalla parte del paziente per la verità non ne ero ancora del tutto consapevole neanche quando nel 1989 pubblicai con la prefazione di U.Veronesi “Il carcinoma mammario dalla parte della paziente”, su centinaia di lettere indirizzate a me dalle pazienti.

Allora forse c’era già la “condivisione” con il medico, ma mancava quella tra le compagne della stessa devastante avventura e non mi resi conto di avere pubblicato forse il primo documento in Italia di Medicina Narrativa.

Nè potevo immaginare che successivamente lo sviluppo della ricerca sulla Medicina Narrativa avrebbe portato alla conclusione e pubblicazione su riviste scientifiche internazionali di ben 1670 ricerche in tutto il mondo su questo tema fino al 2013.

Nè avrei potuto immaginare che l'interesse suscitato arrivasse al punto di sviluppare numerosi progetti europei (tra cui S.T.o.Re: "Story Telling on Record") allo scopo di selezionare le migliori pratiche per creare linee di indirizzo nella cartella clinica , integrata con informazioni di medicina narrativa. Cioè il progetto di una cartella clinica con il racconto del malato, ovvero con informazioni non solo sul percorso di cura e di assistenza del paziente, ma con notizie che riguardano la sua storia individuale, la sua esperienza, come quella di chi se ne prende cura. Si chiama "cartella clinica integrata " con informazioni di medicina narrativa (Narrative Based Medicine).

La Narrative Based Medicine prevede una ricerca qualitativa, attraverso la raccolta di dati generici sui vissuti del paziente (in termini di tristezza, sentirsi soli, provar dolore, sconforto) e sulla modulazione delle relazioni  che egli vive nell'ambiente di cura; apparentemente sembra farlo in contrapposizione con la Evidence Based Medicine, anche di fronte ai sistemi più avanzati di quest'ultima, quali la PO-EMs (Patient-Oriented Evidence that Matters) o le linee guida di pratica clinica (Clinical Practice Guidelines)

Prima dell’avvento di Internet la diffusione di questi racconti, quando e se riuscivano ad essere pubblicati, erano possibili solo nei limiti di una produzione editoriale di nicchia, che difficilmente riuscivano a raggiungere molti lettori, a meno che l’autore non fosse uno scrittore già affermato o un personaggio pubblico famoso.

Narrare l’esperienza di malattia è una strategia che può aiutare il paziente a rimettere insieme "i suoi pezzi", le parti di quel sé che la malattia ha spesso prepotentemente frammentato. L’atto narrativo, dalle preziose potenzialità terapeutiche, è però reso possibile non solo dal soggetto che racconta la malattia, ma anche da quello che la ascolta: il medico, lo specialista o l’operatore sanitario.

Allo scopo di facilitare la diffusione di questi racconti e favorirne la diffusione addirittura in tempi reali e con un numero potenzialmente illimitato ed eterogeneo di persone, nel 2010 ho aperto il forum RagazzeFuoridiSeno, che attualmente conta quasi 6000 commenti con circa 700.000 visitatori.

La narrazione virtuale condivisa ha provocato anche una positiva ed emozionante verifica ”del virtuale con il reale”, tramite un convegno (I° Incontro nazionale delle Ragazze Fuoridiseno”), che si è tenuto a Milano il 21 Novembre 2013.

Fortunatamente le nostre iniziative non sono isolate dopo l’avvento della rivoluzione digitale del terzo millennio. Tra queste mi preme citare quelle di Giorgia Biasini (anche con il libro “Scriverne fa bene” 2013), e che io avevo scoperto casualmente perché è tra le fondatrici di “Annastaccatolisa”, blog che avevo seguito da lettore quasi ogni giorno sino alla morte di Lisa.

Questa socializzazione del vissuto personale ha ampliato i confini del narrabile, accogliendo la malattia tra i temi che possono essere oggetto di scrittura e condivisione. In altre parole si può rendere pubblica una esperienza che si tende a vivere nella intimità, se non in completa solitudine. In questo senso si può parlare di BLOGterapia (*).

Perchè se la persona malata riesce a trovare una propria voce per raccontarla, come la nostra Ragazza Fuori di seno Nadia allora inizia a mutare la percezione stessa della malattia, che si traduce in una sfida alla solitudine e al silenzio che in genere si accompagnano ad essa. Sulla rete quello che scriviamo può essere letto da chiunque e può essere commentato, in tempo reale. Si intreccia con altre vite, altre storie, raramente simili e spesso molto diverse, specie riguardo alle modalità con cui si reagisce al trauma.

Tutti aggiungono contributi personali su quali risorse mettere in campo di fronte ad ostacoli che sembrano insormontabili e soprattutto di fronte all’ignoto. E c’è chi non ce la fa proprio a condividere questa visione attraverso la scrittura, ma finisce per confessare che resta comunque incollata al forum perché talvolta basta il conforto della lettura, per comprendere gradualmente che non esistono esperienze indicibili, inenarrabili.

Basta talvolta la semplice rassicurazione di altre esperienze per esorcizzare l’aspetto mitologico di questa malattia che tanta paura continua a fare.

 

(*)Parlare in Italia di Blogterapia suscita ancora un certo effetto e fa pensare subito ad una pratica alternativa.

Negli Stati Uniti non è così. Uno dei blog più famosi, CarePages.com, ha permesso fino al 2018 ai pazienti ricoverati in Ospedale di aggiornare familiari ed amici sulle loro condizioni. Uno dei network americani più famosi è PatientsLikeMe.com, che raccoglie quasi 100 mila pazienti.

Tutto è cominciato nel 2006 negli Stati Uniti con il passaggio dal web tradizionale (web 1.0) al web 2.0. Se il web 1.0 era qualcosa di statico e il flusso dell'informazione era unidirezionale, con il web 2.0 le cose cambiano: l'utente viene messo al centro dei servizi e può interagire con altri.

I blog sono stati i primi a partire e in alcuni casi sono gestiti direttamente dai pazienti, consentendo uno scambio di esperienze e di storie (patografie), che hanno lo scopo di offrire un supporto che i medici difficilmente offrono dopo le dimissioni dall'ospedale. Inoltre danno voce ai lunghi intervalli di silenzio del follow-up (controlli), durante i quali i rapporti diretti con i propri oncologi si diradano.

Uno degli svantaggi del blog è che gli spunti di discussione nascono da chi lo gestisce. I social network (reti sociali), sono più democratici: chiunque può lanciare uno spunto che diventa argomento di discussione della intera community. Per tale ragione, sin dall'inizio, nel nostro blog Ragazzefuoridiseno, particolare attenzione è stata riservata affinchè il rapporto fosse paritario.

 

Quando si parla di blogterapia non pensiamo sempre a "rose e fiori" perchè gli effetti collaterali negativi cominciano ad emergere con significativa frequenza e dei quali si deve tener conto. Ad esempio basti pensare all'incremento ingiustificato della percezione del rischio riferito alla somministrazione dei vaccini, che dobbiamo ricordare hanno debellato numerose malattie infettive letali, e che ha portato ad una riduzione, non sempre giustificata, della popolazione vaccinata.

Inoltre la possibilità di esprimere critiche, accessibili in rete, nei confronti del proprio terapeuta, comporta profondi mutamenti nella relazione medico-paziente. Se è giusto che gli utenti siano avvertiti di eventuali cattive pratiche da parte dei professionisti, non va dimenticato che, all'interno di un rapporto terapeutico (soprattutto per psichiatri e psicoterapeuti) il risentimento di un paziente può nascere anche da dinamiche paranoidi o dalla frustrazione di suoi desideri. Se è consigliabile per i medici che frequentano i social network usare tutti gli accorgimenti disponibili per tutelare la loro riservatezza, anche le istituzioni accademiche dovrebbero preparare i futuri cllinici alle sfide presentate da Internet ed elaborare linee guida su come portare avanti il trattamento in questi casi, come rispondere agli eventuali attacchi in rete e come affrontare altre sfide emergenti, per esempio lo stalking o l'annuncio di un suicidio via Web.

Ma quanto in chiave terapeutica è importante raccontare agli altri? O forse è più importante raccontarsi, autonarrarsi.... per sè stessi? Questo dubbio mi è venuto quando alcuni anni fa una mia ex-paziente, giornalista del Corriere della Sera, mi aveva inoltrato un libro da lei scritto a partire dall'immediato post-operatorio e che nonostante le mie insistenze non ne voleva sapere di pubblicarlo perchè, mi spiegava, l'ho scritto "per me stessa".

A distanza di anni le ho richiesto cosa intendesse esattamente "per me stessa". Ecco la sua risposta molto semplice:  "Intendevo alcune cose che ho capito dopo. Al momento volevo distrarmi e basta essendo costretta a Milano a fare la radioterapia. Ma questo non spiega perchè per distrarmi abbia scelto di mettermi a scrivere piuttosto che fare altro. Va detto che quando scrivo una cosa, questa cosa diventa importante. O meglio vera, concreta, innegabile. E sono innegabili due cose, di quel periodo. La prima è che mi sentivo al centro di un groviglio: la notizia della malattia, lo shock, le cose da fare pratiche, le facce degli altri. Mi sembrava una circostanza eccezionale e, in effetti lo era. La seconda? Beh, il desiderio forse un pò morboso di ricordare ogni dettaglio per come lo vedevo in quel momento. E poi magari, dopo, fare i confronti. Vedere come e se sarei cambiata. Questa, però, è un'altra storia..

Pubblicare o non pubblicare sulla rete? Parafrasando Roberto Cotroneo "La rete? Un gigantesco editore caricato a salve ! " Perchè il dramma della rivoluzione digitale è l'impossibilità di creare un sistema culturale in cui si è scelti, in cui pubblicare è frutto di decisioni.

Un mese fa Andrew Sullivan celebre scrittore e giornalista inglese, ha deciso di chiudere il suo blog, un blog tra i più seguiti al mondo. Lo ha fatto perchè ha deciso di prendersi del tempo per sè.

"Sono saturo di vita digitale e voglio tornare al mondo reale. Sono un essere umano prima che uno scrittore e un blogger. Voglio tornare a leggere. Lentamente, con cura. Assorbire un libro difficile e ritirarmi nei miei pensieri per un pò. Tornare a dare forma alle idee dentro di me senza dover trasformare istantaneamente tutto in blog".

 

Sullivan è in buona compagnia, perché il fenomeno non riguarda solo i blog ma anche i social. 

Guy Birenbaun, 53 anni ha appena pubblicato un libro che suscita inquietudine dal titolo "Vous m’avez manqué. Histoire d’une depression". 

Stiamo parlando di uno degli opinionisti più seguiti dei media francesi (150 mila follower). Birenbaum mette a nudo il neologismo FOMO acronimo di Fear Of Missing Out, cioè una delle nuove malattie del Terzo Millennio e consiste nel pensiero fisso di voler controllare cosa stanno facendo gli altri e se ci stanno escludendo da qualcosa. Cioè uno degli aspetti della iperconnessione, che si traduce nell’incapacità di staccarsi dalla rete. Ma l’autobiografia di Birembaum non è del genere catastrofico-luddista anti-internet, e questo lo rende più interessante ma pur sempre inquietante, perché confessa di avere trascorso gran parte delle giornate lavorative twittando, instagrammando, navigando.

L’iperconnessione compulsiva lo allontana del tutto dalla vita reale “Quando accompagnavo mia figlia a scuola non so proprio dire come scendevo le scale di casa e chi accompagnavo a scuola”. 

Ma, e qui l’aspetto interessante “La mia iperconnessione è stata un sintomo della malattia, non la causa: la sofferenza esisteva già. Il web e le sue applicazioni non hanno fatto altro che moltiplicare il malessere, ma sarebbe stupido dare la colpa allo strumento. Il problema era come lo usavo e cioè in modo ossessivo. Web, vino e cibo non sono mali in sé. E il web è fantastico, mentre l’alcol in eccesso non lo è mai. Si possono prendere dosi eccessive di ottimo web, è straordinario, è la conoscenza, basta non sconfinare nell’ossessione del Web“.

Dopo la pubblicazione del libro Birenbaun è tornato al lavoro, ma con differente consapevolezza “Ora quando porto a spasso il cane, lascio a casa gli occhiali. Così non posso più controllare lo smartphone!".

 

Ne seguiranno altri. E tutti hanno la stessa motivazione: il tempo per sè, il tornare a leggere, e trovare buone idee. Ma soprattutto sottrarsi alla velocità, all'istantaneità delle cose. E' vero, ma non del tutto. Perchè il nodo non è solo il tempo, ma la qualità. Ci sono due modi di pensare il mondo di Internet, l'universo del web. Il primo come se fosse un calco digitale delle vite vere. Nel senso che sul Web si fa tutto quello che di solito si fa nella vita, solo in modo virtuale: si litiga, ci si racconta, si mostra la propria casa, i luoghi preferiti, le foto dei propri cari (imprudentemente???), degli animali domestici, i libri letti, i film visti. Questo ruolo è assolto dai social, ma anche dai blog. Il secondo modo è probabilmente quello vero. Il web è una gigantesca macchina culturale, una casa editrice senza editori, senza riunioni di staff, senza direttori editoriali che decidono cosa si pubblica, con un mondo di lettori che sono anche autori, e che non comprano nulla, leggono senza scegliere, senza decidere che tutto quel lavoro intellettuale debba essere ricompensato con il gettone dell'autorialità. La moneta di scambio sul web per tutto quello che si scrive sta nel concetto di piacere, nel like, nel retweet, nel commento entusiasta.Senza che questo comporti altre conseguenze. Senza che cambi nulla nella quotidianità delle persone che mettono il loro mondo e le loro idee nel web. Ecco perchè la rete è un gigantesco editore caricato a salve.

 

 

 

Data pubblicazione: 15 marzo 2015 Ultimo aggiornamento: 29 novembre 2016

98 commenti

#1
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Dr. Emanuele Caldarella

Caro Salvo,

grazie per questa ulteriore testimonianza, come se ce ne fosse stato bisogno :-)

La realtà delle RFS è davvero straordinaria, anche se i nostri "selvaggi" e i nostri "ricercatori" non sono da meno!

https://www.medicitalia.it/news/ortopedia/2720-arrivano-i-selvaggi-dell-anca.html

La realtà dei gruppi AMA è in continua evoluzione, ed è incredibile come, nella giungla disinformativa della rete, questi gruppi stiano trovando "la strada giusta".... purtroppo in giro si vedono ancora diversi forum artigianali e poco qualificati, in cui il grado di disinformazione è ancora alto... ma con questi due gruppi si va sul sicuro:

https://it-it.facebook.com/AllaRicercaDellAncaPerduta
https://www.facebook.com/danyrostizi.selvagge

Speriamo che il fenomeno prenda piede per altre patologie. Sono molte quelle in cui il confronto continuo tra "compagni di viaggio" sarebbe davvero un "plus" notevole....

#2
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Dr. Salvo Catania

Grazie a te e approfitto del tuo commento per scusarmi con ritardo, perché in occasione del nostro primo Incontro Nazionale Ragazze Fuori di Seno a Milano (nov.2013) avevo ufficialmente invitato una vostra rappresentante a presentare i "selvaggi" con una relazione. Purtroppo per mio colpevole e imperdonabile ritardo, l'invito, trattandosi di persona fuori regione, fu declinato cortesemente con la promessa che in futuro avremmo trovato l'occasione per lavorare insieme.

#3
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Utente 372XXX

Complimenti a tutti, ragazze fuori di seno e selvaggi dell'anca, che con l'arma della ironia avete contribuito ad esorcizzare la malattia, anche quella più temuta.

