Dopamina causa alzheimer.

Identificata nella carenza di dopamina la causa della malattia di Alzheimer

maurocolangelo
Dr. Mauro Colangelo Neurologo, Neurochirurgo

Una ricerca interamente italiana ha identificato nella dopamina il meccanismo con cui si sviluppa la malattia di Alzheimer.

I risultati della ricerca riportati in questo articolo, in cui è descritto il ruolo della dopamina nella patogenesi dell’Alzheimer, trovano vigore nel trial condotto dai ricercatori della Fondazione Santa Lucia IRCCS di Roma, i quali hanno rilevato che l’utilizzo della Rotigotina sta avendo un qualche effetto migliorativo sulle funzioni cognitive in pazienti con malattia di Alzheimer di grado non avanzato.

La dopamina è una sostanza che funziona da messaggero del sistema nervoso. La rotigotina, una sostanza derivata dall’ergot, è un agonista della dopamina ossia stimola il cervello e le cellule del sistema nervoso in un modo simile alla dopamina. Questa sostanza dopaminergica viene correntemente adoperata per il trattamento dei segni e dei sintomi della malattia di Parkinson mediante l’attivazione dei recettori del caudato-putamen dell’encefalo.

Se gli studi controllati attualmente in corso potranno ulteriormente confermare l’efficacia di questa sostanza dopaminergica nei pazienti affetti da malattia di Alzheimer, sarà un risultato di notevole significato clinico perché consentirà di integrare le terapie attualmente disponibili, basate su farmaci che agiscono sul neuromediatore acetilcolina.

Infatti, ne conseguirebbe una interazione per sommazione delle loro azioni farmaco-terapeutiche con miglioramento non solo delle funzioni mnemoniche ma anche di quelle esecutive, con notevole impatto sulla vita quotidiana dei pazienti.

Cause Alzheimer: cosa c'entra la dopamina?

Il Prof. Marcello D'Amelio, professore associato di Fisiologia Umana e Neurofisiologia presso l'Università Campus Bio-Medico di Roma, nel 2017 ha pubblicato sulla Rivista Nature Communications i risultati dello studio condotto, unitamente a Ricercatori del CNR e dell’IRCCS S. Lucia di Roma, sull’area tegmentale ventrale (ATV) deducendone importanti implicazioni nell’origine della malattia di Alzheimer.

dopamina

L’area tegmentale ventrale consiste di un gruppo di neuroni localizzato sul pavimento del mesencefalo, una porzione lunga circa 2 cm del tronco encefalico interposto tra il cervello e il cervelletto. Questi neuroni producono dopamina e stimolano il nucleo accumbens e il sistema mesolimbico dell’ippocampo, i quali svolgono una funzione importante nel meccanismo della memoria, nel sistema di ricompensa del cervello, nella cognizione, nella motivazione e nel processare vari tipi di emozioni (amore, delusione, paura condizionata).

L’ATV rilascia il neurotrasmettitore dopamina che viene captato da queste altre strutture modulandone l’attività. Se in questo gruppo di neuroni si determina un depauperamento cellulare, con conseguente ridotta produzione di dopamina, l’intero sistema che dipende da questo neuro-trasmettitore come in un effetto domino va incontro a disfunzione.

In parole semplici, la dopamina prodotta dall’Area Tegmentale Ventrale condiziona il funzionamento delle strutture devolute al funzionamento della memoria e dell’umore.

La ricerca di D’Amelio ha appurato che nell’Alzheimer non è implicato in primis – come si era sinora pensato – l’ippocampo, che mantiene integro il proprio patrimonio cellulare, ma proprio l'area tegmentale ventrale che, in conseguenza della degenerazione dei suoi neuroni dopaminergici, non è più in grado di sostenerne l’attività funzionale unitamente a quella del sistema limbico delle emozioni.

Mancanza di dopamina e deficit della memoria

L'ipotesi è stata confermata in laboratorio, somministrando su modelli animali un precursore della dopamina e un farmaco che ne impedisce la degradazione. Si è così osservato che si recuperava non solo la memoria, ma anche la motivazione.

Secondo questa nuova visione patogenetica, alla progressiva perdita dei neuroni dell’ATV con ridotto rilascio di dopamina fanno seguito il deficit della memoria e i cambiamenti del tono dell’umore che caratterizzano le fasi iniziali della malattia di Alzheimer. Per cui mancanza di motivazione, calo nell’interesse per le attività della vita e tendenza alla depressione non esprimono, come si è creduto, una reazione al disturbo mnemonico, ma vanno tutti ascritti alla medesima causa: la mancanza di dopamina

Perdita di memoria e depressione - afferma D'Amelio - sono due facce della stessa medaglia".

Un importante tassello per le strategie terapeutiche di Alzheimer e Parkinson

Appare chiaro come i risultati di questa ricerca aggiungano un tassello decisivo nella comprensione della patogenesi della malattia di Alzheimer, ma parallelamente anche del morbo di Parkinson, che è del pari causato dalla morte dei neuroni che producono la dopamina. L’obiettivo precipuo, a questo punto, è interamente focalizzato sull’ATV, che d’ora in avanti dovrà essere indagata con l’ausilio di tecniche neuro-radiologiche più sofisticate che ci consentano di scoprirne i meccanismi di funzionamento e le cause dei processi degenerativi. 

