Stitichezza (stipsi) cronica: lassativi a vita?
Circa il 25-30% della popolazione soffre di stipsi ed il 30% dei pazienti dichiara di assumere lassativi: l’inizio coincide spesso con il “fai-da-te” e, quindi, con l’autoprescrizione. Il gioco poi è fatto: subentra una dipendenza fisica e psicologica per cui non ci si libera più dal lassativo e si perdono pian piano i riflessi naturali della defecazione. Per tale motivo è importante, non appena compaiono i primi sintomi di un’alterata defecazione, rivolgersi al medico specialista anche perché dopo i 50 anni una irregolarità dell’alvo può essere legata a patologie ben più gravi (polipi, tumore del colon, ecc.)
Un problema sociale
Circa il 25-30% della popolazione soffre di stipsi, in particolare le donne in età adulta con una frequenza 2-3 volte superiore all’uomo. L’età avanzata è un altro dei fattori predisponenti ad un aggravarsi di questa patologia, probabilmente in relazione alle patologie associate, all’uso di farmaci e alla riduzione di attività fisica. La stipsi costituisce un problema sociale rilevante sia dal punto di vista economico, legato al consumo dei lassativi, sia per la condizione psicologica di tali pazienti. Nel soggetto stitico, infatti, oltre al problema della defecazione si associano altri sintomi digestivi (il meteorismo e il dolore addominale, la sensazione di malessere generale, una digestione laboriosa con eruttazioni e gonfiore) che possono essere più invalidanti dei disturbi dell’alvo.
Circa il 30% dei pazienti sofferenti di stipsi dichiara di assumere lassativi e l’inizio coincide spesso con il “fai-da-te” e, quindi, con l’autoprescrizione. Il gioco poi è fatto: subentra una dipendenza fisica e psicologica per cui non ci si libera più dal lassativo e si perdono pian piano i riflessi naturali della defecazione.
Per tale motivo è importante, non appena compaiono i primi sintomi di un’alterata defecazione, rivolgersi al medico specialista anche perché dopo i 50 anni una irregolarità dell’alvo può essere legata a patologie ben più gravi (polipi, tumore del colon, ecc.).
L’iter diagnostico e terapeutico della stipsi deve poi essere effettuato presso Centri di provata esperienza che dispongono di tutte le figure professionali che operano collegialmente su tale patologia.
Cosa intendiamo per stipsi?
Per stipsi (o stitichezza) generalmente viene intesa la diminuzione nella frequenza delle evacuazioni, ma tale frequenza, nei soggetti normali, ha una variabilità che può andare da 3 evacuazioni al giorno a 3 alla settimana. Ciò significa che è sbagliato ritenersi stitici se non ci si libera ogni giorno. Molti pazienti però si lamentano non tanto (o non solo ) della frequenza quanto della particolare difficoltà dell’evacuazione e della consistenza delle feci. La parola “stipsi” quindi può assumere un significato diverso a seconda dell’individuo e normalmente i pazienti tendono a sopravalutare il problema. Da qui la necessità di classificare la stipsi funzionale secondo determinati parametri clinici per differenziarla da quella organica e per meglio impostarne il trattamento.
Secondo i Criteri di Roma III, quelli attualmente adottati, per la diagnosi di stipsi funzionale i disturbi sotto elencati devono durare almeno per 3 mesi nell’arco dell’ultimo semestre:
1. Almeno due o più delle seguenti caratteristiche in almeno il 25% delle scariche:
- Sforzo nella defecazione
- Feci dure
- Sensazione di evacuazione incompleta
- Sensazione di occlusione
- Meno di tre scariche alla settimana
- Necessità di manovre manuali per poter evacuare
2. Evacuazioni rare senza ricorrere ai lassativi
3. Esclusione della Sindrome del colon Irritabile
Meccanismo della defecazione
Tale meccanismo è complesso ed è regolato, nel soggetto normale, da processi sia volontari che involontari. I movimenti peristaltici di tipo propulsivo del colon sinistro provocano, una o più volte al giorno, l'arrivo delle feci nell'ampolla rettale, determinandone la distensione. A questo punto il soggetto avverte lo stimolo alla defecazione, se però decide di ritardarla, grazie all'aumento di pressione anale garantirà la continenza fino a quando con il termine dell'onda propulsiva colica si ridurrà la pressione endorettale. Al contrario, se l'individuo decide per la defecazione, la contrazione della muscolatura addominale e, soprattutto, del diaframma a glottide chiusa, causerà un ulteriore aumento della pressione endorettale. La contemporanea caduta della pressione del canale anale, legata al rilassamento dello sfintere anale esterno e del pubo-rettale, con conseguente aumento dell'angolo ano-rettale ed accorciamento del canale anale, opera in sinergia per favorire l'evacuazione.
