Depressione post-partum: la ricerca sulle cause

La ricerca sulle cause della depressione post-partum è complicata dalla compartecipazione di molti fattori causali fisiologici e psicosociali. L'articolo si focalizza sui dati di ricerca più recenti al riguardo e sull'utilità potenziale di tali conoscenze.

Definizione e presentazione clinica

Si tratta di una grave forma di depressione che si manifesta in tutte le società e culture studiate. Si stima che colpisca una percentuale compresa tra il 15 e il 20% delle donne, fino ad arrivare al 40% in caso di parto pretermine (Vigod SN et al., 2009).

L’insorgenza può avvenire immediatamente dopo il parto o, più frequentemente, nel corso dei primi mesi successivi alla nascita del bambino. Si caratterizza per l’insorgenza di una sintomatologia di ordine depressivo, caratterizzata da umore depresso, perdita dell’interesse e della capacità di provare piacere, astenia, calo libidico, insonnia, riduzione dell’appetito, sensi di colpa, calo dell’autostima, pessimismo estremo o idee di rovina, idee di morte o vera e propria ideazione suicidiaria.

La depressione postpartum (d’ora innanzi: DPP) propriamente detta deve soddisfare i criteri per un episodio depressivo maggiore, ma rispetto alle manifestazioni depressive comuni, sembrano essere meno frequenti sintomi come tristezza intensa e tendenze suicidiarie mentre sarebbero più caratterizzanti l’irrequietezza, l’agitazione ed i disturbi della concentrazione (Bernstein IH et al., 2008).

Tra le conseguenze più gravi, si riscontrano la separazione e il divorzio, abusi e negligenze nelle cure del bambino, sino ad arrivare al suicidio e infanticidio.

Molto spesso la diagnosi non viene posta, nonostante la grande diffusione e la disponibilità di questionari di screening agili e di rapida somministrazione (come la Edimburg Postnatal Depression Scale – EPDS). Pur trattandosi di manifestazioni cliniche di ordine psichiatrico, i professionisti che più frequentemente incontrano le neomamme affette da forme manifeste o mascherate di depressione postpartum sono ginecologi, pediatri e, non di rado, medici di base.

La rilevanza del fenomeno è legata, oltre alla sofferenza connessa ai sintomi depressivi, alle importanti ricadute sulla salute emotiva e sullo sviluppo cognitivo del bambino.

 

La ricerca sulle cause

La ricerca sulle cause di questa importante sindrome è complicata dalla compartecipazione di fattori genetici, biologici, psicologici e relazionali. Dato il notevole grado di sovrapposizione nella presentazione clinica tra depressione comune e depressione postpartum, si ritiene che anche molti fattori di rischio siano condivisi dalle due sindromi (genetici, familiari, sociali, etc).

Tuttavia, il peso relativo dei fattori psicosociali implicati nello sviluppo della DPP sembrerebbe essere inferiore rispetto a quanto avviene per la depressione maggiore comune (McCoy SJ, 2011). Molti fattori fisiologici influiscono in modo significativo e consistono fondamentalmente in fenomeni immunologici, ormonali, affaticamento, disturbi del sonno e del ritmo circadiano.

 

Fattori immunologici

Dopo il parto, il sistema immunitario va incontro ad una generale riattivazione. Nel corso del parto, inoltre, l’organismo della donna è esposto ad una moltitudine di antigeni fetali con la conseguente produzione di una serie di risposte da parte del sistema immunitario (McCoy SJ, 2011).

Tra i meccanismi che coinvolgono il sistema immunitario, va senz’altro menzionata una tiroidite autoimmune (7-9% delle donne) che può condurre a fenomeni di ipo- ipertiroidismo, o più frequentemente, ad una fase di ipertiroidismo seguita da una fase di ipotiroidismo. Sappiamo che al di là dello stato di gravidanza e del puerperio, le variazioni nei livelli di ormoni tiroidei hanno importanti ricadute sulla sfera psichica (insonnia, depressione, ansia, nervosismo ed irritabilità).

Non è ancora definita la percentuale di casi di DPP in cui le alterazioni tiroidee potrebbero giocare un ruolo rilevante. Tuttavia, persino quando i livelli di ormoni tiroidei sono nella norma, la presenza di anticorpi antitiroide nel sangue della madre dopo la nascita sembra essere connessa ad una più elevata probabilità di sviluppare un disturbo dell’umore, in presenza altri fattori di rischio fisiologici e psicosociali. (McCoy SJ et al., 2008).

 

Fattori ormonali

L’eliminazione della placenta determina la caduta di ormoni da essa prodotti. Estrogeni e progesterone hanno una notevole capacità d’influenzare la fisiologia del cervello. Risulta, pertanto, altamente probabile che la significativa e rapida caduta del loro livello nel sangue sia responsabile di molte manifestazioni psichiche e comportamentali che si osservano nelle neomamme e che spaziano dalla semplice disforia o depressione lieve (i cosiddetti maternity blues dei primi giorni successivi al parto) sino alla depressione postpartum propriamente detta.

Tuttavia, non mancano studi che hanno offerto dati che sembrano smentire quanto appena riportato. Un gruppo di ricerca ha identificato solo deboli (nel caso del testosterone) o nessuna correlazione (estrogeni, progesterone) tra andamento degli ormoni sessuali e variabili psicopatologiche (Chatzicharalampous C et al., 2011), nelle prime settimane successive al parto. Neppure Okun ML et al. (2011) hanno riscontrato relazioni significative tra livelli ormonali e insorgenza della sindrome, riscontrando piuttosto la capacità di alterazioni del sonno di favorire lo sviluppo di DPP.

