Cefalea a grappolo.

La cefalea a grappolo

La cefalea a grappolo (CG) rientra nel gruppo delle cefalee di breve durata che sono meno frequenti delle cefalee di lunga durata come le emicranie e la cefalea di tipo tensivo.

La cefalea a grappolo (CG) rientra nel gruppo delle cefalee di breve durata che sono, per fortuna, meno frequenti delle cefalee di lunga durata come le emicranie e la cefalea di tipo tensivo.

Diffusione della cefalea a grappolo

Il mal di testa a grappolo, anche se terrorizza il paziente per la violenza del dolore e per i sintomi associati, è comunque di natura benigna.

Colpisce dallo 0,05% allo 0.3% della popolazione generale ed è più frequente nel sesso maschile dove raggiunge percentuali che variano dal 70 al 90% rispetto al sesso femminile che è ovviamente colpito dal 10 al 30%.

L’età media d’insorgenza è tra i 25-30 anni ma varia molto secondo le varie casistiche.

Forme di cefalea a grappolo

Si distinguono due forme, una episodica (la più frequente) e una cronica.

La forma episodica è caratterizzata da attacchi circoscritti in un determinato periodo (grappolo) intervallata da lunghi periodi di remissione. Tale remissione può durare mesi o anni, oltre 3 anni però solo in una piccola percentuale di pazienti senza cura farmacologica.

La forma cronica invece è continua e non presenta periodi di remissione e può rappresentare la conseguenza di una forma episodica o iniziare direttamente come “cronica”.

L’80% delle forme episodiche resta tale, più del 10% si trasforma in cronica e il resto in forme combinate (episodiche e croniche).

Per definire una cefalea a grappolo cronica è necessario che duri più di un anno e con remissioni inferiori ai 30 giorni. Conseguentemente la forma episodica, per essere definita tale, dovrà avere una durata di meno di un anno e una remissione superiore ad un mese.

La durata media di un grappolo varia da 1 a 2 mesi e mediamente si verificano da un grappolo ogni 2 anni a due grappoli ogni anno.

Per approfondire:Tipologie di cefalea ed emicrania: riconoscere il mal di testa

Cause e fattori scatenanti

Si è cercato di identificare fattori capaci di potere scatenare gli attacchi, ma finora non è stato provato nulla scientificamente e le osservazioni si basano su basi empiriche e statistiche.

Si ipotizza che possano contribuire situazioni di particolare impatto emotivo e periodi particolarmente impegnativi e stressanti di lavoro.

Con l’inizio dei grappoli potrebbero essere in rapporto pure fattori ambientali data la maggiore frequenza dell’inizio del grappolo ai cambi di stagione, evento che si verifica in circa il 70% dei soggetti. Tale fenomeno è stato messo in relazione al rapporto tra ore di luce e ore di buio durante la giornata ma non è stato confermato da prove scientifiche.

Possibili cause scatenanti l’attacco sono l’alcol, il fumo, riposi pomeridiani, luci abbaglianti, stress prolungati, attacchi di ira, alterazioni del ritmo sonno-veglia, ecc.

La Patogenesi, cioè il meccanismo con cui si scatena la cefalea a grappolo non è ben conosciuto.

Dopo varie ipotesi, di volta in volta successivamente scartate, per il momento quella più accreditata è la cosiddetta “Ipotesi Centrale” o “Ipotesi Alta” in cui ci sarebbe un’alterazione della funzionalità dell’ipotalamo, un’attivazione, che scatenerebbe le crisi dolorose.

Dall’ipotalamo poi potrebbe scaturire lo stimolo che porterebbe all’attivazione del riflesso trigemino-facciale.

In effetti l’attivazione dell’ipotalamo è stata evidenziata con la PET e si è visto che tale attivazione avviene nello stesso lato in cui si scatena il dolore. Tale attivazione sarebbe specifica della cefalea a grappolo in quanto, sempre alla PET, non sono state notate “attivazioni ipotalamiche” in pazienti con altre patologie dolorose craniche, come per esempio le emicranie.

Sintomi della cefalea a grappolo

La frequenza degli attacchi è in media 1-2 al giorno durante il grappolo, ciò accade in più del 75% dei casi ma tale frequenza può variare da un attacco ogni due giorni a 8 attacchi al giorno (casi rarissimi ma riportati in letteratura).

Caratteristici sono gli orari d’insorgenza: dalle 13 alle 15, intorno alle 21 e tra l’ una e le due di notte. Tali orari sono stati messi in rapporto con i pasti, con l’assunzione di alcolici, con periodi di relativo rilassamento e, per quanto riguarda l’attacco notturno, con la fase di sonno REM.

L’attacco dura in media tra mezz’ora e due ore, ma può variare tra un minimo di 15 minuti ed un massimo di 180.

