L’apparato tegumentario: pelle, unghie e capelli espressione dello stato dell'organismo
Appartiene alla nostra epoca la scoperta che, oltre a rivestire e proteggere il nostro corpo, la cute funziona da pannello solare, configurandosi come una ghiandola endocrina o un vero e proprio apparato. Rughe, calvizie e fragilità ungueale diventano così l’espressione tangibile dello stato dell’intero organismo, che nello specifico corrisponde al decadimento diffuso che contraddistingue la senescenza: parafrasando un detto antico, Cutis sana in corpore sano. Se ne parla in questo articolo, con particolare riguardo all’integrazione alimentare tramite principi nutrizionali essenziali per il funzionamento del nostro organismo.
Indice
La cute: ghiandola endocrina
La cute, con gli annessi capelli e unghie, non si limita pertanto a rivestire l’organismo con un abito sontuoso, che oltre ad attirare lo sguardo protegge dalle intemperie e dalle aggressioni. Funziona anche da pannello solare, che traduce la luce in ormoni, neurotrasmettitori e altri principi attivi coinvolti nel funzionamento dell’intero organismo (1). Ne forniscono un esempio gli estrogeni, che dopo la menopausa hanno una prevalente origine cutanea, anziché ovarica. Un altro esempio è il testosterone, la cui produzione con l’andropausa si sposta progressivamente dal testicolo alla cute. Lo stesso colecalciferolo, o Vitamina D3, è prevalentemente sintetizzato negli strati basali dell'epidermide partendo, sotto l'influenza dei raggi solari, dal colesterolo (2, 3).
La cute costituisce, in altre parole, una vera e propria ghiandola endocrina, anzi un apparato che si affianca a quelli fin qui conosciuti. Ne deriva che le rughe, la calvizie e la fragilità delle unghie non sono solo l’espressione visiva del declino associato alla senescenza: ne sono partecipi, col coinvolgimento della ghiandola endocrina racchiusa nella cute. Ecco allora che lo studio della cute acquista il significato di “antiaging”, come è oggi di moda chiamarlo.
La scoperta delle "Faciline"
Vittorio Erspamer, candidato al Premio Nobel, è stato una figura di spicco anche nella suddetta linea di ricerca (4). A volte scendevo dal mio Dipartimento nel suo piccolo laboratorio, dove da pensionato continuava a lavorare. Lui ne era lieto, perché soffriva di solitudine. Mi offriva un caffè e facevamo quattro chiacchiere, che inevitabilmente finivano per toccare la ricerca. “So che alcuni colleghi mi chiamano il pellaro”, mi disse un giorno senza amarezza, “perché cerco i neurotrasmettitori nella pelle degli anfibi. Non sanno che il sistema nervoso centrale nasce da una introflessione dell’ectoderma. È lì che si trovano in larghe quantità i mediatori umorali successivamente confinati, in quantità più ridotte, nel cervello”. Seguendo queste suggestioni, io stesso avrei da lì a poco isolato, assieme al mio gruppo di ricercatori, una nuova classe di fattori biologici: le Faciline (5, 6).
Anziché agire direttamente, le Faciline modulano l’intensità della risposta ad alcuni mediatori umorali. Al pari della manopola che, nella una radio, regola il volume del suono. Questi fattori biologici includono la dopamina e le catecolamine, che sono state coinvolte nella schizofrenia (7). Si aggiunga che l’armalina, l’anfetamina e l’acido lisergico, che inducono allucinazioni e altre manifestazioni psicotiche, si comportano sotto questo aspetto come le Faciline (8, 9 e 10). Da qui l’idea di un loro coinvolgimento delle schizofrenia. Purtroppo un’indagine sull’uomo non era alla portata del Dipartimento di Fisiologia Generale e Farmacologia delle Sostanze Naturali da me fondato, lo stesso che anni dopo è stato intitolato a Vittorio Erspamer. Purtroppo lo studio delle Faciline nello schizofrenico avrebbe richiesto un supporto dell’industria farmaceutica, sennonché essa poneva, e lo pone ancora, un altro problema: il brevetto farmaceutico, che alle sostanze d’origine naturale, o verdi com’è oggi di moda chiamarle, non offre la protezione indispensabile per rientrare nei pesanti costi dei loro sviluppi applicativi. Ecco perché l’industria farmaceutica preferisce il farmaco di sintesi, spesso a discapito del beneficio terapeutico (11).
Per approfondire:Senescenza: aspetti fisici e biologici
Come si cura la cute
Per trattamento "anti-età" si intende il sostegno e il rafforzamento delle funzioni fisiologiche del nostro organismo durante l’ultimo, fisiologico stadio della nostra vita. Ecco le principali misure che vengono adottate per il trattamento della cute.
