E... se fossi omosessuale?
Quando l'ossessione riguarda la propria identità sessuale.
Il profilo dell’utente medio caduto preda del dubbio è un giovane di sesso maschile fra i 20 e i 30 anni, tendenzialmente ansioso.
Può trattarsi di una paura scoppiata all’improvviso o che ha covato per un certo tempo prima di divenire insopportabile, ma il punto d’arrivo è lo stesso: si finisce per spendere lo spazio mentale della giornata girando attorno all’interrogativo, valutando pro e contro, scrutando ogni segno sospetto e mettendosi alla prova.
Presto la cosa assume i contorni di una vera e propria ossessione, con tutti gli svantaggi annessi alle ossessioni.
Ad esempio, la tenace convinzione di doversi risolvere da soli il problema. Si resiste per un po’ e poi i più fortunati, che sanno dell’esistenza di Medicitalia, si decidono a scriverci. Sperano in una parola di conforto o addirittura nel consiglio risolutore, la formula magica con effetto a distanza che faccia svanire come per incanto il malefico tarlo.
Quali sono i fattori che permettono l’insorgenza del doc omosessuale?
Vediamo i più comuni:
- adolescenza, identità sessuale in formazione;
- tendenze ossessive già presenti nell’individuo;
- scarsa esperienza o delusioni con l’altro sesso;
- calo del desiderio;
- mettersi alla prova.
Analizziamoli una alla volta.
Adolescenza e identità sessuale in formazione
L’adolescenza è per definizione un’età di mutamenti. L’adolescente non è né bambino né adulto o, per meglio dire, è un po’ di entrambe le cose. Ha l’efficienza cognitiva dell’adulto, ma la difficoltà a controllare le risposte emotive proprie del bambino.
Anche la sessualità nell’adolescente non è ancora ben definita, ragioni sia ormonali che di sviluppo psichico danno conto di questo fenomeno. È abbastanza comune per l’adolescente sentire attrazione per persone dello stesso sesso, e questo può portare al dubbio di essere omosessuali se si ha la tendenza a preoccuparsi più del normale.
Per approfondire:Hai paura di essere gay? Come smettere di ossessionarti - Video
Tendenze ossessive
La domanda-tipo dell’ossessivo è: “E se poi...?”
L’unica certezza dell’ossessivo è l’incertezza, l’unico punto fermo la non esistenza di punti fermi. Tutto è questionabile, incerto, instabile, scivoloso. La vita è una ricerca continua della sicurezza che però non arriva mai, non può mai essere raggiunta.
La circolarità in psicologia rappresenta la causa delle cause, la meno percettibile e quindi la più subdola: più si pensa al proprio dubbio e più lo si alimenta, lo si rende consistente e reale. In psicologia le cose possono causare se stesse.
Quando si ha un problema pratico, la tentata soluzione più comune è quella di pensarci. Più ci si pensa e più probabilità si hanno di trovare la soluzione. Di solito funziona. Ma quando il problema consiste in un dubbio riferito a caratteristiche della propria identità, le cose cambiano. Non si hanno elementi certi, oggettivi, a darci un’immagine chiara di come stanno le cose. Potrebbero stare così, ma potrebbero stare anche nell’altro modo. Si nuota nell’ambiguità.
La tendenza al dubbio ossessivo consiste appunto nella facilità ad avvitarsi in ragionamenti improduttivi, rimuginatori, dove nulla è mai certo per definizione. L’ossessione è un disturbo d’ansia, c’è una paura di fondo che le cose non siano come dovrebbero e che può esprimersi in innumerevoli modi. Può bastare un piccolo segno a instillare il sospetto e avviare la giostra delle ruminazioni.
Scarsa esperienza o delusioni con l’altro sesso
Quando non si riesce a ottenere ciò che si vuole possono nascere dubbi sulle proprie capacità. Un’autostima traballante può contribuire al dubbio, ma il modo in cui si forma l’autostima è proprio attraverso l’esperienza. Alcuni fortunati nascono disponendo di un’autostima incrollabile, ma la maggior parte delle persone deve guadagnarsela, costruendosela con fatica per prove ed errori.