#4
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Utente 275XXX

Raccontarsi, raccontare.. forse raccontarsi per raccontare… non è l’uno più importante dell’altro, soltanto due destinatari e due funzioni diverse di quella che è la narrazione.
Nel raccontarsi uno racconta a se stesso i fatti della sua vita e va sempre più nel profondo fino ad illuminare gli angolini bui dentro di sé, forse la realtà è un po’ distorta perché è la memoria, il ricordo, che ci riporta ad un passato, magari lontano nel tempo, ma quello che è importante è ritrovare se stessi, se ci eravamo persi, perdonarsi se ancora non l’avevamo fatto.
Raccontare agli altri la propria storia, la grande scoperta di se stessi, il proprio punto di vista, dopo aver riscritto la propria storia.
Io sono una delle tante donne che dopo la malattia ha scritto un diario. In realtà, quando ero ragazzina, avevo i cassetti pieni di diari. Da piccola avevo due sogni: diventare cantante anche se stonata come una campana, e fare la scrittrice, promettevo a mio babbo di scrivere la storia della sua vita, con tutte le avventure che mi raccontava tornando dai suoi viaggi.
Conservo ancora i miei diari. A un certo punto i sogni si interruppero, non so bene perché, abbandonai il mio sogno e non scrissi più.
A scuola, le insegnanti mi dicevano che avevo delle potenzialità ma nel mio scritto non curavo il lessico e non mi esprimevo bene. Ero “farraginosa” che termine!Non ho capito bene ancora adesso cosa significhi…
Penso invece che questo mio modo di scrivere di allora, ma anche di essere, fosse stato scelto dal mio subconscio per non “svelare” il mio segreto, cioè la vera me stessa.
Dal di fuori io ero la classica ragazza dolce, semplice, che non si esponeva mai perché non era forte delle proprie idee, che stava sempre un po’ in disparte perché non amava essere al centro dell’attenzione.
Poi è arrivata prepotente la malattia.
Ho incominciato a scrivere…. sul blog del dottor Salvo, prima giri e rigiri di parole per capire, comprendere, quello che i medici tacevano, poi ricordo come adesso, scattò qualcosa, come una molla dentro di me “ se fossi morta allora scrivere sarebbe stato il mio ultimo gesto d’amore.”, scrivevo forte, come se dovessi scrivere il mio ultimo messaggio, le mie ultime parole. Come se fosse importantissimo scrivere per essere e per essere ricordata. Mi raccontavo e raccontavo alle altre e raccontando mi raccontavo. Mi sono resa conto che le altre comprendevano quello che il mio pensiero a volte contorto esprimeva, spesso le ragazze mi dicevano che le avevo emozionate. Anche io mi emozionavo molto e ancora mi emoziono quando le altre raccontano le loro storie, nelle loro parole trovo sempre un pezzetto di me oppure un modo diverso di affrontare e pensare le cose, che potrebbe anche diventare il mio.
Raccoglievo i post soltanto per rileggerli, alcuni li so a memoria.
Finite le cure volevo ringraziare i miei medici e così scrissi il classico bigliettino “Grazie per la sua disponibilità e umanità.” Mi sono detta, “ ma che cosa significa? Non vuole dire niente!” così ho preso carta e penna e con gli occhi chiusi ho scritto una lettera…prima alla mia oncologa. Con la mia oncologa ci siamo spesso scritte anche via e mail durante il nostro percorso di conoscenza perciò mi è sembrato normale averle scritto, rientrava nel nostro rapporto che poi si era evoluto fino a diventare profonda amicizia.
Ma quella che mi ha colpito è stata la lettera al chirurgo… una lettera così intensa, ad un uomo, che non conoscevo, di cui sapevo soltanto il nome e cognome e che aveva un giardino e un forte legame con la terra, ma questo già lo sapevo perché l’avevo sognato prima ancora che me lo dicesse. Di quella lettera ne avevo bisogno io e forse anche lui, così alla fine dopo diversi ripensamenti sul consegnarla o non consegnarla, mi faccio coraggio e gliela regalo, tanto non ci saremmo visti MAI PIU’!
Ricevuta il mio scritto il chirurgo mi telefona e mi ringrazia dicendo che la mia lettera l’aveva commosso, me l’ha ripetuto per ben tre volte e anche sconvolto.
Non ho voluto sapere di più, di fretta ho chiuso la comunicazione, mi bastava questo per capire quanto erano importanti anche le mie, di parole.
Le parole contano…la malattia me le aveva tolte, ma ora grazie al blog, me le sono riprese e avevo avuto il coraggio di portarle fuori, ai miei medici e poi ………….L’incontro a Milano, dove Michela parla del suo diario che non pubblicherà mai. Però ce lo regala, il più bel regalo di Natale. ricordo di aver capito molte cose che nei mesi di malattia non riuscivo ad inquadrare, di aver ritrovato molto di me ma anche di aver notato la “leggerezza” con cui Michela aveva affrontato la malattia, in aperto contrasto con la mia “pesantezza” e mi sono detta “Peccato non averlo avuto per le mani prima questo diario, forse mi avrebbe aiutato a vivere con altri occhi la malattia.” Ecco l’importanza del raccontare agli altri. Un atto di generosità, quello di regalare se stessi agli altri perché gli altri possano ritrovare e ripercorrere a loro volta la propria strada.
Ho scritto il mio diario per tanti motivi, prima di tutto per raccontarmi e guarirmi, per riscrivere la mia storia. Per ricordare e farmi ricordare, non si sa mai dovessi morire prima del previsto….
All’inizio anche il mio diario era destinato a me e a pochi intimi, considerando “intimi” anche le ragazze e i ragazzi del blog. Ricordo che in Lunigiana ogni estate c’era una rassegna culturale molto interessante vi andavo volentieri, “Comunicare fa male” il titolo un po’ provocatorio. Sì comunicare fa male, è doloroso, ma è un dolore necessario, liberatorio altrimenti continuerebbe a stare dentro e finirebbe per fare male ancor di più.
Raccontare, quindi, tutto tutto, perché sono fatta così, raccontare per ritrovare la mia voce persa e poter urlare forte forte quello che a lungo avevo tenuto dentro di me.
Ho riaperto il mio cassetto dei sogni e continuo a scrivere, ora anche il diario di mio babbo, come sognavo di fare da bambina, un “trucco” per ricucire un rapporto difficile e per dare la possibilità a lui di riscrivere la propria storia , una vita avventurosa e piena ma segnata dalla malattia delle donne della sua vita. In quanto all’altro sogno………..la malattia mi aveva tolto la voce, non ne avevo nemmeno un filino per cantare una misera ninna nanna, ma ora invece la mia voce canta forte andando in bicicletta con i bambini, canto, anche se sono stonata

Francesca delle RFS


#5
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Ex utente

Vorrei solo raccontare mettere a confronto due storie che ho vissuto in prima persona.
La prima riguarda la malattia di mio padre avvenuta 27 anni fa.
Tutto è cominciato in un ambulatorio, io, mio padre e un Medico che senza neppure guardarci negli occhi diagnostica un tumore e fissa la data della biopsia, mio padre lasciava a me le domande che io leggevo nei suoi occhi. Ma, lo dico con amarezza, io non ho mai avuto un colloquio superiore a 5minuti con quel Medico nei 3 anni di malattia di mio padre.
La medicina narrativa.Poteva mio padre trarre vantaggio raccontandosi se avesse avuto di fronte un medico che lo ascoltasse? Certo ma ciò non è mai avvenuto, il medico è rimasto un Medico sordo e di conseguenza io e mio padre muti con tutti i dubbi e le ansie che probabilmente un medico con voglia di ascoltare per aiutare, ci avrebbe potuto aiutare.Medicina narrativa. L’esperienza della malattia e il valore terapeutico nella narrazione. La seconda storia. Due anni fa mi ammalo io, dalla prima storia sono passati 27 anni, le cose dovrebbero essere cambiate. Il narrare il proprio vissuto, dovrebbe essere pratica comune perché il Medico dovrebbe ormai essere edotto sulla importanza terapeutica del narrare e dell'ascoltare per stabilire una corretta terapia sia farmacologia che di sostegno psicologico.
La malattia non è semplicemente uno stato fisiologico. Ammalarsi non significa solo soffrire fisicamente e vedere il proprio corpo trasformarsi fino a non riconoscerlo più, ma significa anche vedere completamente scombussolate le proprie abitudini, il proprio lavoro e le proprie priorità, le amicizie, gli affetti. In sintesi, la propria vita e la propria identità. Io questo non sono riuscita a raccontarlo a nessun Medico disposto ad ascoltarmi,perché?
Dopo 27 anni è entrato di scena il "tempo", troppo poco, non basta per narrare e farsi ascoltare.
Il Blog dove ti puoi raccontare, esporre le tue ansie, sentire che qualcuno ti sta ascoltando
Senza dover guardare l'orologio con l'ansia del "tempo" che sta passando.
Didi sempre più RFS

Lori, Nadine, Francesca, Rosella, Elisa e tutte le altre RFS Doc

#6
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Utente 284XXX

Ho conosciuto il Forum RFS grazie al Dr. Catania dopo essermi rivolta a lui per un consulto in seguito alla diagnosi di tumore al seno, arrivata a due anni di distanza da un infarto miocardico acuto. Fino ad allora non avrei mai creduto che la mia storia di malattia potesse interessasse a qualcuno, non avrei mai pensato un giorno di raccontarla, magari avrei pensato piuttosto di dimenticarla. Credevo si narrasse l’amore, l’avventura, ... non certo la malattia. Poi, scrivendo sul forum RFS ho scoperto pian piano che, prima di tutto, narrare il vissuto della mia malattia fa bene a me! Confrontandomi con l’esperienza di altre persone ho acquisito una consapevolezza diversa del mio percorso e questo mi ha dato giovamento, ha nettamente migliorato il mio presente. La malattia si VIVE e la scrittura facilita questa consapevolezza e permette a tutti quei sentimenti che tempo fa un malato doveva secretare in un qualche angolo della mente, di uscire allo scoperto generando un gran sospiro liberatorio!

Grazie Dr. Catania, se oggi dovessi barattare il suo invito a seguire il Blog con una risposta ricca di nuovi dati sul mio istologico (di cui allora ero assetata e che lei volutamente evitò), saprei di non trarre alcun beneficio, il suo invito invece è stato altamente terapeutico, almeno per la mia salute mentale, per il resto ... vedremo (ma del futuro comincio ad interessarmi meno, io VIVO il presente)!

a. Il Blog per me è diventato proprio un nuovo interesse! Il legame che si è creato con le ragazze è reale, anche se naturalmente ha delle caratteristiche diverse ma non per questo meno importanti. Le riflessioni che vengono proposte o che semplicemente scaturiscono dalla vita quotidiana di ognuna, accompagnano le mie giornate e mi tornano alla mente in varie occasioni, aiutandomi anche in alcune scelte concrete.

b. Il Blog ha colmato la solitudine che c’era attorno alla mia malattia, perché alcune riflessioni non sono possibili neppure in famiglia. Forse i familiari che non hanno avuto esperienze simili, pensano che non parlarne sia la cosa migliore, ma non capiscono che per come sono io oggi, dopo un anno di riflessioni con voi, parlarne farebbe bene a loro!

c. Il blog mi ha accompagnato in tutto questo anno dalla diagnosi del mio tumore ad oggi, ha colmato la solitudine che ogni malattia si porta dietro, mi ha offerto nuovi stimoli ed interessi, è stato quindi un aiuto concreto e terapeutico, si può parlare veramente di blogterapia.


@Bello Nadine ciò che hai scritto "Narrare la malattia e curarsi con un blog Fuori di Seno". Mi sono ritrovata in tanti passaggi che rispecchiano anche il mio vissuto. Hai reso molto bene l'idea di come è questo Blog! Ottimo lavoro ed ottima scrittrice!!!

CRistina

#7
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Dr. Salvo Catania

Grazie a Francesca, Didi e CRistina per i bellissimi contributi ad integrazione di quelli di Nadine

#8
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Utente 372XXX

Eccomi,anche io come molte, sono arrivata qui grazie al dott Catania.... sono stata indirizzata a lui dall'oncologa che aveva in cura mia sorella per un tumore al seno ma che purtroppo era arrivata da lei quando ormai era troppo tardi...
È vero…nel raccontarsi c’è un invito a non cadere nella paura e nella disperazione, a non farsene sopraffare, a parlarne, a non sentirsi soli, a saper ricevere aiuto, a sapere che tutto si può affrontare, anche quello che prima sembrava impossibile.
grazie alla malattia ho rafforzato gli affetti, ho stabilito una scala di valori più forte e radicata. Fondamentale in questo percorso è stato il sostegno dei medici, e delle ragazze conosciute qui che sono state capaci di dare voce a uno sconforto che è diventato gratitudine, a un’ansia che è diventata consapevolezza, a un dolore che diventa speranza durante un percorso complesso, faticoso e provante come quello di scoprirsi malate.... io questo percorso l'ho iniziato da poco ma con sulle spalle vissuti di persone care morte di tumore per questo sapermi malata era come essere già spacciata! è difficile spiegare le senzazioni ..... ma la paura è quella che ti paralizza.....la paura di non avere tempo di non veder crescere i propri figli (che già hanno perso anche il padre).
Al primo incontro una frase del dott Salvo , "non arrivo al Padreterno ma a San Gennaro ci arrivo di sicuro" mi ha fatto sorridere ma mi ha anche fatto riflettere.... non si da tutto per scontato e siamo vivi fino a prova contraria!
sono stata operata il 24 febbraio 2015, meno di un mese fa.... ed è stato bello scrivere alle ragazze RFS che stavo bene, consapevole di essere capita e coccolata, ricevere i loro incoraggiamenti e sapere di poter sempre contare su tutte per qualsiasi cosa e in qualsiasi momento!
Non ho ancora iniziato nessuna terapia, a giorni andrò dall'oncologa.
La paura non è sparita ma la affronto diversamente!! grazie anche a questa nuova esperienza nel blog.
con affetto Maria, dalla provincia di Como

#10
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Utente 376XXX

Non ho la facilità di "raccontarmi", che avete voi ragazze fuori di seno, ma da quando vi leggo ho imparato a tenere un diario che mi fa molto bene. Un giorno forse troverò anche io il coraggio di narrare agli altri la mia malattia . Comprendo bene cosa intendesse la giornalista del Corriere della Sera... per "scrivere per sé stessi "!

#11
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Utente 372XXX

Neanche io ce la faccio a raccontarmi pubblicamente, nonostante gli incoraggiamenti del mio oncologo. Per questa ragione apprezzo molto lo sforzo di coloro che riescono ad uscire dal "proprio intimo", e francamente non comprendo se ciò dipenda dal carattere o dagli esempi ed esperienze di chi ci circonda.

















#12
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Dr. Salvo Catania

>> francamente non comprendo se ciò dipenda dal carattere o dagli esempi ed esperienze di chi ci circonda.>>

Non vuol dire che le nostre ragazze che raccontano la malattia l'abbiano fatto a cuor leggero . Forse per alcune il compito non è stato facile da svolgere, ma pur se doloroso , hanno deciso di esternare proprio a scopo terapeutico.

#13
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Utente 275XXX

Comunque in un blog l'essere coperti da un numero utente o anche da un nome diverso dal proprio aiuta eccome nel raccontare la propria esperienza. queste utenti hanno già fatto un primo passo e credo che faranno anche il successivo.
all'inizio raccontare è doloroso ma io dico che è un dolore necessario che va "buttato fuori" dalla mente, dal corpo. scrivere e riscrivere la propria storia aiuta e secondo me in un modo tutto personale, ognuna di noi scrivendo ha scoperto qualcosa di importante, di sè, degli altri, della malattia, della vita stessa.

Nadine ci ha parlato di un buco come quello di Alice nel paese delle meraviglie, lo trovo un esempio calzante di quanto la malattia ci abbia portato verso l'ignoto, un pò nel baratro di noi stesse, per poi risalire più ricche di prima.

Francesca

#14
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Utente 284XXX

Sono Cristina, 376579 e 372522 sarebbe bello chiamarvi con un nome, anche di fantasia può aiutare, come dice Francesca ...

