Il piede piatto "Sinostosico"

Di fronte ad un piede piatto bisogna sempre pensare alla possibilità che esso possa dipendere da una sinostosi. Questo soprattutto nei soggetti giovani quando la deformità appare rigida e dolorosa e ancor più se monolaterale . In questi casi gli accertamenti strumentali potranno confermare o escludere la diagnosi . La presenza di una sinostosi modifica l’approccio terapeutico richiedendo interventi di “ Resezione “ e o “ Artrodesi “ in funzione della gravità del’ danno articolare associato

IL PIEDE PIATTO “ SINOSTOSICO”

Premessa

Tra i tanti argomenti relativi alla patologia del piede, uno dei più interessanti e dibattuti è il cosiddetto “ piede piatto “. Ancora oggi ci si chiede se questo costituisca una vera propria malattia o non sia piuttosto da considerare come un sintomo che può riconoscere cause differenti . La dizione anglosassone di “ collasso dell’ arco plantare “ descrive forse l’aspetto più eclatante di questa situazione patologica ma al tempo stesso lascia chiaramente intendere il gran numero di strutture anatomiche coinvolte e soprattutto la complessità dei fattori che possono determinare questo quadro anatomo funzionale.

Volendo comunque mantenere il termine “ piatto “ perché ormai consacrato dall’uso, riteniamo che sia sempre necessario aggettivarlo, in ogni singolo caso, richiamando il momento patogenetico cioè la causa che ne è alla base: piede piatto paralitico, piede piatto degenerativo, piede piatto postraumatico, piede piatto sinostosico, ecc.

Seguendo questo modo di vedere voglimo ricordare che, tra le possibili cause di piede piatto, vi sono le cosiddette “sinostosi “.

Si tratta di anomalie relativamente rare che consistono in una anomala fusione ossea , fibrosa o fibrocartilaginea, tra due sementi scheletrici normalmente separati tra di loro. E’ molto importante riconoscere queste condizioni patologiche in quanto,, qualora il piede piatto sia ad esse riconducibile, può richiedere un trattamento “particolare “.

L’incidenza delle sinostosi del piede nella popolazione generale viene stimata nell’ ordine dell’ 1 – 2 % . Poiché in un discreto numero di casi comportano una sintomatologia modesta o rimangono asintomatiche, è verosimile che le forme clinicamente manifeste non superino l’1%. Risultano maggiormente interessati i maschi con un rapporto variabile da 2:1 a 4:1. Riguardo alla sede, le sinostosi astragalo-calcaneali rappresentano la forma più frequente seguita dalle sinostosi calcaneo-scafoidee; le due costituiscono oltre il 90 % di tutte le sinostosi del piede ed è a queste due entità che faremo riferimento.

Aspetti Clinici

Il quadro clinico con cui si manifestano le sinostosi del piede per lo più è rappresentato da un piede piatto rigido e doloroso che compare tra i 10 e 15 anni. Al dolore si associa una progressiva riduzione dei movimenti di pronosupinazione del piede. Il paziente cioè ha difficoltà a ruotare la pianta del piede  verso l'interno o verso l’esterno. Inoltre, al collasso dell’ arco plantare, si associa progressivamente un evidente valgismo (deviazione laterale) del calcagno, entrambi non correggibili con i classici test dinamici.

In altre parole facendo posizionare il paziente sulla punta dei piedi o sollevando manualmente l’alluce non si nota ne una ricomparsa dell’ arco plantare ne un riallineamento del tallone.

Diagnostica strumentale

La conferma diagnostica di un piede piatto sinostosico può avvenire con un semplice esame radiografico. Le sinostosi calcaneo-scafoidee sono generalmente già visibili con la classica proiezione laterale sotto carico ma diventano più evidenti con radiografie oblique del piede. Le sinostosi astragalo-calcaneari possono invece sfuggire alla radiografia convenzionale e necessitano di un approfondimento diagnostico con TC o RMN. Entrambi questi esami permettono di localizzare esattamente la sinostosi e valutarne le dimensioni. La TC rispetto alla RMN permette una migliore definizione delle strutture ossee. Tuttavia, nella pratica clinica, trattandosi frequentemente di soggetti ancora in età evolutiva alla TC spesso si preferisce l’esame RMN in quanto esente da radiazioni ionizzanti.

