La reazione psicologica del paziente di fronte alla malattia oncologica
Lo studio sulla reazione psicologica alla malattia oncologica mostra alcune modalità maggiormente utilizzate dai pazienti per affrontare questo tipo di patologia.
All’interno del progetto di sostegno psicologico agli utenti dell’U.O.S. di Oncologia Medica dell’ASUR A.V.2 di Senigallia, nel periodo febbraio/maggio 2012 è stato condotto uno studio su 50 pazienti sottoposti a cure chemioterapiche, per approfondire la comprensione della reazione psicologica alla malattia oncologica. La grandezza del campione non permette di generalizzare i dati, fornisce però una probabile tendenza dei pazienti nei riguardi dei fattori esaminati.
Per lo svolgimento di questo studio è stato utilizzato un questionario standardizzato specifico (Mini-Mac). Il test è formato da 29 affermazioni ad ognuna delle quali la persona risponde, apponendo una sola crocetta, in base al fatto che sia:
1 = completamente in disaccordo, non è per nulla il mio caso
2 = in disaccordo, raramente è il mio caso
3 = d’accordo, a volte è il mio caso
4 = completamente d’accordo, è esattamente il mio caso
Le frasi del questionario riguardano cinque tipologie di reazione psicologica e sono state formulate per valutare la qualità della reazione e non la sua quantità o la sintomatologia. Ciò significa che se il paziente mostra, con le sue risposte, un elevato indice di reazione depressiva, ciò non significa che egli sia depresso, ma che tende a reagire in modo depressivo. La depressione andrebbe, semmai, valutata successivamente con colloqui individuali e questionari specifici.
Le aree di interesse esaminate
Le cinque aree di interesse relative alle tipologie di reazione psicologica sono:
- Il fatalismo
- Lo spirito combattivo
- La disperazione/depressione
- La preoccupazione ansiosa
- L’evitamento / minimizzazione
Il fatalismo
Attraverso questa modalità di valutare e reagire agli avvenimenti, la persona vive alla giornata e si affida a Dio o al destino per quanto riguarda il motivo della sua preoccupazione. Non esistono colpevoli o situazioni concatenanti, né possibilità proprie di cambiare gli eventi anche seppur di poco. L’idea del soggetto è che successi e insuccessi siano indipendenti dalla propria diretta volontà e attività, ma che vi sia un disegno di vita già impostato al quale non si possa sfuggire.
Lo spirito combattivo
L’individuo crede nelle proprie capacità di migliorare la situazione di disagio che sta vivendo e quindi di poterla ottimizzare attraverso l’impegno e il giusto atteggiamento. L’idea principale è legata a collaborare con lo staff sanitario per aumentare il proprio benessere e diminuire il malessere, dando a se stesso, alla propria reattività, una parte importante nella possibilità di guarigione. La malattia è vissuta come una sfida, come qualcosa da combattere partendo proprio dal chiedere aiuto anche a se stessi.
La disperazione/depressione
Questa modalità di reazione psicologica alla malattia comporta nella persona la mancanza di fiducia nel miglioramento di salute. Il soggetto si rifiuta di valutare alternative positive e ha una impostazione verso gli eventi di tipo depressivo, questo tipo di prospettiva influenza negativamente la speranza di guarire o di stare meglio.
La preoccupazione ansiosa
La persona che ha questo tipo di reazione vive emozioni come rabbia, paura, ansia che tendono ad agitarla e a farle vivere il percorso di cura con maggior preoccupazione. L’individuo può far fatica a credere a ciò che gli sta capitando e può provare un senso di sconvolgimento.
L’evitamento /minimizzazione
Avere una reazione di evitamento/ minimizzazione significa sottrarsi dal pensare alla malattia e alla cure, cercare il più possibile di distrarsi per non contattare la situazione che si sta vivendo. Con questa modalità, si diminuisce l’importanza che la malattia ha sulla propria progettualità esistenziale e sulla quotidianità evitando di porci l’attenzione.
Modalità di reazione psicologica e non sintomo
Come anticipato, le cinque tipologie studiate sono modi di reagire alla malattia e, in quanto tali, tendono ad essere utilizzati tutti dal paziente ma con diversa entità, in base allo stile o agli stili preferiti.