Io non ho mai amato essere al centro dell’attenzione, non ho mai amato esternare i miei pensieri più intimi pubblicamente, anzi devo dire che ho sempre fatto fatica a parlare di me in gruppo. Ma la scrittura mi ha sempre facilitato almeno a fare chiarezza dentro di me, fin da ragazzina. Per anni tenni dei diari in cui annotavo il mio vissuto e le mie riflessioni, sono stati il mio supporto nei momenti di crisi ... poi un giorno decisa a dare un taglio con un passato doloroso, li bruciai ... nessuno mai li lesse, oltre a me, ma questo esercizio mi aiutò. Anche io posso dire cosa significhi "scrivere per sé stessi ".

Riscoprii il potere liberatorio della scrittura nell’età adulta sempre in momenti particolarmente difficili, quando proprio non ce la facevo più a tenermi dentro tanto dolore, scrivere mi serviva per chiarirmi le idee, mi aiutava a tirar fuori il mio vissuto ed i sentimenti che lo accompagnavano, scrivere rendeva più sopportabile la pesantezza di quei momenti. Finivo per scrivere lettere mai spedite a qualcuno con cui c’erano state incomprensioni, ai miei cari nei momenti in cui credevo di non essere adeguata, a qualche persona di cui nutrivo grande stima immaginando risposte risolutive, per poi STRACCIARE TUTTO ... in concreto scrivevo per me!

... il primo passo per liberarci dai nostri macigni è quello almeno di raccontarli a noi stessi!!!

Però scrivere pubblicamente in un Forum non l’avrei mai fatto, non l’avrei mai cercato, io che ho sempre detestato anche le chat, i social network ... la troppa visibilità!

L’invito del Dr. Catania, arrivato in un particolare momento della vita, appena dopo la scoperta del mio tumore, mi parve una strana risposta ai miei consulti. Innanzitutto capii l’intento di questo dottore tecnologico, mi stava offrendo un aiuto concreto e se mi offriva aiuto aveva capito il mio dolore... Questo fu il mio stupore ... un DR. ONLINE capisce ciò di cui ho bisogno offrendomi aiuto concreto e tutti quelli REALI oltre che qualche parola d’incoraggiamento, mi lasciavano tornare a casa sola col mio dolore.

Così incuriosita, ed in parte già rifocillata, iniziai a sbirciare quel blog. Il coinvolgimento che ne derivò fu travolgente ... All’inizio non era così facile scrivere di me (non sempre lo è, anche adesso) ero titubante, quanti post mai inviati, quante risposte senza un click, ma a volte sentivo forte il bisogno di intervenire per dire il mio pensiero, per raccontare il mio vissuto... per condividere ciò che sentivo e vedere i miei sentimenti materializzarsi nelle parole, per meglio capire – capirmi ... scoprii poi, pian piano, essere un esercizio dall’effetto altamente terapeutico!

Lasciatevi trasportare dalle parole ... potrebbe rivelarsi un viaggio interessante.

CRistina (Lombardia)


#15
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Utente 377XXX

Neanche io ce la faccio a scrivere le mie emozioni, ma sicuramente mi fa un gran bene leggere le esperienze di chi ce la fa a "portare fuori" i propri disagi e sfide con la vita.

#16
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Dr. Salvo Catania

Infatti un effetto favorevole della blogterapia è quello non solo di stimolare la scrittura, ma anche la semplice lettura.

#17
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In che modo la blogterapia è terapeutica ? Vale anche per la cura del cancro ?

#18
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Dr. Salvo Catania

Cosa intende per CURA ? E' cura tutto ciò che FA STAR MEGLIO ! Non ci sono prove che stando meglio si curi anche il cancro, ma certamente si cura la seconda malattia , a volte quella più grave, che è la PAURA del cancro.
Se la narrazione che provoca il blog dà voce per chi scrive alla sua personale esperienza che solitamente viene vissuta in solitudine ed isolamento, è già terapia, non importa se del cancro o del paziente affetto da cancro, perché comunque il risultato è straordinario sul piano del benessere.
In fondo per essere terapeutico è sufficiente far comprendere gradualmente che non esistono esperienze indicibili e inenarrabili.

#19
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"Non esistono esperienze indicibili o inenarrabili"
parto da qui...
in questi due anni mi sono comportata come una quasi "eroina", voi sapete come la penso su eroi ed eroine.... ma quello che voglio intendere è che: questa esperienza mi ha tolto tanto, ma dato molto, e camminando in mezzo agli altri lo faccio un pò come una specie di "illuminata", come se io e solo io avessi avuto una esperienza forte di vita. poi basta aprirsi, parlare ed ecco che anche gli altri ti raccontano le loro esperienze, a volte questi racconti sono fatti soltanto di poche parole, a volte bastano gli sguardi, anche quelli dietro agli occhiali scuri.
Questo mi fa capire che non sono l'unica ad avere avuto un'esperienza difficile e dolorosa di vita, di diverso dagli altri, quelli che non riescono a narrare ho avuto questo grandioso aiuto da parte del dott. Salvo, il dott. Calì, il dott. Bellizzi, grazie a Medicitalia, di certo poter raccontare la mia storia, con parole sempre più profonde, sempre più MIE, è stato un lavoro di psicoterapia importantissimo.
Un lavoro doloroso ma sempre meno.
proprio oggi in cortile una collega mi ha chiesto se scrivo ancora... certo scrivo, su tutti i muri.... e lei mi dice che racconto ciò che mi è successo con così tanta naturalezza.... e' un bel complimento perchè il cancro, come molte altre vicende della vita è un trauma e forse si può pensare di essere guariti dal trauma soltanto quando si riesce a parlarne, non dico con naturalezza ma almeno a parlarne.... io a volte mi trovo un pò morbosetta, a volte sbatto in faccia agli altri la mia realtà, non c'è quasi volta che non si sfiori almeno l'argomento, un pò come quando si parla dei propri bambini... ma in fondo, pensandoci bene, anche il cancro, un pò è stato mio figlio.

Francesca.

#20
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Utente 378XXX

Un grazie di cuore alle narrazioni di Nadine, Francesca, Cristina ed altre. Non credo che servano a curare il cancro, ma senz'altro sono efficaci per star meglio perchè incoraggiano ad uscire dal proprio frustrante isolamento.

#21
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Utente 379XXX

Indubbiamente trovare il coraggio di narrare le proprie esperienze dolorose e più intime può generare il contagio in quelle più introverse, come me. Pertanto grazie a tutti e tutte.

#22
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Dr. Salvo Catania

La narrazione delle esperienze delle pazienti è molto utile anche per noi medici.

#23
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Utente 275XXX

Buon giorno a tutti, ieri avevo scritto un post ma poi alle nove sono crollata davanti al computer. fa niente e lo posto ugualmente.

Dott. Salvo, nel mio post precedente ( #19) raccontavo di una ragazza, gli occhi e il sorriso luminoso. Mai avrei immaginato, se non me lo avesse raccontato, quello che le è accaduto. Anzi, non me lo ha raccontato, mi ha soltanto detto: “Io ero all’Aquila e il mio ragazzo pure. Dopodichè mi fermo.” Ho sentito fortissimo questo dolore che aveva dentro e ancora più rimbombante è stata la sua “difficoltà” a parlarne. Un silenzio assordante.
Il giorno dopo nel corridoio ci incrociamo e mi allunga un libro.
La sua storia,dentro, e quella delle tante mamme, sorelle, fidanzate e padri, fratelli, fidanzati che hanno perso il loro ragazzo in quel terribile terremoto all’Aquila.

Lo leggo questo libro, un po’ alla volta, per ricordare tutti i nomi , le storie dietro ai visi e tutti i sogni, le speranze, interrotte.
Lo leggo con rispetto.
Io non cerco una storia più drammatica della mia per poter dire “ sono più fortunata.” Io ora sono soltanto molto sensibile al dolore degli altri e vorrei anche solo con una parola poterlo alleviare.
Ancora la PAROLA. Com’è importante anche UNA SOLA PAROLA, a volte salva una vita!
Leggendo ho pensato che Liviana, così si chiama la mia nuova amica, non è riuscita a parlare del suo grande dolore ma l’ha scritto e descritto molto bene. Ha raccontato la sua storia d’amore con un ragazzo davvero eccezionale che aveva scelto una facoltà importante (biotecnologie), perché voleva essere di aiuto alla società e lo sarebbe di sicuro stato, se non fosse stato per quel terremoto che si è portato via tante vite e per l’incapacità tutta italiana a studiare eventi e fenomeni e poi a mettere questi studi nei cassetti, una “non-cultura” alla sicurezza.

Un’altra cosa mi ha colpito. Quando si scrive, soprattutto quando si racconta di persone che sono morte, è come se si riprendesse con loro un dialogo spezzato, almeno così è stato per me, quando ho scritto il mio diario.. Così in questi racconti, nel parlarci di loro ragazzi, è come se i familiari riuscissero a riportarli qui e a dargli voce e a riprendere questo dialogo spezzato e struggente.
Perché………” Il ricordo sconfigge la morte.”
...............................................................


“Nicola continua ad essere nei miei pensieri e anche nei miei sogni. Non ricordo esattamente dove fossimo, forse in un negozio, mi sono voltata verso di lui e siccome gli avevano proposto un lavoro all’estero gli ho chiesto:”Nico, è vero che non mi lascerai mai?” Lui mi ha guardata negli occhi, e stringendomi a sé, mi ha risposto “Ma come ti viene in mente?Non ti lascerò mai!” ho sorriso. Ero certa che non mi avrebbe mai abbandonata. Poi all’improvviso mi sono svegliata e mi sono resa conto che era solo un sogno. Io so che non mi avrebbe mai lasciata, non l’ha deciso lui, gliel’hanno imposto. e infatti, come sempre, ha mantenuto la sua parola perché non mi ha lasciata davvero: Nicola è ancora qui con noi, in ogni cosa che ci circonda.”

Liviana

L’immenso dolore e la sofferenza che mi accompagna da quel “maledetto” 6 aprile, sta in parte, cedendo il passo alla rabbia, all’indignazione, allo sdegno.
Il mio grido disperato, allora, deve rappresentare per tutte le persone che avranno modo di leggere questo libro, un grido di denuncia.
Un grido che né i colpevoli, né gli innocenti potranno più eludere: i colpevoli perché sentiranno rimbombare questi macigni sino a non riuscire più a dormire di notte, gli innocenti perché si sentiranno in dovere di cambiare le cose.

Antonella Di Silvestre, sorella di Gabriele.

“Ma la mente vola a quella notte……
Mentre si scavava venivano fuori le vostre cose, gli abiti, le scarpe, gli oggetti, il vostro tempo, le vostre giovani speranze.
Mi ricordo un pallone, una colomba, mi ricordo la tua mano Tonino e la tengo sul mio cuore.”

mamma di Tonino Colonna

“Macerie dentro e fuori” Umberto Braccili

#24
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Leggo non sempre volentieri sui temi della medicina, che mi fanno pensare a qualcosa di invasivo ed aggressivo. Molto bello questo blog che presenta un aspetto della Medicina (narrativa) persino rilassante anche quando affronta temi così dolorosi per chi ha vissuto esperienze analoghe.

#25
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Sono d'accordo : molto bello poter condividere la narrazione di Nadine, Francesca, Cristina....

#26
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Volevo dire che fa star bene....la blogterapia.

#27
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Peccato che la vena narrativa delle ragazze fuori di seno si sia recentemente ridotta......

#28
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... potrebbe essere l’occasione per iniziare a raccontarci qualcosa di lei 379244 (e altri)... magari iniziando con un nome (anche di fantasia) con il quale identificarvi per i prossimi interventi. A me risulta difficile memorizzare i numeri e abbinarli ai vari interventi.

Potrebbe raccontarci cosa stavate cercando quando vi siete imbattuti in questo Blog, cosa vi ha colpita di più, potrebbe far bene anche a me leggere le motivazioni di chi ... legge!

Oltre al potere liberatorio che ha la scrittura in queste situazioni, è gratificante sapere che anche chi legge riceve dei benefici ...

In questi giorni, non essendo molto in vena di scrivere per vari motivi (poco tempo e poca ispirazione, le preoccupazioni spesso assorbono tutte le nostre energie) sono andata a ritroso ed ho riletto i vecchi post delle RFS storiche. Ci sono stati tanti momenti forti, dolorosi e pieni di preoccupazioni, ma il fatto di averli narrati, condivisi, ha sicuramente giovato e aiutato chi li scriveva ma la cosa interessante è che continueranno ad essere utili a chi li leggerà nel tempo, perché le emozioni che ci attraversano in certe situazioni sono le stesse e gli stimoli che ci danno queste storie vissute, calati nel quotidiano, sono degli aiuti concreti.

CRistina

#29
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Dr. Salvo Catania


CRistina,
non funzionano così le cose nella Medicina Narrativa.
Ma lo dico solo per mia esperienza personale e quindi il mio è solo un punto di vista personale.

Il valore della narrazione (con il linguaggio o con la scrittura) si esercita quasi sempre perché in pochi solitamente narrano, mentre in molti "ascoltano (= o leggono).
Tutto questo per libera scelta che scaturisce da motivazioni del tutto differenti.

Il suo invito è corretto e legittimo, ma con i miei capelli bianchi ho imparato a non esercitare pressioni perché la narrazione sgorga spontanea per motivazioni eterogenee e non sempre identificabili ......quasi sempre irrazionali (ovviamente per gli altri).


#30
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Dr. Salvo Catania

Ovviamente la mia osservazione è tutt'altro che critica. Voleva solo dare una spiegazione perchè molti utenti preferiscono leggere e stare in disparte. Anche in caso in cui il tema susciti interesse ed attenzione.

#31
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... difatti ero in dubbio se postare il mio “invito” ...

Mi hanno spinta a farlo alcuni interventi, dai quali ho percepito il desiderio della narrazione ...

“ Indubbiamente trovare il coraggio di narrare le proprie esperienze dolorose e più intime può generare il contagio in quelle più introverse, come me. “

“Volevo dire che fa star bene....la blogterapia.”

...

Ed in risposta alla simpatica provocazione ... “Peccato che la vena narrativa delle ragazze fuori di seno si sia recentemente ridotta...”

e poi la mia esperienza personale ... senza il suo “invito” Dr. Catania non mi sarei mai addentrata in questa bellissima esperienza ...

CRistina

#32
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Dr. Salvo Catania

CRistina
verissimo che sia stato io a fare pressione su di Lei e non me ne sono pentito.
Scriviamo la stessa cosa ed il senso del mio commento non era fatto critico, ma intendeva solo spiegare che sia più diffuso l'atteggiamento di "lettore" rispetto a quello di narratore.

#33
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Dottore, non è solo un problema di atteggiamento di lettore piuttosto che di narratore. Decidere di condividere la propria esperienza di malattia non si improvvisa da sera a mattina. E' un passo di svolta nella propria vita.

#34
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Inoltre non aiuta l'essere capaci di scrivere correttamente : è una questione di testa e non di penna (o mouse).

#35
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Dr. Salvo Catania

>>è una questione di testa e non di penna (o mouse).>>

D'accordissimo !

Non serve a nulla (ovviamente aiuta in un certo senso) avere dimestichezza con la scrittura. Conosco giornaliste-pazienti che non ne vogliono sapere di prendere in mano la penna per narrare la loro esperienza di malattia.

Narrare vuol dire modificare la percezione della malattia, che scegliendo di poterla narrare, permette di uscire dall'isolamento, che è una libera e la più frequente scelta, per comprendere che non esistono esperienze inenarrabili se l'obiettivo è la condivisione degli altri.
Cosa ne pensano CRistina, Francesca, Nadine e...chiunque desideri commentare ?

#36
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<Narrare vuol dire modificare la percezione della malattia, che scegliendo di poterla narrare, permette di uscire dall'isolamento, che è una libera e la più frequente scelta, per comprendere che non esistono esperienze inenarrabili se l'obiettivo è la condivisione degli altri>.