Cause della stipsi
Fattori estrinseci. Le cause sono diverse: alimentari e stile di vita (basso apporto di fibre e liquidi, sedentarietà); squilibri elettrolitici (ipercalcemia, ipokaliemia, ipermagnesemia); endocrine e disordini metabolici (diabete, ipotiroidismi, iperparatiroidismo, insufficienza renale cronica); neurologiche (Parkinson, neuropatie, sclerosi multipla, traumi alla colonn vertebrali, sindrome della cauda equina, ecc.); terapie farmacologiche (diuretici, anticolinergici, beta-bloccanti, antidepressivi, ecc.).
I fattori intrinseci sono legati al meccanismo della defecazione. Si distinguono due tipologie di stipsi:
- Stipsi da “rallentato transito”, dovuta alla ridotta funzione propulsiva di tutto il colon che si traduce in un rallentamento nella spinta delle feci verso l’ano.
- Stipsi da “defecazione ostruita”, con “blocco” delle feci a livello rettale per alterazioni anatomiche (prolasso del retto, di un rettocele, di un enterocele) o alla presenza di una disfunzione del muscolo puborettale o per altre disfunzioni del perineo. Spesso queste patologie sono concomitanti.
In molte situazioni non è facile una netta distinzione fra le due forme in quanto la stipsi può essere legata ad entrambi i meccanismi patogenetici.
- Una terza condizione di stipsi funzionale è quella associata alla Sindrome dell’intestino irritabile (SII). Caratteristica della SII è la presenza del sintomo dolore addominale che migliora o si risolve con l’evacuazione.
Complicanze
La stipsi cronica può essere responsabile di alcune complicanze , ad esempio:
- Emorroidi. Lo sforzo defecatorio comporta un aumento della pressione addominale che si ripercuote sul plesso venoso della giunzione anorettale. Raramente tale pressione può comportare la rottura delle emorroidi.
- Ragade anale. Il trauma sulla regione anale di feci dure può determinare la fessurazione della mucosa anale. Lo spasmo dello sfintere è l’elemento che favorisce poi la persistenza della ragade. La probabilità di sviluppo di una ragade nella stipsi cronica è di 5 volte superiore rispetto alla normale popolazione.
- Prolasso degli organi pelvici: utero, retto, vescica e vagina.
- Fecalomi. Un ammasso di feci può bloccarsi nel retto e diventare sempre più grosso e duro tale da creare in alcune situazioni un’ostruzione non più risolvibile con la terapia conservativa (clisteri, sommistrazione di polietilenglicole, ecc.). A volte bisogna intervenire chirurgicamente.
Diagnosi
La storia clinica e l’esame fisico devono essere condotti con l’intento di escludere cause secondarie o sistemiche della stipsi. Da tenere conto, dunque, di eventuale familiarità per cancro colo rettale o di malattie infiammatorie intestinale, della presenza di “sintomi di allarme” come il sanguinamento rettale, l’anemizzazione, la perdita di peso e recenti modifiche dell’alvo. Nel dubbio, e soprattutto se il paziente ha superato i 50 anni di età, il medico procederà alla richiesta di accertamenti diagnostici per lo studio del colon (colonscopia, clisma opaco, colonscopia virtuale).
L’esame fisico deve comprendere l’ispezione e la palpazione addominale alla ricerca di un’eventuale distensione colica o di masse. Si deve poi procedere all’ispezione del perineo e l’esplorazione digitale del retto alla ricerca di segni di: debolezza sfinteriale; discesa del piano perineale; contrazione paradossa del muscolo puborettale; prolasso genitale/rettale; lesioni anali o del retto.
