Biopsia prostatica: realtà attuale e prospettive future. Ruolo della RM multiparametrica
La biopsia prostatica è una metodica diagnostica che permette di prelevare una quantità di tessuto prostatico utile per porre la diagnosi di tumore prostatico. L’avvento della Risonanza Magnetica Multiparametrica sta veramente cambiando le prospettive diagnostiche e terapeutiche della malattia
Il carcinoma prostatico (CaP) rappresenta, nel sesso maschile, la seconda neoplasia per incidenza, costituendo il tumore più frequente nell'anziano.
I risultati dello screening condotto a livello Europeo ha evidenziato una riduzione della mortalità pari al 20%, a fronte però di una sovra diagnosi del 50% legata alla identificazione di “neoplasie indolenti”, ossia di tumori scarsamente aggressivi caratterizzati da un volume minore di 0,5 ml e un gleason score (GS) inferiore a 6.
Chiaramente effetti collaterali e costi legati al trattamento dei tumori clinicamente non significativi pone legittimi dubbi in merito al reale beneficio dello screening.
Questi argomenti sono già stati molto ben trattati in questo portale dai colleghi urologi.
L'introduzione clinica del PSA ha drasticamente anticipato l'epoca della diagnosi comportando, di pari passo, la necessità di perfezionare la procedura bioptica; la biopsia prostatica è una metodica diagnostica che permette di prelevare una quantità di tessuto prostatico utile per porre la diagnosi di tumore prostatico.
Viene eseguita in regime ambulatoriale eseguendo di piccoli prelievi con un ago abbastanza lungo da permettere di raggiungere la ghiandola prostatica attraverso il perineo. Nel tempo, la ricerca di una diagnosi sempre più accurata e scrupolosa, ha portato ad estendere i prelievi a numeri sempre maggiori, passando da schemi estesi ( 12-18 prelievi ), alla cosiddetta biopsia di saturazione di 20 prelievi qualora la biopsia debba essere ripetuta per dubbi diagnostici.
Nonostante l'ottimizzazione della procedura bioptica, a fronte di alcune acquisizioni consolidate, rimangono diversi aspetti controversi che riguardano:
- il numero di prelievi bioptici (agobiopsia estesa vs prelievi mirati);
- la sede e il numero dei prelievi bioptici nella rebiopsia;
- la stadiazione locale (istologia quantitativa e immunoistochimica);
- il microfocolaio neoplastico e l'iCaP
- le prospettive future, ossia il ruolo dell'elastosonografia, dell'ecografia transrettale tridimensionale e della risonanza magnetica (RM).
Numero di prelievi bioptici
Lo schema a sestante, proposto da Hodge nel 1989, non rappresenta più il gold standard perché comporta un 15/20% di falsi negativi rispetto a quanto osservabile utilizzando gli schemi estesi a 12 o 18 prelievi (indicati in presenza di volume prostatico > 50 cm3).La procedura viene eseguita su guida ecografica per via transrettale o transperineale, in anestesia locale e con profilassi antibiotica.
La rebiopsia prostatica, che rappresenta circa il 30% delle procedure eseguite, comporta un maggior rischio di ritenzione acuta di urina e va preferibilmente effettuata in sedazione.
In caso di secondo set bioptico è raccomandata l'esecuzione della Saturazione (20 prelievi, includendo la zona di transizione)
Targeted blopsy (dove eseguire la biopsia)
Fino a poco tempo fa la necessità di praticare un elevato numero di prelievi bioptici era subordinata all'assenza di metodiche per immagini sufficientemente accurate nella diagnosi precoce di malattia. Negli ultimi anni sono stati messi a punto nuovi mezzi di contrasto ecografici al fine di meglio caratterizzare la microvascolarizzazione del parenchima prostatico e identificare eventuali zone ipervascolarizzate da sottoporre a prelievo bioptico mirato, ma ancor più sta entrando di prepotenza con grande entusiasmo l’uso della risonanza magnetica multiparametrica
Stadiazione locale
In presenza di CaP, oltre al GS ( gleason score, una sorta di punteggio che viene dato in base ad alcune caratteristiche istologiche ), il patologo riporta numerosi altri parametri istologici, ossia la percentuale totale di neoplasia, la maggiore percentuale di neoplasia per cilindro bioptico, la lunghezza della neoplasia sul cilindro, la percentuale di prelievi positivi, la distribuzione topografica del tumore La necessità di utilizzare tutti i parametri della cosiddetta istologia quantitativa in associazione al GS nasce dall'elevata incidenza di CaP non-organo-confinato (non-OC) anche nei pazienti considerati a basso rischio (stadio clinico T1c, PSA 10 ng/ml e GS 6).
Negli ultimi anni sono stati testati nuovi biomarmarker ai fini della caratterizzazione del tumore e i patologi, in casi selezionati, ne ricercano e quantificano la presenza e la distribuzione sui cilindri bioptici.
1) Cromogranina A (CgA): la differenziazione tumorale prostatica neuroendocrina con positività alla CgA è indicativa di ormono-refrattarietà; un'elevata quantità di CgA sul tessuto tumorale prostatico si associa a una malattia aggressiva, spesso con elevato GS e bassi valori di PSA ematico, e costituisce un fattore prognostico indipendente di sopravvivenza.
