Cosa si muove all’orizzonte per la terapia dell’emicrania?
Nel corso del 60° Annual Scientific Meeting dell’American Headache Society (AHS), tenutosi nei giorni scorsi a S. Francisco, California, sono stati presentati abbondanti risultati focalizzati su due topics fondamentali, in grado di cambiare radicalmente il trattamento dell’emicrania.
TRIPTANI
Sinora il gold standard nel trattamento dell’attacco acuto di emicrania è stato rappresentato dai triptani che hanno come bersaglio i recettori della serotonina 5-HT1B/1D (la cui attivazione produce un effetto vaso-costrittivo) e su quelli 5-HT1F. Tuttavia, per la loro azione vaso-costrittiva, i triptani non possono essere utilizzati in soggetti con patologia cardiovascolare; inoltre, molti pazienti emicranici non ne risultano responsivi e ricorrono ai farmaci oppiodi.
Il lasmiditan è un triptano che si lega selettivamente ai recettori 5-HT1F presenti nella struttura trigeminale e non possiede proprietà vaso-costrittive. I dati derivanti da due distinti trials di fase 3 (SAMURAI e SPARTAN), già presentati al Meeting dell’AAN (American Academy of Neurology), fanno rilevare che a due ore dalla somministrazione la percentuale di pazienti senza dolore è proporzionalmente più alta rispetto a quelli trattati con placebo (P<.001). Lo studio ha evidenziato che tanto il lasmiditan che il sumatriptan inibiscono significativamente il rilascio del CGRP nel sistema trigemino-vascolare a livello dei suoi terminali periferici e centrali.
CGRP (CALCITONIN GENE-RELATED PEPTIDE)
Su questo argomento c’è già un articolo nel mio blog (Novità in arrivo per prevenire l’emicrania) e di seguito ne sintetizzerò il background essenziale. La fisiopatologia dell’emicrania è attualmente ricondotta all’attivazione del sistema trigemino-vascolare dal parte del CGRP: si tratta di un potente peptide vasodilatatore, che nel soggetto emicranico risulta aumentato, il quale si lega ad un recettore specifico ed interviene nella trasmissione del dolore producendo l’attivazione dei neuroni algo-recettoriali del trigemino, che innervano i vasi intracranici e della dura madre. Secondo questa visione, l’emicrania è la conseguenza di una ipersensibilizzazione delle vie centrali del trigemino legata ad eccesso di produzione del CGRP.
La somministrazione mensile o trimestrale di un anticorpo monoclonale anti-CGRP (Eptinezumab, Fremanezumab, Galcanezumab e Erenumab), attraverso il blocco dei recettori del CGRP, riesce a prevenire l’emicrania. Sono stati effettuati tre diversi trial clinici di fase III, su un totale di 2.512 soggetti affetti da emicrania episodica o cronica. In particolare, lo studio di fase 3b LIBERTY attraverso la somministrazione mensile per via sottocutanea di Erenumab (al dosaggio di 140 mg) ha raggiunto il suo endpoint secondario raggiungendo una riduzione del 75% o del 100% degli episodi di emicrania. Considerata la vulnerabilità del paziente emicranico a sviluppare la cefalea da abuso di antalgici, che complica il quadro di base, il risultato deve essere considerato buono già all’endpoint primario, ossia con riduzione del 50% degli attacchi, in grado di trasformare una emicrania cronica (con almeno 15 episodi/mese) in episodica. La somministrazione mensile o trimestrale di Fremanezumab ha mostrato la sua efficacia anche in soggetti non-responsivi al topiramato o alle iniezioni di botulino (onabotulinumtoxinA). Una singola infusione di eptinezumab determina una riduzione media di emicrania pari a ≥50% dal primo giorno post-infusione fino a 12 settimane, diminuendone parallelamente l’intensità.
In conclusione, i dati dell’AHS forniscono una solida evidenza che la prossima disponibilità nella pratica clinica anche da noi in Italia del trattamento anti-CGRP, attualmente approvato dalla FDA negli USA, implicherà una significativa evoluzione nel trattamento dell’emicrania.