L'esercito della sofferenza invisibile: i caregivers familiari
Me ne sono occupata spesso. Un mondo che conosco, ombroso, una realtá di dolore, dedizione ed emozioni che, insieme, minano mente e corpo.
Si realizzano statistiche sulla vita media: esiste una categoria di persone la cui aspettativa di invecchiare è drasticamente ridotta rispetto alla media, per un forte e costante stress (dai 9 ai 17 anni in meno). No, niente maschio o femmina. Sono i caregivers familiari, coloro che assistono un loro congiunto disabile o ammalato.
L'amato ed estenuante prendersi cura ma non di se stessi: i caregivers
Il dato sopra citato deriva dagli studi della dottoressa Elizabeth Blackburn, premio Nobel per la Medicina.
Quando per la prima volta ho scritto sull'argomento, ho ricevuto molte e-mails di caregivers. Semplicemente, mi ringraziavano, perché, pur amando visceralmente colui di cui si prendono cura, sono esausti e si percepiscono invisibili, in secondo piano, senza il diritto di stare male. Perché loro devono accudire.
Amore incondizionato, sì, ma molto altro: la frustrazione per l'esistenza perduta, la paura di non farcela nel domani, un senso di impotenza ("non posso guarirlo"), la rabbia (per il proprio caro e per se stessi). E si scivola nell'ansia e nella depressione, senza magari poter uscire di casa per cercare supporto (e i soldi servono al malato).
E il corpo: spossato dai tanti doveri del quotidiano, con più sistemi debilitati dalla tensione continua, le malattie, spesso trascurate, emergono - la psiconeuroendocrinoimmunologia ci insegna quanto lo stress senza sosta logori nel profondo.
Non c'è il legittimo spazio per la propria persona: neanche per le piccolezze si ha tempo, spesso stando sempre fra quelle mura, senza contatto sociale o sfoghi.
E, se state leggendo, forse siete parte di questo esercito.
La malattia e la disabilitá possono essere una guerra. Ecco perché la parola "esercito", e queste poche righe sono per voi che ne fate parte.
Siete un esercito "variegato": molti variabili di questa condizione sono legate a chi è la persona cui dedicare le cure (figli, coniuge, genitori, ecc.). Ancora più importanti sono le patologie di cui questi cari soffrono: le esigenze di chi ha una tetraplegia sono ben diverse da chi soffre di demenza; bisogna considerare l'etá di colui che sta male; e hanno un ruolo anche l'etá di chi cura, la sua condizione economica e sociale (il denaro e la comprensione del problema possono aiutare molto).
Vorrei esistesse una qualche realtá che vi desse respiro.
Quello che ho imparato è che si può agire solo su minuscoli fronti, ma anche le minuzie, sommate, fanno la differenza. Ma l'argomento è sconfinato.
Mi permetto quindi di lasciarvi il link del mio articolo "Caregiving familiare: peso supporto, accudimento quotidiano", dove spero possiate trovare anche un semplice spunto, nella speranza, per voi, di avere un supporto professionale o di far parte di gruppi di autoaiuto:
Perchè nel mix di emozioni, l'indubbio, immenso amore che provate per chi accudite, possa rivolgersi un poco anche a voi.
Perché voi siete tanti, tenaci, e mai invisibili.