Alcolismo terapia farmacologica.

Alcolismo: terapia con disulfiram

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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze

L'articolo informa sul meccanismo di funzionamento di una delle più antiche terapie per l'alcolismo, con alcune precisazioni sul modo in cui il farmaco influenza il comportamento non controllato rispetto al bere.

L’alcolismo è quella condizione in cui l’intenzione della persona di controllare il proprio consumo di alcol non può contare su una capacità adeguata di controllo.

Il controllo perso non tende ad essere recuperato, anzi la situazione nel tempo peggiora in un susseguirsi di periodi di sospensione e periodi di bere incontrollato, con relative conseguenze.

La volontà della persona è continuamente o in maniera ricorrente e prepotente “magnetizzata” verso il comportamento di ricerca e consumo di alcolici, anche senza un preciso legame con un effetto desiderato dall’alcol.

L’alcolista non beve per uno scopo, ma a causa del suo alcolismo. L’alcolista non sceglie come bere, l’alcolismo gli impone una modalità di bere che è oltre le proprie intenzioni, e quindi interferisce con le funzioni mentali, produce danni collaterali di varia natura e ostacola e distrugge le relazioni sociali e le capacità produttive.

Per approfondire:Alcol e alcolismo: domande e risposte

Alcolismo: terapia farmacologica

Le terapie dell’alcolismo mirano tutte al recupero del controllo sul bere, secondo le proprie intenzioni. L’intenzione di controllo (o di non bere per niente) è presente nell’alcolista, e non va scambiata con la capacità di farlo, che invece non è presente. Non esistono alcolisti “recidivi”, perché le recidive sono la regola, è quello che appunto si prevede facendo questa diagnosi, non importa se la persona si trova in un periodo di sobrietà.

Una delle terapie disponibili è quella con disulfiram.

Disulfiram: come funziona

Il farmaco agisce quando l’alcol entra in circolo, e ne modifica il metabolismo in maniera tale da produrre una sorta di reazione “velenosa” per l’accumulo dell’acetaldeide. I sintomi più comuni di questa reazione sono vampate, malessere generalizzato, nausea e vomito, palpitazione, mal di testa.
A seconda della quantità di alcol introdotta, e della dose di disulfiram assunta, la reazione può essere da lieve a pesante, e potenzialmente rischiosa sul piano cardiovascolare.

La persona alcolista che assume il disulfiram impara quindi che, se beve, sta male. La persona, coerentemente con il proprio alcolismo, cerca una via d’uscita per poter bere senza star male, ma se non è possibile interrompere l’assunzione del farmaco con il tempo è obbligato ad evitare di bere.

Quanto più grave è l’alcolismo, tanto più numerosi saranno gli episodi di intossicazione prima che la persona cessi di bere in associazione con il disulfiram. Nei casi più gravi la persona non riuscirà ad astenersi, e si produrrà gravi intossicazioni da acetaldeide: in questi casi è bene valutare il rapporto tra rischi e potenziali vantaggi, poiché come già detto l’effetto dell’acetaldeide può essere grave, potenzialmente letale.

Disulfiram: modalità di somministrazione

La terapia con disulfiram deve essere somministrata da un’altra persona, o comunque sotto la sorveglianza di un’altra persona, che verifichi la deglutizione del farmaco e che la persona non lo vomiti subito dopo. Il disulfiram dato da prendere “da soli” è inefficace, semplicemente perché in questo caso farà solo da specchio della situazione: se la persona lo assume significa che il desiderio è basso o assente, ma se la persona è alcolista un giorno il desiderio aumenterà, e allora la persona non assumerà più il disulfiram, aspetterà un giorno o più e inizierà a bere.

Il disulfiram non ha azione “deterrente” se la persona non ha mai sperimentato la reazione “velenosa”, e se l’ha sperimentata è evidente che l’assunzione dovrà essere controllata da un’altra persona. Nessun alcolista è in grado di mettersi da solo le “manette” contro la possibilità di bere liberamente: se così fosse, non sarebbe alcolista.

Esplicitamente sul foglietto illustrativo è indicato che dopo qualche giorno di assunzione la persona dovrebbe bere una quantità modesta di alcolico per provocarsi la reazione tossica, e sperimentarla. Ovviamente questo deve essere fatto in ambiente medico e sotto controllo.
In questa maniera si evita anche che la persona sperimenti l’effetto, a cui potrebbe non credere, alla prima ricaduta, magari pesante, senza poter prevedere le conseguenze dell’intossicazione.

Il condizionamento non è quindi un’eventualità “negativa”, è la parte centrale del meccanismo di funzionamento di questa terapia: se la persona non è mai stata male bevendo sul disulfiram, non è possibile stabilire se questa è o meno efficace.

Studi scientifici sul disulfiram e considerazioni sui meccanismi di azione

Gli studi sono concordi nell’indicare che quando le persone sono libere di autogestirsi il disulfiram, probabilmente non lo assumono, o lo assumono solo quando non bevono.

Ad esempio, i risultati di un gruppo di persone che assume una dose normale (250 mg) sono uguali ad un gruppo che ne assume, a sua insaputa, una dose di 1 mg (inefficace), il che indica probabilmente che il gruppo dei 250 mg in realtà non assumeva il farmaco (come anche quelli che avevano 1 mg). In una serie di persone che, per certo, lo avevano invece assunto, era il farmaco “vero” (250 mg) ad associarsi ai risultati positivi.

Quando l’assunzione è “vigilata”, le persone alcoliste diventano in grado di seguire i percorsi di riabilitazione o di psicoterapia. Se invece devono dimostrare di mantenere la sobrietà in cambio di vantaggi economici e abitativi, non riescono a farlo con l’uso autogestito del farmaco e perdono questi vantaggi.

Un modo per rendere fattibile la terapia con disulfiram è legarne l’assunzione giorno per giorno al mantenimento di vantaggi o all’evitamento di conseguenze negative.

La terapia con disulfiram è spesso indicata con il termine di “avversivante” o “revulsivante”, nel senso che induce l’associazione tra alcol e malessere anziché piacere.

Il meccanismo più semplicemente ipotizzabile è che il desiderio di bere, in condizioni in cui al bere è immediatamente associato un effetto “spaventoso” oltre che negativo in sé, e che rende impossibile provare piacere, induca una riduzione condizionata del desiderio, tenendolo “represso”.
La persona non è quindi “schifata” dall’idea di bere, quanto ostacolata nell’accesso all’alcol e al suo effetto piacevole, per cui “retrocede” mentalmente in una posizione di rinuncia obbligata a questo comportamento.

Più recentemente è stato dimostrato che il disulfiram è anche attivo sul sistema cerebrale della dopamina, come “inibitore selettivo delle monoamino-ossidasi di tipo B”.
Quest’azione rende ragione di sintomi di ansia e di agitazione, potenzialmente anche allucinazioni nelle forme gravi, durante la reazione alcol-disulfiram.

Inoltre, su questa base si è deciso di sperimentare il disulfiram negli abusatori di cocaina, poiché l’interferenza con il metabolismo della dopamina altera la risposta cerebrale alla cocaina: sembra appunto che in chi assume disulfiram l’effetto piacevole sia immediatamente accompagnato da ansia e agitazione, con conseguente effetto “deterrente” in chi ha sperimentato questa reazione. Il disulfiram è risultato efficace nell’abuso di cocaina associato all’alcol, ma anche nell’abuso di cocaina in sé.

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Data pubblicazione: 13 aprile 2010

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