Reflusso gastroesofageo diagnosi.

Come ottenere una perfetta diagnosi del reflusso gastroesofageo

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Dr. Felice Cosentino Gastroenterologo, Chirurgo apparato digerente, Chirurgo generale, Colonproctologo

Ci sono situazioni cliniche in cui non è facile identificare i pazienti con vera MRGE come, ad esempio, nei soggetti con sintomatologia tipica ma che non presentano lesioni mucose all’esame endoscopico (Malattia da reflusso esofageo non erosiva – NERD) o nei soggetti che non rispondono la terapia medica. In tali circostanze si rende necessaria una diagnosi del reflusso gastroesofageo mirata, come la pH-impedenziometria esofagea multicanale (MII) 24 ore.

Come riconoscere il reflusso gastroesofageo

Il reflusso gastroesofageo è definito come il passaggio di materiale gastrico in esofago che, entro certi limiti, è del tutto fisiologico. Un aumento della frequenza, quantità e durata di questo reflusso è generalmente associato con sintomi o, meno frequentemente, con lesioni della mucosa esofagea (erosioni, ulcere, ecc.): ciò genera la condizione di Malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE).

Classicamente la malattia da reflusso è rappresentata come un iceberg in cui la parte emergente corrisponde alla quota di pazienti (20-40%) con sintomatologia tipica e frequente (pirosi retro sternale, rigurgito, ecc.), mentre la parte sommersa rappresenta la quota di pazienti con sintomi occasionali e che raramente si rivolgono al medico.

Guarda il video: Reflusso gastroesofageo: 5 domande e risposte

Diagnosi del reflusso

La diagnosi di MRGE si basa su una scrupolosa raccolta dei sintomi e la pronta risposta a un breve ciclo di terapia con inibitori di pompa protonica (PPI test). Tuttavia ci sono situazioni cliniche in cui non è facile identificare i pazienti con vera MRGE come, ad esempio, nei soggetti con sintomatologia tipica ma che non presentano lesioni mucose all’esame endoscopico (malattia da reflusso esofageo non erosiva – NERD) o nei soggetti che non rispondono la terapia medica.

In tali circostanze si rendono necessari accertamenti diagnostici mirati come la pH-impedenziometria esofagea multicanale (MII) 24 ore.

PH-impedenziometria

La pH-impedenziometria esofagea multicanale supera alcune delle limitazioni presentate dalla tradizionale pHmetria delle 24 ore perché:

  • fornisce informazioni sulla presenza di qualunque tipo di bolo che refluisce in esofago (gassoso, liquido o misto liquido-gassoso): il significato di tale differenziazione può essere compreso ad esempio se si considerano recenti segnalazioni della letteratura circa il ruolo del reflusso gassoso quale elemento in grado di indurre sintomi esofagei in pazienti endoscopicamente negativi e che non rispondono a terapie con farmaci antisecretivi;
  • fornisce informazioni circa la natura acida (valori di pH intraesofageo inferiori a 4) o non acida (se il pH è compreso tra 4-0 e 7.0): la determinazione di questi parametri assume rilievo clinico in quanto i reflussi non del tutto acidi, si associano ad una scarsa risposta terapeutica ai farmaci antisecretivi nei pazienti reflussori con o senza lesioni della mucosa esofagea;
  • riconosce il grado di estensione prossimale del reflusso gastro-esofageo, importante nei pazienti con manifestazioni extraesofagee: i rilevatori impedenziometrici posti ad intervalli fissi sulla sonda esofagea consentono di determinare fino a che punto dell’esofago può giungere il materiale refluito;
  • consente di valutare l’associazione tra sintomi e materiale refluito.

L’indicazione principale di questa metodica appare essere lo studio dei:

  • pazienti endoscopicamente controllati e con sintomi resistenti alla terapia con inibitori della pompa protonica;
  • pazienti con sintomi atipici, quali il dolore toracico o sintomi extraesofagei (ad esempio asma bronchiale, tosse cronica, sintomi ORL) non altrimenti giustificati;
  • pazienti in cui sia posta indicazione a trattamento chirurgico della malattia da reflusso.


La rilevanza clinica della diagnostica funzionale della pH MII/24h si evince da recenti osservazioni che suggeriscono:

  • che in una percentuale sino al 30% dei casi con esofagite peptica e sino al 65% dei casi con malattia da reflusso senza lesioni esofagee (NERD) persistono disturbi soggettivi nonostante la terapia antisecretiva;
  • La ph-impedenziometria risulta patologica nel 40% dei casi e normale nel 60% dei soggetti resistenti alla terapia antisecretivi;
  • Il 90% dei soggetti con esame patologico migliora con l’aumento del dosaggio dei farmaci antisecretivi, mentre solo il 43% di coloro con pH-MII/24h normale rispondono ad una dose più alta; pertanto nel 60% circa dei casi resistenti ad una dose standard di antisecretivi la prosecuzione della terapia con dosi elevate (doppie-triple) è probabilmente inutile.

L’applicazione quindi di questa metodica funzionale consente non solo una miglior selezione dei pazienti candidati a terapia a lungo termine, ma anche di individuare i casi che presentano sintomi apparentemente da reflusso, ma che in realtà sono espressione di una malattia funzionale del tratto gastroenterico superiore.

diagnosi reflusso endoscopia

Come si esegue l’esame

L'esame viene eseguito ambulatorialmente. Si raccomanda il digiuno dalla mezzanotte del giorno precedente. È necessario sospendere i farmaci in grado di interferire con l'acidità gastrica (lansoprazolo, pantoprazolo, esomeprazolo, rabeprazolo, omeprazolo) da almeno 15 giorni. Se la sospensione non è possibile se ne terrà conto alla refertazione. Sospendere 24 h prima dell’esame farmaci procinetici, antiacidi (alginati, sucralfato), H2 antagonisti (a base di ranitidina o famotidina).

L'indagine viene effettuata mediante il posizionamento di un sondino di 2 mm circa per via trans-nasale (foto) previa anestesia locale della mucosa nasale con anestetico da contatto. Tale sondino sarà collegato con un piccolo computer portatile, affidato al paziente, mediante il quale sarà effettuata una registrazione prolungata dell'acidità del contenuto in esofago per 24 ore. Il registratore è munito di tasti: (1) posizione eretta/supina, (2) inizio/fine pasto, (3) sintomi.

La mattina seguente l’utente dovrà ritornare per rimuovere il sondino. Il paziente in queste 24 ore deve seguire le usuali abitudini quotidiane, evitare il riposo eccessivo, alimentarsi come d'abitudine, senza particolari restrizioni.

Poiché l'introduzione della sonda viene praticata senza visione diretta da parte dell'operatore, è utile avere la conoscenza anamnestica di qualsiasi anomalia anatomica già nota del paziente, eventualmente scoperte tramite precedenti radiografie o endoscopie.

Riferimenti bibliografici

  1. P. Zentilin et alii: Digestive and Liver Disease 38 (2006) 226–232
  2. G. E. Boeckxstaens, Aliment Pharmacol Ther 2010; 32: 334–343
Data pubblicazione: 18 giugno 2011 Ultimo aggiornamento: 07 gennaio 2021

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