Dalla cicogna all'utero in affitto: soluzione o tratta delle schiave?

valeriarandone
Dr.ssa Valeria Randone Psicologo, Sessuologo

In America aumenta, in maniera esponenziale, il numero delle “mamme surrogate” - donne che mettono a disposizione di un’altra coppia il loro utero - e gli italiani con la valigia in mano sono in costante e, preoccupante, aumento.
L'Italia si divide in due: chi sostiene che un figlio è un bene prezioso e va concesso a tutti - con ogni modalità - chi, invece, prudentemente, pensa ai diritti del bambino, ai postumi di questa "atipica" gestazione, e dice "no" all'utero in affitto.
I dibattiti politici occupano le pagine dei quotidiani di questi giorni, l'argomento è scottante e scuote le nostre coscienze, di noi mamme e di noi clinici.

Qualche riflessione
Anticamente si sceglieva un partner, lo si consacrava a compagno di vita e si cercava di avere un figlio con lui/lei, sperando che avesse il suo sorriso, il suo sguardo e la sua simpatia, o le sue capacità cognitive.

Oggi, come sappiamo, quando la natura non aiuta i coniugi a diventare genitori - o perché eccessivamente attendisti, o per problematiche di salute - subentra la scienza con le più svariate e sofisticate tecniche di PMA, procreazione medicalmente assistita.

Soltanto da qualche mese, la legge italiana dice di sì alla fecondazione eterologa, tecnica che apre uno scenario complesso che ci obbliga a parecchie riflessioni, soprattutto per quanto riguarda la coppia ricevente ed il bambino che nascerà.

Nei casi di infertilità totale, si possono infatti adottare dei gameti esterni alla coppia: l'ovocita, nel caso in cui fosse la donna ad avere problematiche importanti ed il liquido seminale per problematiche al maschile.

Le soluzioni sembrano non finire mai, così quando una donna, per condizioni fisiche o psichiche, non può contenere in utero il suo bambino, o nel caso di coppie omosessuali - non in Italia - si propende per l'affitto dell'utero, o per la maternità surrogata, detta anche GPA (“gestazione per altri”).

 

Frammentazione della maternità nella "triade ovocita/utero/genitorialità"

Un figlio ad ogni costo e, soprattutto, in ogni modo.

Non stiamo parlando di una casa al mare da affittare per le vacanze estive, o di uno chalet di montagna, o ancora di un catamarano a vela, ma di un utero!

L'utero è un organo altamente simbolico attorno al quale ruota la crescita psico/sessuale e l'identità della donna.

È un organo che evoca il contenimento, la gestazione ed il ventre materno, in tutte le sue infinite declinazioni e sfumature relative alla fase della vita intera uterina e della fase postuma relativa alla diade "madre-bambino".

La fecondazione assistita, mediante le tecniche di maternità surrogata, si orienta inevitabilmente verso la frammentazione della maternità nella triade ovulo-utero-genitorialità.

 

Le domande che ci affollano la mente sono veramente tante:

  • Cosa spinge la mamma "incubatrice" - oltre che la remunerazione - a dire di sì, a prestare il suo utero per una vita non sua?
  • Altruismo o necessità?
  • Spontaneità o obbligatorietà?
  • La vita intra uterina, ed il suo significato simbolico, che fine farà?
  • Chi custodirà quelle "sensazioni preziose" che hanno a che fare con i nove mesi di vita del bambino?
  • La relazione madre-bambino ha perso il suo profondo ed immutato valore?
  • Può davvero iniziare con il bambino in braccio?
  • Partorito da altro da se?
  • E, soprattutto, se fosse un'ennesima mercificazione del corpo delle donne?
  • Sembra, anche in questo caso, una sorta di ennesima violenza sulle donne?
  • Di sfruttamento, esattamente come la prostituzione?
  • Di mera mercificazione dei corpi e dei loro organi?

Una sorta di "prostituzione della maternità"...

A contratto firmato ed a parto avvenuto, la madre che ha prestato il suo utero a gameti "altri" dai suoi e che ha portato in grembo il bambino, andrà via con un assegno in tasca - ed immagino - tanta amarezza.

  • Cosa succederà dopo il parto alla mamma incubatrice?
  • E se la donna avesse deciso di prestare il suo utero soltanto per questioni economiche, ammantando questo gesto da generosità?
  • Non si tratterebbe della solita e datata tratta delle schiave?
  • Ed i neo genitori?

