Mini guida per la scelta dell'orientamento psicoterapeutico (parte II)
approfondimento su altri orientamenti psicoterapici
Nella prima parte di questo articolo - Mini guida per la scelta dell'orientamento psicoterapeutico - sono stati presentati al pubblico gli orientamenti psicoterapeutici oggi più conosciuti e maggiormente utilizzati per il trattamento dei disturbi psicologici. Il nostro intento era ed è quello di evidenziare, al potenziale utente, le modalità di lavoro, così come l’oggetto di intervento del modello psicoterapico preso in esame.
L’esigenza, ben spiegata nell’articolo precedente, (vedi) è quella di non lasciare l’usufruitore di questo servizio in balia dei vari approcci senza sapere dove essi vanno a parare e qual’è il loro piano di intervento.
Precedentemente abbiamo fatto riferimenti agli approcci sistemico-strategici, cognitivo-comportamentali, integrati, gestaltisti e psicodinamici.
In questa sezione presentiamo, seppur in modo riassuntivo, altri grossi filoni quali: quello analitico-junghiano, rogersiano e adleriano.
La Psicologia analitica di Jung
Di Antonio Vita
Carl Gustav Jung, il più autorevole discepolo di Freud, si distaccò dalla psicoanalisi ortodossa negli anni 1910/11.
Jung iniziò a rifiutare della psicoanalisi freudiana: la teoria del trauma, la nozione della sessualità infantile, la concezione del bambino come soggetto perverso polimorfo, l’amnesia infantile, il casualismo psicoanalitico. La costruzione della “psicologia analitica junghiana” è frutto di una lunga e accurata ricerca che Jung condusse per tutta la vita.
La terapia analitica junghiana è un’analisi che investe tutti gli aspetti della personalità. I sintomi sono segni e simboli di un disagio che possono rivelare gli elementi che soggiacciono al malessere generalizzato che ha investito il soggetto. I sintomi rivelano elementi consci e inconsci che portano a comprendere e a dirimere conflitti interni o interpersonali.
Per Jung il percorso analitico va considerato come un cammino verso la scoperta dei complessi del soggetto, dei tratti della sua ombra, degli elementi della propria anima, intesa non come sostanza metafisica, ma come l’insieme dei sentimenti, delle emozioni, delle sensazioni che l’uomo possiede e percepisce, e che costituiscono la parte più gradevole e più armoniosa del Sé.
La libido è intesa da Jung come “energia psichica”. Guardando allo sviluppo filogenetico di molte specie di animali superiori, si nota che per numerose funzioni complesse non si può ritrovare nessun carattere di tipo sessuale, anche se originariamente esse erano derivazioni dell’istinto di procreazione. Nella natura vediamo “una continua pulsione di vita, una volontà di esistenza che, attraverso la conservazione dell’individuo, tende ad assicurare la conservazione della specie”. La libido per Jung è pertanto un’energia psichica che viene percepita soggettivamente come aspirazione e desiderio. Essa si trasforma in funzioni sempre più complesse e differenziate regolando tutta la vita dell’uomo.
La tecnica analitica deve condurre all’accettazione degli elementi dell’inconscio personale che vanno esaminati unitamente al paziente sul set analitico, attraverso le associazioni, l’interpretazione dei sogni, ampliando queste conoscenze con quelle collettive proprie di una parte dell’umanità.
I sogni ci parlano dell’inconscio e vanno considerati come elementi trasformativi della personalità.
In tale senso il sogno è meta-poietico, cioè costruttivo e trasformativo.
La nevrosi è espressione di un equilibrio perduto per un blocco della libido. Nel comportamento anomalo, vanno compresi e interpretati gli stadi che il malato vuole raggiungere, con fatica, per liberare la libido.
Vicino a un inconscio personale, derivante dalla rimozione quotidiana, Jung, com’è noto, ipotizza l’esistenza di un inconscio collettivo, costituito dagli archetipi, trasmessi geneticamente, stratificati nell’uomo attraverso lo sviluppo filogenetico. Gli stadi dell’inconscio, quanto più sono profondi, tanto più appartengono ad un insieme più ampio dell’umanità.
Gli archetipi non sono idee, né immagini, ma modi di essere e di manifestarsi della psiche profonda. Essi costituiscono quelli che in altre dottrine psicologiche, dice Jung, sono noti come modelli di comportamento: “Patterns of Behavior”.
Quando gli archetipi compaiono attraverso i sogni, si “ammantano” di forme, assumono una connotazione e si manifestano come immagini e come simboli.
