La Scoliosi Idiopatica
La Scoliosi Idiopatica è una complessa malattia della colonna vertebrale caratterizzata da un’alterazione anatomica delle vertebre e delle altre strutture di sostegno del tronco.
Cos’è la scoliosi idiopatica?
La scoliosi idiopatica è una complessa malattia della colonna vertebrale caratterizzata da un’alterazione anatomica delle vertebre e delle altre strutture di sostegno del tronco (fig. 1).
Fig. 1: Rappresentazione di un rachide normale e di un rachide scoliotico con curva sinistro-convessa.
Viene definita anche scoliosi dell’età evolutiva o giovanile in relazione alla sua comparsa caratteristica nel periodo pre-puberale ed al suo potenziale peggioramento durante la fase di accrescimento rapido.
Tale dismorfismo si manifesta macroscopicamente in una deviazione, sul piano laterale, della colonna vertebrale che perde la propria verticalità inclinandosi lateralmente in una o più curve. Nella maggior parte dei casi la curva principale (o primitiva) è unica.
Meno frequentemente sono presenti 2 curve principali. Le curve possono essere cervicali, cervico-dorsali, dorsali, dorso-lombari o lombari a seconda del segmento interessato. Destro- o sinistro- convesse in relazione alla direzione di convessità della curva.
Al fine, tuttavia, di mantenere un adeguato “baricentro” la colonna vertebrale, come meccanismo naturale di difesa, si modifica sopra e sotto la curva principale in delle curve definite di “compenso”. La scoliosi idiopatica sottende, dunque, un’alterazione anatomica dei corpi vertebrali nelle 3 dimensioni dello spazio, presenta cioè una “strutturazione”. Ciò significa che il rachide, sotto l’effetto deformante delle vertebre, si torce su se stesso causando evidenti effetti negativi anche su muscoli, tendini, articolazioni e spesso sugli organi interni per via della conseguente deformazione della gabbia toracica (Fig. 2).
La scoliosi non è una condizione correggibile se non mediante un intervento esterno.
Fig. 2: Schema delle alterazioni vertebrali e costali nella scoliosi.
Che differenza c’è tra scoliosi e atteggiamento scoliotico?
La scoliosi va assolutamente distinta “dall’atteggiamento scoliotico” che non è un dimorfismo bensì un paramorfismo.
Quest’ultima condizione è decisamente meno grave e si riscontra, ad esempio, nel frequente caso in cui i due arti inferiori hanno una diversa lunghezza causando una dismetria che tramite il bacino si trasmette al rachide. L’atteggiamento scoliotico viene semplicemente corretto rimuovendone la causa (ad esempio l’uso di un plantare per riportare al pari le differenze di lunghezza degli arti inferiori) e con l’attività fisica costante.
Quali sono le cause della scoliosi idiopatica e con che frequenza si manifesta?
Le cause della malattia non sono note ed è per questo che viene definita idiopatica. Si ritiene tuttavia che le basi della scoliosi possano riflettere un’alterazione genetica multifattoriale. Infatti è noto che una donna affetta da scoliosi ha una possibilità di generare un figlio con la stessa malattia 10 volte maggiore rispetto ad una madre sana.
In alcuni casi la scoliosi è uno degli elementi patologici di una più complessa malattia genetica come ad esempio il morbo di Von Recklinghausen.
Fortunatamente la scoliosi idiopatica è un’affezione molto rara. Colpisce con più frequenza il sesso femminile, con un rapporto circa di 5-7:1 rispetto a quello maschile. L’età di insorgenza è quella infantile-adolescenziale; in ogni caso prima della pubertà, in genere tra gli 8 e i 12 anni. Le curve dorsali e dorso-lombari sono di più frequente riscontro. Fra queste le sinistro-convesse si osservano più abitualmente.
Per approfondire:Si può fare sport con la scoliosi?
Come si diagnostica la scoliosi idiopatica?
La diagnosi della malattia è intuitiva e si basa sull’attenta osservazione clinica del paziente. Successivamente la conferma diagnostica si ottiene mediante un semplice esame radiografico della colonna vertebrale (Fig. 3).
Fig. 3: Negativo di Rx del rachide con evidenza di una curva scoliotica dorsale destro-convessa.
Tipicamente, osservando la schiena di un paziente scoliotico è facilmente evidenziabile un’asimmetria dell’altezza delle spalle e delle creste iliache, associata ad una curvatuta laterale della colonna (Fig. 4).
