Ciclo mestruale e alimentazione: amenorrea da dieta e sindrome dell'ovaio policistico
L'alimentazione può influenzare il ciclo mestruale? Vediamo quali sono gli effetti del cibo che mangiamo sulla salute e sull'equilibrio ormonale.
Esiste una relazione tra ciclo e mestruale e alimentazione? Vediamo come le nostre abitudini alimentari influenzano la salute e il nostro equilibrio ormonale.
Quanto incide l'alimentazione sul ciclo mestruale?
Un famoso filosofo dell’antichità diceva “siamo quello che mangiamo” ed è proprio vero: il nostro corpo è fatto dei mattoni contenuti negli alimenti. Si distinguono macronutrienti, che sono glicidi, proteine e lipidi, e micronutrienti, cioè le vitamine.
Il nostro corpo può produrre alcune sostanze, mentre altre ha bisogno di ricavarle dagli alimenti. Questo è il motivo per cui la nostra alimentazione deve essere variata ed equilibrata: si consiglia infatti l'assunzione di una dieta contenente circa il 50% di glicidi, 30% di proteine e il 20% di lipidi. Tutti gli elementi sono ugualmente importanti, non si può vivere solo di proteine o solo di glicidi.
Proviamo ad analizzare le conseguenze che una dieta non equilibrata può comportare sul ciclo mestruale.
Alimentazione a prevalenza proteica
Primo caso: alimentazione prevalentemente proteica, con molta frutta e verdura, carboidrati complessi (pane e pasta) presenti in modo marginale.
Questo è il tipo di alimentazione che viene condotta da molte ragazze adolescenti al fine di perdere peso.
L’effetto viene sicuramente ottenuto, ma a spese notevoli per la salute. La riduzione della quota di carboidrati determina in primo luogo l’abbassamento dei livelli di insulina e successivamente di leptina (ormone prodotto dal tessuto adiposo).
L’organismo attiva i meccanismi di allarme metabolico, come se ci fosse una carestia, con aumento del livello del cortisolo, ormone dello stress. Inizialmente i glicidi vengono mobilizzati dai depositi epatici di glicogeno, che comunque durano poche ore. Successivamente viene attivata la gluconeogenesi: il glucosio viene cioè prodotto a partire dagli acidi grassi e dagli aminoacidi (quindi demolendo il tessuto muscolare, nei casi estremi con esiti in atrofia) in quanto substrato indispensabile per l’attività cerebrale.
Vengono inoltre prodotti corpi chetonici, che creano acidosi e favoriscono la demolizione del tessuto osseo. Il metabolismo basale rallenta come tentativo di compenso alla situazione di iponutrizione. Infatti, si osserva una riduzione dell’ormone free T3, che rappresenta la quota attiva degli ormoni tiroidei.
Quali sono le conseguenze?
Chi elimina i carboidrati ottiene sì un effetto di dimagrimento, ma allo stesso tempo crea una situazione che favorisce il risparmio energetico e l’insulinoresistenza. Quindi, si crede di dimagrire, ma al contrario si pongono le basi per rapidi aumenti di peso successivi, che sono ben descritti dal cosiddetto fenomeno dello yo-yo.
Lo stato di carenza nutrizionale, attraverso la riduzione della leptina, porta alla soppressione del sitema ipotalamo-ipofisi-ovaio, con riduzione in modo particolare dell’ormone LH, che è il motore dell’ovulazione.
Questo comporta quindi una situazione di amenorrea con ipoestrogenismo, che nei casi più estremi arriva alla mancata risposta alla stimolazione con progestinico. Infatti, il progesterone agisce sull’endometrio, la mucosa dell’utero, solo se questa è adeguatamente preparata dagli estrogeni. Non rispondere al progesterone è quindi indice di ipoestrogenismo e di carenza di carboidrati significativa.
Le conseguenze a lungo termine riguardano soprattutto la perdita di massa ossea.
Gli anni dell’adolescenza sono quelli in cui si raggiunge il cosidetto picco di massa ossea, cioè la massima densità minerale che avremo nel corso della nostra vita. L’amenorrea da ipoestrogenismo, se di durata superiore ai sei mesi, determina un impoverimento della componente trabecolare dell’osso, che nel tempo può arrivare ad una vera e propria osteoporosi, soprattutto delle ossa cosiddette spugnose, quale le vertebre lombari. Il recupero del ciclo consente il recupero della massa ossea anche se in periodi lunghi, occorrono minimo 18 mesi per realizzare aumenti significativi della densità minerale ossea, misurata tramite metodica DEXA.
Terapie consigliate
La terapia di queste situazioni consiste nella riabilitazione nutrizionale e psicologica. Assolutamente sconsigliata la terapia estroprogestinica (pillola anticoncezionale) che maschera il sintomo dell'amenorrea, dando una falsa sensazione di normalità. Peraltro, gli estrogeni, se somministrati in condizione di carenza nutrizionale, non sono in grado di proteggere dall’osteoporosi, come invece avviene in altre condizioni di amenorrea (ad esempio in menopausa).
L'amenorrea dell'atleta
L’amenorrea dell’atleta rappresenta una situazione a sé stante, infatti la massa muscolare elevata protegge dalla perdita di calcio nelle ossa ed è raro riscontrare osteoporosi, anche in amenorrea di lunga durata.