2) Ki-67: è una proteina espressa nelle cellule in attiva proliferazione; recentemente il Transatlantic Prostate Group ha evidenziato che essa (cut-off > 5%) è predittiva della sopravvivenza nei pazienti con CaP a rischio intermedio ed elevato.
Microfocolaio neoplastico
Il microfocolaio neoplastico bioptico è caratterizzato da una lunghezza compresa tra 0,5-2 mm o da una percentuale di tumore < 5% in presenza di un GS 6. L'introduzione clinica della Biopsia a Saturazione ha indotto un aumento significativo dell'incidenza di microfocolaio; i risultati dello studio Europeo:European randomized study of screening for prostate cancer (ERSPC) hanno, altresì, evidenziato un'incidenza del 29% di microfocolaio neoplastico nei pazienti sottoposti a secondo screening. L'incidenza di iCaP all'esame istologico definitivo è compresa tra il 5,8% e il 14%42;
Poiché la presenza di un microfocolaio non sempre è indicativa di iCaP, nella scelta dell'approccio terapeutico corretto è necessario prendere in considerazione altri parametri clinici.
In conclusione, lo screening e i protocolli di diagnosi precoce per CaP hanno aumentato in modo drastico il numero di agobiopsie prostatiche e con esse le diagnosi istologiche dubbie, pertanto appare necessaria la collaborazione con centri di riferimento specializzati.
Nasce da questa difficoltà anche l’stituzione di prostate unit che permettono di accompagnare il paziente in un percorso diagnostico e terapeutico integrando le conoscenze di Urologi/Patologi/Radiologi/Oncologi/Psicosessuologi e avvalendosi delle più moderne tecniche di diagnostica.
Prospettive presenti e future
Ma cosa ci offre il presente? Abbiamo modo di affrontare una biospia o un iter diagnostico senza il timore che il risultato negativo ( quindi a nostro favore) sia solo un falso negativo? Possiamo avere la certezza che anche un piccolo focolaio venga subito individuato?
I progressi della tecnologia aprono nuove prospettive ai fini dell'ottimizzazione della procedura bioptica. Oltre all'evoluzione della metodica ultrasonografica, caratterizzata dall'utilizzo dell'elastosonografia e dell'ecografica transrettale (TRUS) in 3 e 4 D, negli ultimi anni sono stati riportati interessanti risultati in merito all'utilizzo della RM con bobina endorettale e della cosiddetta transrectal ultrasound-magnetic resonance imaging (TRUS-MRI) fusion, al fine di identificare zone sospette per CaP e praticare prelievi bioptici selettivi nei pazienti con ripetuti set bioptici negativi.
L'elastosonografia si basa sulla valutazione dei tessuti per mezzo di una sonda ecografica transrettale che misura l'elasticità della ghiandola raffigurandola mediante una scala cromatica (il blu indica un tessuto di aumentata consistenza) o dei grigi. Alcuni autori, però, sottolineano i limiti della tecnica: procedura e modalità di rilevamento del segnale operatore-dipendente, elevata frequenza di falsi positivi (calcificazioni, fibrosi, noduli di ipertrofia prostatica) e scarsa accuratezza nella valutazione dei tessuti profondi (ZT).
RMN multiparametrica
Gli ultimi anni hanno dimostrato l’enorme potenzialità della RMN nella diagnostica del tumore prostatico. La possibilità di usare magneti più potenti, il miglioramento della risoluzione dell’immagine, stanno proiettando la RMN al primo posto nella diagnostica del Ca Prostatico. In ogni caso l’uso di magnete a 3T, bobina addominale, studio multiparametrico abbinati a biopsia mirata hanno permesso di diagnosticare il doppio dei tumori diagnosticati con la tradizionale biopsia eco guidata.
Spesso la RMN permette di individuare zone neoplastiche che erano sfuggite a biopsie e rebiopsie precedenti.
La Risonanza Magnetica Multiparametrica ha infatti una sensibilità molto elevata, in grado di identificare tumori della prostata anche di piccole dimensioni, e offre all’urologo uno strumento fondamentale nella diagnostica. L’attuale orientamento è quello di utilizzare la RMP ( Risonanza Magnetica Prostatica) nella biopsia della prostata, sostituendosi all’ecografia. Il vantaggio innegabile è la possibilità di eseguire un prelievo mirato e non più su mappaggio alla cieca. I vantaggi immediati sono innanzitutto proprio il numero dei prelievi, che non è più di 12/24 , ma bensì di 1 o 2.
Concludendo
Per più di cento anni l’esplorazione rettale è stato l’unico strumento che avevamo a disposizione per eseguire la biopsia prostatica e quindi porre diagnosi di carcinoma prostatico.
Negli anni 80 l’introduzione dell’ecografia ha permesso di eseguire la biopsia eco guidata, che spesso risultà però essere un mappaggio più che una biopsia mirata.
L’avvento della Risonanza Magnetica Multiparametrica sta veramente cambiando le prospettive diagnostiche e terapeutiche del carcinoma prostatico.