Secondo la mia esperienza, prima ancora di capire il valore della condivisione, narrare mi ha aiutata a fare chiarezza dentro di me ... Nella malattia si susseguono un’infinità di pensieri, emozioni, interrogativi e spesso regna molta confusione e ci si sente spaesati. Scrivere è come soffermarsi un attimo per riordinare le idee e capire cosa ci è successo. Scrivere è un po’ come guardarsi allo specchio ... anche se a volte può essere un’esperienza dolorosa (come quando ci si guarda per la prima volta dopo l’intervento chirurgico e si vede la cicatrice se non addirittura la mutilazione). Ecco narrare la propria esperienza di malattia è come decidere che finalmente siamo pronti a guardare quella ferita, anche se non ci piace proprio, ma dobbiamo avere il coraggio di farlo per riconciliarci con noi stessi. E’ allora che sperimentiamo quella sensazione di liberazione che la scrittura porta con sé.

Invece, la condivisione che ho sperimentato qui nel Blog ha aggiunto a questi aspetti benefici che la scrittura ha in sé, nuovi stimoli che arrivano dall’esterno, e che io non avrei mai considerato. Leggendo le esperienze delle altre RFS o anche un semplice post che dice <mi fa un gran bene leggere le esperienze di chi ce la fa a "portare fuori" i propri disagi e sfide con la vita> oppure <Volevo dire che fa star bene....la blogterapia> capisco l’utilità della condivisione, capisco che in fondo siamo tutti sulla stessa barca (o bus, come nel caso del nostro forum) quando veniamo a contatto con un’esperienza dolorosa coma la malattia ... forse non siamo poi così soli nel nostro dolore ... ognuno vive il suo ma siamo l’uno accanto all’altro e come dice il Dr. Catania non esistono esperienze inenarrabili quando l’obiettivo è condividere.
CRistina

#37
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Grazie CRistina soprattutto per il bellissimo contributo >> narrare la propria esperienza di malattia è come decidere che finalmente siamo pronti a guardare quella ferita>> da incorniciare

#38
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Veramente da incorniciare la bellissima frase di Cristina, che suppongo sia frutto di sofferenza e dolore.

#39
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e...dimenticavo di tanto coraggio .

#40
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Grande......Cristina !!

#41
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“ Cara Francesca ti ho letta e mi sei piaciuta molto nel raccontare a te stessa per aiutare le altre.” Così mi scrisse qualche mese fa, dopo aver letto il mio diario, l’oncologo che curò mia mamma e mia cugina.

E’ stato come l’accendersi di una lampadina, “E’ vero!” ho pensato. e poi ho aggiunto che questo però è stato solo il finale di un lungo processo, all’inizio raccontavo alle altre per aiutare me stessa, anzi forse per guarire me stessa.
La vicinanza delle altre, la condivisione del mio stato d’animo il sentire che soffrivano per me e con me, le parole dette, è stata come una cura, mi sembrava di stare già un po’ meglio dopo che leggevo sul blog la risposta delle altre, mi sembrava che… più le ragazze scrivevano e più io scrivevo, ecco, la mia morte sarebbe stata spostata un pò più in là. ( Sarà forse per questo che continuo a scrivere a tutti di tutto e perfino sui muri?)
Sono passati due anni e mezzo e ancora scrivo, racconto appunto a me stessa per aiutare le altre, anzi le altre me stesse che stanno percorrendo la mia stessa strada.
Ma leggo anche e le riflessioni degli altri, mi aiutano e fanno crescere in me sempre più la consapevolezza di cose che non riuscivo a spiegarmi.
Ha una grandissima importanza ciò che scrive il medico. Le parole del medico sono importanti, ci aiutano a vedere la malattia da un altro punto di vista. Ecco perché ritengo che nel blog sia fondamentale l'intervento del medico.
Le parole del medico sono importanti… proprio oggi ho ricevuto un bellissimo regalo dal mio chirurgo al quale avevo chiesto di scrivere qualcosa per il mio secondo libro. In questa scritto, tante frasi mi hanno aiutato ancor più a comprendere, c’è stata una frase che mi ha fatto riflettere: “La paziente, prima di cercare un rimedio per la malattia, cerca un senso alla malattia e cerca di non perdervi la propria dignità.”
Mi si illumina di nuovo la lampadina che sembro Archimede Pitagorico e penso che “ E’ proprio così!!! Ancor prima di cercare un rimedio alla malattia ne cerco un senso e io aggiungo che per trovare questo senso devo condividere ciò che mi è successo. E anche se non lo dico, non lo scrivo, faccio finta che questa cosa non mi abbia toccata, nemmeno scalfita, però silenziosamente lo leggo… senza che nessuno veda, senza che nessuno sappia.
Spesso, nella malattia, ho provato molta vergogna, per come stavo affrontando le cose, perché sono stata disperata, per aver perso i freni inibitori, per avere avuto tanta paura e per averla manifestata senza essermi trattenuta mai, per essere stata pesante, perché non avevo più i capelli, perché mi ero ammalata, perché…
Nella condivisione ho ritrovato la mia dignità!

Francesca


#42
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Dr. Salvo Catania

Francesca

>>Spesso, nella malattia, ho provato molta vergogna, per come stavo affrontando le cose, perché sono stata disperata, per aver perso i freni inibitori, per avere avuto tanta paura e per averla manifestata senza essermi trattenuta mai...>>

Se si fosse trattenuta.....non sarebbe rientrata nella categoria (e definizione) di ragazzafuoridiseno (^___^)

#43
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Dr. Salvo Catania

E' proprio questo l'aspetto più positivo della Medicina Narrativa e BLOGterapia : comprendere che attraverso la narrazione (sia con il linguaggio che con la scrittura) dell'esperienza della malattia, non esistono più narrazioni indicibili o inenarrabili.

#44
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Dr. Salvo Catania

E quindi per "par condicio".......un grande anche a Francesca !

#45
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Aspettiamo anche...Nadine :-))))))

#46
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Peccato che la vena narratrice delle nostre ragazzefuoridiseno si sia...bloccata.

#48
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Dr. Salvo Catania

Intendevo dire : vedrà...che che non si è esaurita...perchè la vita stessa è la musa ispiratrice.

#49
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Grazie comunque per aver "dato voce" ai "senza voce". Noi pazienti ancora veniamo etichettati dalla patologia di cui siamo affetti o peggio con il numero di letto.

#50
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Dr. Salvo Catania

Grazie a Lei perchè ha colto le peculiarità e scopo della Medicina Narrativa di dar "voce ai senza voce" , mentre tradizionalmente siamo abituati a sentire solo la voce dei medici, psichiatri e psicologi.

#52
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Utente 295XXX

Grazie dott. Catania per avermi invitata a entrare e leggere e scrivere anche in questo blog.
La parola che esprime, unisce, cura, salva. Il testo di un prof. universitario si intitolava :"l' autonarrazione come cura di sé".
e NON SOLO vero Francesca?
la parola ... per tanto tempo è stata la chiave silenziosa delle mie giornate, dei miei desideri e dei miei dolori. Da ragazza scrivevo tanto, ho studiato anche lettere all'università perché nella mia giovinezza, la parola, la poesia, la letteratura mi ha salvato da una realtà difficile...
Poi dopo il tumore, il tumore del mio compagno e ancora poi il mio, sono diventata muta. Non ho avuto forse più la voglia di andare in profondità, di esprimere ,di trovare le parole...perché faceva male.
Avevo l'illusione e forse la presunzione di pensare che bastavano le parole quotidiane, le parole vuote, le parole al vento...ma dentro rimane qualcosa, la parte più autentica di noi,autentica forte e fragile allo stesso tempo. Che però se non consideriamo e accogliamo, se non le diamo voce, ci farà sempre un po' soffrire...
Ho voluto vivere così per un po', forse per timore, forse perché il dolore talvolta è tanto intenso, e forse anche per questo comparivo e scomparivo dal blog.
Ora è tempo che Rosa si riapra: non so vivere altrimenti per essrere me stessa.
Vi ringrazio e vi posto una mail che qualche settimana fa ho girato al dott. Catania rivolta anche alle ragazze fuori di seno.
Rosa

16 luglio 2015
Caro dott. Salvo, stamani avrò un incontro importante con il giudice per i minori per decidere insieme ad Andrea, la mia figlia affidataria di quasi 18 anni, del suo prossimo futuro.
Questi 8 anni insieme a lei mi hanno tenuta occupata talvolta mio malgrado. Una figlia affidataria abbandonata dai genitori è una ragazza che comunque prima o poi sfoghera' la sua sofferenza e la sua rabbia con qualcuno e negli ultimi anni sono stata io la sua mamma materasso.. siamo passate attraverso tante fasi, da quella dell autolesionismo a quella dei disturbi alimentari. Ci sono stata e sono felice che la nostra Andrea ancor se piccola in fondo, un po' di struttura la abbia. Quella struttura sufficiente per camminare un pochino da sola nel mondo.
Mi rendo conto per me che negli ultimi tre anni le mie poche energie sono state assorbite da Andrea. ora vorrei riprende un po' in mano me. Me e il mio compagno tumore. Fin' ora lo ho ignorato, trascinandolo nelle mie avventure, non considerandolo come attore protagonista del film della mia vita: a 34 anni viene ad abitare da me senza chiedere il permesso. E dopo essersi nascosto ben bene cambia il corso di tutto...
Ricordo ancora la prima volta che l ho incontrata, su un lettino in un corridoio della multimedica a sesto, in un pomeriggio di fine luglio caldo come questi giorni, lei che mi riceveva senza appuntamento,senza chiedermi di presentarmi in uno degli studi a pagamento, che non sapeva chi fossi. E quando la Mara mi disse: vai a sesto, c è il dott. Catania è bravissimo io pensai: ma perché ora che ho scoperto di avere un carcinoma e già non capisco niente devo andare da un dott che per quanto bravo non sarà mica come quelli dell istituto dei tumori, perché l istituto dei tumori è una istituzione..pensavo questo e venni a sesto solo per fare un favore a Mara che lavorava lì (!!). Non conoscevo ancora quasi nulla della vita, dei medici, di cosa significa curare...io credevo che la medicina fosse un po' come la matematica, 2+2 =4 .
Quando la incontrai quel pomeriggio caldo di luglio mi sembrò subito parecchio orso. E quando le chiesi se dopo l'operazione e la chemio avrei potuto avere figli lei mi rintuccio' sgridandomi quasi come un insegnante con un alunno che ha fatto un intervento fuori luogo in classe.' "Lei ora la smetta di farsi domande sui figli e sul matrimonio' lei ora scenda da quel pianeta e si occupi di sé! Perche' voleva farlo adesso in questa estate un figlio? Ora il suo pianeta è lei il resto poi si vedrà!"
Ecco pensi si è proprio un orso, e che maniere. Però avvertii subito che lei c era, era presente nel sensi che stava in quel momento nella situazione con me e mi richiamava a una responsabilità nel fare i passi che ancora non conoscevo che solo io potevo e dovevo prendermi.
E così l istituto e le sue dolci dottoresse di pan di zuccheoro che nemmeno mi avevano detto che dovevo fare una mastectomia (! ) si sono sgretolate dentro me come lo zucchero versato in un bicchier s acqua. ..che poi a me lo zucchero stomaca pure e così versai il bicchier d acqua nel lavandino dimenticandomi di loro..
Il resto è storia..
Ma per tornare a noi e a questa mail delle sette di mattina..sto' intruso tumore non è che solo mi ha tolto un seno, la possibilità di partorire un figlio..mi ha tolto pure, soprattutto , il mio amore, l Enrico, portandolo via in una sera di marzo dopo un anno e mezzo di cammino instancabile per provare a continuare a vivere insieme. Paziente e care giver insieme. ..che tombolata! Non sapevo fare nemmeno una iniezione prima e alla fine ero dicentata esperta anche con la morfina per il dolore. .tombola signori tombola! Rosa dinoia ha vinto il primo premio e sulla giostra ha preso il codino.
E dopo che il tuo amore ti manca letteralmente tra le braccia in una sera di inizio marzo cercando di baciarti con gli ultimi respiri e attimi di vita cosa puoi fare? Solo dire grazie, di essere stata così amata e di averlo avuto in dono l amore, perché non è che tutti lo ricevono questo dono, anche se magari vivono con qualcuno tutta la vita.
Ecco perché poi è arrivata Andrea, ecco sono diventata madre, madre comunque . Perché se anche questo ospite indesiderato mi ha tolto tanto, quasi tutto direi dei progetti e desideri della mia vita, non l ho considerato e anche se portando mi via l Enrico mi ha messo in scacco, non ho voluto lasciargli il gusto dell ultima mossa. Ho cercato di far nascere quelle mancanze un dono, un frutto di vita. E questo frutto si chiama Andrea. Una figlia in affido di nove anni da crescere è stato un dono. Un dono e una fatica che non conoscevo. Si perché è stata dura, durissima quando da adolescente ha tirato fuori tutta la sua sofferenza. Io ci sono stata, come ho potuto, con gli errori e le incertezze di tutti i genitori, forse qualcuna in più perché i primi anni della sua vita non li conoscevo e perché mi ha sempre tenuta lontana...è faticoso amare anche un bambino che ti rifiuta, anche se con la testa sai che lo fa' perché ha paura. .però il cuore è fragile talvolta, anche quello di un adulto. .
e torniamo a stamattina. Andrea è il frutto e il dono del tumore. ..la vita e la strada non sono uguali per tutti, ognuno ha la sua..io sulla mia ho cercato di rimanerci. Anche quando nel 2011 questo bell ospite è tornato ancora a farmi visita. ..oh che palle!!! Con una figlia adolescente che dà il meglio di sé per farti sclerare e dopo aver perso il tuo amore non è il massimo..
poche ore prima di andare dal giudice e dai servizi sociali perché forse ora giustamente questa giovane ragazza vuole continuare a camminare magari riavvicinandosi alla sua famiglia di origine il mio pensiero dott Catania va' a lei.
Quel pomeriggio di luglio di 13 anni fa' su quel lettino nel corridoio della multimedica come aveva ragione...non si faccia tante domande e si occupi di sé, del suo pianeta! Ho dovuto dott Salvo e la ringrazio.
Negli anni la sua presenza, asciutta e un po' schiva ma autentica mi ha accompagnato.
A lei e alle ragazze fuori di seno stamani va' il mio pensiero e il mio grazie
Dopo che Andrea ha attraversato la fase dei disturbi alimentari non sono più riuscita a seguire il blog. Dopo l intervista di Daniela Condorelli non so più cosa è accaduto, come sta' Francesca, l anima delle rfs, Laura, lori, Antonia.
Ho perso anche la pw e non riesco a entrare in medici italia.ma dopo oggi cerco di rimettermi in contatto.
Ne sarò felice e magari chissà riuscirò ad andare a trovare Francesca a Parma o in vacanza ,i miei sono sempre a marina di Massa e sarei felice di sapere se dice ancora a staccato fanculo!
Mi sento stanca, forse tanto e sono anche spaventata ma contenta di aver accompagnato Andrea fin qui.
Il tumore non ha vinto, in questi anni non mi ha sconfitta...mi ha messa a dura prova e in tante battaglie si è portato via pezzi di me. Ma io sono andata avanti lo stesso. ora desidero un po' di gioia per me, nel senso che non so più solo per rosa cosa e bello...non lo so più ma credo che in qualche modo, come tante volte in questi anni, riusciro' a trovare un senso...nonostante tutto, nonostante quell alone di morte che aleggia. A me la morte non fa' paura. Non lo dico cob presunzione. A me fa' paura non vivere per paura della morte.
Ora è tempo di far colazione svegliare Andrea e affrontare una bella giornata. Una bella giornata si, non solo per me e per Andrea .
Rosa

#53
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Dr.ssa Angela Pileci

Anche in psicoterapia raccontare raccontarsi cambia profondamente l'impatto che alcune circostanze della vita hanno sulle persone. In questo modo il pz riesce a generare e trovare nuovi significati, che di solito sono più... funzionali.

