Tumore del seno: le donne ed i medici che si spogliano del camice
Di cancro si vive sempre più spesso e le possibilità di guarigione, in molti casi, sono proporzionali al coinvolgimento attivo dei pazienti.
Da oltre trent'anni insieme a chi si prodiga per la lotta al cancro, ATTIVEcomeprima rafforza la persona che ne è colpita nella sua globalità: fisica, psichica, affettiva. Perché chi si ammala di cancro possa sviluppare nuove energie positive e impegnarle nella vita, anziché disperderle nella paura.
Consapevole che la cura della malattia e la cura della persona sono due aspetti inscindibili di un'azione con un solo fine: aiutare a vivere.
Un'équipe composta da psicologi, ex pazienti, medici e altri esperti, a seguito dell'incontro e dell'ascolto di molte decine di migliaia di pazienti, ha creato un "modello originale" di lavoro attraverso la costante valutazione dei suoi effetti con criteri e strumenti scientifici.
Le metodologie di ATTIVEcomeprima hanno come centro della loro azione la persona nella sua interezza. Questo favorisce il rafforzamento dell'autostima e dell'autonomia e la consapevolezza di contribuire al proprio processo di cura e di valorizzazione di sé anche al di là della condizione fisica.
Il riflesso positivo si estende dalla persona, alla famiglia, alla società.
Ho incontrato l'associazione ATTIVEcomeprima 33 anni fa in una epoca in cui il cancro era qualcosa di cui ci si doveva vergognare e soprattutto in una epoca in cui di cancro si moriva con più elevata frequenza.
Quando varcai la soglia dell'associazione, allora unica in Italia, sapevo già cosa cercare: il mio obiettivo era quello di completare un processo di addestramento professionale.
Infatti, seppur giovane e inesperto chirurgo, ero consapevole che al mio desiderio naturale di aiutare gli altri, la facoltà di medicina aveva contrapposto l'insegnamento a mantenere la distanza dal paziente.
Entrando a far parte stabilmente dello staff dell'associazione, come chirurgo oncologo, ho dovuto subito confrontarmi con donne operate che nello stesso gruppo presentavano differenti stadi della malattia tumorale.
Dover comunicare con gruppi così eterogenei ha cambiato radicalmente il mio modo di essere medico, soprattutto nel modo di gestire la comunicazione.
Del resto le donne che frequentano l'associazione chiedono solo di esprimersi, evidentemente perchè non ne hanno avuto la possibilità nei centri di cura e nei percorsi diagnostico-terapeutici istituzionali. Permettere di esprimersi presuppone una diversa attenzione da parte del medico al malato nella pluralità dei suoi bisogni: quelli fisici innanzitutto, ma anche quelli psicologici, relazionali e sociali.
Nella nostra associazione il medico, potenziando la capacità di ascolto, "si limita" ad ascoltare e a correggere eventuali pregiudizi che possono pregiudicare i trattamenti. Un atteggiamento che favorisce la possibilità di esprimersi permette che la sofferenza venga liberamente riconosciuta, vissuta e condivisa.
Per approfondire:Le donne con tumore al seno delineano i requisiti del medico "ideale"