Le abilità sociali

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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo

Essere socialmente competenti è un fattore di protezione per molte difficoltà psicologiche. Cerchiamo di capire cosa sono le abilità sociali e come incrementarle.

Molto spesso le persone che chiedono una consulenza allo psicologo lamentano di avere difficoltà sociali, di non riuscire ad interagire con gli altri e di avere paura del giudizio altrui in situazioni sociali.

Cerchiamo allora di capire che cosa vuol dire essere “socialmente abili” e in che modo le abilità sociali rappresentano un fattore di protezione dal disagio psicologico.

Nella definizione di Chadsey-Rusch (1992, p. 406) le abilità sociali sono definite come quei “comportamenti appresi orientati verso un obiettivo e governati da regole che variano in funzione alla situazione e al contesto; che si basano su elementi cognitivi ed affettivi osservabili e non osservabili, in grado di elicitare negli altri risposte positive o eventualmente neutrali, e di evitare una risposta negativa”.

Quindi le abilità sociali sono frutto di apprendimento, e non di predisposizioni innate, determinati da processi educativi sperimentati dallo stare con le persone. In altre parole impariamo a stare con gli altri.

Inoltre si fa riferimento alle regole, che determinano se un comportamento sia accettabile o meno e la loro conoscenza e il loro rispetto permetterebbero ad una persona di prevedere le conseguenze e gli effetti che le sue azioni, con buona probabilità, potranno provocare sugli altri.

Lo sviluppo delle abilità sociali richiede poi la capacità di formulare delle previsioni sulla qualità e quantità di repertori comportamentali che vivono in quel contesto si aspetterebbero. È necessario fare riferimento ai giudizi delle persone significative che sono presenti nell’ambiente di appartenenza del soggetto.

Le abilità sociali sono meta-dirette e strumentali al perseguimento di un obiettivo. Poiché tutti noi utilizziamo i nostri comportamenti sociali al fine di raggiungere degli obiettivi, le abilità sociali quindi sono il “mezzo” attraverso il quale si soddisfano le proprie esigenze sociali.

Poiché le abilità sociali, nella definizione riportata, sono legate a situazioni specifiche e variano al variare dei contesti e dei compiti, la persona esperta da un punto di vista relazionale possiede una vasta gamma di possibilità di risposta e attiva quelle che, a sua avviso, avrebbero maggiori probabilità di risultare adeguate alle caratteristiche del contesto e del compito. Cioè la persona abile sa cambiare a seconda di “dove” si trova, “quando” e “con chi” e di essere consapevole che non esistono relazionali spendibili in modo generalizzato senza tenere conto anche del punto di vista altrui.

Infine le abilità sociali comprendono comportamenti osservabili e non osservabili, cognitivi ed affettivi: mi riferisco in particolare alle abilità cognitive di problem-solving.

Esempi di abilità sociali sono salutare, ringraziare, presentarsi, iniziare e continuare una conversazione, chiedere aiuto, fornire aiuto, tenersi puliti e in ordine (si insegna ai portatori di handicap), fare richieste, esprimere disaccordo, respingere richieste inaccettabili, ecc..

 

Tra le abilità sociali un’attenzione particolare merita l’assertività, cioè la capacità di:

  • esprimere in modo socialmente adeguato e costruttivo i propri diritti ed interessi senza ledere i diritti altrui
  • manifestare i propri sentimenti, sia positivi che negativi
  • richiedere adeguatamente cambiamenti nei comportamenti di coloro con i quali si interagisce
  • esprimere opinioni contrarie a quelle degli altri
  • “dire di no” a richieste irragionevoli e chiedere favori agli altri
  • riconoscere i propri limiti e i propri fallimenti
  • gestire efficacemente le critiche e la pressione sociale.

Poiché le abilità sociali sono apprese, dobbiamo dare maggiore attenzione alle situazioni in cui tali comportamenti sono stati appresi in modo scorretto o addirittura mai appresi, interrogandoci –sia in un contesto psicoterapico, sia nei training di apprendimento sulle abilità sociali- come mai una persona non possiede queste abilità.

Le ragioni dell’incompetenza sociale sono riassunte nel seguente schema, per quanto sia fondamentale ragionare in termini diversi nel successivo trattamento:

Disadattamento

    • Mancanza di rinforzi
    • Deficit nelle abilità sociali
    • Mancanza di stimoli o opportunità
    • Problemi comportamentali
    • Mancanza di conoscenza

 

diagramma abilità sociali

Il trattamento che si potrà impostare è diverso in questi termini:

- attraverso un training di apprendimento delle abilità sociali (nelle scuole, nelle aziende), si lavora sull’emulazione di un modello socialmente abile, quale un compagno di scuola o un collega di lavoro, oppure un personaggio tratto da un racconto o da un film. In genere il training prevede poche sessioni.

- attraverso una psicoterapia, in cui l’aspetto centrale è - insieme al cambiamento duraturo e profondo - comprendere le ragioni dell’incompetenza sociale, soprattutto nei soggetti che non hanno una storia di vita scarsa di opportunità di apprendimento ma che, nonostante ciò, non sono socialmente competenti.

È importante ricordare che la qualità e la quantità di adattamento sociale che una persona dimostra già in età infantile sembra predire con notevole precisione la qualità di adattamento che si avrà nell’età adulta (Parker e Asher, 1987).
Aspetti importanti quali l’altruismo, la capacità di cooperare, la responsabilità ecc. possono diventare oggetto di insegnamento intenzionale sin dalle prime esperienze di scolarizzazione nelle quali dovrebbero essere particolarmente frequenti le occasioni per perfezionare e praticare le strategie sociali apprese.

 

Bibliografia:

  • Chadsey-Rusch, J. (1992) Toward defining and measuring social skills in employment settings. American Journal on Mental Retardation, 96, 405-418.
  • Nota, L; Soresi, S. (1997) Comportamenti sociali, Erip Editrice
  • Parker, J., e Asher, S. R. (1997). Peer relations and later personal adjustment: are low-accepted children at risk? Psychological Bulletin, 102, 357-389
Data pubblicazione: 30 settembre 2011