Se l’esperienza che si ha in un dato campo è scarsa o negativa, nelle persone insicure può risultare più comodo presupporre che sia “più vera” la sensazione di frustrazione, invece dell’idea che per migliorare occorrerebbe solo fare altra esperienza.
Ecco allora che l’episodio doloroso del rifiuto di una ragazza o le poche ragazze mai avute possono trasformarsi in un pensiero tipo:
“Allora forse vuol dire che sono gay”.
Invece di dire a se stessi:
“Devo riprovarci, in fondo ci sono tante ragazze a questo mondo”
si giunge a una conclusione plausibile ma erronea. Risulta più facile sminuire se stessi e considerare i fallimenti come ineluttabili.
Calo del desiderio
Quando i rapporti con l’altro sesso scarseggiano per un motivo o per l’altro, la masturbazione può diventare un surrogato dell’attività sessuale. Con l’abbondanza di materiale pornografico disponibile oggi in internet il rischio è quello di un abuso del mezzo. La masturbazione non è un male di per sé, lo diventa nel momento in cui si sostituisce integralmente alla relazione con un’altra persona.
L’eccesso masturbatorio può portare a una diminuzione del desiderio e questo, a sua volta, di nuovo alla stessa logica fuorviante ed erronea: “Se non riesco più a eccitarmi, forse vuol dire che sono gay”.
Il desiderio può tuttavia diminuire anche per cause diverse dalla masturbazione.
Mettersi alla prova
Una delle trappole più micidiali in cui cade l’ossessionato dalla propria sessualità consiste nel mettersi alla prova. Quando il dubbio è di essere gay, la prova può consistere nel masturbarsi con troppa frequenza, nel qual caso il rischio è la diminuzione del desiderio, come appena detto.
Ancora peggio, si può mettersi alla prova masturbandosi o tentando di eccitarsi di fronte a persone dello stesso sesso.
Anche qui la logica è sbagliata e controproducente, solo di segno opposto: “Se riesco a non eccitarmi di fronte a una persona del mio stesso sesso, allora forse non sono gay”.
La trappola è costituita dal principio secondo cui qualsiasi comportamento, per quanto ripugnante possa essere all’inizio, ripetuto un numero sufficiente di volte alla fine diventa piacevole.
Si pensi alla sindrome da vomiting. All’inizio vomitare è un gesto ripugnante, ma necessario al bulimico per svuotarsi del troppo cibo ingerito e poter mangiare ancora. Man mano che l’abitudine s’instaura, però, esso si trasforma gradualmente in un piacere, fino a diventare in breve tempo il massimo dei piaceri. Alla fine il cibo non conta più niente, se non come “materiale da vomitare” e il piacere consiste ora nel vomitare, non più nel mangiare.
Dunque, chi è ossessionato dalla paura di essere gay, masturbandosi o controllando di continuo la propria eccitazione di fronte a immagini o persone dello stesso sesso finirà per trasformare in realtà ciò che più teme: darà corpo alla sua paura e inizierà a sentire piacere. A quel punto l’angoscia e la disperazione prenderanno il sopravvento: “Allora è proprio vero! Sono gay!”.
L’attrazione per le persone dell’altro sesso però non diminuirà nel frattempo, contribuendo solo ad aumentare la confusione e la disperazione.
Come si distingue questa paura dalla vera omosessualità?
Riassumendo, quando la paura di essere omosessuali diventa invalidante, può trattarsi di una vera e propria ossessione, che dev’essere curata come tale dallo psicologo psicoterapeuta.
Per poter affermare se si tratta davvero di omosessualità è necessario il colloquio psicologico faccia a faccia. Di solito, però, la preoccupazione dominante di chi è davvero omosessuale è diversa, ad esempio che cosa penseranno genitori e conoscenti se si venisse a sapere.
È appena il caso di notare che anche questa paura può trasformarsi in ossessione, purtroppo.
Per approfondire:Ansia e paura distorcono i desideri?