Il peso sullo stomaco, ossia la cattiva digestione
Si calcola che oltre il 20% degli italiani soffre di “cattiva digestione” ossia di disturbi attribuiti alla regione gastroduodenale e riferiti alla parte alta dell’addome (fra ombelico e parte inferiore dello sterno).
I sintomi sono caratterizzati da senso di ripienezza dopo i pasti, come se il cibo rimanesse a lungo nello stomaco; sazietà precoce, anche dopo i primi bocconi e, spesso, con difficoltà a finire il pasto; dolore o bruciore all’epigastrio, con sensazione di “infiammazione” della mucosa gastrica o duodenale.
A tali sintomi spesso si associano, eruttazioni, nausea, e a volte vomito con contrazioni addominali.
Quando tali disturbi assumono un andamento cronico e non sono secondari a malattie organiche, si può sostenere che il paziente sia affetto da un disturbo funzionale del tratto gastroduodenale, definito “dispepsia” (dal greco “dys-pepsia”, ossia “cattiva digestione”).
Che cos'è la dispepsia funzionale
La dispepsia funzionale viene suddivisa in una forma definita come “sindrome da stress postprandiale” (“postprandial distress syndrome”), presente nel 33% dei casi, in cui predominano i disturbi da difficoltato svuotamento, ed una forma definita come “sindrome da dolore epigastrico” (“epigastric pain syndrome”), presente nel 15% dei casi, con predominanza di bruciore e dolore all’epigastrio. Il resto dei pazienti presenta un quadro misto, in cui sono presenti entrambi le sindromi.
La dispepsia funzionale è un disturbo non presente nei paesi in via di sviluppo mentre è ben in evidenza nel mondo occidentale e legato, soprattutto, a due grandi problematiche: l’obesità e lo stress.
Chi è obeso o in sovrappeso ha una maggiore difficoltà a svuotare lo stomaco, mentre nei soggetti ansiosi scatta una certa “ipersensibilità” gastrica che porta ad avere una soglia più bassa alla distensione dello stomaco: in alcuni soggetti, è sufficiente un po’ d’aria nel lume gastrico per avvertire lo stomaco gonfio come un “pallone”.
La stretta correlazione fra stomaco e cervello è ormai provata dal fatto che esistono numerose connessioni nervose fra i due organi: per cui agitazione, ansia e stress si ripercuotono, con intensità diversa fra i vari soggetti, con sintomi a livello gastroenterico.
A conforto di ciò vi è un recente studio di alcuni ricercatori dell’Università di Bologna che hanno dimostrato come divorzio e disoccupazione siano associati alla cattiva digestione: chi è disoccupato rischia una cattiva digestione sei volte più della norma, mentre nei divorziati la probabilità triplica. Il meccanismo non è ben chiaro, ma è probabile che il disagio psicologico comporti un aumento della sensibilità viscerale.
Lo stesso studio dei ricercatori bolognesi punta il dito anche contro il fumo, che raddoppia la probabilità di dispepsia, probabilmente per un rallentamento dello svuotamento gastrico. Quindi, una sigaretta dopo il pranzo non aiuta a digerire.
Dispepsia funzionale o organica?
In Italia fino al 5% delle visite richieste al MMG sono dovute alla dispepsia, ma l’impatto economico è rilevante se si pensa che solo ¼ dei dispeptici si rivolge al medico, mentre la grande maggioranza dei pazienti ricorre all’automedicazione.
Quindi, il paziente che chiede “aiuto” avrà una sintomatologia realmente importante o è un soggetto fortemente ipocondriaco e il medico dovrà, con la maggiore probabilità possibile, capire se è di fronte ad un caso di dispepsia funzionale o organica.
Con un’accurata anamnesi, infatti, si dovrà accertare se il paziente assume farmaci che possono giustificare la sintomatologia (calcio antagonisti, nitrati, teofillina, difosfonati, FANS, ecc.), o escludere patologie concomitanti intestinali (sindrome da reflusso; colon irritabile, stipsi, affezioni bilio-pancreatiche, ecc.), cardiache o sistemiche.
L’attenzione del medico è rivolta, anche e soprattutto, all’identificazione di sintomi di allarme (vedi tabella) la cui presenza impone l’esecuzione di accertamenti diagnostici più approfonditi, come la gastroscopia, evitando atteggiamenti di attesa, pur tenendo conto che a tali sintomi non necessariamente debbano inevitabilmente corrispondere gravi patologie. Il criterio dei 45-50 anni è stato scelto sulla base di precise rilevazioni epidemiologiche che hanno dimostrato l’estrema rarità di neoplasia gastrica al di sotto di quel valore soglia.
Sintomi di allarme nel paziente dispeptico
- Età superiore ai 45-50 anni
- Calo rilevante di peso
- Sanguinamento gastrointestinale
- Anemia
- Difficoltà a deglutire
- Vomito insistente
- Familiarità per tumori dell’apparato digerente
Per approfondire:La Sindrome gastro-cardiaca (o Sindrome di Roemheld)
La gestione del paziente
La gestione del paziente, da parte del medico, deve mirare ad un inquadramento diagnostico ottimale e ad un trattamento corretto ed efficace, senza ricorrere ad accertamenti diagnostici spesso dispendiosi ed inutili (e anche rischiosi per il paziente).