Per lo studio mirato della stipsi sono disponibili diversi accertamenti.
Studio del tempo di transito intestinale. E’ il primo accertamento ed è un esame fondamentale in quanto consente di distinguere le “false stipsi” da quelle vere. La tecnica consiste nel far ingerire al paziente dei markers radio-opachi, di materiale plastico, e nell’eseguire una radiografia diretta dell’addome dopo 4 giorni. Un normale transito prevede l’espulsione di almeno il 70-80% degli indicatori al quarto giorno mentre una ritenzione di più del 20% è indice di un transito rallentato. Lo studio del tempo di transito intestinale è di facile esecuzione e , nel caso di ritenzione dei markers, è possibile con una semplice valutazione, riconoscere il segmento di colon nel quale c’è il rallentamento maggiore: colon destro, sinistro o retto.
Manometria anorettale
Consente di valutare la forza e l’integrazione dei muscoli coinvolti nella continenza e deputati ad un’evacuazione armonica. Permette inoltre di valutare la sensibilità rettale allo stimolo evacuativo e di definire il sinergismo tra sensibilità rettale, spinta addominale e rilascamento sfinteriale.
Test di espulsione del palloncino
Questo esame, che è una specie di simulazione dell’atto fisiologico evacuativo, verifica se il soggetto, in posizione seduta, è in grado di espellere un palloncino posizionato nel retto e gonfiato ad aria (50 cc). L’incapacità di espulsione del palloncino è segno di una disfunzione del pavimento pelvico.
Defecografia RX
E’ un esame radiologico, dinamico, che consente di valutare l’espulsione del mezzo di contrasto introdotto con una sonda nel retto, osservando eventuali alterazioni anatomiche quali i prolassi, le invaginazioni, i rettoceli e l’eventuale incapacità dell’angolo anorettale di rilassarsi durante l’evacuazione. Attualmente le principali società scientifiche limitano l’uso di questa procedura radiologica ai casi di discrepanza tra esiti ottenuti con la manometria anorettale e quelli con il test di espulsione del palloncino, esami questi ultimi considerati “gold standard” per il disturbo dell’evacuazione.
Terapia
La terapia della stipsi deve essere mirata al “paziente con stipsi”. Ciò significa che deve essere personalizzata non solo tenendo conto della causa, ma anche delle caratteristiche e della storia clinica del soggetto. Le terapie sono spesso complementari e vanno dalle misure dietetico-comportamentali a quelle farmacologiche, sino ad arrivare a quelle riabilitative (come nella stipsi da defecazione ostruita).
La strategia terapeutica della stipsi non è semplice, come non è semplice il paziente con stipsi che spesso viene al consulto medico dopo aver girato tanti ambulatori ed eseguito tante terapie. Prima regola, quindi, è conquistare la fiducia del paziente rassicurandolo che si troveranno i mezzi per diagnosticare e trattare correttamente la sua stipsi.
Stipsi da rallentato transito
Consigli igienico-dietetici
Un adeguato apporto di liquidi (almeno 1 litro al giorno) e una corretta alimentazione sono i punti di partenza per impostare il trattamento del paziente che lamenta stipsi. La correzione di questi due aspetti risolve circa il 50% delle forme di stipsi. Per alimentazione corretta si intende una dieta varia, con un adeguato contenuto di fibre ma anche di grassi. E’ noto che un soggetto “che si mette a dieta” diventa stitico, anche se aumenta il consumo di frutta e verdura a scapito di latticini e carni rosse ( e cioccolato, uno dei più potenti lassativi!). Tra le fibre vanno preferite quelle solubili che non contengono lignina e che limitano la produzione di gas intestinali. Utile anche l’assunzione dei probiotici, ovvero preparazioni che contengono microrganismi vivi che agiscono equilibrando la microflora batterica intestinale, artefice sia dell’attività motoria del colon che del volume e consistenza delle feci. Accanto a queste regole dietetiche è inoltre indispensabile una regolare attività fisica, adeguata all’età e alla condizione fisica del soggetto.
