Incontinenza urinaria: cosa fare

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Dr. Giovanni Beretta Andrologo, Urologo, Patologo della riproduzione, Sessuologo

L’incontinenza urinaria è un problema clinico misconosciuto ma purtroppo molto frequente, si calcola che solo nel nostro Paese ci siano almeno cinque milioni di persone che presentano questo disturbo urologico, spesso vissuto con vergogna, paura e sensi di colpa

L’incontinenza urinaria è un problema clinico misconosciuto ma purtroppo molto frequente, si calcola che solo nel nostro Paese ci siano almeno cinque milioni di persone che presentano questo disturbo urologico, spesso vissuto con vergogna, paura e chi ce l’ha lo tiene nascosto come fosse una colpa da espiare e un segreto che non è bene svelare neppure ai propri parenti o amici più stretti.

Le più comuni forme d’incontinenza sono quelle da sforzo e da urgenza, a queste due se ne può aggiungere una terza, detta mista, che ha appunto i sintomi e le caratteristiche delle prime due.

Nell’incontinenza da sforzo vi è il problema di perdere in modo involontario le urine e questo può essere scatenato da un colpo di tosse improvviso, una risata incontrollata oppure uno starnuto. La causa di questo tipo d’incontinenza è dovuta generalmente ad un problema dello sfintere dell’uretra, il canalino che porta fuori l’urina dalla vescica, oppure ad una mancanza dell’attività muscolare e delle fasce che costituiscono il pavimento pelvico. Le fughe di urina, che possono variare da qualche goccia a una perdita più importante, in questa situazione clinica mancano di alcun preavviso e non sono precedute dalla sensazione di una vescica piena.

Nell’incontinenza da urgenza la perdita non voluta di urine è sempre contemporanea o preceduta dalla “voglia urgente” di urinare; qui la causa è generalmente dovuta ad una attività esagerata della muscolatura liscia della vescica che è caratterizzata da un muscolo, chiamato detrusore, che tende a contrarsi in modo anarchico e senza il controllo della volontà.

Che cosa scatena un’incontinenza urinaria

Le situazioni cliniche che portano ad un’incontinenza da sforzo nell’uomo sono quelle presenti soprattutto dopo un trattamento chirurgico per asportare un tumore della prostata mentre nella donna questa può essere secondaria ad una gravidanza oppure durante o dopo un parto “complicato”, può presentarsi con la menopausa per il fisiologico calo degli estrogeni che scatena un deficit nel trofismo generale dell’apparato uro-genitale mettendo in evidenza un danno che non si era manifestato prima.

Anche fistole vescico-vaginali e uretero-vaginali, causate da traumi o lesioni ginecologiche, possono portare a incontinenza urinaria

Alcool, caffeina, presi in quantità eccessive, possono aumentare il tono simpatico a livello del detrusore e scatenare quindi un’incontinenza. Il fumo di sigaretta per un problema indiretto legato all’eventuale e relativa tosse che può essere una causa scatenante il disturbo urologico.L’obesità, spesso anche associata ad un’attività fisica modesta, può causare un’incontinenza da sforzo da aumento delle pressioni intraddominali e quindi anche della vescica; in alcuni casi il semplice ritorno ad un peso forma risolve il problema senza alcuna altra indicazione terapeutica.

Più raramente si ha un’incontinenza da urgenza in presenza di una ipertrofia prostatica benigna spesso presente in uomini che hanno superato i 45 anni di età.

Chi assume sedativi, diuretici, lassativi e farmaci antidepressivi può manifestare come effetto secondario un’incontinenza urinaria. Infine sono da ricordare, come causa scatenante, alcune malattie neurologiche come il morbo di Parkinson, la sclerosi multipla, il morbo di Alzheimer, esiti da pregresso ictus oppure da lesione traumatica del midollo spinale; tutte queste situazioni cliniche possono alterare i meccanismi complessi che portano ad una corretta funzione della nostra vescica.