Anche in questo caso, però, occorre equilibrare il livello di alimentazione (che spesso non è povera, se confrontata con coetanee con normale livello di attività fisica) rispetto al livello di impegno sportivo e quindi alle esigenze energetiche.
Anche in questo caso, la collaborazione tra ginecologo e nutrizionista dà risultati positivi nel recupero della funzione mestruale.
Alimentazione a prevalenza di glicidi
Secondo caso: alimentazione ricca in glicidi semplici e complessi. L’alimentazione non può essere sbilanciata nel senso opposto a quanto visto prima, perché un eccesso di glicidi, specie se il livello di attività fisica è basso, produce una situazione di aumento ponderale e insulinoresistenza.
L’organismo, quindi, produce alti livelli di insulina, che però non vengono sentiti dagli organi e il glucosio, invece di entrare nelle cellule per essere utilizzato per i processi metabolici energetici, viene immagazzinato sotto forma di lipidi nel tessuto adiposo. A sua volta, l’aumento dell’adiposità crea una situazione che favorisce l’insulinoresistenza e si costituisce un circolo vizioso, difficile da rompere.
Quali sono le conseguenze?
Chi è obeso, infatti, sperimenta spesso difficoltà a dimagrire oppure dimagrisce con diete estremamente povere in carboidrati, per poi riguadagnare di nuovo il peso perso alla sospensione della terapia. Questa situazione crea sconforto e scoraggiamento, perché dopo l’impegno notevole per dimagrire non si riescono a mantenere i risultati faticosamente ottenuti.
L’amenorrea dell’obesa o dell’iperandrogenica è però una situazione che non comporta problematiche di perdita di massa ossea, diversamente da quanto visto sopra per l’amenorrea da dieta, in quanto i livelli di estrogeni sono tendenzialmente alti ed il clima ormonale iperandrogenico favorisce la conservazione della densità minerale ossea. Lo spessore endometriale ci predice la buona risposta alla stimolazione con progestinico, che è pressoché costante, con l’unica eccezione di coloro che stanno eseguendo una dieta troppo povera in glicidi.
Terapie consigliate
Per uscire dal circolo vizioso è bene effettuare uno studio ormonale e metabolico completo che valuti la presenza dello stato di insulinoresistenza, tramite la determinazione basale di insulinemia e glicemia (con calcolo dell’indice HOMA), o ancora meglio tramite curva glicemica e insulinemica, più accurata come determinazione, ma più impegnativa per la paziente (consiste nel bere un disgustoso beverone a base di glucosio, per poi subire più prelievi ematici).
La successiva terapia consiste soprattutto nel cambiamento delle abitudini di vita: bisogna affidarsi ad un bravo nutrizionista, che sappia consigliare la dieta con il giusto equilibrio dei macronutrienti. Diffidare sempre da chi propone diete con contenuto glicidico troppo basso o con apporto calorico inadeguato (inferiore alle 1500 Kcal/die), oltre a scatenare la fame, i risultati, per i motivi visti prima parlando di iponutrizione, sono temporanei.
È bene impostare un programma di attività sportiva costante, per riattivare il metabolismo. Non ci stupiamo degli scarsi risultati che si ottengono andando due-tre volte la settimana in palestra, meglio 40 minuti al giorno di passeggiata a passo svelto, di cyclette o di tapis roulant, a seconda delle preferenze: è l’esercizio costante che riesce a sbloccare il metabolismo e a favorire l’insulinosensibilità. Non è particolarmente impegnativo in termini di tempo, ma bisogna avere la costanza di farlo.
Si possono poi aggiungere farmaci insulinosensibilizzanti, che aiutano a risolvere il problema metabolico di base, ma che non sono farmaci dimagranti. La metformina, ad esempio, favorisce l’ingresso del glucosio nelle vie metaboliche dell’utilizzo energetico soprattutto a livello muscolare. Ma è chiaro che se il livello di attività fisica rimane modesto, non si perde nemmeno un etto, e quindi non si sfrutta il potenziale importante del farmaco che si sta assumendo. L’azione della metformina a livello ovarico determina la riduzione della produzione degli androgeni e favorisce la comparsa di cicli ovulatori regolari.
Un nuovo integratore che sta dando risultati molto interessanti è inoltre l’inositolo, una vitamina del gruppo B, che ha il ruolo di favorire l’attività del recettore insulinico.
L'insulino resistenza causata dalla sindrome dell'ovaio policistico
Una situazione particolare è quella di chi geneticamente è già insulino-resistente, come nel caso, tutt’altro che raro nella nostra popolazione, della sindrome dell’ovaio policistico. In questa condizione, anche qualche chilo di troppo può scompensare la situazione ormonale e metabolica e creare una situazione di oligo-amenorrea con o senza segni clinici di iperandrogenismo.
Per saperne di più
- Open issues in anorexia nervosa: prevention and therapy of bone loss. Bruni V, Filicetti MF, Pontello V. Ann N Y Acad Sci. 2006 Dec;1092:91-102. Review.
- The management of polycystic ovary syndrome. Bruni V, Dei M, Pontello V, Vangelisti P. Ann N Y Acad Sci. 2003 Nov;997:307-21. Review.