Inoltre la RMN permette una valutazione più esatta dei danni a carico delle articolazioni adiacenti, fattori questi che possono condizionare le scelte chirurgiche. Ricordiamo infatti che le sinostosi “ irrigidiscono” i fisiologici movimenti che si realizzano tra astragalo e calcagno o tra calcagno e scafoide. Ne consegue che , durante i movimenti liberi o di adattamento al suolo del piede, si realizzano delle sollecitazioni anomale a carico della articolazioni vicine alla sinostosi che determinano delle alterazioni degenerative fino allo sviluppo di un quadro francamente artrosico

Trattamento

Quando la sintomatologia soggettiva è modesta e la deformità poco accentuata è giustificato un trattamento conservativo soprattutto se si tratta di soggetti molto giovani. In questi casi possono essere utilizzati dei plantari di sostegno e accompagno delle volte ed è consigliabile l’impiego di calzature ammortizzanti al fine di ridurre gli stress meccanici sul piede. In generale comunque il trattamento conservativo raramente modifica la sintomatologia di un piede piatto sinostosico per cui quando è presente un importante deformità associata a sintomatologia dolorosa è consigliabile un trattamento chirurgico. Questo può consistere nella rimozione    (“ resezione “) della sinostosi o in una artrodesi (“ blocco “ dell’ articolazione).

Gli interventi di resezione prevedono la rimozione del tessuto sinostosico  e l’interposizione di uno spaziatore (muscolo, tessuto adiposo, cera d’osso...) tra le superfici resecate al fine di prevenire una recidiva cioè la progressiva riformazione dell’sinostosi.

 

Nella maggior parte dei casi alla resezione bisogna associare altri tempi chirurgici rivolti al ripristino della volta plantare e alla correzione del valgismo del calcagno in modo da ristabilire un normale asse di carico.

Le metodiche maggiormente utilizzate, soprattutto nei pazienti più giovani, sono l’endortesi senotarsica e di calcaneo-stop.

Si tratta di due due procedure chirurgiche, molto simili, entrambe mininvasive, che consistono nell'inserimento nel piede di un dispositivo che funge da STOP rispetto al collasso dell’ arco plantare e alla deviazione laterale del calcagno.

Il calcaneo-stop tradizionale prevede l’inserimento di una piccola vite nel calcagno. A determinare lo “stop propriocettivo” sarà proprio l’eminenza delle vite dal calcagno.

Al contrario, la procedura di endortesi prevede l’ inserimento di una piccola protesi (ad espansione o ad avvitamento) in una cavità naturale già pre-esistente, definita come “seno del tarso”.

Come detto in precedenza questi interventi danno i migliori risultati quando il piede è ancora in crescita in modo che le ossa e le strutture molli si adattino alla nuova situazione.

Nei soggetti più adulti, per il ripristino degli assi di carico, è preferibile ricorrere alle cosiddette osteotomie di calcagno . Si tratta di “ tagliare “ il calcagno e traslarlo in modo da riportarlo nella sua posizione fisiologica.

 

Infine, nel caso in cui gli esami radiografici TC o/o RMN evidenzino delle importanti alterazioni artrosiche a carico delle articolazioni vicine alla sinostosi, il trattamento più indicato è rappresentato artrodesi. Si definisce artrodesi l'operazione chirurgica che permette la fusione degli elementi ossei che compongono un'articolazione mobile o semimobile. L'artrodesi prevede la realizzazione di un'incisione di diversi centimetri nell'area anatomica in cui risiede l'articolazione d'interesse. Tale incisione rappresenta l'apertura attraverso cui il chirurgo raggiunge le componenti articolari dolenti e le fonde tra loro. Per ottenere la fusione occorre rimuovere tutta la cartilagine articolare residua. Gli elementi ossei vengono quindi accostati e fissati tra di loro con impianti metallici (viti, chiodi, placche).

Questo tipo di soluzione  è richiesta più frequentemente nelle sinostosi astragalo – calcaneari ed il “ blocco” articolare può interessare solo l’articolazione astragalo- calcaneare (“ artrodesi della sottoastragalica) o estendersi all’articolazione l’astragalo - scafoidea ela calcaneo- cuboidea (Duplice artrodesi). E’ invece molto raro dover ricorrere ad una “ triplice artrodesi “ situazione questa molto più invalidante in quanto prevede anche il blocco dell’articolazione della caviglia (tibio- astragalica).

Per approfondire:Il dolore al metatarso e il neuroma di Morton

Conclusioni

In conclusione, di fronte ad un piede piatto bisogna sempre pensare alla possibilità che esso possa dipendere da una sinostosi. Questo soprattutto nei soggetti giovani quando la deformità appare rigida e dolorosa e ancor più se monolaterale. In questi casi gli accertamenti strumentali potranno confermare o escludere la diagnosi. La presenza di una sinostosi modifica l’approccio terapeutico richiedendo interventi di “ Resezione “ e o “ Artrodesi “ in funzione della gravità del’ danno articolare associato

 

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Data pubblicazione: 11 febbraio 2019