La profilassi prima di un viaggio: perché i viaggiatori non se ne curano e quali rischi corrono?
Con un lavoro di revisione della letteratura scientifica sulla medicina dei viaggi, si evidenziano i dati epidemiologici utilizzabili come indicatori di rischio per motivare i viaggiatori in sede di consulenza pre-viaggio.
Serve davvero la vaccinazione prima di un viaggio? Quali sono i rischi effettivi e che probabilità ho di ammalarmi? I benefici sono maggiori degli effetti collaterali dei farmaci usati in profilassi? Al fine di ridurre i costi, quali vaccini preferire?
Introduzione
Nel quotidiano svolgimento delle attività di consulenza in medicina del viaggiatore, spesso ci si trova di fronte all’esigenza di motivare persone sane, entusiaste di recarsi in “paradisi” esotici o in procinto di avventure “da sogno”, ad aderire a costose schedule vaccinali, per problematiche infettivologiche “apparentemente lontane”.
Per facilitare adeguatamente un viaggiatore ad aderire alle misure preventive proposte, utilizzando un approccio decisionale condiviso che prenda in considerazione le percezioni e gli atteggiamenti nei confronti del rischio, spesso occorre prima rispondere alle domande che motivano in parte l’esitanza del paziente:
- quali dati sono indicativi della probabilità d’incorrere negli eventi infettivi per i quali si propone una specifica misura preventiva;
- ci sono dei vantaggi concreti nel preoccuparsi dei rischi sanitari correlati al viaggio con largo anticipo prima di una partenza;
- le storie di persone che, senza alcuna misura di prevenzione, sono rientrate asintomatiche dopo viaggi avventurosi sono da tenersi in considerazione nella valutazione dei rischi da viaggio (1).
Sebbene la maggior parte dei viaggiatori non cerchi una consulenza pre-viaggio, un aspetto rilevante nel determinare l’adesione alle proposte di prevenzione sono le aspettative dei pazienti nei confronti del viaggio: il motivo specifico di un viaggiatore per viaggiare e l'itinerario di viaggio può svelare anche fattori di rischio unici (2).
Nel corso della presente revisione si discutono i dati epidemiologici più rappresentativi dei rischi sanitari correlati ai viaggi.
Materiali e metodi
Esaminata la letteratura riportata in PubMed, si sono raccolti i dati epidemiologici da utilizzare in fase di consulenza pre-viaggio come parametri per fattori di rischio infettivologico.
Le parole chiave della revisione sono state individuate tra le domande frequentemente espresse dai viaggiatori nel corso della visita pre-viaggio; la scelta dei termini si è avvalsa dell’elenco riportato dal Medical Subject Headings (MeSH) della National Library of Medicine.
Nella selezione degli articoli scientifici non è stata usata alcuna valutazione di tipo qualitativo: sono stati presi in considerazione tutti quelli che contenevano informazioni utili allo scopo.
Si è indagato, dapprima, sui principali disturbi riportati durante o dopo il viaggio, successivamente, si sono raccolte le informazioni sui determinanti che principalmente hanno influito sulla scarsa adesione alle misure di prevenzione.
Si è ritenuto opportuno, anche, riportare tutte le considerazioni proposte dai vari autori con l’intento d’individuare problematiche da approfondire per migliorare l’adesione dei viaggiatori alle misure preventive proposte.
In uno studio finlandese del 2016 (3) su 460 soggetti cui era stata offerta una consulenza in medicina dei viaggi, il 79% riferiva l’insorgenza di malattia durante il viaggio o all'arrivo:
- il 69% presentava diarrea dei viaggiatori(TD),
- 17% problemi cutanei,
- 17% febbre,
- 12% vomito,
- 8% infezione del tratto respiratorio,
- 4% infezione del tratto urinario,
- 2% infezione dell'orecchio,
- 4% disturbi gastrointestinali diversi da TD o vomito e
- 4% di altri sintomi.
Di tutti i soggetti, il 10% ha consultato un medico e lo 0,7% è stato ricoverato; Il 18% ha assunto antimicrobici, con TD come indicazione più comune (64%).
I sintomi in corso sono stati segnalati dal 25% di tutti i viaggiatori al rientro a casa.
