Gli Inibitori della Pompa Protonica (PPI): corretto utilizzo e raccomandazioni

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Dr. Francesco Quatraro Gastroenterologo, Colonproctologo

I farmaci inibitori della pompa protonica (PPI) sono principi attivi molto importanti che hanno modificato la storia delle patologie acido-correlate. Il gruppo dei PPI ha sostituito nell’uso comune il gruppo precedente di antisecretivi, ovvero gli antistaminici (o anti H2) tra i quali ricordiamo la Ranitidina, divenendo largamente più diffusi di questi ultimi per la loro maggiore efficacia. Nel breve termine i PPI sono altamente efficaci ma, sebbene esistano indicazioni per una assunzione a lungo termine (ad esempio nnella terapia dell’esofago di Barrett), va detto che il loro diffusissimo utilizzo cronico spesso non è indicato. Sovente vengono prescritti PPI senza una chiara indicazione; occorre quindi precisare che, sebbene si tratti di molecole considerate “sicure”, recenti studi osservazionali hanno associato il loro utilizzo cronico a diversi rischi (polmonite, infezione da Clostridium difficile, fratture osteoporotiche, etc.) Pertanto sarebbe auspicabile una appropriatezza prescrittiva, poichè l’uso inappropriato di questi farmaci può incidere negativamente sulla salute dei pazienti.

Introduzione

Gli inibitori della pompa protonica (PPI) sono i farmaci più potenti, ad oggi, utilizzati per sopprimere la secrezione acida gastrica. Sono centinaia di milioni le prescrizioni di PPI ogni anno nel mondo, con un impatto economico mondiale davvero impressionante.
Negli USA sono al terzo posto tra i farmaci più venduti (113.000.000 di prescrizioni nel 2008, con vendite per $ 4,8 miliardi).

Si tratta di un gruppo di molecole che prendono il nome di:

  • Omeprazolo,
  • Esomeprazolo,
  • Lansoprazolo,
  • Rabeprazolo,
  • Pantoprazolo.

Indicazioni di utilizzo

I PPI vengono comunemente utilizzati per vari disturbi acido-correlati:

  • Malattia da Reflusso GastroEsofageo, spesso abbreviata come MRGE, comprendente la GERD (Gastro-Esophageal Reflux Disease detta anche GORD, Gastro-Oesophageal Reflux Disease) e la NERD (Non-Erosive Reflux Disease);
  • Infezione da Helicobacter Pylori (terapia eradicante);
  • Pirosi (il cosiddetto "bruciore di stomaco"), dispepsia (cattiva digestione);
  • Sindrome di Zollinger-Ellison;
  • Profilassi dell’ulcera indotta dall’uso di FANS (farmacianti-infiammatori non steroidei);
  • Profilassi della gastrite da stress.

Comunemente vanno assunti 30 minuti prima del primo pasto della giornata.

In genere vengono prescritti, in base al quadro clinico, per periodi fra le 2-8 settimane.

Con altrettanta frequenza vengono prescritti per terapie molto più lunghe, pertanto occorrerebbe conoscere i possibili rischi e gli effetti indesiderati.

I PPI sono tutti ugualmente efficaci, essi vengono somministrati secondo le seguenti dosi massime giornaliere:

• Omeprazolo 20 mg/die,

• Lansoprazolo 30 mg/die,

• Pantoprazolo 40 mg/die,

• Esomeprazolo 40 mg/die,

• Rabeprazolo 20 mg/die.

Ad oggi alcuna prova concreta ha dimostrato che alte dosi (superiori alle dosi massime convenzionalmente stabilite) di inibitori della pompa protonica possano essere più efficaci rispetto a non-alte dosi di inibitori della pompa protonica.

Studi dimostrano che i PPI non sono associati ad un aumentato rischio teratogeno (ovvero la capacità di indurre malformazioni congenite del feto).

 

Meccanismo d'azione

Gli inibitori della pompa protonica determinano un blocco irreversibile dell’enzima H+/K+ATPasi (cosiddetta pompa protonica), via finale per la produzione dell’acido cloridrico da parte della cellula parietale gastrica.

Un PPI può sopprimere l’80-95% della produzione giornaliera di acido.

Tali farmaci garantiscono una soppressione prolungata della secrezione acida (24-48 ore), la secrezione acida riprende solo dopo una nuova sintesi di molecole-pompa.

I PPI sono profarmaci (ovvero molecole biologicamente inattive che, una volta introdotte nell'organismo, subiscono delle trasformazioni chimiche, in genere ad opera di enzimi, che le attivano. Il profarmaco è quindi un precursore del principio attivo) che richiedono ambiente acido per essere attivati.