L'esposizione al sole
La prima misura curativa consiste nell’irradiazione solare. Chi esce dalle tenebre dell’inverno nordico ne è talmente assetato, da esagerare ed esserne ustionato. L’esposizione al sole deve essere quella giusta, né insufficiente né eccessiva. I suoi tempi e la superficie corporea da esporre sono stati calcolati in base alle quantità di Vitamina D immesse in circolo. Ecco quindi come la “ghiandola endocrina” cutanea fornisce una ragione di fenomeni altrimenti difficili da spiegare: non solo il collegamento tra latitudine geografica e pubertà, ma anche la propensione alla depressione e al consumo di alcol che contraddistingue i paesi nordici (12).
Trattamenti topici
La seconda misura curativa della cute chiama in causa i trattamenti topici dotati di effetti trofici e rigenerativi sulla cute. Ne forniscono un esempio gli alfa idrossidi e altri acidi d'origine naturale, che esercitano un blando effetto abrasivo, detto peeling. Liberando la pelle dalle scorie che la irrigidiscono, ne favoriscono la distensione, soprattutto a livello delle piccole rughe attorno all'occhio. Funzionano, ma è bene non esagerare per non rimuovere anche il secreto fisiologico, che protegge la cute.
Oltre si passa alla chirurgia estetica, che col laser ha raggiunto vette impensabili appena pochi anni fa, e alle infiltrazioni di silicone o di tossina botulinica. Gli effetti estetici sono appariscenti, ma momentanei e seguiti, alla loro cessazione, da un rimbalzo di segno opposto: il cosiddetto rebound, che comporta una ripetizione del trattamento a dosi crescenti, innescando una sorta di ciclo vizioso.
Un altro esempio lo forniscono gli idratanti, moisturizers, costituiti da creme e altre preparazioni topiche ricche d'acqua, che reidratano la cute arida e raggrinzita. Un terzo esempio lo fornisce la Vitamina A, dotata di un documentato effetto trofico sui tegumenti, che purtroppo, nel passato, ha trovato un impiego topico a dosi abnormemente elevate, soggette a un assorbimento sistemico che nella donna incinta ha comportato un rischio di embriotossicità (13). Fortunatamente, la normativa attuale ne restringe l'impiego a dosi fisiologiche, che sono sicure. Un altro esempio ancora è l'acido ialuronico. Appartiene ai glicosaminoglicani, una classe di sostanze coinvolte nell'integrità strutturale e nel bilancio idrico dei tessuti. Esse sono impiegate topicamente come rassodanti (filler) della cute.
Il collagene idrolizzato, o gelatina, viene alla ribalta nella seconda metà del secolo scorso, quando negli Stati Uniti si diffonde il suo impiego per via orale contro la fragilità delle unghie. Questo impiego è stato in seguito soppiantato dalle lacche artificiali, che oltre a nascondere la sottostante fragilità ungueale si sono trasformate in una moda, tuttora perdurante. Nel frattempo, qualcuno aveva riflettuto sul collegamento tra unghie e capelli, spingendosi fino a studiare e documentare l’effetto favorevole del collagene su questo annesso cutaneo (14, 15).
Per approfondire:Come proteggere le unghie in estate?
Il collagene
Al pari delle unghie e dei capelli, anche il tessuto cutaneo è contraddistinto da un incessante ricambio cellulare, che richiede e comporta un adeguato apporto di elementi nutritivi. Essi sono costituiti in larga misura da aminoacidi, che l’organismo non è in grado di produrre o che la dieta non fornisce in quantità adeguate. Essi sono ricavati dalla digestione delle proteine presenti nei cibi, sennonché talvolta gli enzimi deputati a questo processo perdono d’efficacia. È per questo motivo che le unghie, i capelli e la stessa cute, in mancanza del nutrimento che ne sostiene la crescita, perdono la lucentezza, s’indeboliscono e diventano fragili. Assieme, come abbiamo visto in precedenza, a tutto l’organismo.
Al seguito di questi ragionamenti è venuto prepotentemente alla ribalta il collagene, nell’architettura e nel funzionamento dell’intero organismo, della cute e dei suoi annessi e, quindi, nella loro cura (13, 18). Oltre a essere la principale proteina dell'organismo, il collagene è unico per la molteplicità delle funzioni che svolge e delle conformazioni che assume. È consistente nelle unghie, flessibile nei capelli, elastico nella cute, che riveste adattandosi alle sue irregolarità e movimenti. Svolte le sue funzioni si disgrega, liberando i suoi componenti elementari, che vengono riciclati senza lasciare scorie.