Ed infine, non ovviamente per importanza, il bambino:

  • Saprà?
  • Vorrà sapere?
  • È giusto che conosca la madre contenitore?
  • Che sensazioni avrà?
  • Quali rischi di parcellizzazione del suo vissuto?
  • Della sua futura identità?
  • Non trattasi, anche in questo caso, di un abuso sui minori strappare un bambino alla propria madre e privarlo del genitore che lo ha partorito?

Legati da un unico cordone ombelicale... per ben nove mesi e, solitamente, molto di più.

Tre elementi di fondamentale importanza, sono inscindibili tra di loro: ovulo, utero e cura del neonato.

Nei casi di fecondazione eterologa, quindi di donazione di ovociti, la mamma sarà sempre e comunque la stessa persona: colei che conterrà il feto, che lo allatterà durante i mesi successivi, che lo cullerà per indurlo dolcemente al sonno e che lo terrà per mano durante la sua vita, strettamente intersecata con la sua.
Continuando così, scelte già fatte da alcune star come Nicole Kidman, alcune mamme eviteranno di affrontare una gravidanza per non sciuparsi il seno o per non allargarsi il punto vita.

Ed i figli?

  • Dove possono cercare le proprie radici i figli della surrogacy provenienti dal corpo di una madre separata dal proprio desiderio di maternità?

 

In un'epoca di amori a termine, di divorzi lampo e di una fame importante d'amore, i figli dell'utero in affitto sembrano poter essere candidati ad uno "sradicamento di base", delle origini.

Sono bambini candidati a perdere le loro radici ancora prima di poterle avvertire come tali.

La famosa teoria dell'attaccamento di Bolbwy sembra essere andata in pensione, così come l'importanza della vita intrauterina e della fase dell'allattamento; latte materno come veicolo di nutrimento reale e nutrimento simbolico per la psiche del piccolo.

 

  • Come stanno – e, soprattutto, come staranno - questi figli della madre surrogata?
  • Che cosa avviene quando sin dal concepimento non esiste una possibilità di radicamento?


Il precariato psichico e la mancanza di certezze, di continuità affettiva e di amore, cominciano già dall’embrione, e con lui sopravvivrà nella memoria corporea del bambino.

Sono piccoli e già nomadi, sin dall'utero, con una valigia in mano già dalla provetta: nascono "qua", ma dovranno andare "altrove".

Nemmeno l’embrione sembra poter avere stabilità; un luogo sicuro dove poter nascere e crescere, luogo simbolico di contenimento e di travaso di emozioni, di sensazioni, di ansie miste a paure che passeranno dalla mamma al suo piccolo, come un'importantissima "dote" genetica ed emozionale.

Il piccolo a parto avvenuto, non avrà nemmeno il tempo del suo primo vagito che, a consolarlo, saranno ben altre braccia.

 

Il simbolico taglio del cordone ombelicale ci obbliga ancora a riflettere

Ma questo bambino, da quale madre si separerà?

Nasce già separandosi e dovrà adattarsi a nuovi odori di pelle, ad una madre - non sua - che non lo allatterà, ma che lo porterà a casa come un trofeo appena acquistato.

Questo rapporto/non rapporto con la madre surrogata segnerà profondamente l'esistenza del bambino, con la sua pregressa presenza e con la sua postuma assenza.

Dovrà essere un bambino coraggioso, pronto per nuove relazioni, non dovrà avere paura, né ricercare l'odore della sua mamma che lo ha avuto in utero sin dalla sua prima suddivisione cellulare.

Tutto sembra portare verso un' accelerazione della separazione: ma siamo davvero certi che sia un bene per il nascituro?

Il tempo ci darà notizie più attendibili.

 

Uno sguardo alla madre surrogata

Giovane, immagino, alle prime esperienze, e già traumatizzata.

Quando portiamo in utero il nostro bambino, il corpo si modifica, si addolcisce, si allarga dolcemente per contenere quello che è il frutto del nostro desiderio e del nostro immenso amore.

Lo specchio ci rimanda un'immagine spesso goffa, appesantita, ma sappiamo bene che è un momento magico, alchemico e che, a bambino in braccio, le fatiche provate ed i chili presi andranno via.