#54
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Utente 353XXX

Scrivere è benefico anche in sala d'aspetto....
Sono anch'io convinta che scrivere sia terapeutico, ma non sempre cerco il tempo per farlo: avere uno scopo, come quello di condividere esperienze e pensieri in questo blog, sarà più facile.

Da tempo porto con me un quadernetto dove annotare pensieri e riflessioni. Le attese in sala d'aspetto per eco, visite... ritenute una volta solo perdita che facevano solo aumentare l'ansia, ora le accetto, sono diventate un'opportunità: sono VITA in cui penso, guardo, scrivo...e ringrazio di stare bene, nonostante tutto.

#55
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Dr. Salvo Catania

Sonali Deraniyagala nasce a Colombo, in Sri Lanka, nel 1964. Dopo una laurea in Economia all'Università di Cambridge e un dottorato a Oxford insegna al Soas di Londra e poi alla Columbia di New York. Nel dicembre del 2004, mentre era in vacanza in Sri Lanka, arriva uno tsunami che si porta via il marito, noto economista, i genitori ed i figli. Lei, aggrappata ai rami di un albero, si salva per miracolo. A New York inizia una terapia con il famoso psicanalista Mark Epstein, spezializzato in esiti da traumi che la spinge a scrivere. Nel 2013 pubblica un best seller che riceve numerosi riconoscimenti e premi dal titolo l'ONDA.

>>Mentre ero in terapia , ogni giorno mi dicevo : voglio morire >>

E il mio psicoanalista rispondeva " No, il dolore non ti ucciderà, il dolore non uccide ! Cominci a scrivere la sua esperienza"

>>Quello che è successo ha una dimensione mitologica, biblica ed è inenarrabile. Scrivere mi ha aiutato, perchè mettendo le parole sulla pagina ti vengono in mente cose che non hai mai pensato prima o hai voluto rimuovere. Qualche volta mi veniva il dubbio : e se i ricordi fossero solo il prodotto della mia fantasia ? Mi chiedevo se i figli, mio marito e i miei genitori fossero esistiti davvero, se tutto questo non fosse solo un'illusione.Con lo tsunami è sparito un intero linguaggio, il mio linguaggio familiare. Scrivendo l'ho fatto tornare reale>>

>>Quando tornavano i ricordi della tragedia dicevo al mio analista "non voglio ricordare" ma lui rispodeva " devi ricordare e quindi devi scrivere" >>

>>La scrittura quindi è diventata una questione di sopravvivenza >>

>>Quando scrivi non basta la razionalità, devi avere la sensazione di toccare, annusare, vedere, udire. E' nella sensazione del ricordo e non nel ricorso stesso, che sta la sostanza della memoria>>
>>Ora provo piacere davanti ad un paesaggio mozzafiato: Il desiderio è ciò che tiene gli uomini in vita >>

#56
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Dr. Salvo Catania

L'ONDA
http://www.wuz.it/recensione-libro/8533/Sonali-Deraniyagala-Onda.html


Sonali Deraniyagala - Onda



>>La spuma si tramutò in onde, onde che sciabordavano sul crinale dove finiva la spiaggia. No, non era normale. Il mare non si spingeva mai fin lì. E quelle onde non tornavano indietro, non si dissolvevano. Si stavano facendo più vicine, marroni e grigie. Marroni o grigie. Superarono veloci le conifere, dirette verso la nostra camera. Tutte quelle onde, tutta quell’acqua agitata che ci veniva addosso. Di colpo furiosa, minacciosa. “Steve, devi venire. Subito!”>>>


>>>Mattina del 26 dicembre 2004.
L’onda gigantesca causata da un terremoto di magnitudo 9.3 al largo dell’isola di Sumatra si abbatte sulla costa dello Sri Lanka, si addentra nell’entroterra, spazza via case, alberi, automobili, esseri umani, prima di rientrare nel mare con un enorme risucchio. Il numero totale delle vittime dello tsunami si aggira sui 300.000, 50.000 solo nello Sri Lanka. Entrambi i genitori, il marito e i due figli di Sonali Deraniyagala sono tra queste.Clipboard

Il libro inizia proprio con l’onda, con Sonali che chiacchiera con un’amica sulla soglia della camera dell’albergo dove stanno passando una breve vacanza, quando l’amica fissa oltre la sua spalla e dice, “Oh, mio Dio, il mare sta entrando”. Sonali si gira, vede la cresta bianca dell’onda, non si allarma subito. Però non si erano mai visti i frangenti dalla loro stanza. Chiama il marito, perché venga a vedere. Lui indugia. Lei lo sollecita, pensa solo che si tratti di uno spettacolo da ammirare. Quando Steve la raggiunge, basta un’occhiata e poi, senza una parola, Sonali afferra un bambino per mano e scappa. Non si ferma neppure a bussare alla porta della stanza dei genitori per avvertirli. Dopo, ne avvertirà il rimorso. Se c’è spazio per un qualunque rimorso dentro di lei. Insieme a tutti i ‘se’. Dopo, in un lutto che dura ormai da dieci anni, quando i ricordi si affollano, si negano, bussano implacabili alla sua mente. Dopo, quando rivivrà la scena, come in una pellicola che si continua a riavvolgere, tornando dall’inizio. La fuga, la jeep che li prende a bordo, l’acqua che li raggiunge, la jeep che si rovescia, Sonali travolta dall’acqua marrone, non pensa a nulla, neppure ai bambini che non stringono più la sua mano. Ma forse è morta, forse il peso che sente sul petto significa che è morta. No, se vede un ramo a cui agganciarsi, allora non è morta. Lo afferra, l’onda non la trascinerà in mare aperto. Dopo, quando, impietrita dal dolore, muta per l’incredulità, aspetta seduta su una panca. Steve si sarà salvato. E anche Vikram e Malli, i suoi bambini di 5 e 7 anni. E i suoi genitori. Non è possibile siano morti in cinque e lei sia l’unica sopravvissuta. E’ possibile. E’ successo.

Come si sopravvive a una tragedia del genere? Sonali ci racconta del buio in cui è sprofondata, dell’apatia prima, del desiderio di annientarsi dopo, stordendosi con l’alcol, pensando al suicidio. Dal non poter affrontare il ricordo del passato felice alla voglia di rivivere ogni giorno di quel passato. Dal non poter vedere la casa dei genitori a Colombo, e tanto meno la sua e di Steve a Londra, al ritornare sui suoi passi per ritrovare quelli che ha amato. Dal pensare, ‘e se non fossimo tornati in Sri Lanka per Natale? Eravamo appena stati là per nove mesi’, ‘e se non fossimo andati in vacanza a Yala, sulla costa?’, dal sentirsi colpevole di tutto, soprattutto di essere viva, ad accettare il destino e la pienezza del ricordo.

Onda non è un libro lacrimevole di un autocompiacimento nella sofferenza. E’ un’elegia per la morte dei propri cari simile per intento a quelle dei grandi poeti del passato, il memento duraturo di una delle maggiori catastrofi naturali dell’era moderna. Molto bello. Da leggere.>>

Recensione di Marilia Piccone







#57
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Utente 389XXX

Grazie per la segnalazione di questa magistrale lezione di vita. Quanti di noi sopravviverebbero ad una tale esperienza?

#58
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Intendevo dire che paradossalmente questi esempi invece di dare coragio possono deprimere ancora di più perchè generano pensieri del tipo "ma lei è stata brava perchè più forte di me, io non sarei stata capace di...... "

#59
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coragio = coraggio....chiedo scusa

#60
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Dr. Salvo Catania

Interessantissima osservazione ed in parte condivisibile, tant'è che nella mia esperienza ho imparato a non eccedere nel mostrare esclusivamente esempi di CORAGGIO per la ragione da Lei spiegata, ma selezionando esempi in cui il coraggio non è il punto di partenza , ma di arrivo...come del resto l'esperienza di Sonali Deraniyagala ha ben mostrato. "volevo morire a tanto dolore"...è il punto di partenza.....

#61
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Dr. Salvo Catania

Oliver Sacks, neurologo molto conosciuto e apprezzatissimo divulgatore, è morto a 82 anni a New York. Lo scorso febbraio aveva annunciato in un editoriale sul New York Times di avere un tumore in fase terminale. Oliver Sacks ottenne un grande successo nel 1985 con il suo saggio “L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello”, dove raccontava in forma divulgativa le sue esperienze cliniche con pazienti affetti da diverse lesioni cerebrali, che causavano comportamenti bizzarri e talvolta misteriosi. Da allora Oliver Sacks aveva scritto numerosi altri saggi – anni fa ebbe un grande successo mondiale il suo “Musicofilia” – concentrandosi principalmente sulle difficoltà che hanno alcune persone nel riconoscere i volti e i luoghi. Patologie – come la prosopagnosia – che nelle forme più gravi impediscono a chi ne è affetto di condurre una vita normale, con esiti a volte tragicomici.
Nel suo editoriale sul New York Times aveva scritto:
>>Non posso fingere di non avere paura. La mia attuale sensazione predominante, però, è di gratitudine. Ho amato e sono stato amato. Mi è stato dato tanto e qualcosa ho restituito. Ho letto e viaggiato e pensato e scritto. Ho avuto una relazione col mondo, quella speciale relazione tra scrittori e lettori. Soprattutto, sono stato un essere senziente, un animale pensante, su questo pianeta meraviglioso, e questa cosa in sé è stata un enorme privilegio e una fantastica avventura.>>
In un altro articolo pubblicato sempre sul New York Times lo scorso 14 agosto, Sacks era tornato a parlare della sua malattia e del poco tempo che gli era rimasto:
>>Ora, col fiato corto, con i miei muscoli un tempo forti sciolti dal cancro, mi ritrovo a pensare sempre di più non al soprannaturale o a qualcosa di spirituale, ma a che cosa significhi vivere una vita buona e degna di essere vissuta, raggiungendo un senso di pace con se stessi. Mi ritrovo a pensare al Sabbath, il giorno di festa, il settimo giorno della settimana, e forse il settimo giorno di una vita, quando uno può sentire di avere completato un compito e può, in buona coscienza, riposare.>>
Oliver Sacks ricordato da Emily Langer del Washington Post
Sacks era inglese ma aveva vissuto per la maggior parte della sua vita negli Stati Uniti, dove si era occupato di pazienti con malattie al sistema nervoso rare e apparentemente senza speranza di guarigione. Era nato a Londra il 9 luglio 1933 da una famiglia ebrea praticante di scienziati: i suoi genitori erano entrambi medici – suo padre medico di famiglia, sua madre una chirurga – che gli trasmisero la passione per l’anatomia. Studiò all’Università di Oxford, e durante i suoi studi medici fece uso di LSD che lo portò a una dipendenza dalle droghe che durò anni, come raccontò nei suoi libri. Nel 1960 andò in vacanza in Nord America, e mandò un telegramma ai suoi genitori in cui diceva che sarebbe restato: trascorse negli Stati Uniti il resto della sua vita.
Sacks è stato soprattutto apprezzato per la sua attività divulgativa, tanto da essere spesso definito un “poeta” della medicina moderna. I suoi libri, molti diventati bestseller, generalmente erano scritti in forma di aneddoti: i suoi pazienti più famosi sono quelli descritti nel libro “Risvegli”, pubblicato nel 1973 e successivamente adattato in un film di Penny Marshall, candidato all’Oscar.
Ma Oliver Sacks non avrebbe certo lasciato grandi rimpianti come scienziato se non fosse stato soprattutto un grande narratore. Insieme a lui se ne va un modo irripetibile di guardare alla mente, al cervello, al sistema nervoso. Amatissimo dagli intellettuali , ma disincantato di fronte alla psicanalisi, che tanta presa ha avuto sul mondo umanistico. Giudicato a volte severamente dagli scienziati , e forse segretamente invidiato più come narratore che scienziato, per la sua capacità di trasformare la scienza in narrazione.
Non come scienziato verrà ricordato perché non lasciava parlare i dati, ma restava sempre presente come narratore. Non era un neuroscienziato, non uno sperimentatore ma un osservatore nei decenni caldi delle scoperte sul cervello. Di lui rimangono più libri che ricerche originali, più tracce sulle riviste letterarie che su “Nature” o “Science”. Nonostante questo o forse proprioper questo ha raggiunto una notorietà inusuale per uno scienziato.
Leggendo i suoi libri- ha scritto il Guardian- era fatale desiderare di incontrare un medico come lui, nel caso sfortunato in cui se ne avesse bisogno.

#62
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Utente 275XXX

Anche nel bellissimo film di Clint Eastwood. "Hereafter" c'è l'esperienza dell'onda. quel film sul dopo mi ha fatto riflettere un pò....
Da quando sono qui, nel nostro blog e soprattutto dopo aver letto i tanti post sul Dare sempre speranza, ho pensato spesso alla morte. dapprima negata non la volevo neanche sentire nominare ora ci penso come ad una tappa inevitabile senza fare neanche gli scongiuri. penso che se arrivasse adesso non sarei disperata come allora, due anni fa, perchè ora ho la sensazione netta di vivere, mentre allora no. ecco forse sarei seccata prima di tutto perchè ho tante cose da fare e quindi mi scoccerebbe molto lasciare proprio ora.

comunque.... quando ero ammalata tutti mi dicevano " vedrai che ce la farai.." Io chiedevo il perchè e le risposte erano queste. " perchè non sei grave." " perchè me lo sento." " perchè Dio non può permettere questo, hai due figli." no dico, e poi ero io quella spedita in psichiatria è?
lasciamo perdere....
mi sono detta che sono gli altri ad avere un problema con la morte e a questo punto io sono un gradino sopra, ma è stato perchè ne ho parlato, qui, ne ho scritto, ecco che l'inaccettabile sta diventando accettabile.
qualche giorno fa è morta Giuliana, una collega di Alessio, non ho pianto, sono soltanto molto inca77ata perchè è morta esattamente due anni dopo, esattamente come gli aveva pronosticato il suo medico, quanto peso hanno avuto le parole di questo oncologo?

#63
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Dr. Salvo Catania

A proposito di Medicina Narrativa. Nei giorni scorsi mi sono recato nella cantina della mia vecchia casa dove conservavo molti documenti del secolo scorso scritti da donne operate, per riempire un capitolo di Medicina Narrativa del volume che sto scrivendo.

Mi sono imbattuto in un volume di poesie "ILLITA'", pubblicato nel 1995 da Prometheus e scritto da Adriana Pagnoni, morta 1 anno fa (non di cancro), operata da me e nota a Milano psicoterapeuta, psicoanalista e poetessa. . Ha pubblicato numerosi libri di poesia e racconti clinici tratti dalla sua esperienza personale. Durante la sua vita è riuscita a trasformare la sua malattia in un atto artistico,
Quel volume di poesie che aveva vinto anche alcuni famosi premi letterari, giaceva in fondo ad uno scatolone, ammuffito e sgualcito non casualmente ma perchè da me lì relegato poichè mi inquietava tutte le volte che lo leggevo.

Ora che Adriana non c'è più e rileggendolo dopo 20 anni ho cominciato a comprendere le ragioni della mia inquietudine, ma soprattutto apprezzarlo come una opera letteraria di valore perché è una analisi impietosa da analista...del CANCRO , del SUO Cancro e dell'universo sanitario che fa da cornice alla sua cura.

Tutto ciò accadeva in una epoca in cui "ci si doveva vergognare" di essere ammalati di cancro.

Adriana Pagnoni per la sua cultura e personalità rappresenta una tappa importante della mia formazione culturale oncologica. Quando l'ho operata consideravo le pazienti come lei "pazienti eccezionali", cioè con i requisiti che più volte ho descritto. Ma lei mi diede un suggerimento molto importante per comprendere meglio perché "i pazienti eccezionali" vivono meglio e forse di più.

Infatti nella prefazione del libro Illità a me dedicata scriveva
"Come ho già risposto verbalmente alla sua domanda: Chi è l'oncologo per lei? Mi piacerebbe ripetergli, in sfida, che l'oncologo, per me, è un pazzo. Crede nella vita".