In base all’anamnesi ed ai sintomi del paziente possiamo prevedere i seguenti approcci.
Esecuzione immediata di un’esofago-gastro-duodenoscopia.
Questo, ovviamente, può sembrare l’approccio più intuitivo in quanto ci consente di fare diagnosi e/o di escludere patologie importanti. Inoltre, l’esame può rassicurare il paziente. Tale strategia, però, risulta non proponibile anche perché andremmo a fare esami diagnostici invasivi su tanti pazienti giovani su cui non ci sarebbe una reale indicazione. Sappiamo bene, inoltre, che la controindicazione alla gastroscopia (o di un esame invasivo in genere) è proprio la non.. indicazione all’esame. Ovviamente la gastroscopia trova giusta indicazione nei soggetti con uno o più sintomi di allarme.
Trattamento empirico con un farmaco che agisca sul sintomo principale.
In assenza di sintomi di allarme è questo l’approccio preferibile in soggetti giovani nei quali la probabilità di una patologia severa è molto bassa. Per cui saranno utilizzati antisecretivi (inibitori di pompa protonica: IPP) se il sintomo principale è il dolore/bruciore gastrico (“sindrome da dolore epigastrico”) o dei procinetici se è preponderante il disturbo da difficoltato svuotamento gastrico (“sindrome da stress postprandiale”). Spesso però la terapia comprende entrambi i farmaci (avendo i pazienti nella metà dei casi una sintomatologia mista).
Ricerca dell’Helicobacter Pylori (in modo non invasivo) e trattamento eradicante in caso di positività.
Tale approccio (test and treat) si propone di eliminare, in caso di positività per l’Helicobacter Pylori (ricerca con l’Urea Breath Test o con l’Antigene fecale), la gastrite cronica associata o eventuali lesioni erosive o/e ulcerative gastroduodenali. Bisogna però sottolineare che la percentuale di soggetti dispeptici H.P. positivi che si giovano dal trattamento eradicante è estremamente basso.
Cosa fare in caso d’insuccesso del primo approccio terapeutico?
C’è un numero limitato di pazienti che continua ad accusare disturbi nonostante i provvedimenti esposti precedentemente. In tali casi il medico, prima di ogni cosa, deve rivalutare il quadro clinico al fine di escludere una patologia organica (con accertamenti di primo e di secondo livello) non emersa alla prima visita.
Se alla fine il sospetto rimane quello di una dispepsia funzionale si potrà ancora adottare un regime terapeutico di tipo empirico, per esempio prescrivendo un IPP a dosaggio raddoppiato o associato ad un procinetico, oppure ricorrendo ad un antidepressivo triciclico a basse dosi somministrato alla sera, o anche decidendo di eseguire la gastroscopia. Da considerare, infine, lo stato psicologico del paziente e la eventuale necessità di indirizzarlo allo specialista di riferimento.
Per approfondire:Diagnosi dispepsia funzionale: le nuove linee guida
Alimentazione e stile di vita
È questo il principale argomento che il medico deve immediatamente affrontare con il paziente con dispepsia funzionale in quanto, in alcuni casi, ci potrebbe essere un immediato beneficio eliminando, così, la necessità di procedere con l’iter diagnostico-terapeutico.
Ad ogni modo una corretta alimentazione ed uno stile di vita appropriato devono essere sempre alla base della nostra quotidianità.
Suggerimenti per il paziente dispeptico
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Mantenere il proprio peso forma, svolgendo regolare attività fisica giornaliera
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Non fumare
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Limitare l’alcol
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Mangiare poco, più volte al giorno, per evitare il sovraccarico dello stomaco: concentrare tutto il cibo in un solo pasto equivale a concentrare il lavoro di una giornata intera in poche ore!
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Mangiare lentamente e masticando a lungo per evitare di inghiottire aria che va a distendere lo stomaco. Bisogna anche ricordarsi che la prima digestione avviene in bocca, per cui mangiare in fretta senza masticare bene il cibo comporta un lavoro gastrico più lungo.
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Limitare cibi molto speziati e cibi acidi come i pomodori e gli agrumi.
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Non mangiare mai fino a sentirsi completamente sazi.
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Cercare di mangiare con “tranquillità” e se si è al lavoro, evitare di consumare il pasto velocemente ed in piedi: consumare il pasto con calma, possibilmente seduti, concedendosi almeno 20-30 minuti di relax prima di riprendere il lavoro.
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Non indossare indumenti troppo stretti, specie a tavola.
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Moderare l’uso di bevande che contengono caffeina (come cioccolata, caffè, tè).
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Fare una passeggiata dopo i pasti ed evitare di “sdraiarsi” immediatamente.
Per approfondire:SIBO: la sovracrescita batterica intestinale
Riferimenti bibliografici
Am J Gastroenterology 2010; 105:757-763; Gastroenterology 2010; 138: 1302-1311; Gastroenterology 2005; 129:1756-1780