  • La mamma surrogata cosa proverà, durante la gestazione e dopo il parto?
  • Come si sentirà dopo, senza il bambino?
  • Vuota?
  • Svuotata?
  • Deprivata?
  • E se, dopo aver firmato il contratto in agenzia, avesse qualche ripensamento?
  • Se non riuscisse a de il bambino che ha tenuto per ben nove mesi in utero?
  • Cosa succederebbe?

Forse l’unica ricompensa del denaro, immagino.

E la depressione dopo parto?

  • Può, a parto avvenuto ed a denaro incassato, smettere di pensare a lui?
  • Smettere di sentirsi una madre a metà?

Speriamo che i nostri politici prima di approvare una legge che, inevitabilmente, segnerà per sempre tante esistenze – soprattutto quelle dei bambini – si documentino a dovere.

 

Fonte:

 

Bibliografia:

  1. Giuseppe Cassano “Le nuove frontiere del diritto di famiglia. Il diritto a nascere sani, la maternità surrogata, la fecondazione artificiale eterologa” Giuffré, 2000
  2. Ines Corti “La maternità per sostituzione” Giuffré, 2000
  3. Carla Faralli e Cecilia Cortesi “Nuove maternità. Riflessioni bioetiche al femminile” Diabasis, 2005
  4. Alicia B. Faraoni “La maternità La natura del fenomeno, gli aspetti giuridici, le prospettive di disciplina” Giuffré, 2002

 

 

Data pubblicazione: 12 ottobre 2015

11 commenti

#1
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Dr.ssa Valeria Randone
#2
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Brava Valeria come sempre arrivi al punto!! Chi ci pensa alla futura salute psichica di questi esserini?? Buon Lavoro
Diana YEDID

#3
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Dr.ssa Valeria Randone

Ciao Diana,
grazie per le tue riflessioni.
Esiste anche l'adozione, se la burocrazia, le leggi ed i costi fossero più clementi...

Buon lavoro anche a te.

Valeria.

#4

Fa molto riflettere , cara Valeria, questo tuo importante articolo, riflessione sulle madri e riflessioni sui figli.. proprio oggi esce sul Gazzettino di Venezia un articolo di Alessandra Graziottin che si pone il problema di " Cosa desiderano i figli dell'eterologa ?"..il problema è molto sentito e chiede rispetto e molta prudenza..Bravissima e sensibile come sempre.. !!
Buon lavoro..!

#5
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Dr.ssa Valeria Randone

Cara Magda,
grazie per le tue note.
L'argomento richiede molta prudenza e molto rispetto...hai davvero ragione.

Da quando l'eterologa è stata ammessa in Italia, mi occupo delle perizie ai donatori ed alle coppie riceventi e, credimi, non finisco mai di mettermi in discussione...soprattutto per quello che firmo.

Un abbraccio

Valeria.

#6
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Ex utente

Parliamo invece della famiglia tradizionale.
- Che cosa ne sarà di un bambino nato in un ambiente benedetto dal matrimonio e con uno o due pessimi genitori?
- Cosa prova durante la gestazione e dopo il parto una donna in cinta che viene a sapere che il marito l'ha tradita?
- E se uno dei coniugi dopo aver firmato il contratto di matrimonio avesse un ripensamento?
- E dove può cercare un figlio le proprie radici se è nato fuori dal matrimonio e non venisse riconosciuto dal genitore biologico?
- E come si sente un uomo divorziato privato di vedere i propri figli: svuotato? Vuoto? Deprivato?