Bellissimo : "E' pazzo chi crede nella vita" !!!!!! Ecco il parametro fondamentale che mi mancava per comprendere meglio e completare il puzzle delle pazienti eccezionali.
Quel giorno fu giocoforza per me lanciare il neologismo ragazze fuoridiseno .

Corsi trionfante da Ada Burrone a dirle che forse non lo sapeva ancora, ma che lei non era una paziente eccezionale ma la prima ragazza fuoridiseno d'Italia.

. Adriana Pagnoni dedica questa raccolta di versi al suo oncologo Salvatore ma anche al riappacificarsi con Freud cui forse non perdonava per non essere mai stato in grado di parlare e affrontare il suo tumore negli studi e nelle sue osservazioni. Infatti Freud, ammalato di cancro, chiamava con sottile ironia il magistrale referto isto-patologico del famoso medico Iacob Erdheim. Dato che nella massa asportata dalla guancia di Freud nel corso dell'operazione lo studioso ravvisava la nicotina quale agente eziologico del male, Freud, scrollando le spalle, prese a chiamare questa diagnosi "la sentenza nicotinica di Erdheim." Il volersi riappacificare con il padre della psicoanalisi per questa negazione o rimozione, è per la poetessa Adriana Pagnoni, certamente, un atto simbolico di indulgenza verso chi non è in grado (e in questo caso anche lo psicoanalista per antonomasia) di trasformare una neoplasia in una creazione, artistica, narrativa o espressiva che sia. Adriana Pagnoni lo ha fatto con il coraggio di non risparmiarsi, tipica necessità dell'artista.

Scrive la poetessa, in confidenza con il cancro. "Andiamo lì, a fumare una sigaretta. Prima della ghigliottina. Azzurri di pigiama son venuti tutti, dalla corsia al terrazzo. Che guarda di sotto. Di sopra.

Era il 1995 quando esce il libro di poesie in cui Adriana affronta il tema della sua malattia. Si impara ancora una volta che nell'incontro diagnostico, dunque la descrizione ma soprattutto l'espressività incoraggia l'empatia e promuove la comprensione tra il medico e il paziente; permette, come scrive Greenhalgh la costruzione degli indizi e delle categorie utili al processo terapeutico; consiglia un metodo olistico a chi gestisce; è intrinsecamente terapeutica o palliativa..."

Salvo
"L'oncologo mio/dorme solo/tre ore/per notte. Sta desto, lui!/ Perché è nel sonno/non nell'affanno,/ che il cancro,/ di nascosto entra./ Si chiama Salvatore/l'oncologo mio."

Capo del fumo
Ci davano il brodino/a noi del tumore/in ospedale./Andiamo lì,/ a fumare una sigaretta./ Prima della ghigliottina./ Azzurri di pigiama / son venuti tutti, dalla corsia al terrazzo. Che guarda di sotto. Di sopra.


Empietà
del mio cancro/si sono impossessati tutti/i tanti del / come stai / ai quali in faccia / senza nascondiglio / l'ho detto / di me hanno rubato / persino la paura / pur di vantarne proprio il coraggio. / In pietà

Quarantatré
E' il numero del tesserino blu / Ti esenta da pagamenti / Agli sportelli medici sono gentili / Disturberai solo per poco ancora / Quarantatré / E' bello questo numero primo / Non divisibile / Blu di neoplasia

Cristallo
Si può vederla anche come luce / nuova / la cementificazione di sasso / ora impuro / nel tuo corpo

Alterità
Il cancro ce l'hanno solo gli altri / Se raccontano che ce l'ho io / vorrà dire che sono un altro

Figlio
Dottoressa! / E' come se fosse dappertutto. / Dal panettiere, dal tabaccaio, sugli alberi / Dentro al cielo che respiro. / Nei panni, sopra al letto / Disegnato nei vetri della finestra / Fra le setole dello spazzolino / "Si, il cancro è come un figlio". / No e poi no!


Stanza 205
Ho condiviso l corsia con Argenide / Partigiana Ilde in racconto / Il carcinoma mammario viene / ai forti che / covano in seno / l'idea della liberazione

Camicie
Ne ho tante / di flanella, di seta, cotone / E poi anche sintetiche / Miste / Ne ho una rossa / Da fare invidia / Nessuna blu, che blu copra / la sbrecciatura al seno / Chissà che vuol dire

Invidioso
Invidioso lui / entra a casa / mia / Per divorarmi il corpo / Renderà materia il sogno / pur di mangiarlo

#64
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Dr. Salvo Catania

Mi scrive Nadine che ha problemi di connessione e che su mia richiesta ha scritto un altro bellissimo pezzo di Medicina Narrativa, dopo una gravidanza, tra l'altro tutt'altro che incoraggiata dai suoi medici, ad appena tre mesi dalle cure mediche.

>>Una vita normale.

Mi sono chiesta più volte se avessi potuto vivere ancora la mia vita di sempre anche con una diagnosi di cancro. Sono stata caparbia, cocciuta, mi sono impuntata per rimanere ancorata a quel sempre che sapeva di certezze e di abitudini consolidate, di orizzonti...lunghi.
Ma poi improvvisamente, nella mia sana normalità è subentrata la malattia. Un cancro. Qualcosa che rende bene l’idea di questa parola, qualcosa che ti aggancia…ta’…in una morza stretta e dolorosa e non ti lascia neanche se ti dimeni, se batti i piedi, se urli. Ed io avevo tante cose per cui avrei voluto urlare, piangere fino a prosciugarmi se avesse funzionato, lo avrei fatto. Anzi un po’ l’ho fatto quando mi sono accorta che non era solo un seno ad ammalarsi, era qualcosa di più di una parte del mio corpo…era una mente avvelenata dalle paure, era una famiglia, i miei giorni, i sogni ed i progetti, era la mia direzione.
Avevo costruito tutto in funzione di quel sempre perché durasse. Uno fa questo nella vita, ci prova per dare un duraturo senso all’esistenza, per fare cose che fanno un po’ tutti con un misto di razionalità e fatalismo, qualche volta di catarsi. Si sa che tutto può cambiare da un istante all’altro, che tutto può accadere, lo vedi tutti i giorni che è così, lo leggi sui giornali, lo senti in tv, lo ascolti dalle storie degli altri. Ma tu sei un’altra cosa, la tua è un’altra storia e questo ti basta per assicurarti una diversità alienante, una differenza di cui non ti accorgi quanto possa portarti lontano dalla normalità. Perché oggi riesco a dire che la malattia lo è, intendo Normale, come qualsiasi altra cosa che ti capita, nel mezzo del cammin… per tanti fottuti motivi, vuoi il caso.
Però una domanda me la sono fatta: come fa un cancro ad arrivare proprio quando sei incinta? Non ci sono delle regole che la natura dovrebbe seguire? Se hai una vita dentro, come fa ad essere naturale avere addosso qualcos’altro che la potrebbe distruggere? Ma se il coraggio non è altro che la virtù di accettare l’esistenza per quella che è ed andare avanti con questa consapevolezza, allora forse sono stata anch’io, pare, una persona coraggiosa, l’ho imparato con la malattia, rinunciando al mio bambino per amore di un figlio che avevo già, per concentrarmi su un percorso che poteva essere solo mio, cosciente del fatto che poco sarebbe dipeso da me, per la possibilità di non farcela così come per la guarigione. Senza colpe e senza merito ho accettato il mio cancro per affrontarlo con il suo nome Triple Negative per imparare a conoscerlo, talvolta temendolo, altre riuscendo a non considerarlo. C’era un cancro, ma c’era fortemente tutto il resto che anche quando non te ne accorgi, presto o tardi il resto riparte, si rimette in moto .
Non mi aspettavo di ammalarmi, né di rimanere incinta un’altra volta due mesi dopo la fine delle terapie, caspiterina che sorpresa, proprio quando mi era stato detto che la fertilità poteva essere compromessa e che comunque c’era bisogno di tempo, i tempi comprensibili di una ripresa, delle terapie e dei medici, non della medicina, perché alla fine in questo campo due più due non è sempre uguale a quattro e ci sono pareri che non si possono sintetizzare o quantificare. Tempi comunque che mi hanno mandato in paranoia creando angosce, perplessità, nuove insicurezze. Tempi che non lasciavano molto tempo per decidere, solo spazio a frasi come “Lei sa che potrebbe non veder crescere suo figlio, non sappiamo come si comporterà la malattia, lei è in una fase delicata, quella in cui sussiste un’alta probabilità di recidiva” . Teorie, rischi, statistiche, bla bla bla che hanno rimandano a me la responsabilità e una decisione da prendere chiaramente tanto personale. Mi sentivo disorientata, confusa, non sapevo se fare di questa sorta di miracolo un dramma, ma soprattutto, avevo qualche reale motivo per farlo diventare tale proprio ora che il destino mi offriva una nuova opportunità dopo il vissuto che mi lasciavo alle spalle, dopo tanto dolore? Nonostante ciò non ne avevo. Quello che invece avevo era in ogni caso un futuro breve o lungo che fosse, con tanti punti interrogativi, come lo era del resto per altre persone. Ma soprattutto nella peggiore delle ipotesi e paradossalmente nella migliore, lo avrebbe avuto lui: il bambino. Ancora troppo malata nell’anima per percepire una gravidanza come una rinascita, c’ero già cascata una volta e non volevo permettere al mio corpo di fregarmi ancora, di farmi stare bene fantasticando sul futuro proprio ora che avevo imparato a vivere alla giornata…. ero ancora in preda a troppi se. Si sa, la vita troppo volte non ti mostra gratitudine e in un attimo tutto si disfa. Avevo bisogno di sentirmi dire che potevo fidarmi, ma ovviamente non ricevetti rassicurazioni in merito da parte dell’équipe che mi seguiva, non potendo offrirmi certezze qualcuno mi disse di pensarci bene soprattutto in funzione di quel futuro a cui faticavo a pensare, altri mi dissero di seguire il mio cuore. Scrissi alcune email a dei medici che avevo conosciuto, due dei quali in rete, tra cui il Dottor Salvo di cui riporto qui il nostro scambio:
________________________________________________________
Caro Dott. Salvo,
le scrivo in privato perchè al momento sono ancora disorientata per riferire sul blog la notizia che sto per dirle.
Ho appreso da pochi giorni di essere incinta e proprio domani inizierò tutti gli accertamenti del caso, ma anche la mia oncologa è rimasta senza parole.
Ho finito chemio 6 mesi fa e la radio da meno tempo, ho fatto gli ultimi controlli a settembre ed era tutto negativo e avrei dovuto ripeterli questo mese.
Non so se ricorda vagamente la mia storia:
triplo negativo, tumore di 5 cm con 2 linfonodi in metastasi di cui in realtà non si è avuta stadiazione certa avendo fatto un intervento d'urgenza causa emorragia al seno, poi chemio, poi secondo intervento con dissezione, poi di nuovo chemio. Il tumore è stato diagnosticato durante la mia seconda gravidanza a cui è seguita un'interruzione per severità della prognosi e la necessità di iniziare le terapie. Ho già un figlio di 8 anni.

Ho mille domande che farò ovviamente ai medici che mi seguono, ma ci tenevo ad avere un suo parere in merito.
Premetto che nello stordimento e la sorpresa che questa notizia ha provocato, io vorrei tanto portare avanti la gravidanza, considerando l'esperienza traumatica vissuta un anno fa, ma sono ben consapevole che questo non era proprio il momento perché troppo poco tempo è passato. Mi chiedo quali siano i rischi per il bambino con una chemio finita a fine luglio scorso e la radio 2 mesi fa e con la paura (quella maledetta) di una ripresa della malattia scatenata da un nuovo sconvolgimento chimico.
So che non ci sono evidenze scientifiche a riguardo che attribuiscano alla gravidanza responsabilità sulla malattia, trattandosi di triplo negativo, ma lei per caso ha avuto modo di apprendere di situazioni simili alla mia in una fase così precoce?
Attendo con ansia un suo riscontro in merito.
Cordialmente,
Nadine

Dottor Catania risponde:
Ho assistito a molte situazioni come quelle che mi descrive.

Ammetto di aver provato disagio, soprattutto nel secolo scorso a causa dei tanti pregiudizi, anche miei come medico oncologo, non suffragati però da basi scientifiche che inducevano e inducono ancora a predicare prudenza...
Prudenza su quale base scientifica ???

Poi decine di pazienti, che per fortuna hanno fatto di testa loro, hanno puntualmente smentito i miei pregiudizi ed hanno modificato il mio modo di essere che non mette più al primo posto i rischi eventuali, ma il desiderio del paziente, soprattutto perché molti di questi rischi sono stati ridimensionati dall'evidenza .

In altre parole sono più teorici che reali.
Se non avessero rischiato non avremmo mai saputo che gran parte dei rischi paventati sono più teorici che reali soprattutto quelli che Lei descrive a carico del nascituro.

Non Le ho dato alcuna risposta alle sue domande, ma spero di essere riuscito lo stesso ad esprimere il mio pensiero.

I rischi ? Nascere già è un rischio , attraversare sulle strisce pedonali è un rischio.
Quando andavo a fare le mie gare nel deserto tutti mi dicevano "sei un pazzo".
Ero pazzo ma felice. Lo sono un po' meno, molto meno (c'è anche altro nella vita) da quando ho smesso....di essere pazzo.

Avevo un amico, il più caro amico, che mi coinvolse negli sport più estremi (deltaplano, parapendio, traversate in solitaria).
Devo a lui 12 delle mie 24 fratture che hanno segnato il mio scheletro
Lui, Gianni, è morto l'11 aprile negli anni 90' a bordo di un traghetto di linea, il Mobby Prince, a due miglia dal porto di Livorno e in una serata bellissima con il mare piatto e visibilità perfetta. Andava a prendersi la sua barca in Sardegna per fare una traversata oceanica per la quale noi .....lo perseguitavamo paventandone i rischi.
Lo uccise non il fuoco, ma la beffa :morire su un traghetto di linea , quando ancora l'esperienza della Concordia non era neanche immaginabile.

Se non ha il coraggio di riportare la novità sul blog utilizzi pure questa mia risposta. L'autorizzo a riportarla integralmente.
Corro volentieri il rischio di non essere giudicato benevolmente da altri medici che leggono.

Ecchissenef.....non avevo appena scritto che mi sentivo più felice....da pazzo ?

Pazzo o Fuori di Seno ?

Tanti saluti ed auguri.
___________________________________________________________

Se avessi fatto una scelta diversa fondata esclusivamente sui rischi e sulle paure, sarei rimasta a vacillare dentro una vita più falsa che vera, senza la mia storia, senza ritrovarmi mai più. Nella drammaticità di una beffa c’è tuttavia, almeno per alcuni, la possibilità di poter vedere quel bicchiere mezzo pieno, perché esistono altre verità da tenere in considerazione, alcune delle quali fondate su elementi scientifici, altre non sufficientemente conosciute che nutrono le storie di eccezioni e soprattutto di speranza.
Dopo aver superato questa difficile fase ho cercato di godermi i restanti mesi di gravidanza, lontano il più possibile dal pensiero del cancro e più vicino a quello del mio bambino, con l’aura addosso di quelle mamme, anime belle volate via troppo presto. Christian è nato il 7 agosto 2015 regalandomi il suo sguardo dentro ad un abbraccio privilegiato con la bellezza di un destino che esplode insieme a tutto e nonostante tutto.
Ho fatto ciò che mi avrebbe fatto felice ed ho avuto intanto quello che ci si aspetta da una vita normale: il tempo che passa, ed è quanto mi basta.

#65
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Utente 390XXX

Bellissima l'esperienza narrata da Nadine!
Mi chiedo da dove derivi tanto coraggio ??

#66
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Riguardo al coraggio mi riferivo naturalmente a tutte le donne che hanno scritto, perché ci vuole anche coraggio a narrare il proprio dolore.

