Amicizia, benessere mentale, salute del corpo
Un esame congiunto e una riflessione sull'insieme di ricerche scientifiche che correlano i rapporti di amicizia e la loro qualità al grado di benessere fisico e psicologico
Ricerche condotte su ampie popolazioni dimostrano che la quantità di amici, ma anche, e non secondariamente, la qualità dei rapporti di amicizia hanno un effetto sul prolungamento e sulla qualità stessa di vita (vedi ad esempio, Reblin, M et al., 2008).
Ma come si realizza questa relazione?
Un numero rilevante di amicizie significative su un piano affettivo determina una riduzione dello stress, un miglioramento nella regolazione del glucosio nel sangue (Khambaty T et al., 2014), una maggiore efficienza del sistema immunitario, una migliore regolazione della pressione arteriosa e della funzionalità cardiaca (Black, P.H et al., 2002; Eng, P.M. et al. 2002; Christakis, N.A. Et al., 2007; Cadzow, R.B. et al., 2009).
Inoltre, la presenza di una rete sociale di supporto sembra in grado di promuovere comportamenti utili al mantenimento della salute e disincentivare comportamenti rischiosi quali la dipendenza da alcol e tabacco, la tendenza a consumare cibi in quantità esagerata o cibi spazzatura e uno stile di vita sedentario (Strine TW et al., 2007).
Al contrario amicizie insoddisfacenti, ossia caratterizzate da sentimenti ambivalenti verso l’altro (ad esempio, investimento affettivo sull’altro, ma, allo stesso tempo, frequenti vissuti di rabbia-delusione), o dalla tendenza a parlare unicamente di problemi o, ancora, dalla trasmissione reciproca di sentimenti d’infelicità e disperazione tendono a mettere a rischio la qualità di vita e la salute fisica.
Sul versante della salute mentale, le persone che mantengono amicizie significative sul piano del supporto e dell’empatia sono meno inclini all’ansia, alla depressione e mantengono più facilmente un buon livello di autostima (Liu L et al., 2014). Per le persone anziane, poi, il cervello tende a mantenersi più efficiente probabilmente in virtù della capacità dei rapporti di amicizia di stimolare la plasticità delle sinapsi (formazione di nuovi collegamenti tra cellule nervose), la neurogenesi (produzione di nuove cellule nervose in alcuni distretti del cervello) (Venna VR et al., 2014) e di portare le persone a svolgere attività più coinvolgenti e stimolanti, scoraggiando, al contempo, l’assunzione di comportamenti rischiosi per la salute del sistema nervoso come l’abuso alcolico (Giles LC et al. 2005).
Da alcune evidenze scientifiche, sembrerebbe, inoltre, che l’amicizia difenda la salute ancor più della mera presenza di rapporti familiari (Molarius A. et al., 2009)
Personalità e capacità di formare amicizie significative
Ma cosa consente alle persone di accedere a un maggior numero di amicizie e a relazioni di maggior spessore affettivo? Innanzitutto il genere: le donne sembrano essere più empatiche, più accudenti e comunicative nei rapporti affettivi. Altri fattori sono la cultura e la stabilità della situazione economica del territorio in cui si vive. Elementi psicologici meno dipendenti dal genere, dall’età e da altri fattori socio-economici hanno a che fare con le disposizioni stabili della personalità di ciascuno e con il grado di sviluppo di una forma particolare di intelligenza definita “mentalizzazione” che può essere descritta come la capacità di leggere il proprio e l’altrui comportamenti alla luce degli stati mentali (emozioni, credenze, desideri, pensieri automatici, ecc.) che lo determinano o lo condizionano (Bateman A, Fonagy P, 2010).
Riferendosi alla personalità, va sottolineato che per raggiungere un numero maggiore di amicizie degne di questo nome, è necessario avere un grado di introversione non troppo accentuato, un livello di autostima almeno accettabile, un’inclinazione a costruire rapporti interpersonali nei quali non si assuma un ruolo troppo dominante né, al contrario, troppo passivo e dipendente.