Il lato della convessità appare disegnato dalla prominenza cutanea delle apofisi spinose e dall’asimmetria delle masse muscolari (Fig. 5). Come detto prima, la rotazione vertebrale crea nei casi più gravi una deformazione della gabbia toracica: facendo flettere il tronco si potrà osservare la prominenza del “gibbo costale”, la deformazione funzionalmente più grave (Fig. 6). Infatti, il torace mutato nella forma può risultare in una deviazione della trachea e dei bronchi e in una compressione polmonare con diminuzione della capacità respiratoria.
Fig. 4: Segni clinici macroscopici da ricercare in una scoliosi.
Fig. 5: Scoliosi dorsale destro-convessa con asimmetria delle masse muscolari.
Fig. 6: Manovra di flessione del dorso con cui è possibile evidenziare la presenza di un gibbo costale destro.
Qual è l’indice di gravità di una scoliosi idiopatica e cosa si intende per evoluzione?
L’indice di gravità della malattia è rappresentato dalla misura in gradi della curva e dall’altezza del gibbo costale. Fra i vari sistemi di misurazione delle curve scoliotiche quello universalmente accettato è il metodo di Cobb basato sulla misurazione diretta dei gradi di deformità sulle radiografie (Fig. 7). Il gibbo viene, invece, viene misurato con un apposito strumento: il gibbometro (Fig. 8).
Fig. 7: Metodo di Cobb: misurazione dell’angolarità di una curva scoliotica.
Fig. 8: Il gibbometro.
Per evoluzione intendiamo la possibilità che una curva scoliotica ha di accentuarsi (cioè di progredire) durante la crescita dopo la sua comparsa. Quest’evidenza è deducibile semplicemente dai controlli clinico-radiografici seriati e ravvicinati. Avremo così curve a maggior probabilità di evoluzione e curve a prognosi più benigna. Quest’aspetto rappresenta la parte più complessa e delicata dello studio e della cura della malattia. Infatti in relazione alla prognosi di evolutività di una curva scoliotica si è obbligati a prendere delle decisioni per ottenere il miglior trattamento della deformità che, comunque possono “segnare” pesantemente il piccolo paziente.
Come si cura la scoliosi idiopatica e qual è il risultato prefisso?
L’obiettivo di trattamento di una scoliosi idiopatica è il raggiungimento della maturità scheletrica del paziente con una curva scoliotica a minor angolarità possibile e, dunque, con il miglio risultato estetico e funzionale che si possa perseguire.
Esistono 3 possibilità di trattamento:
- Il trattamento d’attesa;
- Il trattamento con ortesi;
- Il trattamento chirurgico.
Relativamente al primo, si attua in tutti quei casi in cui si ha una curva inferiore compresa tra i 10° e i 20°. Consiste nella pratica costante di specifici programmi di ginnastica e sport “simmetrici” (nuoto, pallavolo, sci, ecc.). Viene definito d’attesa poiché la deformità viene esclusivamente controllata con radiografie e valutazione clinica a distanza di tempo ravvicinato, pronti ad intervenire qualora la curva scoliotica acquisisse delle caratteristiche di rapida evolutività. In molti casi il trattamento d’attesa conduce il piccolo paziente alla maturità scheletrica senza evidenti peggioramenti dell’angolarità della curva.
Il trattamento con ortesi viene attuato in caso di evidenza di evolutività della curva con un’angolazione sopra i 20° e fino a 35°-40°. Mediante l’utilizzo di busti ortopedici fra cui i più noti sono il Lionese e il Milwaukee si cerca di arrestare (nei casi migliori di migliorare) l’evolutività della curva (Fig. 9). Tali corsetti, tuttavia, per avere efficacia vanno indossati nella maggior parte dei casi 23 ore al giorno fino al raggiungimento della maturità scheletrica.
Fig. 9: Esempio di ortesi utilizzato nel trattamento conservativo della scoliosi.
La terza opzione viene riservata ai rari casi che non rispondono al trattamento conservativo con ortesi e mostrano delle curve rapidamente progressive al di sopra dei 40°. L’intervento chirurgico consiste nel far ossificare precocemente le vertebre scoliotiche utilizzando dei mezzi di sintesi metallici (viti, uncini e barre) (Fig. 10). La sintesi chirurgica va procrastinata il più a lungo possibile ed eseguita nel periodo a cavallo del termine della pubertà al fine di non influenzare la statura finale del paziente. Il trattamento chirurgico in alcuni casi risulta, tuttavia, indispensabile. Pur essendo un tipo di chirurgia molto impegnativa per il paziente e per l’operatore, l’intervento consente di ottenere ottimi risultati in termini di correzione angolare (Fig.11) ed estetici (Fig. 12) sulla correzione della deformità e previene la comparsa dei disturbi funzionali (ad esempio l’insufficienza respiratoria da deformità toracica) che rappresentano uno degli aspetti più drammatici della malattia.