#67
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Utente 389XXX

Centrato il focus ! Ma forse tutti abbiamo pareri differenti sulla definizione di coraggio .
Cos'è veramente il coraggio ? E se paradossalmente le difficoltà della malattia amplificassero questo sentimento che non si manifesta (non necessario) mai quando sembra che tutto ci vada bene ?

#68
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Dr. Salvo Catania

Il coraggio è una realtà etica , ma ha le sue radici nell'intera sfera dell'esistenza umana e in definitiva nella struttura stessa dell'essere. E' necessario considerarlo ontologicamente per poterlo capire eticamente.
Questo si rivela in una delle più antiche trattazioni filosofiche sul coraggio, il LACHETE di Platone.
Il termine greco per coraggio, andreia =virilità, e il termine latino, fortitudo=forza, esprimono l'implicazione militaresca del coraggio, identificando nell'essere pronti a sacrificare la vita , la più grande prova di coraggio.

Il coraggio come atto umano, come materia di valutazione, è un concetto etico. Il coraggio quale universale ed essenziale autoaffermazione del nostro essere è un concetto ontologico. Il coraggio di esistere è l'atto etico attraverso il quale l'uomo afferma il proprio essere nonostante quegli elementi della sua esistenza in conflitto con la sua essenziale autoaffermazione.

Ada Burrone ci scrisse un volume sulla "FORZA DI VIVERE ", in opposizione al ricorrente pensiero che sosteneva che il suicidio sia uno degli atti che in assoluto richiedono più coraggio. Secondo Ada invece, la scelta più coraggiosa che si possa fare è proprio quella di vivere, di rimanere nonostante tutto ad occupare il proprio posto nel mondo, di scegliere di esistere.

A questo tipo di coraggio Paul Tillich , uno dei più influenti teologi del ventesimo secolo, dedica la sua riflessione , concludendo che il coraggio non si può solo definire solo in negativo come la capacità di superare la paura, ma anche e soprattutto in positivo , come la forza e la volontà di affermare sè stessi.
Alla conclusione Tillich ci arriva come in un giallo esistenziale attraverso l'analisi di tante forme di coraggio (tra cui Il coraggio di esistere come parte, il coraggio di esistere come sè stessi, il coraggio di accettare l'accettazione). Il testo originale THE COURAGE TO BE, dal 2015 è tradooto in Italia da Fazi Editore.

#69
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Dr. Salvo Catania

>>>Riguardo al coraggio mi riferivo naturalmente a tutte le donne che hanno scritto, perché ci vuole anche coraggio a narrare il proprio dolore.>>

Forse non ci vuole coraggio, ma disponibilità a rispondere ad una sola domanda "cosa sto facendo della vita ?", avendo paura della risposta.

Molti non sapevano cosa avrebbero narrato, ma dopo in maggioranza dichiarano di avere vissuto l'atto del narrare come un documento, come una interpretazione, come un contenitore nel quale immergersi per lavarsi e purificarsi. Come salvezza e verità che GENERA CORAGGIO e FORZA di vivere.

#70
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Dr. Salvo Catania

Abbiamo più volte sottolineato qui il valore della narrazione sia con il linguaggio che con la scrittura. Su questo presupposto la Medicina Narrativa si è sviluppata. E nel terzo millennio con il conforto scientifico di molti studi.
Tra questi uno recentissimo pubblicato sul Journal of Pediatrics che mi preme riportare.
Per generazioni e generazioni i genitori hanno giocato con i figli che iniziano a comprendere le parole, insegnando le parole delle illustrazioni dei libri che vengono poi ripetute dai bambini. Quando poi i bambini crescono i genitori raccontano oppure leggono delle storie o delle favole.
Forse oggi qualcosa sta cambiando : i bambini hanno una attrazione magnetica per lo schermo del cellulare o del tablet e dimostrano fin dai primi anni una particolare abilità nel maneggiarli. Sono giochi molto solitari in cui viene stimolata e messa alla prova l’abilità personale, ma si perde lo scambio con i genitori.
Ma per ristabilire questo scambio forse bisogna tornare al passato, quello delle favole e delle storie raccontate dai genitori come dimostra una ricerca dell’Ospedale Pediatrico di Cincinnati appena pubblicato sul Journal of Pediatrics. La ricerca ha studiato l’attività cerebrale dei bambini di età dai 3 ai 5 anni con la Risonanza Magnetica funzionale mentre ascoltavano storie che venivano loro raccontate. I risultati hanno evidenziato che i bambini che avevano ascoltato più a lungo le storie raccontate dai loro genitori , mostravano una maggiore attivazione dell’emisfero cerebrale sinistro dell’area associativa parieto-temporo-occipitale, che secondo gli stessi ricercatori sarebbe una regione spartiacque che integra gli stimoli multisensoriali, uditivi e visivi.
Quando i bambini ascoltano la narrazione di una storia immaginano i personaggi, i loro comportamenti e le situazioni in cui si trovano coinvolti, un vero e proprio film che viene costruito nella mente.
Gli stessi ricercatori concludono che mentre la visione di un video con la concretezza dell’immagine si determina un by-pass che semplifica e accorcia il processo di elaborazione, l’ascolto di una storia o favola implica un lavorio più complesso di ricostruzione che promuove la creatività e la crescita del bambino.
Per questo da tempo l’American Academy of Pediatrics raccomanda che i genitori inizino a raccontare le storie ai bambini sin dalla nascita.

#71
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Utente 399XXX

Buona sera,a tutte spero di scrivere nel posto giusto ...ragazze fuori di seno.....nn ho grande dimestichezza con l elettronica e poca con internet... ..ma questo nn importa,perché tutti possiamo imparare...sono iscritta a medicitalia, da un anno...da quando per fatalità per caso scopro di avere un tumore al seno.....io sono vera e ho 48 anni ...dalle visite fatte mi dicono ....lei e stata fortunata ....trova n tumore sul nascere ....non aggressivo...ecc ecc.....allora io annuisco e sto zitta....ma vorrei tanto urlare tutta la rabbia e il dolore che ho dentro e dirgli ....ma fortunata e chi nn si ammala di questo male .......perché oltre al male che forse in alcuni casi può essere debbellato ....ma ciò che ti resta dentro l anima è logorante......un graffio così profondo che arriva a l anima ....violentata dal tuo stesso io".....è così che mi sento ....Paura ......ormai lei è padrona di me ...mi sento legata ad un filo ...che non so quanto può reggere.......certo pur di vivere va bn anche così.....vivo ...toccandomi il seno 10 volte al giorno.....ogni piccolo dolore in qualsiasi parte del corpo ...sono disperata e corro dal medico ....con la paura che possa ritornare" la bestia".da qualche altra parte del corpo.... Vivo con un peso sul cuore .....che ti fa respirare a metà .....come vorrei appoggiare quel peso per un po'..e poter respirare a pieni polmoni.... Ma purtroppo è un fardello che nn posso appoggiare.....a distanza di un anno panico ....panico totale che mi sta paralizzando ....devo rifare un agoaspirato a l altro seno ....magari sara nulla ....me lo auguro....ma lascio immaginare il mio vivere in questi giorni..... Forse qualcuno dirà ....ma cosa sta scrivendo vera ....cosa vuole raccontare cosa vuole farci sapere..... Nn lo so.....so che esiste questo forum ...creato dal dott. Catania ...dove si può scrivere e raccontare..... Ecco io forse ho bisogno di raccontarmi ...buttare fuori il tanto dolore che porto con me ...da quando sono venuta a mondo....fino a questa malattia ...che ha finito di distruggere la mia psiche......è pensare che per tutta la vita ho avuto paura di questo male.....ogni cosa correvo subito dai medici....x paura ......adesso lo avuto davvero ....e nn mi so spiegare come mi sento Cosa provo....a volte rassegnazione ....come dire ...io ho lottato tutta la vita contro tutto e tutti....per nn soccombere ....per sopravvivere alla vita .....mi sono fatta da sola ......ho vinto battaglie toste....e a volte ho anche perso.....sono caduta mi sono fatta male ....mooolto male....ma poi ho avuto la forza di rialzarmi e ripartire ......invece verso questa malattia mi sento come affrontare una guerra che nn si sa ...quanto può durare ....ma che nn vincerò mai......scusatemi ..se mi sono prolungata e forse mal raccontata ....spero di nn aver annoiato nessuno con quel poco che ho raccontato di me .....spero di averlo fatto nel posto giusto....in modo da prendere dimestichezza e poter interagire con tutte voi.....grazie ,..........Vera
..

#72
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Utente 353XXX

Cara Vera, capisco ciò che scrivi, l’ho vissuto anch’io nove anni fa quando mi è stato diagnosticato un tumore al seno e soprattutto quando, dopo pochi anni, ho cominciato ad avere linfonodi ingrossati un po’ sospetti…
Controlli ogni tre mesi, per tre anni, poi ago aspirato e la diagnosi: metastasi linfonodali.
Panico
Nuovi esami tra cui la Pet: metastasi linfonodali e ossee diffuse.
Disperazione
Cure, punture, esami, angoscia e peso mentale insopportabile.
Mi preparo a morire… e comincio un percorso di meditazione, cerco di vivere il presente e scopro un nuovo modo di vivere (non di morire…).
Non c’è nessun piano contro di me, non ho alcuna punizione da scontare, non c’è alcun maleficio…
è solo accaduto, come è accaduto a molte persone…
Comprendo che morire non è una disgrazia, è una fase della vita, è il naturale movimento della vita: si nasce, si cresce, ci si trasforma e si muore… e capita a tutti gli esseri viventi, indistintamente. Non solo a me!
Con questa consapevolezza scema la rabbia e la sofferenza si placa, mi dedico a tutte le dimensioni della mia persona: curo il fisico e la mente, nutro il corpo e lo spirito… e sto bene!

Sono passati quasi tre anni dalla diagnosi di tumore metastatico e sto bene, ultima Pet: assenza di malattia metabolica in atto.
Conduco una vita normale, come tutti, senza troppe limitazioni.

In ottobre si sono alzati i marcatori, c’è un po’ di timore, ma non angoscia…
Anzi è l’occasione per ricordarmi di trovare sempre, ogni giorno, il bello che c’è, perché è facile dimenticarselo. Mi sfiora il pensiero che i marcatori si sono alzati soltanto per rammentarmi di ritornare al presente e ogni mattina ho ripreso a recitare questa poesia "Il saluto dell’alba"
Osserva il giorno che nasce.
E’ un giorno di vita,
vita verace della tua vita.
Nel breve suo corso s’addensa
la diversità, la realtà del tuo esistere:
la felicità di crescere,
la gloria di agire,
lo splendore della bellezza.
Ieri, lo vedi,
è un giorno già spento.
Domani è ancora soltanto visione.
Ma l’oggi ben vissuto
tramuta l’ieri in un sogno felice,
il domani in speranza sorgente.
Abbi cura, dunque,
del giorno che nasce:
è questo il saluto dell’Alba.

dal “Sanscrito”
Un abbraccio
Luigia

#73
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Utente 399XXX

Ciao Luigia .....sento la tua positività.... Il tuo coraggio sei da ammirare .....hai una grande forza ....ma poi mi potresti rispondere daltronte diversamente nn si può fare.......nn trovo le parole giuste da poterti dire......A volte dicono che i marcatori possono alterarsi anche x cose più futili ....che tipo di tumore avevi avuto 9 anni fa ? Sai a me già da un po' di anni prima del tumore ....riscontravano linfonodi ingrossati di forma reattiva .....e anche adesso dalla ultima mammografia ....evidenziano questi linfonodi .....ma il senologo nn mi ha detto nulla .....spero e mi auguro nn sia qualcosa di brutto già andato lì.........comunque molto significativa la tua poesia.....è che dire ....nn possiamo nulla contro questo male.......però mi chiedo xké me venuto.....xké ...... Senti parlare di altri .x..certe malattie ....ma quando arrivano a te ...e tutto surreale..... Nn lo so....nn riesco ad accettare tutto questo..... Vivere rassegnandosi di essere una morta che cammina ancora .,..........

#74
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Utente 399XXX

Comunque sono felice che stai bn ...e ti auguro ancora cento anni di vita e buona salute

#75
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Utente 353XXX

Grazie 399205, ma non credere che per me sia stato e sia ancora facile: ho comunque momenti di sconforto che cerco di superare con nuove abitudini mentali.
Dopo essermi sentita con un piede nella fossa... ho smesso di considerarmi "una morta che cammina". Grazie al mio percorso interiore (non semplice, non facile, ancora in atto... finché campo...) e ai cambiamenti che ho introdotto nella mia vita (ho cura della mia alimentazione: ho eliminato zuccheri, carne, latticini... mangio molto saltuariamente uova e pesce. Cerco di riposarmi, faccio salutari camminate e altre terapie alternative, oltre ad assumere i farmaci che mi vengono prescritti) ho preso consapevolezza che fin quando respiro sono VIVA e grata di vivere pur sapendo delle metastasi.
Per ora non ho dolori... domani chissà? Ma non è pre-occupandomene oggi che risolvo qualcosa...
I turbamenti, le arrabbiature, la depressione ci sono ancora e mi visitano spesso, ma qualcosa dentro me sta cambiando e i momenti di sconforto durano sempre meno.
Cerco quotidianamente di provare la gioia di esser viva e di godere della bellezza che c'è sempre!
Ti domandi "perché a me"? E' una domanda che non ti porta da nessuna parte, non serve… e come vedi non solo a te, anche a me... è accaduto a molte donne...
Possiamo però continuare a vivere la nostra vita al meglio.... questa è nostra responsabilità e il nostro spazio di libertà.
Un abbraccio
Luigia

#76
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Scusami 399205, ho sbagliato a ricopiare il tuo numero utente...

#77
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Utente 399XXX

Ciao cara ...sei una donna forte e combattiva .....capisco bn che hai momenti di sconforto chi non li avrebbe....ma e ammirevole la tua forza e il tuo coraggio ......dimmi una tua giornata tipo ....con l alimentazione ....come si svolge ....vorrei poter cambiare anche io su questa cosa ....anche xké oltre a tumore lotto da anni contro l obesità ...ma 4 anni fa dopo aver toccato il fondo ho detto stop ....e mi sono avvicinata alla bariatrica ....facendo un intervento di gastrectomy ......e sono riuscita a perdere 50 kg.....adesso però da un po' ho mollato ...sono ingrassata di 5 kg e sto cercando di ritornare a regime....ma la testa nn ce.....purtroppo io soffoco tutto sul cibo.... E adesso più che mai .....e così che ho scoperto di avere .il problema al seno.....dopo aver fatto la riduzione dalla,parte asportata c'era un carcinoma intraduttale di 3mm di basso grado a stadio 0.......praticamente stava nascendo....... Comunque è un piacere fare la tua conoscenza......un abbraccio .......Vera

#78
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Dr. Salvo Catania

Vera già fa parte del gruppo ragazze fuori di seno e quindi a Luigia che mi rivolgo.

Luigia,
è bellissimo il suo contributo riferito alla sua esperienza. La sua storia mi ha fatto subito pensare per alcune analogie alla nostra Lori

http://www.senosalvo.com/ragazzefuoridiseno/terapia_speranza_determinazione.htm

Perché non viene a narrarcela sul nostro blog delle ragazze fuoridiseno ?

https://www.medicitalia.it/spazioutenti/forum-rfs-100/come-si-calcola-il-rischio-reale-per-il-tumore-al-seno-44-506.html#msg8874

Scriva pure che l'ho invitata io

L'aspettiamo !!!