Inoltre, la prevalenza di uno di essi non rappresenta la manifestazione di un sintomo, ma solo lo stile di coping principale, il metodo più frequentemente scelto per affrontare i problemi registrato in un determinato momento di vita del paziente.
I risultati mostrano perciò quali di questi stili tendono a essere maggiormente utilizzati.
Risultati sulla reazione psicologica alla malattia oncologica
Lo studio sulla reazione psicologica alla malattia in 50 pazienti oncologici sottoposti a chemioterapia ha mostrato alcuni dati rilevanti, anche se non generalizzabili a causa della dimensione limitata del campione:
Per quanto concerne l’esperienza diretta (l’individuo si e confrontato con la malattia vivendola in prima persona: è lui l’ammalato) è probabile che essa influisca di più in base al vissuto specifico del soggetto che ad altre possibili situazioni condizionanti.
L’esperienza indiretta (parenti e/o amici ammalati) sembra invece che influenzi in maggior parte in modo negativo. Ciò probabilmente avviene anche perché si ricorda di più la persona che ha avuto un iter di disagio, poiché produce in chi la osserva un impatto emotivo fortemente spiacevole, rispetto a quella che ora sta bene e quindi non coinvolge più particolarmente. Questo dato è importante perché molto spesso i pazienti, quando ricevono una diagnosi di malattia oncologica, tendono a inquadrare la situazione in base alle conoscenze già acquisite. Alcuni se ne costruiscono di nuove informandosi, ma generalmente se hanno accanto una persona che ha vissuto la malattia, subiranno un’influenza importante da quel tipo di esperienza indiretta. Tale influenza sarà positiva o negativa in base all’esito e avrà, probabilmente, ripercussioni sul modo del paziente di reagire psicologicamente allo “stesso” (in realtà non è mai uguale) evento quando si trova ad affrontarlo in prima persona.
Basandoci su questi dati, per comprendere la reazione psicologica alla malattia, è ipotizzabile il fatto che il paziente oncologico abbia molte più probabilità di essere influenzato negativamente nei confronti delle aspettative verso il proprio percorso di cura rispetto al contrario.
I risultati dell’intero campione sulla reazione psicologica alla malattia mostrano come più diffusi lo spirito combattivo (76%) e il fatalismo (74%). Al contrario di quanto si possa pensare, la reazione depressiva è quella usata in modo minore, anche se rappresenta sempre il 44% dei risultati.
Successivamente, gli utenti mostrano, con il 70% di risposte, di evitare di parlare o di approfondire gli argomenti che riguardano la malattia oppure di cercare di minimizzarne i contenuti.
La reazione di tipo ansioso non risulta essere dominante, essa appare come penultimo valore fra i cinque rilevati con il 60% di risposte.
E’ importante sottolineare che ogni soggetto esaminato utilizza tutti gli stili di coping in questione, ciò che cambia è la preferenza verso uno o alcuni di essi e quindi le reazioni psicologiche maggiormente espresse.
Per quanto concerne le modalità di reazione psicologica nelle persone che affrontano di nuovo la malattia, sembra che esse, nel rivivere la situazione di cura, la riaffrontino con le stesse modalità psicologiche attuate per la prima diagnosi, ma con minor evitamento/minimizzazione. Si è ipotizzato che l’esperienza passata possa fornire quelle informazioni da cui precedentemente si difendevano cercando di evitarle.
I pazienti che hanno avuto o stanno avendo un’altra malattia rilevante, sembrano posizionarsi, per alcuni aspetti, a metà fra chi non si è mai ammalato prima e chi invece contrae di nuovo il tumore. Essi evidenziano un maggior spirito combattivo, reagiscono in modo maggiormente evitante/minimizzante, depressivo e ansioso rispetto a chi rivive la malattia, ma hanno lo stesso livello di fatalismo di chi si è ammalato per la prima volta.
Riguardo alle differenze di genere, le donne mostrano maggiori valori rispetto alle reazioni di tipo depressivo, evitante e ansioso. Esse risultano poco meno combattive rispetto agli uomini e poco più fataliste.
La divisione in base all’età, che ha visto limitare il campione a due fasce (56/70 e ≥71) sottolinea come le persone che hanno superato i 70 anni utilizzino stili di coping, cioè modalità di affrontare la malattia maggiormente combattivi e reagiscano in modo meno depressivo e preoccupato.