 

Interazioni farmacologiche

I PPI sono metabolizzati da una emoproteina ad azione enzimatica, detta citocromo P450 (abbreviata come CYP, P450 e, meno di frequente, CYP450), essenzialmente nelle sue due varianti CYP2C19 e CYP3A4.

A causa di questa metabolizzazione sono possibili interferenze/interazioni farmacologiche con diversi farmaci:

  • Tutti gli inibitori della pompa protonica, tranne il pantoprazolo, prolungano l'eliminazione del warfarin,
  • Esomeprazolo ed omeprazolo interferiscono con la clearance di diazepam,
  • Omeprazolo diminuisce la clearance della fenitoina, inoltre compete con il clopidogrel (anch’esso profarmaco) per il CYP2C19. La Food and Drug Administration (FDA) americana raccomanda di evitare l'uso concomitante di clopidogrel e omeprazolo.
  • Anche Esomeprazolo non dovrebbe essere usato insieme al clopidogrel.

 

Effetti collaterali

Gli effetti collaterali da PPI sono rari. E’ possibile riscontrare mal di testa, diarrea, costipazione, nausea, o prurito.

 

RISCHI LEGATI ALL’USO A LUNGO TERMINE DEI PPI

 

L'uso cronico di PPI e il rischio di cancro gastrico

A) IPERGASTRINEMIA

La soppressione acida determina un aumento dei livelli di gastrinemia (ipergastrinemia) nella maggior parte dei pazienti.

La Gastrina, o meglio le gastrine, sono ormoni peptidici secreti dalle cellule della mucosa gastrica; queste molecole hanno la funzione di stimolare la secrezione di acido gastrico:

1. legandosi direttamente ad un recettore specifico posto sulle cellule parietali,

2. stimolando indirettamente il rilascio di istamina da parte delle cellule enterocromaffini-like (ECL), ovvero cellule enteroendocrine poste nelle ghiandole gastriche, in prossimità delle cellule parietali.

Trials clinici dimostrano che, nei ratti, la prolungata soppressione della secrezione acida ha comportato una iperplasia delle ECL e la formazione di tumori carcinoidi. Nell’uomo l’iperplasia delle ECL è presente nel 10-30% dei pazienti, tuttavia carcinoidi gastrici non sono mai stati riscontrati negli utilizzatori a lungo termine di PPI; pertanto un utilizzo a lungo termine di PPI non è un fattore di rischio per lo sviluppo di neoplasie a carico delle ECL.

Ipergastrinemia è stata riscontrata nel 5-10 % circa degli utilizzatori a lungo termine di omeprazolo, questa condizione può predisporre a ipersecrezione di acido gastrico (effetto “rebound”) a seguito di brusca interruzione della terapia.

 

B) Pazienti con positività dell’HELICOBACTER PYLORI sottoposti a trattamento a lungo termine con PPI. 

L’H. pylori è stato classificato come agente carcinogeno dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS, WHO).

La persistente infiammazione causata da H. pylori può portare allo sviluppo di gastrite atrofica e metaplasia intestinale, condizioni che determinano un aumento di rischio per il cancro gastrico.

L’H. pylori colonizza di solito l’antro gastrico, causando prevalentemente una gastrite antrale (antrite), in questi casi la metaplasia intestinale è rara ed il rischio di cancro è basso.

Quando la secrezione acida è compromessa, l’H. pylori colonizza il corpo dello stomaco determinando una gastrite a livello del corpo gastrico.

Diversi studi hanno confermato una progressione verso la gastrite atrofica nei pazienti H. pylori positivi trattati con omeprazolo a lungo termine, rispetto a nessun rischio nei pazienti H. pylori negativi.

Anche se la gastrite del corpo e l’atrofia gastrica sono dei maggiori fattori di rischio per lo sviluppo di adenocarcinoma, finora nessuno studio ha dimostrato un aumento del rischio di cancro gastrico nei pazienti H. pylori positivi sottoposti a trattamento a lungo termine con PPI.

 

Uso cronico di PPI e rischio di infezioni del tratto GastroIntestinale (GI)

Il tratto GI dispone di tre diversi meccanismi di difesa:

  1. l'integrità delle membrane cellulari e dello strato mucoso, la microflora GI e l'acidità gastrica.
  2. La diarrea è l'evento avverso più comune con l’uso a lungo termine di PPI (3,7-4,1%).
  3. Gli agenti patogeni riscontrati in tali pazienti sono la Salmonella, il Campylobacter ed il Clostridio Difficile.

La Salmonella ed il Campylobacter sono microorganismi acido-labili, mentre il Clostridio Difficile produce spore acido-resistenti, che sono il suo principale veicolo di trasmissione, pur tuttavia nella fase vegetativa è molto acido-labile.