Essi costituiscono gli elementi primitivi, basi di forme di idee nodali e fondamentali, elaborate e rivestite di contenuti, e danno luogo a grandi “prodotti” culturali dell’umanità.
Gli archetipi hanno il potere di creare o di distruggere. L’inondazione incontrollata degli archetipi distrugge la coscienza e il “complesso dell’Io”, e provoca la dissociazione e la psicosi.
La terapia si basa sull’indagine dell’inconscio individuale e su quello collettivo attraverso le associazioni, attraverso l’analisi dei sogni e dei loro contenuti, e del transfert.
Finalità della terapia è quella di rimuovere gli ostacoli che hanno bloccato lo sviluppo e le trasformazioni della libido, svuotando il soggetto di energia vitale.
La liberazione della libido porta al suo normale fluire, e di conseguenza, al risanamento psichico.
Jung diede molta importanza al transfert, considerandolo come una speciale relazione tra la psiche del paziente e quella del terapeuta, un connubio. Anche qui si assiste ad una trasmigrazione: lo sviluppo dell’evento transferale porta ad un’identità psicologica tra paziente e terapeuta. In questo senso il terapeuta dona se stesso per la guarigione dell’altro.
Il principio di individuazione, partendo dall’appartenenza a due diversi tipi psicologici della persona, l’introverso e l’estroverso, è un punto di arrivo a cui giunge la psiche conseguendo un pieno e totale equilibrio.
È l’ultima fase di un faticoso e arduo percorso verso la completa realizzazione di sé.
Per un maggiore approfondimento si può consultare il seguente articolo: Il concetto di libido in Jung
L’Approccio Centrato sulla Persona di Carl Rogers
Di Sabrina Camplone
L'approccio centrato sulla persona, sviluppato da Carl Rogers, si basa su una concezione positiva della persona partendo dal presupposto che ognuno abbia valore e capacità di autodeterminazione. Tale orientamento si differenzia dalla psicoanalisi e dal comportamentismo in quanto teorie nelle quali il comportamento dell’uomo è pensato come “determinato e soggetto a costrizione, nel primo caso da parte degli istinti inconsci, nell’altro dal condizionamento dell’ambiente” (Korchin, 1976). Secondo Rogers, l’individuo è una persona nella sua totalità, ed è:
1. UN AGENTE DI SCELTE, in quanto non può sottrarsi ad operare delle scelte nel corso della propria vita;
2. UN AGENTE RESPONSABILE, in quanto risponde personalmente delle proprie scelte;
3. UN AGENTE LIBERO, in quanto stabilisce liberamente i propri obiettivi.
Carl Rogers elabora una sua originale concezione positiva dell’individuo in quanto organismo tendente all’autorealizzazione e dei rapporti interpersonali e sociali come basati sulle singole individualità, su un piano di totale uguaglianza: da qui il rispetto profondo per l’altro, il cui punto di vista diviene altrettanto importante quanto il nostro, e decisivo se si tratta di scelte che lo riguardano. L’eredità sicuramente più importante di Rogers, è la fiducia nel metodo scientifico, che egli applicò sistematicamente alla pratica psicoterapica. Rivoluzionaria, per i primi anni '40, fu l'idea di rendere disponibile il materiale della seduta psicoterapica ad una valutazione scientifica, registrando al magnetofono e poi pubblicando integralmente il caso di Herbert Bryan (Rogers, 1942), da quel momento fu possibile avvalersi di una ricca messe di informazioni per uno studio veramente scientifico della psicoterapia.
Per Rogers quindi la persona già possiede le capacità per auto-comprendersi, modificare e migliorare il proprio comportamento (tendenza attualizzante). Ruolo del Terapeuta è facilitare questo compito creando un clima di accettazione, empatia, responsabilizzazione, che faciliti l'auto-realizzazione del Cliente.
Fu proprio Rogers ad abbandonare infatti il termine paziente per sostituirlo con quello di cliente, ad indicare che non esiste un “processo di guarigione”, non esiste una mente malata.
La salute mentale è vista come un normale proseguo della vita dell'uomo, mentre i problemi che possono insorgere derivano da una distorsione della “tendenza attualizzante”.
Teoria della terapia
Il metodo terapeutico di Rogers viene detto anche “non direttivo” o “centrato sul cliente”.
Non direttivo in quanto il terapeuta rispetta la tendenza ad autodeterminarsi del Cliente limitandosi a creare le condizioni che possano facilitare la crescita, processo in cui a “crescere” non è in realtà solo il cliente ma anche il terapeuta stesso. Terapeuta e Cliente sono quindi in una situazione paritaria e la terapia è vista come un incontro tra due persone che fanno un percorso di crescita insieme.
