Importanza dell'ecosistema vaginale nelle infezioni

L'importanza dello studio della flora vaginale e del pH ai fini di una corretta diagnosi

L’ecosistema vaginale e le infezioni

Il secreto vaginale risulta normalmente composto dalle secrezioni delle ghiandole di Bartolini e di Skene, dal trasudato delle pareti vaginali, dal muco cervicale, dalle cellule desquamate dell’epitelio vaginale, dal fluido endometriale ed endocervicale e dai leucociti. La quantità totale giornaliera prodotta è di 1-3 g/24h nella donna in età fertile.

Il secreto vaginale viene notevolmente aumentato durante la stimolazione sessuale,attraverso un incremento della vascolarizzazione e della trasudazione dei capillari (congestione pelvica pre-orgasmica). Questo insieme di fenomeni, in collaborazione con l’eiaculazione, consente la creazione di un ambiente meno ostile agli spermatozoi.

Numerose sono le cause infettive e non, che possono produrre una sua modificazione. Il quadro clinico è estremamente vario, potendo presentare sia forme scarsamente sintomatiche che forme con sintomatologia imponente (leucorrea, bruciore, prurito, dispareunia...).

Quale che sia il quadro clinico comunque non bisogna mai trascurare le possibili implicazioni a carico della donna o della coppia per la possibile sterilità, per la potenziale trasmissione dell’infezione al prodotto del concepimento o al partner e per la sospetta insorgenza di alterazioni cellulari in corso di PAP-test.

Per questo motivo l’ambiente vaginale costituisce un ecosistema complesso in cui interagiscono vari fattori in delicato equilibrio e fondamentalmente ostile allo sviluppo di microrganismi “estranei” ed in particolare patogeni. Questo equilibrio viene messo a dura prova dall’esposizione del tratto genitale femminile (vulva, vagina e cervice uterina) all’ambiente esterno, con conseguente rischio di infezioni che, in alcuni casi, possono compromettere la fertilità futura.

 

Quali sono i fattori che possono modificare l’ecosistema vaginale?

Il pH, glicogeno e glucosio, ormoni, gravidanza e parto, traumi ed interventi chirurgici, rapporti sessuali ed eiaculato, metodi contraccettivi, irradiazione e patologie maligne, immunosoppressione e trattamenti antibiotici.

Il pH vaginale è nettamente acido (4-4,5), dipende dall’elevata concentrazione di acido lattico (2-3%), a sua volta funzione della presenza del glicogeno e del tasso estrogenico e della presenza dei Lattobacilli (in prevalenza b. di Doderlein).


bacilli di DODERLEIN

Il pH acido costituisce una forma di difesa chimica contro lo sviluppo dei microrganismi patogeni. Alcune forme di vaginite, per es. quelle da Trichomonas vaginalis o da Gardnerella vaginalis, sono strettamente connesse con l’aumento del pH.

Il rapporto sessuale agisce essenzialmente attraverso il liquido spermatico (eiaculato). Esso, che è basico, espleta un forte effetto tampone sul secreto acido vaginale con innalzamento del pH. Qualora infatti non possa essere dimostrata la trasmissione di un batterio patogeno, intesa in senso stretto, è sufficiente un periodo di 6-8 ore di alcalinità vaginale (pH alto) indotto dallo sperma per permettere alla flora batterica di guadagnare terreno.
Per questo motivo si consigliava e si consiglia un lavaggio con acqua e aceto dopo il rapporto, per acidificare l’ambiente vaginale (Friedrich 1985).

La gravidanza, per la ricchezza di glicogeno, è caratterizzata dalla presenza nei 2/3 delle donne e nel 30% dei casi dei casi come unico commensale, del Lattobacillo di Doderlein.

La contraccezione ormonale determina un incremento della colonizzazione (e colonizzazione non significa vaginite!) da miceti (funghi). Gli IUD (spirali) influenzano la presenza nel 46,7% dei casi di batteri come Escherichia coli, Enterococco, Streptococco B e Stafilococco aureo.

Modificazioni sostanziali dell’ambiente vaginale si hanno con l’uso di saponi o lavande che, destinate ai soli genitali esterni, vengono erroneamente introdotte all’interno. I saponi, basici, determinano un immediato innalzamento del pH con squilibrio dell’intero ecosistema vaginale. Esempio caratteristico sono le conseguenze di lavaggi ripetuti quando sia presente nella flora la Gardnerella vaginalis. La sua lisi (rottura), determinando la comparsa del tipico ”odore di pesce andato a male”, obbliga la paziente a ripetere i lavaggi e ad innescare un circolo vizioso.

Questo obbliga dunque ad usare i detergenti solo sui genitali esterni, impedendo il loro passaggio all’interno della vagina. Un abbondante risciacquo con acqua non saponata deve seguire. Analogamente deve essere opportunamente risciacquata anche la biancheria intima che viene a contatto con l’introito vulvo-vaginale.
E’ infatti possibile che la presenza di secreti vaginali che defluiscono all’esterno si abbai lo scioglimento dei residui di detersivo e la loro penetrazione all’interno (Remotti 1990).

L’uso degli assorbenti interni non è in generale mai da consigliare sia perché favorisce lo sviluppo degli anaerobi sia perché trattenendo più a lungo in vagina il materiale ne prolunga la degradazione e favorisce l’assorbimento di sostanze dannose sia a livello locale che generale.


Prelievo vaginale

Quindi il pH vaginale dovrebbe essere misurato direttamente in vagina, sullo speculum all’inizio della visita ginecologica.

 

Conclusioni

I disordini dell’ecosistema vaginale portano a mutamenti dell’ambiente vaginale in cui la flora lattobacillare è sostituita da microorganismi per lo più anaerobi quali la Vaginosi batterica. Nella pratica ambulatoriale prima di giungere ad una diagnosi di vaginite batterica o micotica, è molto importante valutare le variazioni dell’ambiente vaginale per poter arrivare ad una diagnosi corretta, ai fini di instaurare una giusta e mirata terapia.

Data pubblicazione: 10 ottobre 2012