Infarti cerebrali silenti (asintomatici)

Gli infarti cerebrali silenti sono delle lesioni ischemiche passate inosservate sia al paziente che ai suoi familiari ma riscontrate occasionalmente alla RM o alla TC encefalica.

Con la sempre maggiore diffusione delle tecniche di neuroimaging (tomografia computerizzata cerebrale e risonanza magnetica cerebrale) si riscontrano con frequenza, fino a pochi anni fa inaspettata, infarti cerebrali che né il paziente né il suo medico curante sospettavano in quanto passati inosservati, cioè senza alcuna sintomatologia che facesse allarmare il paziente o i suoi familiari.

Gli infarti cerebrali silenti (acronimo IS) si possono dividere in due gruppi in base alla dimensione e alla localizzazione:

  1. lacunari e profondi con dimensioni inferiori a 1,5 cm e
  2. ampi corticali e sottocorticali con dimensioni superiori a 1,5 cm.

 

Gli infarti cerebrali invece, silenti e non, vengono detti “piccole lesioni di tipo infartuale” se le dimensioni alla RM sono inferiori a 3 mm, infarti veri e propri se superiori a 3 mm.

La RM encefalica è certamente più sensibile e più affidabile della TC nel rilevare i piccoli infarti profondi, definiti “lacunari”.

Epidemiologia

I dati epidemiologici sulla prevalenza degli infarti cerebrali silenti sono variabili e questa variabilità è dovuta principalmente ai criteri di selezione dei soggetti inclusi nei vari studi e alle differenti metodiche utilizzate per rilevare queste alterazioni, per esempio, TC, RM, autopsia.

Infatti le percentuali variano dal 10% al 38%, considerando pure un aumento percentuale nei soggetti di colore. Le percentuali più alte si riscontrano, come si potrebbe aspettare, nelle persone anziane.

Fattori di rischio

Possiamo considerare fattori di rischio quelli classici per le malattie acute vascolari, cioè età, sesso, ipertensione arteriosa, diabete mellito, ipercolesterolemia, fumo di sigaretta, fibrillazione atriale, arteriopatia obliterante periferica, dilatazione atriale sinistra, pervietà del forame ovale, malattia dei piccoli vasi e condizioni trombofiliche, cioè la tendenza alla coagulazione del sangue, quest’ultima spesso su base genetica.

Fattori maggiormente predisponenti, in alcuni studi, hanno evidenziato la fibrillazione atriale, l’arteriosclerosi coronarica e la stenosi carotidea, quest’ultima secondo il grado di stenosi, essendo più frequente con le stenosi di grado maggiore.

Patogenesi

Perché questi infarti si presentano asintomatici e la loro presenza è documentata solo dalle indagini di neuroimaging, cioè dalla TAC (tomografia assiale computerizzata) e dalla RM (risonanza magnetica) encefalica?

Questo dipenderebbe da due fattori principali, la sede dell’ischemia e la sua estensione, essendo più probabile, come si potrebbe aspettare, per lesioni ischemiche piccole o di tipo lacunare.

Da recenti studi è stata messa in evidenza anche una correlazione con abbassamenti eccessivi ed improvvisi della pressione arteriosa soprattutto in pazienti ipertesi, particolarmente abbassamenti di pressione notturni.

Pertanto sia i picchi ipertensivi che quelli ipotensivi improvvisi potrebbero favorire, in alcuni pazienti, le ischemie cerebrali asintomatiche.

 

Significato clinico

Qui purtroppo entriamo in un campo in cui non disponiamo di dati certi, essendo spesso i risultati degli studi molto diversi tra loro e, a volte, discordanti.

Infatti nei soggetti anziani gli Infarti Silenti rappresentano un aumento di rischio sia per eventi ictali conclamati (ictus veri e propri) sia per demenza multinfartuale (vascolare).

Vari studi confermano questa tendenza e se volessimo quantificare il rischio, questo è mediamente cinque volte maggiore rispetto alla popolazione anziana con assenza di Infarti Silenti. Tale rischio comunque non influenzerebbe il tasso di mortalità.

Negli studi di Price invece, anche in assenza di ictus, si è dimostrato un deterioramento delle funzioni cognitive valutate con test specifici, per esempio all’MMSE il punteggio era di 2 punti più basso rispetto ai controlli senza Infarti Silenti.

Nello stesso studio, inoltre, questi soggetti con Infarti Silenti avevano un’alta probabilità di avere disturbi della visione (deficit del campo visivo) o marcate alterazioni della deambulazione.

Secondo altri studi (Brainin, Jorgensen) gli Infarti Silenti non hanno influenza sulla prognosi dell’ictus.

Interessante anche l’associazione con il disturbo depressivo maggiore presenile e senile, infatti è stato riscontrato un aumento significativo di depressione in soggetti che alla RM presentano lesioni vascolari della sostanza bianca sovraventricolare.

Gli autori di questi studi sono del gruppo di Fujikawa.

In rapporto alla demenza, invece, studi di Bornstein in soggetti con Infarti Silenti non hanno riscontrato a distanza di cinque anni un aumento significativo rispetto ai soggetti con assenza di Infarti Silenti alla TC.

Per altri autori invece le lesioni ischemiche asintomatiche possono essere fattore di rischio sia per deterioramento cognitivo, sia per alterazioni neurologiche come i deficit della deambulazione.

 

Conclusioni

Purtroppo, come si diceva precedentemente, ancora non ci sono dati certi sul decorso futuro dei soggetti con Infarti Silenti ma esistono studi settorializzati che ancora non danno un’univoca interpretazione di questa condizione di frequente riscontro.

 

Bibliografia

  • Brainin, Seiser et al. Stroke subtype is an age-independent predictor of first-year survival Neuroepidemiology 1997
  • Jorgensen, Nakaiama et al. Silent infarction in acute stroke patients. Prevalence, localization, risk factors, and clinical significance: the Copenhagen Stroke. Stroke 1997
  • Fujikawa, Yamavaki, Touhouda Silent cerebral infarctions in patients with late-onset mania Stroke 1995
  • Bornstein, Corea, Gallai et al. Heart-brain relationships: atrial fibrillation and stroke. Clin Exp Hypertens 2002

 

Data pubblicazione: 13 febbraio 2013
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