Fuori dalle orbite: il punto di vista del chirurgo oftalmoplastico sulle fratture blow-out
Il termine blow-out (scoppio) si riferisce a un particolare tipo di frattura del pavimento e/o della parete mediale dell’orbita caratterizzato da una rima orbitaria intatta. La tempestività dell'intervento dipende dall'età del paziente e dal tipo di frattura
L’orbita per la sua peculiare posizione, viene coinvolta spesso nei traumi complessi del volto.
Il termine blow-out (scoppio) si riferisce a un particolare tipo di frattura del pavimento e/o della parete mediale dell’orbita, caratterizzato da una rima orbitaria intatta, che si verifica in conseguenza di un trauma contusivo sul bulbo oculare e/o sulla rima orbitaria stessa.
In base alla teoria idraulica il trauma contusivo agisce sul bulbo oculare spingendolo all’indietro con brusco aumento della pressione orbitaria che si trasmette a sua volta sulle delicate ossa del pavimento e della parete mediale che si rompono dislocando frammenti ossei e tessuti molli orbitari negli adiacenti seni paranasali (mascellare e/o etmoidale).
La teoria dell’inarcamento sostiene che il trauma interessi primariamente la rima orbitaria, la quale viene spinta indietro creando una frattura da compressione sul pavimento.
Recenti studi hanno dimostrato che entrambi i meccanismi concorrono nel determinare l’insorgenza delle fratture orbitarie interne. Statisticamente è il pavimento orbitario, medialmente al solco del nervo infraorbitario, la zona più frequentemente coinvolta, mentre la parete mediale lo è più raramente nelle forme isolate, mentre più spesso accompagna le fratture del pavimento.
Nei paesi occidentali le cause più comuni di frattura blow-out dell’orbita sono rappresentate negli adulti da incidenti stradali, sport e atti di violenza, nei bambini da sport e incidenti durante il gioco.
Clinica
I segni più frequenti sono edema ed ematoma periorbitario con ecchimosi congiuntivale, enoftalmo, diplopia generalmente nello sguardo verso l’alto, ipoestesia della II branca trigeminale (palpebra inferiore, ala nasale, emilabbro). L’eventuale incarceramento della muscolatura estrinseca dell’occhio, responsabile dei movimenti del bulbo oculare, nella rima fratturativa, può determinare deficit di motilità oculare, che se non prontamente riparata può assumere carattere permanente, a causa della fibrosi cicatriziale.
L’enfisema sottocutaneo può comparire soffiando il naso, manovra che può determinare anche un enfisema orbitario con conseguenze anche pericolose sul nervo ottico, ed è compito del chirurgo sollecitare i pazienti a evitare questa manovra.
Terapia
Le tipologie principali di fratture sono:
- Tipo 1 - Fratture grandi; più facilmente causano enoftalmo (>50% del pavimento o frattura combinata pavimento/parete mediale)
- Tipo 2 - Fratture piccole con incarceramento del muscolo
- Tipo 3 - Fratture piccole senza incarceramento
La maggior parte dei chirurghi è d’accordo sul fatto che nelle fratture tipo 1 e tipo 2 è necessario l’intervento chirurgico, mentre le fratture piccole senza incarceramento del muscolo (tipo 3) non dovrebbero essere operate, ma solo osservate. Infatti, bisogna sempre ricordare che la chirurgia delle fratture dell’orbita non è scevra da complicazioni anche serie come cecità, infezione o estrusione dell’impianto, midriasi persistente, peggioramento o persistenza della diplopia ed ectropion cicatriziale, per cui i benefici dell’intervento chirurgico devono controbilanciare i rischi chirurgici.
Placca di titanio utilizzata per la ricostruzione del pavimento dell’orbita
L’intervento chirurgico deve essere immediato solo nei rari casi in cui l’incarceramento muscolare determina un riflesso oculo-cardiaco molto pronunciato con bradicardia, sincope e arresto cardiaco.
L’intervento precoce (entro le 48 ore) è raccomandato in età pediatrica in quanto si è visto che il recupero funzionale del muscolo è inversamente proporzionale al tempo in cui resta incarcerato dalla rima ossea. Nei bambini, infatti, la necrosi delle fibre muscolari si instaura rapidamente dopo l’incarceramento ed è seguita dalla fibrosi, la quale a sua volta può risultare in una diplopia verticale che permane nonostante l’intervento chirurgico. Nei pazienti adulti è generalmente considerato sicuro procedere all’intervento entro 15 giorni dal trauma.
Il trattamento delle fratture dell’orbita consiste sostanzialmente nel ricostruire la parete orbitaria fratturata e riposizionare il contenuto dell’orbita prolassato.
Al riposizionamento dei frammenti fa seguito la stabilizzazione per mezzo di innesti che possono essere autologhi (osso iliaco, mandibolare, cartilagine settale, cartilagine auricolare) o eterologhi (lamine di Lyodura, mesh in titanio, placche in Medpor).
Generalmente l’assenza di morbidità nell’area di prelievo, la riduzione dei tempi operatori e dei fenomeni di riassorbimento fanno preferire l’impiego di materiali eterologhi.
La dimissione avviene il giorno successivo l’intervento chirurgico. A volte, se presente già da prima dell’intervento, può residuare una lieve diplopia che però andrà rapidamente migliorando nel corso dei giorni successivi. Le uniche accortezze da tenere nei giorni immediatamente successivi l’intervento sarà solo quello di evitare una importante attività fisica e di astenersi dal soffiarsi il naso, al fine di evitare che l’aria sotto pressione sposti la parete dell’orbita ricostruita ed entri all’interno della cavità orbitaria peggiorando il gonfiore.