Diversi studi hanno osservato una maggiore incidenza di infezioni da Campylobacter nei pazienti trattati con PPI. L’uso protratto per oltre un mese determina un marcato aumento del rischio di sviluppare diarrea Campylobacter-correlata; analogamente è stata dimostrata la correlazione tra l'infezione da Salmonella e la soppressione della secrezione acida.

Per quanto riguarda invece il Clostridio Difficile si è scoperto che, a parte l’uso di antibiotici, anche l’uso di PPI per oltre due mesi costituisce un fattore di rischio aggiuntivo per la diarrea da Clostridio Difficile, specie nei pazienti ospedalizzati.

Pertanto, nei pazienti ospedalizzati, con fattori di rischio concomitanti e più trattamenti concomitanti, i PPI possono contribuire alla colonizzazione batterica, riducendo le difese del tratto GI, anche se necessitano ulteriori studi prospettici in tal senso.


Uso cronico di PPI e rischio di infezioni respiratorie

Lo stomaco è normalmente privo di batteri a causa della sua acidità. La terapia antisecretiva può causare proliferazione batterica (bacterial overgrowth) nel tratto gastrointestinale superiore e la colonizzazione gastrica da parte di microrganismi.

Questa condizione può predisporre pazienti che vengono ventilati meccanicamente allo sviluppo di polmonite; pertanto l'utilizzo di PPI può associarsi ad un aumento dell'incidenza di polmonite.

Questo comporta che i medici dovrebbero essere cauti nel prescrivere inibitori della pompa protonica in pazienti (broncopneumopatici) ad alto rischio di sviluppare polmonite.

 

Il trattamento cronico conPPI riduce l'assorbimento di cianocobalamina (vitaminaB12)

L’acido gastrico e la pepsina sono essenziali per liberare cobalamina (precursore della vitamina B12) dalle proteine ​​alimentari, successivamente la cobalamina si lega alla proteina-R (transcobalamina I e III, o aptocorrine) secreta dalle cellule parietali gastriche e dalle cellule salivari.

Nel duodeno, enzimi pancreatici scindono il complesso proteina-R-cobalamina e la cobalamina si lega al Fattore Intrinseco di Castle (IF), glicoproteina secreta dalle cellule parietali gastriche.

Infine, il complesso cobalamina-fattore intrinseco viene assorbito nell'ileo.

La diminuzione dell'acidità gastrica può impedire il rilascio di vitamina B12 dalle proteine alimentari. Diversi studi che hanno confermato che una terapia a lungo termine con PPI causa malassorbimento di vitamina B12.

Pertanto, l'uso cronico di PPI è associato con una diminuzione dell'assorbimento della vitamina B12 e dei suoi livelli sierici, in particolare nella popolazione anziana.

 

Il trattamento cronico con PPI riduce l'assorbimento di magnesio

Il bilancio del magnesio è legato all’equilibrio tra assorbimento intestinale ed escrezione renale.

Vi sono sistemi di trasporto complessi, coinvolti nel trasporto di magnesio renale e intestinale, compresi i TRPM6 e TRPM7, canali che conducono i cationi bivalenti (calcio e magnesio) nelle cellule.

Questi canali sono regolati da diversi fattori, in particolare si è notato che l'aumento del pH gastrico potrebbe influenzare l'attività di tali canali in alcuni soggetti.

Molteplici studi hanno rivelato l'associazione tra l'uso cronico di PPI ed ipomagnesemia.

Uno studio di Mackay ha verificato che dopo una durata media di utilizzo di PPI di 8,3 anni i pazienti presentavano una grave ipomagnesiemia sintomatica, con morbilità significative (stanchezza, instabilità, tetania, convulsioni, aritmie cardiache e ricoveri ospedalieri).

A volte l'ipomagnesiemia è accompagnata da ipopotassiemia e/o ipercalcemia.

L'ipomagnesiemia si è risolta quando la terapia con PPI è stata interrotta e si ripresentava alla riassunzione.

L'ipomagnesiemia non si risolveva quando il paziente sostituiva un PPI con un altro PPI.

Pertanto, l'utilizzo dei PPI dovrebbe essere maggiormente considerato nell’ambito della diagnosi differenziale nei casi di ipomagnesemia.


I PPI riducono l'assorbimento del ferro

L'assorbimento del ferro è influenzato dall’acidità gastrica.

L'acido gastrico migliora notevolmente l'assorbimento del ferro non-eme (66% del ferro di origine alimentare) attraverso la dissociazione dei sali di ferro dal cibo ingerito, agevolandone la trasformazione allo stato ferroso, in modo da potersi legare ad ascorbato, zuccheri ed ammine, al fine di per essere assorbito.

E’ ampiamente noto che l’anemia da carenza di ferro (sideropenica) si riscontra in condizioni con ridotta o assente secrezione gastrica, come la gastrite atrofica, l’anemia perniciosa o nelle resezioni gastriche.