Il Moplen, che nel 1963 valse un Nobel a Giulio Natta e Karl Ziegler, è ancora diverso. Da un lato è contrassegnato da impieghi che hanno inciso sulle nostre abitudini e condizioni di vita, ma dall’altro ha contribuito all’inquinamento ambientale, nonché ai mutamenti climatici che ne derivano. Il ritorno a un polimero biologico, prodotto nelle quantità richieste per sostituirsi alla plastica, meriterebbe un altro Premio Nobel.
Il collagene dell’organismo è tuttavia soggetto a una perdita continua, che va ripianata. Non può essere assunto come tale perché evocherebbe una reazione di rigetto, potenzialmente auto aggressiva. Da qui l'idea, anche perché le capacità digestive decrescono con l'età, di ricorrere a un collagene parzialmente idrolizzato, più facilmente assimilabile di quello nativo (19). Sull’argomento si è accumulata una impotente massa di lavori scientifici, che assegna al collagene parzialmente idrolizzato un ruolo primario nella cura della cute: la idrata, la rende elastica spianandone le rughe, l’aiuta a ripararsi (20-29). Il collagene idrolizzato si presta anche ad un impiego topico (30), che però solleva una problematica complessa, di ordine regolatorio: le sue proprietà trofiche e meccaniche lo collocano, infatti, a cavallo tra gli integratori alimentari e i dispositivi medici. È quindi doveroso farne una trattazione separata.
I capelli
Per inciso, i capelli hanno una parte importante nella storia della vita: nascono come pelliccia, che riveste i primati e molti altri mammiferi e, sotto forma di piume anziché di peli, gli uccelli. Rappresentano un manto protettivo geniale, come la maggior parte delle invenzioni della natura: non solo difende dalle intemperie, ma si rinnova e rigenera incessantemente, adattandosi alle condizioni ambientali. S’infoltisce col freddo dell’inverno, si dirada col caldo dell’estate.
Perché l'uomo ha abbandonato la "pelliccia"?
Eppure, nell’Homo sapiens è stato confinato a poche zone del corpo, tra le quali spiccano il capo e il pube. Perché? Molti si sono posti questa domanda. Se l’è posta anche Thomas Huxley (16), un filosofo capace di sposare l’evidenza scientifica con la forza del ragionamento. Secondo lui, la causa primaria dell’abbandono della pelliccia da parte dell’uomo risiede nell’attrazione sessuale esercitata dalla nudità, che avrebbe favorito la selezione naturale degli individui glabri. In realtà noi siamo attratti non tanto dalla nudità, ma dalla nudità che si spoglia e si rivela al partner, concedendosi a lui. Eppure, l’interpretazione di Thomas Huxley non è del tutto sbagliata: richiede solo d’essere meglio precisata. Secondo altri, la perdita della pelliccia sarebbe stata innescata dal cambiamento climatico avvenuto circa tre milioni di anni fa, quando la Terra subì il riscaldamento che causò l’inaridimento dell’Africa centrale, dove i nostri antenati vivevano (17). Un cambiamento climatico, per inciso, che a qualcuno ricorda quello in corso. Questa ipotesi spiega perché la pelliccia negli animali, e la chioma nell’uomo, s’infoltiscono d’inverno e si diradano d’estate. Spiega anche l’impiego delle cuffie ripiene di ghiaccio per contrastare la calvizie da chemio e radioterapia. È infine plausibile che la pelliccia sia stata definitivamente accantonata nella specie umana quando è stata sostituita dagli indumenti, inizialmente ricavati dal pellame delle prede.
I residui dell’antica pelliccia, ciononostante, conservano un ruolo importante: proteggono il capo dalle insolazioni d’estate e, se non s’abusa dei copricapo che indeboliscono i capelli, dal gelo dell’inverno. Segnalano, con l’eccezione degli individui che ne sono sprovvisti per ragioni genetiche, lo stato di salute complessivo del nostro organismo. Ecco perché la capigliatura appartiene agli attributi non solo della bellezza, femminile e maschile, ma anche della salute.
Conclusioni
La cute è una ghiandola endocrina, un pannello solare che, steso sull’intera superficie del nostro corpo, capta l’energia solare e la traduce direttamente in fattori organici, che concorrono al funzionamento dell’intero organismo. Questo ci dice la scienza della vita. Questo ci ha insegnato Vittorio Erspamer, nella sua straordinaria, illuminata visione dei principi attivi, nascosti nel nostro organismo in attesa in attesa di essere portati alla luce e tradotti in rimedi. Il collagene s’inserisce in questo quadro, con le sue funzioni fisiologiche e le relative, conseguenziali potenzialità applicative. Quale frutto di una ricerca complessa, di livello mondiale, ma una volta tanto italiana, orgogliosamente italiana(18).
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