Per approfondire:Covid-19 e disturbi urinari nelle donne

Come si fa la diagnosi

Per capire qual è il problema, in molti casi bisogna arrivare ad una attenta valutazione clinica della particolare situazione clinica che si deve affrontare.

In prima istanza, dopo un’accurata anamnesi e la raccolta della storia clinica del paziente, si parte da alcune valutazioni molto semplici, di primo livello, come un esame delle urine, la raccolta del diario minzionale: qui il paziente deve scrivere, per diversi giorni, quante volte e quanto ha bevuto e urinato, l’ora e la quantità delle urine fatte e/o perse, il test del pannolino (in inglese Pad Test): qui, in presenza di un’incontinenza da sforzo, un pannolino viene pesato prima e dopo una serie di esercizi ed attività ginniche per arrivare a capire se le perdite sono più o meno significative; infine si fanno anche compilare dei questionari mirati.

 

Le indagini di secondo livello vengono di solito indicate dal neuro-urologo e comprendono tutte le indagini urologiche tradizionali (ecografie, urografie con immagini cistouretrografiche minzionali, risonanza magnetica nucleare ed altro ancora) ed infine una mirata e completa valutazione urodinamica.

Quali sono le possibili terapie

Oggi le terapie sono diverse, complesse e spesso il trattamento corretto passa attraverso un approccio combinato: terapie farmacologiche, riabilitative, chirurgiche possono essere indicate da sole o anche in modo simultaneo.

Il primo approccio è sempre quello di indicare esercizi che rafforzano e migliorano l’utilizzo della muscolatura coinvolta nel meccanismo della continenza, in particolare quella del pavimento pelvico (esercizi di Kegel, bio-feedback, ed altro).

Il passaggio successivo prevede l’utilizzo di alcuni farmaci che bloccano o limitano l’attività del detrusore, come gli Antimuscarinici o i Beta3-agonisti, oppure che aumentano l’attività dello sfintere, come la Duloxetina, ancora si possono utilizzare alcune creme a base di estrogeni

Se queste terapie non portano ai risultati sperati, può essere allora utilizzata, attraverso somministrazione diretta nella parete vescicale e quando è presente un’iperattività non controllata del detrusore, anche della tossina botulinica.

In presenza di stati irritativi particolari della parete vescicale si utilizzano altre strategie come la somministrazione per infusione endovescicale di glicosaminoglicani, come l’acido ialuronico o il condroitinfosfato)

Il terzo livello è costituito dalle strategie chirurgiche, oggi ci si orienta soprattutto verso tecniche di tipo mini-invasivo, che cercano di recuperare un buon supporto al complesso costituito dalla vescica e dall’uretra. In alcune situazioni cliniche particolari è necessario anche correggere un eventuale prolasso delle strutture anatomiche della pelvi o ricorrere a procedure più complesse come l’inserimento di una protesi gonfiabile dello sfintere urinario. Questo è un dispositivo che viene posizionato a livello dell'uretra prossimale, quando lo sfintere striato dell'uretra non funziona più e non trattiene le urine, per restituire il regolare controllo della minzione; questo succede ad esempio dopo un intervento a livello della prostata. La protesi (come compare nella figura) ha tre componenti: una cuffia, posizionata intorno all'uretra; una pompa, messa nello scroto che attiva il dispositivo, ed un serbatoio che viene posizionato in prossimità della vescica. Quando attivata, la protesi simula molto bene la funzione dello sfintere uretrale striato.

In alcuni casi, poi, si può indicare anche l’uso di assorbenti; oggi è disponibile una vasta gamma di misure, di capacità di assorbenza e di eliminazione dei fastidiosi e sgradevoli odori che possono limitare, in modo drammatico, la vita sociale e di relazione della persona che ha un’incontinenza urinaria.

Anche il catetere vescicale, con relativa sacca di raccolta delle urine, posta all’arto inferiore, può avere, in alcuni particolari casi, la sua indicazione mirata anche se dovrebbe essere considerata una misura terapeutica solo temporanea.

 

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Data pubblicazione: 30 luglio 2015

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