Cara dottoressa Randone. Quello che ho fatto è di prendere alcune di questi suoi interrogativi tendenziosi, cambiarli un po' alcune parole e metterli in un contesto di famiglia tradizionale con figli direttamente concepiti, giusto per far capire come la negatività e le sofferenze umane siano un qualcosa di scollegato dal fatto che si viva o meno in una famiglia tradizionale o che si sia adottati, clonati o acquistati.
Ogni cosa ha le sue gioie e i suoi dolori. Può essere bello vivere i 9 mesi col figlio in grembo per una madre, meno bello se questo figlio gli diventa un drogato da ragazzo.
Così come può essere brutto adottare un figlio o farselo concepire da un altro utero (non confondiamo con 2utero in affitto" perché non è sempre così, in Nord America la legge vieta che le madri siano remunerate, debbono essere delle volontarie), ma magari questo figlio cresce bene e con un bel rapporto coi genitori adottivi e poi magari chiede a quest'ultimi di farsi aiutare per andare alla ricerca della sua madre biologica, ed entrambi partono per un viaggio di scoperta di quest'ultima che magari li lascerà felici e migliorati.
Le faccio tutti questi esempi per farle dirle: che cosa possiamo saperne noi delle storie di vita che possono o meno coinvolgere gli individui in questi nuovi modelli relazionali e di famiglia??
La sua è una visione poco relativista e molto assolutista. Ammettiamo tutti che la "famiglia da spot mulino bianco" non esiste, ma chissà perché alla fine tendiamo a fare ragionamenti idealizzandola come unico modello di felicità.
Stiamo tutti qui a domandarci della salute psichica di questi poveri bambini, che già dalla pubertà inizieranno magari a fregarsene dei genitori e di certi valori da loro trasmessi. Ormai ci sono famiglie omogenitoriali, con genitori dello stesso sesso, figli adottati di etnie diverse. E tutti vivono bene, crescono, studiano, si laureano, lavorano, e poi creano a loro volta famiglie più o meno buone in modo indipendente dai fattori precedentemente descritti, ma semmai dipendente dalla qualità della genitorialità ricevuta.
Semmai l'unica cosa da fare sarebbe rendere i giovani bambini (indipendentemente se "acquistati" o nati nel sacro vincolo del matrimonio di Romana Chiesa) meno danneggiati da eventuali cattivi genitori, e di questo è la scuola che potrebbe/dovrebbe occuparsene più che dell'insegnamento delle tabelline. Ma questo è un altro discorso, secondo me però molto più importante che mettersi a sparare giudizi su realtà che non si conoscono se non col proprio metro relativo di valutazione e che nessuno inoltre è obbligato a praticare.

#7
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Dr.ssa Valeria Randone

Gentile Utente,
tra adottati, clonati, acquistati e le sciagure di una famiglia "tradizionale" - sicuramente non prevedibili e non programmate a mente fredda, ne "remunerate"- c'è una bella differenza...

I bambini vanno protetti ancor prima di metterli al mondo.

Rispondo punto per punto - con il beneficio del dubbio perché ne lei ne io sappiamo come evolve la crescita di un individuo - alle sue domande, cioè alle mie "tendenziose" modificate da lei:


- Che cosa ne sarà di un bambino nato in un ambiente benedetto dal matrimonio e con uno o due pessimi genitori?
Soffrirà di certo, ma nel mio articolo si parla di nascita, di gestazione, di "desiderio di maternità",di vita intera uterina e di separazione tra utero/ovulo e madre...
l'esempio che lei riporta non è consono al tema trattato.

- Cosa prova durante la gestazione e dopo il parto una donna in cinta che viene a sapere che il marito l'ha tradita?
Soffrirà senza ombra di dubbio, ma non credo che il legame biologico/psichico/emotivo con il figlio verrà compromesso...né lo darà via appena nato.

- E se uno dei coniugi dopo aver firmato il contratto di matrimonio avesse un ripensamento?
Che vada via...anche in questo caso la coniugalità non è correlata con la genitorialità.
Madre/bambino e le sue cure rimangono indenni.

- E dove può cercare un figlio le proprie radici se è nato fuori dal matrimonio e non venisse riconosciuto dal genitore biologico?
Lei porta esempi estremi e dolorosi, poco consoni alla maternità sorrugata.

- E come si sente un uomo divorziato privato di vedere i propri figli: svuotato? Vuoto? Deprivato?
Anche i divorzi più destruenti tutelano sempre i legami tra genitori e figli, ed anche in questo caso non c'è correlazione con con quanto trattato nel mio articolo.

Non credo esistano ricette perfette o famiglie del mulino bianco, ma se la legge decidesse di arginare il "delirio di onnipotenza" misto ad egoismo/egocentrismo degli esseri umani, mi sembra davvero un buon proposito.

Un cordiale saluto e grazie per essere intervenuto.

Dott. Randone

#8
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Utente 309XXX

Ciao Valeria
Vi invito a leggere anche questo:

I primi mille giorni del bambino. Quanto puoi influenzare la sua salute futura secondo l’epigenetica

Lo stato di salute da adulti deriva anche da come sono andate le cose nei primi 1000 giorni, dal concepimento a due anni. Dipende dall'epigenetica, un insieme di meccanismi che modulano l'attivazione dei geni e che sono influenzati da vari fattori ambientali. Giocarsi nel modo migliore possibile questi 1000 giorni è possibile, ma se qualcosa va storto non è il caso di preoccuparsi troppo.