In ultimo, il settore del sistema endocrino implicato nella risposta allo stress potrebbe mediare i rapporti tra fattori di stress e disturbi psichici nel post-partum (Taylor A et al., 2009; Hillerer KM et al, 2011).

 

Affaticamento e disturbi del sonno

Nelle prime settimane successive al parto, la necessità di prendersi cura del bambino nelle ore notturne, determina molto spesso un notevole carico psicofisico ed una disregolazione dei ritmi circadiani, in grado di slatentizzare la sindrome facendo leva sui diversi fattori di vulnerabilità per la depressione. È probabile che una ridotta produzione di melatonina da parte della ghiandola pineale, dovuta, a sua volta, all’esposizione alla luce nelle ore notturne, sia implicata nelle alterazioni dei ritmi circadiani.

 

Modificazioni genetiche

Il trasportatore della serotonina è una proteina espressa nei neuroni, implicata nella regolazione della trasmissione nervosa nelle vie serotoninergiche. Si tratta di vie nervose che sono state chiamate in causa a proposito dell’origine delle varie forme di depressione ed altri disturbi psichici. Una variante genetica di tale proteina sarebbe in grado di favorire l’insorgenza di DPP (Shapiro GD et al., 2012). Anche varianti genetiche di recettori per neurotrasmettitori come il GABA, serotonina e dopamina potrebbero giocare un ruolo (Pinna M et al., 2012).

 

Consumo di omega 6 e di omega-3

Lo scarso consumo di alimenti contenenti omega-3 costituirebbe un fattore di rischio indipendente per la DPP (Shapiro GD et al., 2012), così come un consumo di omega 6 (presenti nei grassi animali nella frutta secca, nei legumi e negli oli di semi) eccessivo in rapporto al consumo di omega 3 (presenti nel pesce, in particolar modo nel pesce azzurro, e, in minor misura, nei semi e nell’olio di lino, nelle noci, nella soia, etc. ) (da Rocha CM et al., 2012).

 

Condizioni psicologiche, personalità di base e tensioni relazionali predisponenti

Determinate condizioni psicologiche e ambientali sono chiamate in causa nel determinismo della depressione postpartum: età giovanile, precedenti episodi depressivi, conflittualità coniugali, disturbo disforico premestruale, depressione o disturbi d’ansia nel corso della gravidanza, difficoltà economiche, parto pretermine, eventi di vita sfavorevoli avvenuti in gravidanza e scarso supporto sociale.

Deve, a questo proposito, essere considerato che il disagio psichico in gravidanza, oltre a provocare conseguenze fisiologiche dirette, può spingere le future madre ad assumere comportamenti rischiosi sia per il feto sia per la propria salute mentale nel post-partum quali il fumo di sigaretta e l’assunzione di alcol e stupefacenti.

 

Dati di ricerca sembrano convergere nell’attribuire ad alcuni aspetti della personalità di base il ruolo di veri e propri fattori di vulnerabilità per lo sviluppo di DPP.

Alcuni gruppi di ricerca (tra i quali Verker GJM et al., 2005) hanno rilevato sperimentalmente che un elevato livello di neuroticismo (tendenza all’ansietà, apprensività, alla demoralizzazione, frequenti disturbi del sonno) accompagnato da un’elevata introversione costituiscono fattori di rischio indipendenti per lo sviluppo della sindrome.

Secondo i dati prodotti da Jones L, et al. (2010) alcune caratteristiche della personalità di base e dello stile cognitivo (di pensiero) si associano frequentemente allo sviluppo della DPP. Nello specifico essi hanno identificato bassa autostima, alte pretese di performance e di successo da se stesse, dipendenza dagli altri, elevata necessità di autocontrollo e, ancora una volta, neuroticismo. Va, tuttavia, precisato che i tratti e gli stili cognitivi appena elencati vengono comunemente riscontrati anche nelle donne affette da altre forme di depressione

Un recente studio (Aceti F et al., 2012), infine, ha riscontrato la frequente associazione tra disturbi di personalità, stile di attaccamento insicuro o disorganizzato e DPP. Ciò suggerisce che alcuni tratti patologici di personalità e lo stile di attaccamento (fortemente influenzato, a sua volta, dalla storia e dalla qualità delle relazioni affettive avute della madre sin dai primi mesi della propria vita) potrebbero rappresentare dei fattori di vulnerabilità.

 

Implicazioni per la prevenzione e per il trattamento della DPP

Si può immaginare che la ricerca dei prossimi anni continuerà ad apporre molte altre tessere al già complesso mosaico costituito dai fattori di rischio per questa sindrome. Il quadro complessivo delle conoscenze sembra indicare con un certo margine di sicurezza un’origine multifattoriale del disturbo, sebbene non sia ancora chiaro il peso relativo dei diversi fattori causali in gioco, né le reciproche relazioni.

Accettando, provvisoriamente, la parziale conoscenza delle vie patogenetiche che connettono tra loro i vari fattori favorenti e causali della DPP, lo stato attuale delle conoscenze sembra già in grado di favorire l’identificazione precoce delle situazioni a rischio. L’attivazione di protocolli di monitoraggio e di tempestive misure di sostegno e trattamento potrebbe ridurre drasticamente il numero di madri che sviluppano pienamente la sindrome e, per naturale conseguenza, l’entità delle sue ripercussioni sulla salute della donna, sulla qualità delle relazioni familiari e sullo sviluppo del bambino.

 

Bibliografia essenziale

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Data pubblicazione: 28 novembre 2012