Durante il follow-up di tre settimane (il tasso di ritorno del 51%), il 32% degli intervistati ha sviluppato sintomi di nuova insorgenza, il 20% ha visitato un medico e l'1,7% è stato ricoverato in ospedale.
Sempre nel 2016 è stata descritta un'epidemia di schistosomiasi in un gruppo scolastico scozzese che si era recato in Uganda: lo studio descrivendo un'esposizione all'acqua dolce dalla partecipazione ad attività che includevano il nuoto nel Nilo, sottolinea come su 19 persone, di cui una sola sintomatica, ad un controllo sierologico esteso, ben 13 sono risultate positive (4).
Uno studio di sieroprevalenza per le principali malattie trasmesse da vettori (VBD) condotto dall’Università di Bari tra gli assistiti di un ambulatorio di medicina del viaggiatore tra il 2015 ed il 2017, (5) ha evidenziato che dei 207 viaggiatori che hanno partecipato al servizio di vaccinazione, 156 (75%) sono stati arruolati.
Dei 156 soggetti,
- 23 (14,7%) avevano anticorpi IgM e/o IgG specifici per almeno un VBD.
Di questi, 12 (52%) erano asintomatici. - 19 (12,2% dell'intera coorte), 9 (5,8%), 9 (5,8%) e 2 (1,3%) soggetti avevano rispettivamente anticorpi IgM e/o IgG specifici per Dengue Virus (DV), West Nile Virus (WNV), Chikungunya Virus (CHIKV) e Zika Virus (ZV).
- 10 soggetti (6,4%) ospitavano anticorpi specifici per più di un VBD.
In un’analisi nazionale condotta in Spagna sui ricoveri ospedalieri per Dengue, sono state registrate 588 ammissioni di cui il 49,6% erano donne con età media di 34,3. Una persona è deceduta (0,2%), l'82% si è presentato con dengue da lieve a moderata e il 7-8% con grave.
Gli autori hanno osservato una tendenza all'aumento costante dell'incidenza (p <0,05), parallelamente all'aumento dei viaggi nelle regioni endemiche della dengue (6).
Nel corso di un'analisi retrospettiva per identificare le caratteristiche cliniche e di laboratorio dei pazienti che ritornano in Sud Australia con sospetta infezione da virus della dengue (DENV), su 488 soggetti, 49 (10%) sono state definite dalla sierologia come dengue acuta, con caratteristiche cliniche di febbre (95%), mal di testa (41%) e mialgia / artralgia (56%). La presenza di eruzioni cutanee (36%) (7).
In uno studio simile tra i pazienti afferenti nei tre principali ospedali della regione Friuli-Venezia Giulia, in un periodo di studio di 5 anni dal 2010 al 2014, ci sono stati un totale di 140 pazienti con una diagnosi di sospetta malaria e che hanno ricevuto conferma microscopica della malaria.
La specie più comune identificata è stata
- Plasmodium falciparum, in 96 casi su 140 (69%),
- Plasmodium vivax (13%),
- Plasmodium ovale (4%),
- Plasmodium malariae (4%),
- infezione mista (4%).
Il motivo più comune per viaggiare era di visita ai parenti (54%), seguito da lavoro (17%) e recente immigrazione (15%).
Inoltre, il 78% di tutti i pazienti non ha assunto chemioprofilassi, 80 (79%) dei quali erano stranieri. In particolare, la percentuale di viaggiatori italiani che hanno assunto la chemioprofilassi era solo del 20% (8 su 39 casi italiani) e il regime era appropriato in soli quattro casi (8).
La maggior parte dei casi di rabbia nei viaggiatori sono associati a morsi di cane e si verificano in adulti che sono comunemente migranti.
L'incidenza di lesioni ai viaggiatori causate da animali potenzialmente rabbiosi è di circa lo 0,4% al mese di permanenza. I cani rappresentano il 51% dei casi, ma i primati non umani sono i principali animali responsabili di lesioni nei viaggiatori di ritorno dal sud-est asiatico.
Viaggiare nel sud-est asiatico, in India e in Nord Africa, la giovane età e viaggiare per turismo sono fattori di rischio per potenziali esposizioni.
Oltre il 70% dei viaggiatori non è immunizzato prima della partenza e non riceve cure adeguate in caso di infortunio (9).
In uno studio prospettico condotto presso il Centro di trattamento della rabbia di Marsiglia dal 2001 al 2014 sono stati inclusi un totale di 135 casi di feriti da Primati Non Umani (NHP) segnalati durante un periodo di 14 anni, che rappresentano in media 10 casi all'anno (intervallo 4–16 casi/anno), con una tendenza ad aumentare nel tempo.
La maggior parte delle esposizioni dei residenti di Marsiglia verso primati non umani si è verificata tra i viaggiatori adulti non vaccinati nel sud-est asiatico entro i primi 10 giorni dal loro arrivo in 2 principali località turistiche della Thailandia e 1 in Indonesia. Dei 135 pazienti, 2 avevano una vaccinazione pre-esposizione completa e 1 incompleta contro la rabbia (10).
In Brasile, al fine di valutare l'aderenza ai consigli pre-viaggio per la prevenzione della malaria sono stati intervistati telefonicamente 57 soggetti entro tre mesi dal rientro: l'adesione alla chemioprofilassi era significativamente più elevata tra coloro cui era stata prescritta la meflochina (n=18; 75%) rispetto alla doxiciclina (n=14; 45%).
L'adesione al repellente per zanzare e all'utilizzo della rete da letto era rispettivamente del 65% e del 67% (11).
In Grecia, nel corso di uno studio prospettico basato su questionari, su 2494 viaggiatori, studiati dal 1° gennaio 2009 al 31 dicembre 2010, i viaggiatori hanno cercato una consulenza pre-viaggio a una media di 16 giorni (intervallo: 0-349 giorni) prima della partenza: si è evidenziata la necessità di sviluppare strategie per indirizzare i consulenti in materia di salute dei viaggi al fine di aumentare la consapevolezza delle questioni relative alla salute dei viaggi (12).
In un recentissimo studio coreano che indagava i determinanti dell’adesione alle proposte di profilassi vaccinale, si conclude con sufficiente significatività statistica che esiste una correlazione, proporzionalmente inversa, tra aderenza alle proposte profilattiche e lunghezza dell’intervallo di tempo tra la consulenza pre-viaggio e la partenza.
Nello specifico tra coloro che accettavano le proposte di profilassi, i viaggiatori che hanno effettuato la consulenza più di 21 giorni prima della partenza erano di più di quelli che hanno ricevuto la consulenza 14 giorni o meno prima della partenza.
Gli autori sottolineano che per favorire l’accettazione di un'adeguata schedula vaccinale, è cruciale che la consultazione pre-viaggio sia effettuata almeno 3 settimane prima della partenza (13).
In merito all’adesione a misure di protezione anti-vettore durante il viaggio verso regioni con attività di dengue o chikungunya e regioni endemiche per la malaria di Plasmodium falciparum, è stata osservata una scarsa adesione nella coorte complessiva.
Il rispetto dell'uso repellente per la pelle era associato al genere femminile, all'osservazione delle zanzare e al viaggio durante la stagione delle piogge, e non era associato al rischio di malaria o chikungunya / dengue nella destinazione del viaggio (14).
Discussione
Come si legge nel citato articolo a cura dell’Institute of Clinical Medicine e del University of Helsinki:
“Nonostante adeguate misure preventive come vaccinazioni, profilassi della malaria e consigli di viaggio, la maggior parte dei nostri soggetti si ammalò durante o dopo il viaggio. Poiché i sintomi erano per lo più miti, raramente erano necessari servizi di assistenza sanitaria”.
Tale affermazione contiene due concetti rilevanti ai fini di una corretta percezione dei rischi sanitari correlati ai viaggi internazionali: il numero di soggetti che riferiva l’insorgenza di malattia durante il viaggio o all'arrivo era circa il 79% (quasi 8 persone ogni 10 consultate).
L’esiguità dei sintomi spesso ha portato a sottovalutare il fenomeno: molte patologie infettive si presentano nelle fasi iniziali in modo asintomatico o paucisintomatico, con sintomi spesso sovrapponibili.
Dati simili si ritrovano facilmente anche negli studi citati e condotti in altri contesti.