Il dolore è sempre unilaterale. Il lato destro è quello più colpito (non si conosce il motivo), nel 50% dei casi, il sinistro nel 35% e nei restanti casi (circa 15%) alterna il lato.

La sede più frequente è quella oculare con interessamento della regione temporale, frontale, facciale superiore, mentre in meno del 20% la sede è quella occipitale (posteriormente) con, talora, irradiazione al collo. Rarissimamente il dolore può interessare anche un lato della mandibola.

Caratteristiche del dolore

Il dolore è violentissimo (cefalea da suicidio) e di tipo trafittivo, lancinante, a pugnalata.

In alcuni pazienti può essere anche pulsante e martellante.

Può iniziare in maniera leggera, ma in pochi minuti diventa violento e tale rimane fino alla fine dell’attacco. In alcuni casi può rimanere una dolenzia o un’ipersensibilità della zona interessata anche tra un attacco e l’altro.

A tale violento dolore si associano sintomi, detti neurovegetativi, quali lacrimazione, occhio arrossato, ptosi palpebrale (abbassamento della palpebra), rinorrea (scolo nasale), arrossamento e sudorazione del viso.

Durante l’attacco il paziente è agitato e in preda a nervosismo e può manifestare, raramente, comportamenti violenti.

Come fare la diagnosi

La diagnosi della cefalea a grappolo si formula quasi sempre soltanto in base all’anamnesi e quindi al racconto della sintomatologia riferita dal paziente.

Per approfondire:Cefalea: classificazione delle forme di mal di testa - infografica

Terapia della cefalea a grappolo

Per curare il mal di testa a grappolo si ricorre prevalentemente alla terapia farmacologica e, in rari casi (nelle forme croniche e in quelle farmacoresistenti, cioè che non rispondono ai farmaci), può essere chirurgica.

Terapia farmacologica

La cura farmacologia può essere di due tipi, terapia per l’attacco e terapia per la profilassi.

La terapia di profilassi va effettuata nella fase del grappolo e mai tra un grappolo e l’altro, perché sarebbe dannoso e inutile somministrare farmaci anche per anni, in cui il grappolo non si manifesterebbe ugualmente (indipendentemente dal farmaco) per la storia naturale ed individuale della malattia.

La terapia profilattica, che il neurologo prescriverà a seconda di determinati parametri del paziente (età, frequenza e severità degli attacchi, abuso di farmaci in acuto, ecc.) va prescritta all’inizio del grappolo e fino a circa due settimane dopo la risoluzione, con sospensione graduale.

Il farmaco di prima scelta è il Verapamil (prima è necessario effettuare un Elettrocardiogramma), di seconda scelta è il Litio (bisogna effettuare la litiemia, cioè il dosaggio del litio nel sangue, e un controllo della funzionalità tiroidea e renale). In casi resistenti e selezionati si può associare per 2-3 settimane il Prednisone (cortisonico). Nelle forme croniche spesso occorre l’associazione di Verapamil e Litio ed in alcuni casi anche di Prednisone.

Altri farmaci alternativi che in casi selezionati potrebbero essere usati come profilassi sono la metisergide, la clonidina, la melatonina. In fase di studio clinico è pure il valproato e il topiramato.

Nella terapia per l’attacco il farmaco di elezione è il Sumatriptan che per via sottocutanea, è efficace in pochi minuti. In misura minore, di una certa efficacia si è dimostrato lo zolmitriptan per spray nasale.

Nei pazienti che non tollerano i predetti farmaci, detti triptani, come alternativa si potrebbe usare l’indometacina in supposte. Negli attacchi di lieve-media entità (sfortunatamente rari) è efficace pure l’inalazione di ossigeno per circa 15 minuti. In ogni caso, durante il grappolo, va assolutamente abolito il fumo e l’alcol.

Terapia chirurgica

La terapia chirurgica è indicata nei casi assolutamente refrattari ai farmaci e nelle forme croniche in pazienti che presentano alcuni requisiti come l’unilateralità della cefalea e l’assenza di disturbi della personalità. In ogni caso tale decisione deve essere affidata a neurochirurghi particolarmente esperti in materia.

Negli ultimi anni una tecnica particolarmente efficace è rappresentata dalla DBS (Stimolazione Cerebrale Profonda o Deep Brain Stimulation) che consiste nella stimolazione inibitoria di quella regione ipotalamica che viene attivata durante la crisi e che si può evidenziare, come già detto prima, mediante la PET.

I risultati sono stati ottimi e senza significativi effetti collaterali.

Ripeto che i soggetti potenzialmente candidati a tale tecnica sono quelli assolutamente refrattari alla terapia farmacologica e con forma cronica.

Data pubblicazione: 06 marzo 2010 Ultimo aggiornamento: 29 dicembre 2021

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