La psicopatologia: valutazione empatica dell’esperienza soggettiva e osservazione del comportamento

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Dr.ssa Michelina Federico Psicoterapeuta, Psicologo

Il termine psicopatologia, risale alla metà del ‘900, così come il suo doppione psicologia patologica. Spesso è stato usato come un semplice sinonimo di psichiatria, prova ne sono i trattati di A. Marie e di Schneider (1971), ma è servito anche a definire una disciplina che affrancata dalle preoccupazioni della semiologia e dell’assistenza, offre una sorta di meta-linguaggio alla psichiatria clinica.

Il termine psicopatologia, risale alla metà del ‘900, così come il suo doppione psicologia patologica. Spesso è stato usato come un semplice sinonimo di psichiatria, prova ne sono i trattati di A. Marie e di Schneider (1971), ma è servito anche a definire una disciplina che affrancata dalle preoccupazioni della semiologia e dell’assistenza, offre una sorta di meta-linguaggio alla psichiatria clinica.

La psicopatologia osserva lo studio sistematico delle esperienze, dei processi cognitivi e dei comportamenti non normali, in pratica, lo studio dei prodotti di una mente che presenta alterazioni nel suo funzionamento; esistono argomenti interpretativi basati su costrutti teorici (per es. su base cognitiva, comportamentale, psicodinamica o esistenziale e così via), e rileva la descrizione precisa e la categorizzazione delle esperienze patologiche così come esse sono riferite dal paziente e osservate nel corso del suo comportamento.

Indubbiamente anche la qualità empatica espressa dagli operatori contribuisce alla comprensione del paziente, ma c’è un limite, per esempio in quei fenomeni psicotici dove il comportamento e le idee del paziente non possono essere compresi attraverso l’empatia, clinico e paziente finiscono con l’essere totalmente alieni l’uno all’altro.

Quindi il termine empatia, come termine psichiatrico, significa letteralmente sentirsi nei panni di un altro.

È importante che il clinico provi una giusta comprensione empatica del mondo personale del paziente e sia capace di comunicare alcuni frammenti significativi di questa comprensione.

Avvertire il mondo interiore del paziente, i suoi significati personali come se fossero suoi, ma senza mai perdere di vista la caratteristica “come se”, ciò è essenziale per un rapporto di condivisione e di crescita.

Nella psicopatologia, il concetto di empatia è uno strumento clinico che deve essere usato con competenza per misurare lo stato soggettivo interno di un’altra persona, impiegando come criterio le capacità dell’osservatore di avere esperienze emotive e cognitive.

L’empatia si declina attraverso domande precise, puntuali, comprensibili, finché il clinico essendo in grado di dare al paziente un resoconto della sua stessa esperienza, verifichi che questi la riconosce come sua.

Se il paziente non riconosce come sua l’esperienza interna che il clinico delinea, allora si deve continuare a porre domande, fintantoché l’esperienza interna non viene descritta in modo riconoscibile.

Lungo questo percorso il risultato positivo nasce dalla capacità del clinico come essere umano di provare qualcosa di simile all’esperienza interna del paziente; ciò dipende in modo assoluto dal fatto che entrambi condividano la capacità di avere esperienze e sentimenti umani.

Quando l’empatia non riesce a renderci comprensibile l’esperienza soggettiva di un paziente, allora dobbiamo parlare di quell’esperienza come qualcosa di incomprensibile. In altre parole ci troviamo di fronte ad una situazione che oltrepassa la nostra capacità di comprensione intuitiva.

L’osservazione accurata del comportamento è un altro elemento costitutivo della psicopatologia; l’esperienza soggettiva umana si rende suscettibile alla nostra analisi e all’esplorazione attraverso la comunicazione verbale, ma anche attraverso gesti, atteggiamenti corporei, azioni e comportamenti dotati di significato.

L’osservazione dell’espressione oggettiva di un’esperienza soggettiva, vale a dire del comportamento è estremamente importante ed è un esercizio molto più utile che non la semplice annotazione dei sintomi; l’uso comune delle checklist che consentono di verificare la presenza o l’assenza di sintomi a volte si rivela un impedimento a un’osservazione clinica autentica.

Tuttavia è la psicopatologia che dà fondamento alla pratica clinica psichiatrica. I fenomeni che si rivelano nel corso di una valutazione clinica, uniti ai comportamenti osservabili, determinano in ultima analisi i giudizi clinici che informano le scelte relative al progetto terapeutico e alla sua gestione.

 

Bibliografia

  • G.B. Cassano-A. Tundo. Lo spettro dell’umore: psicopatologia e clinica, 2008, Masson, Milano
  • E. Pewzner, Introduzione alla psicopatologia dell’adulto, 2003, Fabbri Editore, Milano
  • F. Oyebode, Introduzione alla psicopatologia descrittiva, 2009, Raffaello Cortina, IV ED, Milano
  • C. R. Rogers , B. Steavens, Da persona a persona, il problema di essere umani, 2007 Fabbri editori, Milano
Data pubblicazione: 13 febbraio 2013