Appare quindi evidente, sulla scorta di questa importante scoperta, che si potranno dischiudere più efficaci strategie terapeutiche a condizione di approssimarsi all’obiettivo finale di bloccare la degenerazione dei preziosi neuroni dopaminergici dell’ATV.

Data pubblicazione: 13 aprile 2017 Ultimo aggiornamento: 30 agosto 2024

8 commenti

#1
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Utente 414XXX

Un articolo veramente interessate, espresso in maniera comprensibile nonostante la complessità scientifica di base. Tanta stima per il dottore.

#2
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Dr. Mauro Colangelo

Gentile Utente,
La ringrazio del Suo gentilissimo commento e per l'interesse mostrato per l'argomento per il vero ostico per un pubblico dei non addetti. Spero di aver resa comprensibile la portata di questa importante acquisizione scientifica (che è un vero vanto per la ricerca italiana) che potrà dischiudere nuove prospettive di cura per questa terribile malattia.
Cordialità

#3
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Utente 434XXX

Mia nonna, attualmente, ha l'Alzheimer.
E' una malattia davvero pessima, non la auguro a nessuno, poiché provoca gravi conseguenze sia per la persona per chi vi è intorno.
Articoli come questi, fanno capire quanto la scienza e il progresso siano importanti, e come gli spiragli di speranza possano diventare realtà.
Grazie dottore e complimenti!

#4
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Dr. Mauro Colangelo

Gentile utente, grazie del commento e dei cortesi complimenti.
Le possibilità di terapia che questa importanza scoperta apre sono ancora limitate al momento ma è di enorme significato essere andati avanti nella conoscenza del meccanismo che causa la mattia.

#5
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Ex utente

Domando scusa per l'insistenza Dottor Mauro Colangelo ma penso sia fondamentale una Sua riflessione sulla seguente realtà.

A sua conoscenza Dottor Colangelo, si richiede qualche volta l'Emogasanalisi per controllare la Pressione Parziale di Ossigeno (pO2) ai Pazienti affetti dalla Malattia di Alzheimer ?
Consenta questo esempio Dottore: se a tutte le Persone alle quali è stata diagnosticata la Malattia di Alzheimer, controllando la Pressione Parziale di Ossigeno nel sangue si osserva che è molto diminuita rispetto alla norma, non pensa anche Lei che sarebbe necessario aumentarla ?
Dottor Mauro, a questo proposito Le invio il breve studio (Svolto dai Ricercatori-Medici) nel quale sono indicati i livelli della pressione parziale di ossigeno in base all'età della Persona, e allora Dottore chiedo il consenso per la domanda: Lei stesso o i suoi Colleghi Medici controllate i livelli della pO2 arteriosa ai Pazienti con malattie Neurodegenerative ?
Dottor Mauro Colangelo, dopo la ricerca da me svolta sulle cause e cure delle malattie degenerative posso affermare con certezza che, l'incremento stabile della Pressione Parziale di Ossigeno nel sangue determina la regressione delle malattie.

pO2

La pressione parziale dell'ossigeno è in rapporto alle capacità di ossigenazione del sangue da parte dei polmoni e di trasporto da parte dell'emoglobina.

La pO2 varia in funzione dell'età del soggetto:

20-29anni 90-l00mmHg

30-39 anni 85-95 mmHg

40-49 anni 81-91 mmHg

50-59 anni 77-87 mmHg

60-69 anni 73-83 mmHg


Questi sono i livelli della pO2 arteriosa indicati dai Medici-Ricercatori, i quali normalmente dovremmo avere in base agli anni della nostra Vita, la consistente diminuzione della pO2 e conseguente Carenza di Ossigeno nel sangue (Ipossiemia) che si verifica, per esempio: 1) Inattività fisica, 2) Roncopatie e conseguenti Apnee, 3) Minore Capacità Respiratoria, o anche svolgendo delle attività anaerobiche prolungate praticando le quali può verificarsi la Carenza di Ossigeno nel sangue (diminuzione della pO2 arteriosa) causa il rischio più frequente dell'insorgenza di malattie degenerative Neurologiche e Oncologiche.

Mi scusi Dottor Mauro Colangelo, Le sarei molto Riconoscente per una Sua Verifica un Suo Controllo riguardo alle mie affermazioni delle quali sono certissimo.
I più Cordiali Saluti
Pino Fronzi


#6
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Dr. Mauro Colangelo

Caro Sig. Pino, ancora grazie per i suoi gentili commenti ai miei blog. Sono ovviamente convinto dell'importanza dell'ossigenazione e delle sue implicazioni in qualunque processo patologico.
Cordialmente

#7
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Dr. Daniele Tonlorenzi

Quando si è in grado di essere così chiari il motivo è uno solo si è padroni dell'argomento. Grazie e complimenti.

#8
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Dr. Mauro Colangelo

Ti ringrazio Daniele del tuo gentilissimo e gradito commento.

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