Covid-19 e sue conseguenze sul cervello
Al di là di ogni ragionevole dubbio, la ricaduta dell’infezione da Covid-19 sul cervello è da considerarsi di entità severa, come emerge dallo studio pubblicato il 6. Aprile. 2021 su The Lancet da Maxime Taquet, del Dipartimento di Psichiatria dell’Università di Oxford, “6-month neurological and psychiatric outcomes in 236.379 survivors of COVID-19: a retrospective cohort study using electronic health records“ [1].
Analisi del rischio di disturbi neurologici associati al Covid
Questa ricerca, basata su 236.379 pazienti COVID-19 e che risulta fino ad oggi la più vasta di questo genere, ha evidenziato che nei sei mesi successivi all’infezione si eleva bruscamente il rischio di sviluppare disturbi psichiatrici o neurologici.
Di fatto, dai risultati dello studio emerge che in un terzo dei soggetti è stato diagnosticato almeno uno fra 14 disordini neuro-psichici, varianti dal disturbo depressivo all’ictus, la cui entità è direttamente proporzionale alla gravità dei sintomi presentati e la cui incidenza sale al 39% per i pazienti ospedalizzati, al 50% per i casi che hanno necessitato di ricovero in Terapia Intensiva ed al 75% in chi ha contratto encefalopatia durante la COVID-19.
Costituiscono le 14 condizioni esaminate:
- ictus emorragico o ischemico
- parkinsonismo
- sindrome di Guillain-Barré
- disturbi dei plessi, delle radici e dei nervi periferici
- malattie muscolari e della giunzione neuro-muscolare
- encefalite
- demenza
- disturbi dell’umore
- psicosi
- abuso di sostanze
- insonnia.
In due precedenti articoli pubblicati nel mio blog, ho riferito di recenti ricerche che hanno evidenziato sia il legame fra disturbo parkinsoniano e coronavirus sia di come questo penetri nel cervello.
Guarda il video: 5 domande sul Long Covid
Incidenza dei disturbi dell'umore e delle demenze
Il team dei ricercatori ha comparato lo stato neuro-psichico dei partecipanti di questa coorte, diagnosticati affetti da COVID dopo il Gennaio 2020 e tuttora viventi alla data del 13 Dicembre 2020, con un gruppo di controllo di pazienti affetti nello stesso periodo da influenza o da infezioni respiratorie non-COVID, rilevando un rischio di disturbi neuro-psichici aumentato del 44% rispetto ai controlli.
Paul Harrison, coinvolto nella ricerca, ha puntualizzato che nei pazienti con forme gravi di COVID-19 l’incidenza di disturbi dell’umore è di gran lunga più bassa, ascrivendone la patogenesi più allo stress psicologico correlato alla pandemia che a fattori biologici, cioè non legati all’invasione da parte del virus o alla risposta immunologica del cervello, come verosimilmente accade per i disturbi neurologici.
Diversamente, quadri di psicosi o di demenza, generalmente a bassa incidenza nella popolazione globale dei pazienti COVID-19, sono apparsi molto più frequenti fra coloro affetti da forme gravi; analogamente fra questi pazienti si è registrato ictus ischemico in ragione di 1 su 50 pazienti ed ictus emorragico 1/200, ma se vi è stata encefalopatia durante la COVID la ratio si è enormemente abbassata (1 su 11 l’ischemico e 1 su 25 l’emorragico).
Masud Husain, del Cognitive Neurology Department (University of Oxford) e co-autore della ricerca, ribadisce i risultati di precedenti ricerche evidenzianti l’accesso del virus nel cervello ma ritiene che non sia sufficientemente provato che i neuroni siano direttamente attaccati dal virus quanto piuttosto che siano coinvolti nel processo infiammatorio e verosimilmente anche dall’impatto con le alterazioni coagulative causate dal virus.
Infezione da Covid e conseguenze su mente e cervello
Nel complesso, secondo Sir Simon Wessely, Regius chair of psychiatry, King's College London, UK, questi risultati confermano che la COVID-19 coinvolge in egual misura il cervello e la mente in relazione alla gravità della malattia, rilevandosi gli esiti peggiori fra coloro che in fase acuta abbiano presentato segni di encefalopatia, sebbene non siano paragonabili con gli esiti di parkinsonismo osservati a seguito della pandemia di Influenza Spagnola.
Questa è un’importante ricerca che in prospettiva dovrebbe analogamente essere estesa nei diversi continenti per consentire l’elaborazione di un Registro multi-centrico sui problemi del neuro-Covid allo scopo di esplorarne in modo sempre più definito le cause.