Il clima facilitante si fonda su quella che Alexander (1930) ha definito esperienza emozionale correttiva, in cui il cliente impara ad applicare a sé stesso la medesima positiva e sollecita attenzione che il terapeuta ha nei suoi confronti. All’interno di questa relazione tre specifici elementi presenti nel terapeuta determinano l’efficacia dell’intervento: l’accettazione incondizionata, l’empatia e la congruenza.
• La prima condizione è l’accettazione positiva incondizionata, essa è necessaria per lasciare all’individuo, rispetto a ciò che va emergendo durante la terapia, la libertà di scelta che lo conferma soggetto; si tratta dell’unica vera garanzia di un cambiamento stabile e fondato perché ancorato all’unicità dell’esperienza.
• La seconda condizione è la comprensione empatica: sentire il mondo personale del cliente “come se” fosse nostro, senza però mai giungere alla totale identificazione ed essere capace di trasporlo e rimandarlo a livello verbale. Duplice è la funzione di questa modalità terapeutica: da un lato fa sì che il cliente si senta compreso fino in fondo, dall’altro, simbolizzando correttamente ciò che, momento per momento, è presente nel campo esperienziale, contribuisce al primario obiettivo di aumento della congruenza. Da ciò, secondo Rogers, deriva l’importanza che il cliente annette all’esattezza delle simbolizzazioni: egli cerca proprio la parola esatta che descriva il sentimento provato.
• La terza ed ultima condizione, la congruenza, prevede che «il terapeuta sia, nell’ambito della relazione, autentico e ben integrato. Nella relazione, cioè, il terapeuta è liberamente e profondamente sé stesso e la sua esperienza reale è fedelmente rappresentata nella coscienza. Non assume perciò in nessun caso atteggiamenti di circostanza» (Rogers e Kinget, 1965). Sarebbe infatti poco plausibile che egli si adoperasse per aumentare la congruenza del cliente senza essere lui stesso in questa situazione. Alcuni parametri permettono di orientarsi su come e quando comunicare al cliente elementi che riguardano la congruenza del terapeuta (operazione di “trasparenza” del terapeuta congruente).
Abbiamo finora definito le caratteristiche del terapeuta efficace, se il cliente non è in grado di percepire queste qualità, esse sono inutili. E’ per questo che Rogers (1954) enuncia sei proposizioni che egli definisce necessarie e sufficienti a promuovere la crescita e il cambiamento.
Di queste, tre sono quelle sopra enunciate che riguardano il terapeuta, le altre si riferiscono al cliente ed alla relazione. Esse sono:
- Il cliente ed il terapeuta sono in contatto psicologico;
- Il cliente è in uno stato di vulnerabilità o di ansia;
- Si verifica una comunicazione, almeno parziale, della comprensione empatica e della considerazione positiva incondizionata del terapeuta per il cliente.
La psicoterapia di indirizzo adleriano
Di Paola Cattelan
La psicoterapia di indirizzo adleriano, denominata Psicologia Individuale, fa parte delle terapie di area psicodinamica, in quanto tiene in considerazione i movimenti consci e inconsci che danno origine ai nostri pensieri, emozioni, comportamenti.
L'aggettivo Individuale fa riferimento ad un duplice significato. Le persone sono in-dividuus, cioè un'unità indivisibile sulla quale interagiscono la struttura biologica, le esperienze e i meccanismi psicologici e le influenze dell'ambiente socio-culturale. Inoltre, ognuno è unico rispetto a tutti gli altri, nella sua singolarità individuale.
Partendo da queste premesse, la psicoterapia adleriana lavora sui significati che sintomi e comportamenti assumono all'interno dello stile di vita del paziente e sul fine – per lo più inconsapevole – al quale tendono.
La B-APP (Brief – Adlerian Psychodynamic Psychotherapy) utilizza i principi e i metodi dell'impostazione adleriana, concentrando il lavoro terapeutico in un numero predeterminato di sedute, intorno ad uno specifico focus, concordato con il paziente, scelto per la sua significatività nella vita attuale del paziente e nel sintomo.
Le competenze acquisite dallo psicoterapeuta, anche attraverso l'analisi personale, gli permettono di scegliere di volta in volta (in base alla personalità del paziente, al suo disturbo e al momento di vita in cui si trova) quali strumenti tecnici utilizzare, su un continuum che va dall'intervento più supportivo come può essere un consiglio o una prescrizione al versante più analitico di un'interpretazione.
Approfondimenti all’ultimo paragrafo: