Il panico e l'agorafobia
Che cos'è l'attacco di panico? E' pericoloso? Si può guarire dal panico? Cosa si deve fare quando si ha un attacco di panico?
Il panico è una manifestazione estremamente intensa della paura, e se ingiustificato appartiene ai disturbi d’ansia.
Il termine “panico” deriva dal lat. panicus, e dal greco panikos (pan = tutto) (dal Dio PAN) e secondo il Dizionario della lingua italiana – Devoto Oli (2003) tale termine si riferisce ad una “reazione, per lo più collettiva, che invade improvvisamente di fronte ad un pericolo reale o immaginario, togliendo la capacità di riflessione e spingendo alla fuga o ad atti inconsulti” e ancora “una manifestazione neuropsichiatrica di ansia acuta e grave, con sensazione ingiustificata di pericolo e condizionamento fisico delle azioni”.
Come abbiamo visto nel Minforma dedicato all’ansia (per un approfondimento sull’ansia vedi l’articolo https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/205-caro-psicologo-mi-sento-ansioso-i-disturbi-d-ansia-e-la-terapia-cognitivo-comportamentale.html l’ansia e la paura sono due emozioni simili nella loro manifestazione corporea (per esempio attraverso sintomi fisici quali tachicardia, respirazione affannosa, sudorazione, senso di nodo alla gola, ecc.): rappresentano entrambe la reazione ad una “minaccia” ma differiscono sostanzialmente perché:
- la paura è una reazione emotiva ad un pericolo reale (ad esempio un terremoto)
- l’ansia è una reazione emotiva ad un pericolo percepito, non così ovvio agli occhi degli altri (ad esempio un autobus).
Ma come reagiamo quando abbiamo paura di qualcosa?
Solitamente emettiamo due comportamenti, in netto contrasto tra loro:
1) “congelamento”: di fronte a qualcosa o qualcuno che ci spaventa rimaniamo immobili e muti, come se fossimo congelati, incapaci di reagire. Questa reazione probabilmente l’abbiamo ereditata dai nostri antenati animali, per i quali “fingere” di essere morti ha spesso rappresentato la salvezza
2) “fuga”: davanti al pericolo trasaliamo, scappiamo via urlando, perdiamo il controllo e la razionalità.
Ma cos’è l’attacco di panico?
E’ un periodo preciso e definito (di solito breve) di PAURA molto intensa, in assenza di un reale pericolo, tale da giustificare una reazione così intensa.
E’ accompagnato da:
- Tachicardia
- Iperventilazione
- Sudorazione, vampate di calore
- Tremori
- Sensazione di mancanza del respiro
- Dolori al petto
- Nausea
- Vertigini
- Sensazione di testa “vuota” o “leggera” (a volte derealizzazione)
- Sensazione di poter svenire
Oltre a questi sintomi potete riconoscere l’attacco di panico dal fatto che tutto questo è accompagnato dalla bruttissima sensazione che vi stia capitando qualcosa di molto brutto, e nella vostra testa compaiono pensieri tipo “sto per morire!” oppure “adesso mi verrà un infarto!” o “adesso impazzirò!”. Questa situazione può essere fortemente paralizzante: la persona può bloccarsi per alcuni minuti, in preda alla disperazione ed alla confusione totale.
Il primo attacco di panico di solito ha una causa ben definita (es. sentirsi male in pubblico, svenire, vomitare, ferirsi, essere coinvolti in un incidente automobilistico) e spesso porta la persona a rivolgersi al Pronto Soccorso.
Gli attacchi successivi (quando presenti):
- si manifestano senza una CAUSA apparente (es. davanti alla tv, nel cuore della notte, in automobile);
- possono essere di intensità inferiore rispetto al primo attacco
Si definisce Disturbo di Panico quel profilo sintomatologico caratterizzato dalla presenza di attacchi di panico ricorrenti ed inaspettati (detti anche “a ciel sereno”) e soprattutto da un’intensa preoccupazione di avere altri attacchi, o delle conseguenze degli attacchi stessi.
E l’ansia anticipatoria?
Molte persone hanno un solo attacco di panico intenso e terrorizzante, e spesso trascorrono il resto della vita temendo l’arrivo di un nuovo attacco (paura della paura). Tutti i loro comportamenti ruotano attorno al tentativo di evitare il più possibile tutte quelle situazioni potenzialmente pericolose, dove potrebbe “ricomparire” l’attacco d’ansia. L’ansia anticipatoria si riferisce al fatto che la persona diventa ansiosa cercando di “anticipare” (o prevenire) l’ansia stessa.
Quando alcune situazioni non si possono proprio evitare (ad es. perché ci si deve recare al ristorante), queste persone adottano tutta una serie di comportamenti di “controllo” situazionale: stanno attenti alla posizione dei bagni del locale, evitano di sedersi in alcuni posti (ad es. contro il muro), si fanno accompagnare da qualcuno, ecc. Se siete tra queste persone probabilmente tendete a sentirvi meglio e più al sicuro a casa vostra. Se vi recate in qualche posto (ad es al supermercato, in un negozio) scegliete percorsi “sicuri”, dove poter trovare aiuto in caso di emergenza, e prediligete le zone vicine al domicilio dei vostri parenti o amici.
Cos’è l’agorafobia?
Il termine deriva dal greco agorà (assemblea, riunione, mercato): era la piazza centrale della polis greca dove si svolgeva la vita politica e commerciale della città. E’ l’ansia relativa al trovarsi in luoghi o situazioni dai quali sarebbe difficile o imbarazzante allontanarsi o nei quali potrebbe non essere disponibile un aiuto nel caso di ATTACCO DI PANICO.
Stai evitando?
Ed ecco un elenco di alcune situazioni che normalmente gli ansiosi tendono ad evitare:
- Ospedali
- Viaggiare in treno o autobus da solo
- Iniezioni
- Bere o mangiare in compagnia
- Entrare in negozi affollati (es supermarket)
- Andare a cinema o teatro
- Restare in attesa (in coda, dal parrucchiere, ecc.)
- Stare soli lontano da casa
- Parlare in pubblico
- Chiedere informazioni
- Guidare in autostrada
Se non vengono trattati panico e agorafobia portano chi ne soffre ad evitare sempre più queste situazioni, ad allontanarsi in modo progressivo dalla società, ed a costringere i familiari ad adattarsi ad una vita decisamente limitata. Per questo motivo chi soffre di panico e agorafobia spesso sviluppa anche una depressione secondaria. In questo senso l’apporto del familiare è fondamentale: spesso il partner oppure il genitore della persona ansiosa si “organizza” in modo da proteggerla: è il partner/genitore quello che accompagna al supermercato l’ansioso, oppure quello che inventa le scuse per non uscire con gli amici, evitando ad esempio il temuto ristorante. Il familiare, modificando i propri comportamenti protettivi può indurre la persona ansiosa a decidere di curarsi.
Si può guarire dall’ansia?
Secondo le linee guida pubblicate nell’aprile 2007 dal National Institute for Health and Clinical Excellence:
“The interventions that have evidence for the longest duration of effect, in descending order, are:
1) psychological therapy (CBT)
2) pharmacological therapy (an SSRI)
3) self-help (bibliotherapy based on CBT principles)”
Gli interventi terapeutici che hanno mostrato di ottenere maggiori risultati (in termini di migliori effetti a lungo termine) sono in ordine di importanza:
- La psicoterapia (Terapia Cognitivo Comportamentale)
- La terapia farmacologica
- L’auto-aiuto (biblioterapia basata sui principi della TCC)
Tutto questo non significa che altri approcci terapeutici nella cura dei disturbi d’ansia non funzionino, ma se si vogliono ottenere risultati duraturi in tempi brevi si deve prendere in considerazione l’eventualità di iniziare una psicoterapia di tipo cognitivo-comportamentale. Se i vostri sintomi sono decisamente intensi, tanto da impedirvi di svolgere tutte le vostre incombenze quotidiane (come ad esempio andare soli a scuola, a lavorare, fare la spesa, o semplicemente uscire di casa) è consigliato associare alla terapia cognitivo-comportamentale il supporto farmacologico, e quindi la valutazione psichiatrica diventa essenziale. Per capire come si affronta l’ansia nella terapia cognitivo-comportamentale potete fare riferimento a questo articolo https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/205-caro-psicologo-mi-sento-ansioso-i-disturbi-d-ansia-e-la-terapia-cognitivo-comportamentale.html.
Curiosità: l’origine del panico
Un’altra definizione del termine panico, sempre dal Dizionario della lingua italiana – Devoto Oli (2003):
Originariamente timor panico:
quel senso misterioso di sgomento
che gli antichi ritenevano cagionato dalla presenza del dio Pan
Il dio Pan (Wilkipedia.org) era, per le religioni pagane elleniche, una divinità di forma caprina. Solitamente riconosciuto come figlio del dio Ermes e della ninfa Driope, il suo nome pan deriva dal greco “paein”, pascolare. Pan significa tutto: infatti secondo la mitologia greca Pan rappresenta lo spirito di ogni creatura naturale. Questa definizione lo connette all’idea di foresta ed al concetto di profondità. Proprio da qui deriva il termine panico: in molte fonti il dio pan viene descritto come un essere che facilmente perde il controllo, e si arrabbia in modo terrificante provocando la paura estrema negli astanti. Addirittura egli stesso si spaventa e fugge per il terrore che provoca negli altri! Tutto questo rimanda all’aspetto irrazionale del panico, che ci spinge a mettere in atto comportamenti che normalmente non ci sogneremmo neppure. Tali comportamenti, se ci pensiamo, appaiono però sensati se analizzati entro un contesto estremamente terrorizzante e spaventoso. E’ proprio il contesto percettivo in cui si ritrova chi sperimenta l’attacco di panico.