È anche importante sviluppare la capacità di comprendere la personalità dell’altro, ovvero le sue esigenze fondamentali, i suoi scopi, le sue vulnerabilità, i suoi punti di forza e le modalità attraverso le quali percepisce se stesso e vive, elabora e gestisce i rapporti umani. Mediante la conoscenza dell’altro diviene possibile decidere di volta in volta quanto sia opportuno approfondire la relazione con le diverse persone con cui entriamo in contatto. Tra i molti altri benefici di una buona capacità di comprendere la personalità dell'altro ci limitiamo a citare la possibilità di comprendere quanto le nostre e le altrui esigenze, caratteristiche e obiettivi siano compatibili e di interagire costruttivamente nei momenti di tensione.
Una qualità adeguata delle proprie relazioni affettive richiede anche che una persona riesca a risolvere eventuali forme di disagio emotivo (ansia, depressione, instabilità emotiva, ecc.) le quali, anche se di lieve entità, tendono facilmente a cronicizzarsi e a condizionare negativamente le relazioni portando, a seconda dei casi, a forme di isolamento o di dipendenza dall’altro. In queste condizioni, accade, non di rado, che la controparte possa sentirsi, rispettivamente, trascurata o usata unicamente come fonte di rassicurazione e supporto. Naturalmente, la solitudine è in grado di per sé di accentuare le problematiche emotive sopra citate, con la conseguenza che l’isolamento o la tendenza a instaurare rapporti insoddisfacenti tenderanno, come in un circolo vizioso, a peggiorare ulteriormente.
Altro requisito fondamentale è la capacità di capire a fondo noi stessi soprattutto dal punto di vista delle tipologie di relazioni e dei problemi relazionali che tendiamo determinare in modo ricorrente e degli effetti che il nostro comportamento tende ad avere sull’altro. Allo stesso tempo, si deve sviluppare la capacità di comprendere l’altro al di là delle sue comunicazioni dirette e verbalizzate, intuendone gli stati d’animo, le esigenze e le motivazioni più profonde, in modo da riuscire a stare vicino a familiari ed amici almeno quanto noi chiediamo loro di esserlo nei nostri confronti.
Amicizia e abilità comunicative
Collegato a questo tema, c’è quello delle abilità comunicative. Un’amicizia può diventare realmente affettiva e supportiva solo a condizione che sappiamo esprimere in modo accurato le nostre esigenze. È chiaro, che la condizione preliminare è che l'individuo stesso, per primo, sia in grado di entrare in contatto e riuscire a definire i propri stati d’animo e le proprie esigenze fondamentali, aspetto tutt’altro che scontato.
Sul versante opposto, poi, le abilità comunicative si manifestano nella misura in cui si sia in grado di comprendere il reale senso delle comunicazioni dell’altro, evitando di prendere per buona la prima impressione suscitata in noi dalle sue parole. Dobbiamo riuscire a mantenere una mente interrogativa e aperta, ponendo opportune domande, cercando di percepire gli stati emotivo dell’altro, dandoci qualche istante per riflettere ed essere sicuri di aver inteso correttamente la sua prospettiva prima di rispondere di getto, in particolar modo nelle situazioni tese o confuse. Tutto ciò può consentirci di rendere più emotivo e profondo il contatto con l’altro, di ridurre la probabilità di fraintendere o sentirci fraintesi e, in ultimo, ma non certo in ordine di importanza, di incrementare la nostra capacità di affrontare, senza eccessiva animosità e in modo costruttivo, gli inevitabili momenti di crisi e di tensione propri di qualsiasi relazione umana significativa.
L'insieme delle capacità mentali descritte inerenti alla comprensione di sé e dell'altro in termini psicologici e alle abilità comunicative rientrano nella definizione di mentalizzazione sopra riportata.
Dalle delusioni relazionali alle credenze patogene
Una prospettiva interessante del problema dell'amicizia è che le persone che tendono a stringere un basso numero di relazioni affettive significative (quelle più a rischio, dunque, sul piano della salute generale e del benessere psicologico) sono in genere proprio quelle più carenti di capacità mentalizzanti. Il semplice invito a socializzare potrebbe quindi cadere nel vuoto, in assenza di un percorso che consenta a questi individui di sviluppare tali facoltà.