Lassativi
Nella terapia della stipsi cronica, in mancanza di una risposta soddisfacente alle norme dietetico-comportamentali è indicato l’uso di lassativi. Nella scelta di quale lassativo proporre al paziente si deve tener conto del tipo di stipsi innanzittutto, quindi dei possibili effetti collaterali della terapia, delle patologie concomitanti nonché della compliance alla terapia del soggetto stesso. Esistono agenti di volume (mucillagini), lassativi di contatto (senna), emollienti (vasellina), disaccaridi (lattulosio) e osmotici (sodio fosfato). Tra questi ultimi il macrogol, a base di polietilenglicole, una sostanza inerte non fermentabile dalla flora intestinale e non assorbibile dal tratto gastroenterico, rappresenta il trattamento di prima scelta sia nel soggetto adulto che nel bambino, nell’anziano e in gravidanza. La maggior parte degli studi clinici controllati hanno dimostrato infatti l’efficacia terapeutica di questo prodotto sia nella gestione della stipsi a breve che a lungo termine, con pochi effetti collaterali e con un’efficacia che si mantiene stabile nel tempo, evitando continui incrementi nel dosaggio del farmaco. La terapia con i lassativi, non “guarisce” dalla stipsi, ma un loro utilizzo adeguato e costante consente di regolarizzare le abitudini intestinali del soggetto. Con in studio, ma ancora non in disponibili in Italia, nuove molecole sempre più promettenti in termini di efficacia e di tollerabilità (enterocinetici, agonisti dei canali del cloro).
Terapia chirugica
La terapia chirurgica, nella stipsi da rallentato transito, deve essere indicata con estrema cautela, e sempre dopo aver accertato la gravità della stipsi, il fallimento di ogni terapia ed avere effettuato tutti gli accertamenti utili ad escludere una stipsi da “defecazione ostruita”. L’intervento di scelta è la colectomia totale con ileo-retto-anastomosi. Il paziente però deve essere correttamente informato sulla reale efficacia (50% dei casi) nel risolvere la stipsi e sulle possibili complicanze.
Da considerare, infine, che spesso i pazienti con stipsi severa hanno un rallentamento generale di tutto il tratto gastro intestinale (stomaco, piccolo intestino, colon) e che l’intervento chirurgico non risolve i problemi di svuotamento del tratto digestivo superiore.
Stipsi da defecazione ostruita
In tale forma di stipsi (presente nel 25-50% delle stipsi) accanto ad una terapia farmacologica, il trattamento è fisiokinesiterapico o chirurgico, a seconda se il disturbo alla base è funzionale (contrazione paradossa del puborettale) o anatomico (rettocele, intussuscezione retto-anale, prolasso emorroidario).
La chinesiterapia consiste nel rendere il paziente “cosciente” della propria area perineale, dei muscoli che la compongono e della loro funzione (in contrazione ed inibizione). La fisiokinesi viene poi integrata dal biofeedback o rieducazione sfinteriale. Mediante tale procedura, condotta da personale specializzato e che utilizza delle sonde rettali collegate ad un sistema computerizzato, viene mostrata ai pazienti l'attività dei muscoli dello sfintere anale, che devono essere contratti e rilassati a seconda dello stimolo dato. In tal modo viene appreso e memorizzato il corretto meccanismo della defecazione.
Infine, si può far ricorso alla elettrostimolazione che migliora il controllo del tono anale e la sensibilità rettale. Queste tecniche rieducative dovrebbero essere impostate anche nei pazienti candidati alla chirurgia, selezionando quindi solo i “non responders” per il procedimento più invasivo. Ripristinare l’anatomia infatti non significa necessariamente ripristinare la funzione, che è invece il "desiderata" del paziente.
Per approfondire
Stipsi:
- Chronic Costipation. L.Leung; JABFM 2011; 24: 436-451
- Constipation. WGO Guideline; J Clin Gastroenterol 2011; 45:483-487
Aspettto delle feci:
- Le feci: che interpretazione dare a forma e aspetto
- Feci: colore, muco e sangue. Quando preoccuparsi
Colonscopia: