Disturbi di Somatizzazione
Capita sempre più spesso nella pratica clinica di riscontrare delle situazioni di stress psicologico indissolubilmente legato a dolori che riguardano il corpo.
Cosa sono i disturbi di somatizzazione?
In letteratura si è fatto spesso riferimento ai problemi psicosomatici (le patologie fisiche dove i fattori emotivi svolgono un ruolo importante) come problematiche comuni che affliggono molte persone. Alcune però sembrano soffrire di continue patologie fisiche non riconducibili ad una condizione nota o ad un agente patogeno; lamentele generiche, dolori improvvisi, problemi gastrointestinali e difficoltà sessuali sono solo alcuni dei sintomi tipici che possono essere riporati. Dopo accertamenti medici effettuati per capire l'origine di questi dolori molto spesso si scopre che non ci sono cause organiche da cui può derivare direttamente il malessere.
Il DSM IV inserisce il disturbo di somatizzazione all'interno dei disturbi somatoformi. Secondo il manuale una persona è affetta da disturbo di somatizzazione se lamenta nel corso della sua vita sintomi dolorosi (per es.,cefalea, mal di schiena, articolazioni doloranti), due sintomi gastrointestinali (per es., colite, diarrea, nausea), un sintomo sessuale che non sia il solo dolore (per es., dolori mestruali, indifferenza sessuale, disfunzioni dell’erezione) e un sintomo pseudo-neurologico (per es., sintomi di conversione, come deficit della coordinazione o dell’equilibrio, vertigini, paralisi o ipostenia localizzate, difficoltà a deglutire o nodo alla gola).
Il DSM V ha abolito la dicitura “somatizzazione” e fatto convergere nel disturbo con sintomi somatici semplice o complesso, a seconda della durata dei sintomi, il disturbo da somatizzazione l'ipocondria, il disturbo algico e il disturbo indifferenziato somatoforme.
Disturbi di personalità o sindrome clinica?
Questi cambiamenti terminologici e diagnostici spiegano bene la complessità della materia e l'etereogenità del concetto. Altri manuali come il PDM infatti ci invitano a considerare il disturbo di somatizzazione non solo come una sindrome, ma anche come una sequenza di pattern stabili facente parte del carattere della persona: il manuale li classifica come disturbi somatizzanti di personalità.
I problemi psicosomatici sembrano interessare soprattutto individui con uno scarso controllo sugli eventi e culture in cui è scoraggiata l’espressione verbale delle emozioni. La letteratura empirica sugli aspetti caratteriali è scarsa, data la difficoltà di distinguere il disturbo da una patologia fisica non diagnosticata. L’esperienza clinica suggerisce l’esistenza del disturbo caratterizzato dalla tendenza abituale ad esprimere le emozioni, soprattutto quelle negative, tramite il corpo. I pazienti somatizzanti sono noti per la loro alessitimia, cioè l’incapacità di esprimere verbalmente le proprie emozioni. Anche se la connessione tra somatizzazioni e alessitimia non è ancora oggetto di ricerche sufficienti, molti clinici sostengono che i bambini che non possono verbalizzare i propri sentimenti tendono ad agirli o a somatizzarli, lasciando così parlare i loro corpi al posto delle loro menti. I dolori di cui soffrono tali pazienti sono reali e quindi possono causare loro una grave compromissione dell’aspetto sociale. I somatizzatori cronici spesso raccontano di essersi sentiti inascoltati e possono agire verso gli altri come se fosse impossibile ricevere aiuto, ma anche in modo oppositivo. Sono spesso riscontrabili in queste persone fragilità fisica e malattie nella prima infanzia.
Cosa prova la persona?
Al di là dei dubbi diagnostici su sindrome o disturbo di personalità ciò che emerge distintamente è la difficoltà, per chi ne soffre, a gestire mentalmente questa situazione: da una parte si è rassicurati dal fatto che non viene riscontrata nessuna patologia organica; dall'altra però si è preoccupati perchè il dolore fisico permane, apparentemente senza nessuna causa. Questa ambivalenza porta in molti casi a sentirsi disorientati, senza punti di riferimento, come se mancasse il terreno sotto i piedi, e con una vaga e generica paura di “impazzire”. Quello che spesso non si comprende di queste problematiche è che il dolore provato dalla persona è reale e non immaginario: chi sta accanto può pensare a delle lamentele eccessive, sottovalutare la sofferenza da essi provata o addirittura cominciare a pensare a un tentativo di manipolazione.
Si è quindi creato un perfetto circolo vizioso che danneggia la salute del soggetto: situazioni di stress a più livelli sfociano in dolori fisici che alimentano, rinforzata dalla diffidenza dei familiari, la paura di impazzire, che a sua volta fa aumentare i livelli di stress, ansia ed insicurezza dell'individuo che peggiorano le condizioni del corpo.
E' chiaro che questo meccanismo può apparire riduttivo e non rende giustizia alla complessità e diversità degli esseri umani e delle loro relazioni. E' utile però isolare questo tipo di dinamica comportamentale per capire quanto sia in questi casi un esercizio inutile e dannoso separare la sofferenza fisica da quella psicologica facendone una scala di valori e importanza.
Come si affronta il problema?
Il pregiudizio di una scissione mente-corpo, tipica del 19° secolo, è ancora presente nella nostra cultura se non in termini di filosofia, almeno a livello di linguaggio. Chi controlla chi? Il corpo è controllato dalla mente o i problemi del corpo e del sistema immunitario si riflettono sulla salute psicologica? Oggi, nel 21° secolo questo è un dilemma che dovrebbe appassionare il giusto, tenendo presente come la priorità sia il benessere della persona. L'unificazione del modello medico con quello psicologico può aiutare a risolvere la controversia. La stretta collaborazione tra medico e psicologo, in particolare in questi tipi di disturbi sembra fondamentale per aiutare chi ne soffre ad uscire da questa situazione. Il somatizzatore solitamente non consulta lo psicoterapeuta, di sua iniziativa lo fa solo se disperato o se viene mandato in terapia, per questo il lavoro del medico è fondamentale nell'aprire uno spazio di pensabilità diverso nell'approcciare il problema. In psicoterapia poi l’accento verrà posto non sui sintomi fisici in sé ma sul fatto che essi sono un linguaggio che il paziente usa per rappresentarsi una condizione di disagio psichico.
Il problema non consiste nella natura della sindrome, se organica o funzionale, ma nel peso relativo da attribuire ai diversi fattori psicologici, biologici e sociali.
Bibliografia:
- PDM (a cura di), PDM. Manuale Diagnostico Psicodinamico. Presentazione all'edizione italiana di Vittorio Lingiardi e Franco Del Corno. Introduzione alla Parte II di Massimo Ammaniti. Introduzione alla Parte III di Nino Dazzi. Trad. di Francesco Gazzillo, Riccardo Pacifico, Angela Tagini. Milano: Raffaello Cortina, 2008, (ediz. orig.: Psychodynamic Diagnostic Manual [PDM]. Silver Springs, MD: Alliance of Psychoanalytic Organizations, 2006)