L'attitudine alla solitudine, inoltre, è in grado di innescare una serie di circoli viziosi: ad esempio, spesso il solitario è diventato tale a seguito di una serie di delusioni nei rapporti dovute, in genere, a difficoltà nella selezione delle persone cui avvicinarsi (scarsa capacità di farsi un'immagine realistica dell'altro), ai sopra citati problemi di comprensione reciproca e alle difficoltà di gestione dei conflitti interpersonali. Da ripetute delusioni relazionali gli individui derivano in genere la credenza che non valga realmente la pena di investire nei rapporti umani e di aprirsi a nuove amicizie; tale credenza porta a generalizzare le proprie aspettative negative un po' a tutte le persone in cui s'imbatte, destinando questi individui ad una solitudine più marcata che conduce ad una perdita ulteriore delle residue abilità sociali.
Isolamento, ruminazione improduttiva sui problemi personali, malsane condotte di compensazione
In molti casi, poi, la solitudine accentua la tendenza degli individui a rimuginare in modo improduttivo sui problemi, venendo a mancare quella indispensabile fonte di verifica e arricchimento del nostro pensiero che deriva dal confronto con persone che abbiano un punto di vista più distaccato su ciò che ci provoca ansia, abbia affrontato problemi simili o sia in grado di fornirci chiavi di lettura alternative.
Gran parte delle persone con scarsi contatti affettivi tendono a indulgere in comportamenti lesivi della salute come abuso alcolico, tabagismo, stupefacenti, alimentazione sbagliata per quantità o qualità (Akerlind I, Hornquist JO 1989; 1992). Mediante queste attività compulsive, è come se le persone tentassero impropriamente e illusoriamente di riprodurre dentro di sé quelle sensazioni corporee come calore, pienezza, calma, appartenenza e affetto, ovvero quelle stesse sensazioni che, per via naturale e in modo molto più durevole ed efficace, gli esseri umani sperimentano fisiologicamente nei contatti empatici e affettivi sani.
Sviluppare la capacità di formare e mantenere rapporti significativi
Le persone che presentano difficoltà di socializzazione (persone isolate, persone che vivono rapporti ad alta conflittualità, ecc) presentano di fatto un fattore di rischio rilevante per la salute fisica e psicologica e tendono a vivere una vita scarsamente appagante. L'invito a socializzare di più, come detto, rischia di cadere nel vuoto nella maggior parte dei casi. Tali persone possono invece beneficiare di tutte quelle forme di psicoterapia incentrate non tanto sul mero alleviamento dei sintomi, quanto sullo sviluppo di una piena consapevolezza della propria personalità e sull'accrescimento delle capacità di mentalizzazione viste in precedenza.
Un'altra indispensabile competenza che deve essere acquisita mediante una psicoterapia corrisponde alla capacità d'investire emotivamente le relazioni umane, con una tonalità affettiva intensa e significativa, mantenendo, al contempo, una piena autonomia personale e un sincero rispetto per la libertà e individualità dell'altro.
Dalla semplice richiesta di supporto alla reciprocità
L'amicizia, comunque, non è solo ricevere vicinanza emotiva e assistenza, ma anche, e in modo altrettanto significativo, offrire la nostra empatia e capacità riflessiva al contenimento emotivo e all'aiuto dell'altro. È dimostrato che fornire aiuto emotivo e concreto fa stare meglio anche l'aiutante, non solo l'aiutato, e che può essere di per sé un'importante fonte di benessere fisico (mediante la riduzione dello stress) e psicologico.
In altre parole, ciò che arricchisce e dona benessere non è solo l'essere sostenuti e compresi, come fossimo dei semplici vasi di fiori da innaffiare nei periodi di siccità, ma, più in generale, la capacità di raggiungere un contatto più autentico e reciproco con l'altro, alternando momenti in cui si riceve ad altri in cui offriamo la nostra presenza umana e mettiamo la nostra intelligenza emotiva al servizio dell'altro.
Bibliografia
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