#79
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Utente 137XXX

Luigia carissima, ho letto più volte la tua storia e mi stupisco per quanto siamo simili sia nella diagnosi di malattia e del percorso fatto, sia nel modo in cui abbiamo affrontato la disperazione, l'accettazione e la voglia di riemergere a tutti i costi. Addirittura le stesse parole riferite alle emozioni e alla nuova vita che stiamo affrontando. Io dopo l'intervento di mastectomia con svuotamento ascellare andato benissimo mi sono ritrovata con metastasi ossee diffuse . Sono in cura da quattro anni e mi sento bene, faccio una vita normale e cercodi affrontare tutto con serenità proprio come stai facendo tu. Hai scritto delle cose bellissime piene di sentimento e di voglia di vivere che mi hanno commosso.
Dice bene il dott. Catania visto le analogie che ci accomunano sarebbe bello che tu entrassi nel forun delle RagazzeFuoridiSeno anche perchè con la tua esperienza potresti aiutare le molte Ragazze che condividono le loro paure e l'ansia del dopo. Noi possiamo raccontare loro che il DOPO può essere bello e normale o perlomeno possiamo andare avanti insieme e sostenerci a vicenda.
Ti aspetto anch'io e ti abbraccio
Lori


#80
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Utente 353XXX

Gent.le dr. Salvo Catania,
non sono molto pratica di forum e blog e non ho ben capito cosa dovrei fare.... e soprattutto cosa dovrei raccontare? La mia esperienza dopo la diagnosi di carcinoma? Non sono ora in grado di farlo...e non so neanche se ne sono capace.
Dialogare a distanza con una persona "vera" come Vera (carino il gioco di parole...) è stato per me spontaneo. Lei esprimeva la sua sofferenza, il suo sconforto, in cui mi sono riconosciuta... e ho cercando di farle intravedere che è possibile trasformare una tragedia in un'occasione di rivoluzione interiore e di vita più autentica (almeno per me è stato così... forse anche perché ho più di sessant'anni...), altra cosa è raccontare senza sapere perché o per chi....
Se ci sono incontri o riunioni sarò felice di parteciparvi.

Per Vera,
ora è tardi, ti racconterò delle mie giornate domani.
Un abbraccio

#81
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Buona sera a tutti....dott Catania nn faccio parte del forum ragazze fuori di seno...... Anzi ho scritto qui perché nn so come fare ad entrarci .....e li che volevo entrare e per questo ho cominciato poi a raccontarmi....e avrei tanta voglia di farlo....poter parlare con chi capisce e sa cosa si prova in certi momenti..... E perché no ....forse tirare fuori tutto il dolore che porto dentro.....Luigia facciamolo assieme ....nulla accade per caso......il destino ha voluto che una sera di questa ...nella mia solitudine ....nel mio terrore io cercassi il consulto del dott Catania ....e visto nn vi era ancora risposta ....ho scritto qui....e tu sei corsa in mio aiuto.....con la tua esperienza ...con il tuo coraggio e la tua forza .........già perché forse è proprio così ...solo raccontando e raccontandosi .....forse la paura ci lascia respirare....e forse si riesce a guardare al di la' ...delle montagne ....in mezzo alle cime ....la dove c'e un luce immensa ......perché un altro giornosta nascendo.......ti abbraccio .....Vera

#82
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Ciao Vera se vuoi salire sul bus delle RFS prova, già a login fatto, a risalire fino al post 78 e clicca sul link al forum inserito dal Dr. Catania, sarai indirizzata al forum e vi troverai lo spazio per inserire i tuoi commenti come hai già fatto qui.
Buona domenica!
Antonia

#83
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Cara Lori, mi piacerebbe incontrarti... è davvero stupefacente che abbiamo avuto una storia analoga con esiti simili...
Cercherò di entrare nel forum "fuori di seno" seguendo le indicazioni di Antonia (io ci avevo provato cliccando sui link del dott. Catania ma non ho saputo come entrarvi...)
Un abbraccio
Luigia

#84
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Cara Vera, ti descrivo la mia giornata “tipo” se ti può aiutare..., ma ognuno deve trovare ciò che risponde alle sue esigenze…

AL MATTINO
appena sveglia meditazione seguita, se sono in forma, da qualche esercizio yoga, poi, osservando dalla finestra “il giorno che nasce”, recito la poesia che ho già inviato.
Considerazioni: disciplinarmi per trovare una mezz’ora ogni mattina è stato durissimo, ma ora sono davvero felice di non poterne fare a meno… Se per qualche motivo salto una mattina, divento reattiva (le occasioni non mi mancano…) e/o incline alla depressione.

COLAZIONE
mi faccio un estratto di mela+ carota e sedano seguita dalla colazione budwing (La crema Budwig della d#1387172) in cui non introduco latticini + una tazza di the. Questa colazione è davvero preziosa, riempie senza appesantire e mi dà un senso di sazietà fino all’ora di pranzo…
Considerazioni: impiego circa un’ora per prepararmi e consumare la colazione. Un tempo lo trovavo faticosissimo, ma ora occuparmi di me, della mia salute non mi costa fatica e mi godo questo tempo.

PRANZI E CENE
Seguo fondamentalmente anche se NON in modo “ortodosso” la dieta Kousmine (Alimentazione- 1° Pilas#138711D). Io però ho eliminato completamente carni e latticini, mangio saltuariamente pesce azzurro (circa una volta alla settimana) e molto raramente le uova bio (una al mese circa…). Inizio i pasti sempre con un’abbondante insalata mista, poi cereali (pochi), legumi e verdure varie. Cerco anche di mangiare pochissimo pane integrale (questa per me è la rinuncia più grossa e fatico a limitarmi). Per compensare evito la pasta con farine di frumento che sostituisco con quella ottenuta con farina di legumi…
Mangio la frutta di stagione lontano dai pasti, cercando di variarla.
Considerazioni:
Attenzione! Facendo una dieta quasi vegana, per evitare scompensi che col tempo di evidenziano, mi faccio seguire da una dietologa che si è formata col dott. Berrino (dell’Istituto Tumori di Milano). Per colmare le lacune della mia dieta assumo vitamina D e B12 in gocce e pastiglie.
Ora sono in pensione (da gennaio di quest’anno), ma quando lavoravo dedicare tanto tempo ad acquistare frutta e verdura fresca. Lavarla e cucinarla era già molto gravoso… allora mi facevo aiutare dalle amiche che, quando preparavano per loro cereali integrali (riso integrale, orzo decorticato, farro, miglio…) o legumi (fagioli, lenticchie, ceci, piselli…), tutti prodotti che hanno tempi di ammollo e cottura lunghissimi, raddoppiavano le dosi e mi consegnavano i cibi già cotti. Sono stata davvero fortunata ad avere simili amiche e sono ancora grata per l’aiuto che mi hanno dato…
Credimi, all’inizio mi sembrava impossibile cambiare regime alimentare invece pian piano ho introdotto nuove abitudini e con un po’ di organizzazione (surgelo minestre, legumi e cereali in porzioni mono dose per le emergenze) tutto è più semplice.

MERENDE
Solo frutta fresca (varia) o pistacchi non salati e/o qualche mandorla bio e the verde o tisane.
Ho eliminato completamente i dolci, gli zuccheri e anche il miele. Mi concedo rarissimamente uno strudel fatto da me con (per la pasta) farina integrale, acqua minerale, olio extra vergine d’oliva, (per il ripieno) mele, uvetta, pinoli e due cucchiai di marmellata di albicocche senza zuccheri aggiunti.
Considerazioni:
anche in questo i miei cambiamenti sono stati radicali… considera che sono sempre stata golosa e che ho sempre sfornato almeno una o due torte alla settimana per i miei tre figli (anche ora che sono decisamente adulti).
Non sento più la mancanza di dolci perché sono convinta che mi facciano davvero male …

ATTIVITA’ FISICA
Durante la bella stagione vado in bicicletta tutti i giorni, per spostamenti vari, circa un’ora al giorno+ camminate saltuarie. Con il freddo cerco di camminare per un’ora, almeno tre volte alla settimana. Una volta alla settimana pratico qi gong e mi concedo (ogni 7/15 giorni) un massaggio shiatsu (fantastico!!!).

LAVORO
pur essendo da poco in pensione, oltre ai lavori domestici+ spesa+ varie, svolgo un'attività lavorativa che mi impegna non poco... Ho la fortuna però di potermi organizzare autonomamente (lavoro quando mi pare... di mattina, di pomeriggio o di sera...)

ULTIME
Prima di sapere delle metastasi ero in cura anche per una gastrite e soffrivo di stitichezza ora la gastrite è di grado lieve in fase di quiescenza e l’attività intestinale regolare.

Credo di averti detto quasi tutto… se ti servono altre informazioni non hai che da chiedere…
Un abbraccio
Luigia

#85
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Ciao Antonia grazie per essermi venuta in aiuto.... Ho cliccato proprio sul link lasciato dal dott Catania ...ma nulla nn riesco a capire dove debbo scrivere ...non trovo lo spazio di voi rfs...solo una pagina con la presentazione ........carissima Luigia grazie x aver dedicato anche oggi un po' del tuo tempo....leggo con stupore la tua alimentazione ....sicuramente dalle poche ricerche fatte ....attualmente la più salutare soprattutto x chi come noi si ammala di questo" problema "...ho letto alcuni suggerimenti del dott Berrino......e la tua dieta rispecchia a pieno i suoi consigli........io vorrei prendere spunto dalla tua dieta x incominciare ad abbandonare un po' di cose che mi fanno male .....tra cui gli zuccheri...di cui io sono dipendente ...,.amo tutto ciò che è dolce ......tu cosa usi per dolcificare?.......comunque devo dire che sei una donna fortissima ...e determinata complimenti.....credo che il tuo modo di alimentarti.. Porterà solo note favorevoli x il tuo problema..... E anche la tua positività e la tua determinazione .....spero di prenderne un po' da te ....così che io possa prima di tutto allontanarmi dai dolci.....e poi imparare a mangiare più sano.....cosa pensi della pasta integrale ...perché nn la usi? Io mangio 50gr.di pasta al giorno solo integrale ......adesso perdonami cara Luigia ...ma mi sto addormentando con il Cell in mano e ipensieri si accavallano e per giunta perdo colpi....nn riesco a mettere a fuoco un ragionamento.... ....ti abbraccio ti auguro una dolce notte ......vera

#86
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Cara Vera, prima di tutto voglio dirti che sono riuscita ad inserirmi nel forum di "fuori di senno" ma vorrei che lo facessi anche tu... Siamo approdate insieme in questo sito e insieme vorrei continuare. Non so dirti bene come ho fatto..., ho cliccato sul link e poi... sono riuscita a trovare dove scrivere il mio primo commento.
Riprova, per favore, perché non credo di poter dedicare tempo per due forum... e non vorrei lasciarti...
Rispondo alle tue domande:
1-Io ora non uso dolcificanti, all'inizio ho provato con la stevia (ho acquistato all'esselunga un prodotto che si chiama "travia", il dolcificante dalla foglia di stevia), ma poi ho rinunciato. Ritengo sia meglio un cucchiaino di miele... o niente. Non bevo più caffè e uso tisane al finocchio (naturalmente dolcine), camomilla (già dolce di suo), the al gelsomino (abbastanza dolce) e come dessert faccio (raramente) lo strudel di cui ti ho già parlato oppure cuocio le mele con qualche prugna secca.
2-la nutrizionista che mi segue mi ha consigliato di evitare la pasta, anche quella integrale, perché contiene glutine (fa innalzare la glicemia e favorisce la proliferazione dei tumori- vedi http://coachalimentare.it/dieta-malati-oncologici-franco-berrino/) e preferire riso integrale, quinoa, amaranto, miglio... Non mi ha detto di eliminarla ma di evitarla e così la mangio saltuariamente (circa 2 o 3 volte la settimana).
Un abbraccio
Luigia

#87
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Per Vera
Vorrei aggiungere che non c'è "la" soluzione per tutte, ognuno deve cercare la sua strada... Quello che sto facendo (percorso meditativo, dieta....) è stata la risposta che ho trovato per me, per stare bene secondo le mie esigenze e al mio modo di "essere", unico e irripetibile come te!
Buonanotte
Luigia

#88
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Ciao Luigia ....ci ho riprovato...ieri ma nulla comunque nn mollo ci riprovo ancora ....che bello sentirti dire nn voglio lasciarti....siamo approdate insieme qui...... Vedi questo è ciò che a volte predico io.....quanto a volte uno scritto ..può arrivare al cuore delle persone.....e quanto a volte alcune persone sanno darti delle emozioni ....così come anche tu le hai trasmesse.....credo nel caso ...e penso che il caso ha voluto che io incontrassi un'altra bella persona....tornando a l imentazione.... Il pane integrale ....anche quello va usato due tre volte a settimana ...anche per quello lo stesso discorso della pasta?..... Comunque ho da aggiustare la mia alimentazione e tante le volte che ci proverò che qualcosa farò.....proverò anche a comprare la travia ....come dolcificante..... Anche x fare qualche ciambella con farina integrale..... Ti abbraccio Luigia ....spero di riuscire e nn perdere i contatti con te.....

#89
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HO SBAGLIATO A DIGITARE: TRUVIA non travia. Scusami!!!

#90
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AhHajajHah ok .....io sto provando ad entrare nel forum ma nulla ....ma a te appariva una pagina con scritto in grade Menù..... E poi sotto varie scelte? Se è siquale voce hai scelto......

#91
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Comunque se nn riesco così....provo attraverso il motore di ricerca digitando ragazze fuori di seno ....spero di riuscire ....e poi sarà un altra impresa trovarti ahahah.. O dio la caccia al tesoro

#93
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Cara Vera, mi sono accorta che i link sull'alimentazione che ho inserito non vanno bene, digita "ciboèsalute". Io sono stata ad alcuni dei loro incontri e ho imparato tantissimo...

#95
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Grazie dott Catania... Provo ...ma penso che ieri sono riuscita a presentarmi al gruppo ...almeno credo ...

#96
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Scrivo qui ...così che leggera qualcuna di voi ragazze oppure il dott Catania ...nn riesco più a scrivere sul forum Rfs ....nn mi fa commentare ....solo modificando l ultimo messaggio ...posso aggiungere scritto....ho letto la risposta del dott Catania ....che ancora una volta è riuscito a tranquillizzarmi......ho scritto un email allo staff cercando aiuto per questo problema.... PS.sono salita sul bus dott..e nn ho intenzione di scendere.....e stato piacevole ascoltare Celentano ...mi ha,fatto sorridere ...poi imparerò a mettere un video anche io........mi raccomando aiutatemi a,restare sul bus.....io devo scrivereee......percepisco tanta positività e penso di essere nel posto giusto......grazie di cuore......vera903

#97
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Ciao ragazze, io sono Franca!!! Mi ha invitato un anno fa il Dott. Catania, vi leggo da sempre e ci tenevo a raccontarvi la mia "avventura" prodigiosa di 2 tumori al seno sinistro. Il primo "intruso" si è presentato nel 2009, mastectomia totale, ricostruzione e totale confusione nella mia vita. Curiosamente digitavo su tutto ciò che potesse farmi capire, spiegare, alleviare il disagio.......fino a che pongo una domanda al sito Medicitalia.it e mi risponde Lui, la persona che risponde ad ogni quesito io ponga, che dipana ogni dubbio o perplessità io abbia, che soprattutto ti fa affrontare il male come fosse un raffreddore (almeno per me!). Costui è il Dott. Catania, al quale mi sono rivolta quando ho scoperto che un secondo "intruso", aveva attentato di nuovo al mio povero seno sinistro. Suonerà forse stonata la cosa, ma sono contenta di aver affrontato questo male subdolo, perchè in primis ho conosciuto un Grande Dottore, ma anche tante donne guerriere, orgogliose e belle, timorose di non essere abbastanza forti nella vita di tutti i giorni, ma in realtà "esplose" come paladine della loro vita davanti a questa sfida. Siamo grandi ragazze, noi abbiamo una marcia in più...............e qualsiasi fatto vi accada, sarà una passeggiata, perchè la battaglia più grande l'abbiamo vinta e continuiamo a combatterla. Vi abbraccio forte a tutte ed un abbraccio speciale al nostro Dottore Empatico !!!!!

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