Sono stati condotti relativamente pochi studi al fine di valutare la relazione tra assunzione cronica di PPI ed assorbimento di ferro.

 

Il trattamento cronico con PPI può ridurre l'assorbimento di calcio

L'acido gastrico è un mediatore importante per l'assorbimento del calcio nel piccolo intestino (ileo).

Poiché l'assorbimento del calcio è influenzato da numerosi altri fattori oltre al pH gastrico, gli studi sugli effetti dei PPI sull'assorbimento del calcio mostrano risultati contraddittori.

Diversi studi in vitro e su animali suggeriscono che i PPI possono ridurre il riassorbimento osseo inibendo la pompa protonica (H + / K +-ATPasi) negli osteoclasti.

Il riassorbimento osseo è un processo necessario per il normale metabolismo osseo.

Il meccanismo attraverso il quale l'uso cronico di PPI può aumentare il rischio di fratture ossee non è ancora chiaro, ma sono stati proposti alcuni meccanismi possibili:

  1. un ambiente acido inappropriato fa sì che il calcio venga trattenuto negli alimenti, riducendone l’assobimento;
  2. il ridotto assorbimento di calcio può portare ad una forma di compensazione secondaria (iperparatiroidismo) che potrebbe aumentare il tasso di riassorbimento osseo mediato dagli osteoclasti;
  3. se i PPI inibiscono l'attività di riassorbimento degli osteoclasti, si ostacola la rigenerazione ossea, predisponendo i pazienti a possibili fratture;
  4. le cellule parietali gastriche sembrerebbero avere un potente ruolo endocrino nella secrezione di estrogeni. L’atrofia della mucosa gastrica osservata nei pazienti H. pylori positivi riduce il numero delle cellule parietali, ciò porta alla diminuzione della secrezione di estrogeni locali. Gli estrogeni incentivano la formazione ossea da parte degli osteoblasti.

 

Conclusioni riassuntive

A. L'uso cronico di PPI non sembra essere associato con il cancro gastrico;

B. i PPI sembrano essere associati ad un aumentato rischio di infezioni gastrointestinali e polmonite soprattutto in pazienti con fattori di rischio concomitanti, quali l'ospedalizzazione e l’assunzione di diversi antibiotici;

C. l’uso cronico di PPI è associato a riduzione dei livelli di vitamina B12 nel siero, specialmente nella popolazione anziana;

D. la terapia cronica con PPI può causare ipomagnesiemia, quindi dovrebbe essere considerata nell’ambito della diagnostica differenziale delle cause di ipomagnesemia;

E. i PPI potrebbero causare malassorbimento di ferro, ciò rende utile un monitoraggio plasmatico dei livelli di sideremia nei pazienti che assumono cronicamente tali farmaci;

F. l’uso cronico di PPI è associato ad aumento del rischio di fratture.

 

Raccomandazioni

La terapia cronica con PPI deve essere prescritta con l'indicazione corretta

- Farmaci antiH2, modificazioni della dieta e modifiche dello stile di vita dovrebbero essere utilizzati ancor prima di ricorrere ai PPI per trattare la dispepsia o i frequenti “bruciori di stomaco”;

- in tali situazioni i PPI dovrebbero essere utilizzati solo fino a 2 settimane non più di 3 volte l'anno;

- la ricerca di H. pylori dovrebbe essere effettuata prima di instaurare una terapia cronica con PPI;

- la profilassi della gastrite da stress deve essere interrotta una volta cessato il fattore di stress.

La terapia cronica con PPI deve essere prescritta con maggiore attenzione nei pazienti ad alto rischio

- donne in postmenopausa con osteoporosi, pazienti anziani e persone ad alto rischio di caduta;

- persone ad alto rischio di pneumopatie;

- persone con carenza di ferro, vitamina B12 ed ipomagnesiemia;

- è opportuno eseguire dei tests di routine per monitorare calcio, vitamina B12, magnesio e livelli di ferro negli utilizzatori a lungo termine PPI.

 

Per approfondire

  • High-dose vs non–high-dose proton pump inhibitors after endoscopic treatment in patients with bleeding peptic ulcer. A systematic review and meta-analysis of randomized controlled trials. Wang C-H et al. Arch Intern Med 2010; 170: 751-8.
  • The safety of proton pump inhibitors (PPIs) in pregnancy: a meta-analysis. Gill SK, O'Brien L, Einarson TR, Koren G Am J Gastroenterol. 2009 Jun;104(6):1541-5.
  • Hypomagnesaemia due to proton-pump inhibitor therapy: a clinical case series. Mackay JD, Bladon PT. QJM 2010;103:387–395.
  • The proton-pump inhibitors: similarities and differences. Horn J. Clin Ther 2000;22:266-80.

 

Data pubblicazione: 10 aprile 2013

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