Sempre a sostegno del rischio di misconoscere alcune problematiche infettive al rientro da un viaggio è esemplare il caso dell’epidemia di schistosomiaci discusso, che pur coinvolgendo diciannove persone ne ha viste solo una sintomatica.
Il discorso è ancora più evidente per le numerose arbovirosi d’importazione che spesso vengono diagnosticate solo in corso d’indagini epidemiologiche di sieroprevalenza su soggetti clinicamente sani.
Attualmente non esistono vaccini autorizzati per numerose malattie trasmesse da vettori; in Italia o in altri paesi europei le principali misure preventive sono la protezione dalle punture di zanzara e dal controllo vettoriale.
Un siffatto problema assume particolare rilevanza in ambito di sanità pubblica lì dove un’arbovirosi misconosciuta, in fase iniziale, può trovare anche nel territorio italiano un vettore competente per la trasmissione, con il possibile rischio di introduzione di una malattia veicolata da vettori in aree non endemiche.
Sempre nei citati articoli si legge:
“nel 2010, ci sono state circa 280-530 milioni di infezioni DENV a livello globale di cui solo 70-140 milioni di casi erano clinicamente evidenti” (15).
La dengue è caratterizzata da febbre, mal di testa e dolore muscolo/articolare, che può essere simile ad altre malattie febbrili acute.
A causa di questa somiglianza, può essere difficile identificare e trattare adeguatamente i casi di dengue.
Come suggerito da vari autori gli esami sierologici sui soggetti asintomatici al rientro da un viaggio risultano frequentemente positivi sia nel caso di parassitosi come la schistosomiasi che di arbovirosi come la dengue.
Restano problematiche aperte l’utilità della sorveglianza sierologica al rientro, in particolare per coloro che viaggiano frequentemente e per lunghi periodi in zone endemiche per la dengue emorragica. Non va trascurato che i viaggiatori di ritorno possono fungere da sentinelle per epidemie locali di virus patogeni che potrebbero non essere stati ancora documentati o adeguatamente segnalati.
Si evidenziano l’importanza di una maggiore consapevolezza tra medici e viaggiatori e di un'appropriata individuazione in laboratorio come fattori cruciali per avere dati accurati sulle problematiche discusse.
Tale premessa va ulteriormente a sostegno della necessità di implementare l’adesione dei viaggiatori alle misure di prevenzione accrescendo la consapevolezza dei rischi legati ad un viaggio.
Diversi studi hanno valutato l’intervallo di tempo tra la consulenza pre-viaggio e la partenza. E’ questo un utile indicatore dell’adesione alle misure di prevenzione proposte. Per meglio chiarire: il tempo che la persona ha dedicato alla consulenza è un indicatore indiretto dell’importanza delle misure di prevenzione proposte per il viaggiatore medesimo.
Nel presente articolo si è dato volutamente spazio ai dati sui morsi d’animale, un esempio eclatante di come le misure di prevenzione si possano sottostimare.
I dati disponibili indicano come il fenomeno sia spesso sottovalutato e come un evento accidentale, sovente, costringa le persone a ricorrere a misure di profilassi post-esposizione in emergenza, durante il viaggio, con rischi e disagi certamente maggiori rispetto a quelli tipici dei soggetti vaccinati prima dell’esposizione.
Nonostante gli alti tassi di morbilità associati ai viaggi nei paesi in via di sviluppo, la maggior parte dei viaggiatori non cerca una consulenza pre-viaggio (16).
Concludendo, con la presente revisione si offre una raccolta di indicatori di rischio da discutere in consulenza pre-viaggio:
- dati percentuali di soggetti che al rientro hanno contratto un’infezione;
- esperienze di viaggiatori asintomatici al rientro ma sieropositivi per arbovirosi;
- tempo dedicato alla consulenza;
- infortuni con animali morsicatori.
I dati riportati sono utili per aumentare la percezione del rischio infettivologico correlato ai viaggi. Sebbene in precedenza anche altri autori abbiano sottolineato la necessità di aumentare la percezione del rischio in viaggiatori e consulenti nessuno aveva finora raggruppato i possibili indicatori di rischio individuati dai singoli autori.
Resta da approfondire con studi valutativi quanto efficace sia l’approccio ipotizzato.
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