Nove mesi di gravidanza, più i primi due anni di vita: sono in tutto circa mille giorni, importantissimi non solo per lo sviluppo e la crescita del feto prima e del bambino poi, ma anche per la salute di tutta la vita. Ciò che accade in questi primi mille giorni, infatti, può influenzare la predisposizione a varie malattie da adulti, da quelle cardiovascolari ad alcune malattie psichiatriche, fino a certe forme di cancro.
http://www.nostrofiglio.it/gravidanza/settimane-1-13/i-primi-mille-giorni-del-bambino-epigenetica
Diana YEDID

#9
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Utente 309XXX


Aggiungo che hai diritti del Nascituro non ci pensa mai nessuno.
Diana YEDID

#10
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Dr.ssa Nunzia Spiezio

Cara Valeria,
trovo bellissimo il tuo articolo. Il tema dei bimbi frutto di eterologa o di madre surrogato sta diventando sempre più attuale e, come sappiamo , la prima, benché con i suoi limiti, è ora vera anche qui in Italia.
Tali percorsi di nascita medicalmente assistiti, a mio avviso, lungi da qualsiasi giudizio di valore in quanto dietro ogni storia, quasi sempre, vi è un percorso decisionale costellato di dolore e delusioni, sembra contenere in sè la possibilità di essere, come ogni cosa umana, perverso. Il seme di ciò si può intravedere in giro per il web con siti che promettono "figlio in mano" alla stregua delle "chiavi in mano" delle autorivendite. Credo che sia una materia che debba essere legiferata in modo molto molto cauto per evitare che si arrivi davvero a mercificazioni come già sembra stia effettivamente avvenendo un pò in giro per il mondo.
Io anche mi sono chiesta, come credo altri milioni di persone e come anche tu ti chiedi nel tuo articolo: cosa spinge la donatrice o la madre surrogata a prestarsi. Purtroppo la risposta che mi sono data è sempre stata" per soldi"; "probabile stato di bisogno". Perchè, tenendo conto delle pesanti cure ormonali nonchè del pick up(tecnica professata semplice ed innocua ma non completamente esente da rischi) alle quali si deve sottoporre una donatrice è chiaro che la prima cosa alla quale si è portati a pensare è che non si faccia tale fatica per altruismo, ancor più a favore di sconosciuti. Si auspica che i bimbi che nasceranno ed ab initio "ancora pienamente di nessuno" possano trovare il loro "luogo" nel mondo colmo di cure e di amore. Poi sulla possibilità e modalità per svelare o meno ai bimbi come sono nati è una riflessione sulla quale noi clinici dovremo sicuramente soffermarci. Un ultima riflessione vuole riguardare la difficoltà enorme che incontrano le coppie, qui in Italia, nel percorso di adozione nazionale e l'osceno costo, anche questo frutto di mercificazioni varie, che comporta quella internazionale. Temo che, già a monte, una certa valutazione sulle possibilità economiche di intraprendere questa o quella via moltiplicato per le probabilità di riuscita venga fatto un pò da tutte le coppie. Mi trovi perfettamente in intesa con te quando scrivi che i bimbi vanno protetti ancor prima che nascano e noi clinici, nell'affiancamento della coppia genitoriale, abbiamo anche e soprattutto tale dovere. Aggiungerei, e non so quanti saranno d'accordo con me, qualunque sia il percorso con cui questi vengono al mondo.Grazie cara Valeria. I tuoi articoli sono sempre spunto di riflessione.

#11
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Dr.ssa Valeria Randone

Cara Nunzia,
Grazie per essere intervenuta con le tue note ricche di spunti di riflessione.
Mi trovo in sintonia con quanto hai scritto, punto per punto, soprattutto sulle difficoltà economiche a cui vanno incontro le coppie che decidono di addentrarsi nell'avventura adozione.
Dovrebbe essere un viaggio di speranza e di amore, ed invece, è un percorso irto di ostacoli, procedure, documentazioni infinite e conti correnti esangue...
Ci sono veramente tanti bambini che necessitano di braccia nelle quali trovare conforto ed un tetto dove poter dormire la notte, ed altrettanti genitori stracolmi di amore da voler donare, ma di questo le leggi sembrano non tener conto...
La mia paura è che, prima o poi, i bambini si acquisteranno sui cataloghi...
Un abbraccio.

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