Per prevenire l’Alzheimer bisogna riconoscerne i segnali iniziali
Nel corso degli ultimi anni si sta assistendo ad un radicale cambiamento nell’approccio al problema delle demenze, rivestendo la prevenzione un tema di centrale importanza, per cui l’attenzione clinica è focalizzata su ogni fase della malattia e soprattutto sulle situazioni borderline.
Cos'è il declino cognitivo soggettivo?
Assume pertanto grande valore il tempestivo riconoscimento dei primi segni, come il declino cognitivo soggettivo (SCD Subjective Cognitive Decline), che è costituito da un preliminare deterioramento della memoria che è avvertito esclusivamente secondo la propria percezione, in quanto le prestazioni mentali restano ancora all'interno di uno score normale in base alle interviste e agli stessi test cognitivi.
Poiché l’SCD può precedere la compromissione cognitiva clinicamente apparente e la demenza in età avanzata, si ritiene che alterazioni cerebrali non ancora rilevabili strumentalmente possano comparire anni o decenni prima della sua insorgenza: in altri termini l’SCD può contribuire a rilevare la malattia di Alzheimer in una fase precoce. Ciò significa che in questa lunga fase della malattia clinicamente silente si potrebbero attuare misure preventive mirando a fattori di rischio modificabili.
Gli effetti dei flavonoidi sul declino cognitivo
È stato pubblicato il 13 Agosto da TS Yeh e D. Blaker su Neurology l’articolo Dietary flavonoids and subjective cognitive decline in US adults, da cui emerge che un’aumentata assunzione di flavonoidi potrebbe ridurre il rischio del declino cognitivo soggettivo [Neurology. 2021, doi:10.1212/WNL.0000000000012454].
I flavonoidi sono un gruppo di antiossidanti presenti in natura, tra cui flavonoli, flavoni, flavanoni, flavan-3-oli, antociani, flavonoidi polimerici e proantocianidi. Di questi sono stati indagati particolarmente gli effetti di:
- flavoni, di cui le fonti naturali più ricche di queste sostanze sono funghi, sedano, prezzemolo e camomilla;
- flavanoni, presenti in frutti come limone, lime, mandarino e arance;
- antociani che si trovano in melanzane, frutti di bosco, uva scura, bietola rossa, ciliege, mele e fragole.
Per valutare gli effetti dell’apporto dietetico a lungo termine dei flavonoidi sul SCD, lo studio prospettico ha utilizzato i dati del Nurses’ Health Study (NHS) (1984-2006), coinvolgendo 49.493 donne con un’età media di 48 anni al baseline nel 1984 e 27.842 uomini con un’età media di 51 anni al baseline nel 1986 dall’Health Professionals Follow-up Study (HPFS) (1986-2002).
Ai partecipanti è stato richiesto, a cadenza biennale, di compilare il SFFQ (Semi-quantitative Food Frequency Questionnaire), ossia un questionario semi-quantitativo sulla frequenza alimentare ed un questionario relativo a recenti cambiamenti riguardo la memoria generale, la funzione esecutiva, l’attenzione e le capacità visuo-spaziali, essendo l’endpoint primario un cambiamento nell’SCD.
Nel corso di tutto il follow-up è risultato che a una maggiore assunzione di flanovoidi corrispondeva un più basso rischio di SCD e le associazioni statisticamente più significative sono state osservate per:
- flavoni (odds-ratio 0,62, intervallo di confidenza [IC] al 95% 0,57-0,68, p<0,0001),
- flavanoni (odds-ratio 0,64, IC al 95% 0,58-0,68, p<0,0001) e
- antociani (odds-ratio 0,76, IC al 95% 0,72-0,84, p<0,0001).
Declino cognitivo e prevenzione del rischio di Alzheimer
Sulla scorta dei dati rilevati, gli Autori concludono che una maggiore assunzione totale di flavonoidi può comportare probabilità inferiori di declino cognitivo soggettivo, dopo l’aggiustamento per età, apporto energetico totale, fattori non alimentari maggiori e fattori alimentari specifici, pur in mancanza di dati sul funzionamento cognitivo al baseline o di misure cliniche oggettive sulla cognizione per l’intera durata dello studio e dei livelli plasmatici dei flavonoidi. Inoltre, va considerato che il declino cognitivo soggettivo osservato deve essere riferito probabilmente a patologie miste e non esclusivamente alla malattia di Alzheimer.
Concludendo, poiché le attuali terapie contro l’Alzheimer iniziano troppo tardi, quando ormai il cervello è già gravemente danneggiato, una migliore comprensione del SCD e dei fattori che possono influenzarlo potrebbero creare le basi per un trattamento precoce e possibilmente preventivo.