Il collagene idrolizzato nell’osteoporosi: un rimedio diverso, efficace e sicuro
L’articolo ha un carattere scientifico e divulgativo insieme, come si conviene ad un messaggio rivolto agli studiosi e alla gente comune.
Indice
Introduzione
Come dice la parola, l’osteoporosi consiste in una porosità delle ossa, che espone al rischio di schiacciamenti e fratture. Si stima che in Italia ne siano affetti 6 milioni di persone, prevalentemente donne. Il suo trattamento si avvale di medicinali efficaci, ma estranei all’organismo e gravati da effetti collaterali che ne controbilanciano i benefici.
Il collagene idrolizzato è diverso. Rafforza l’organismo, costituendo la matrice organica che deposita il calcio nelle ossa (1). Appartiene agli ingredienti alimentari GRAS (Generally Recognized as Safe), che sono sicuri. Eppure, il collagene idrolizzato è confinato tra gli integratori alimentari, che non hanno la stessa reputazione dei medicinali. Se ne parla in questo articolo, che riprende quattro precedenti trattazioni l’ultima delle quali pubblicata sulla Rivista dell’European Society of Medicine (2-5).
La prima parte è dedicata al ruolo fisiologico del collagene e ai motivi del suo impiego come idrolizzato. La seconda ripercorre la storia della collagenopatia carenziale, alla quale l’osteoporosi appartiene. La terza entra nel cuore del problema: “il rimedio diverso, efficace e sicuro” anticipato nel titolo. La quarta difende le ragioni degli integratori alimentari dotati di una base scientifica, ma mortificati da una normativa che andrebbe aggiornata. L’articolo si conclude con una riflessione sul Farmaco green, tipico esempio delle difficoltà e dei vantaggi ricavabili dalla “Green economy” (6).
L’articolo ha un carattere scientifico e divulgativo insieme, come si conviene ad un messaggio rivolto ai medici e alla gente comune.
Il collagene
Dopo l’acqua, i grassi e i carboidrati, il collagene è il principale componente dell’organismo (7). Ne impregna i liquidi, le cellule, gli organi e gli apparati, assumendo svariate forme e funzioni (8-9). È elastico nella cute, duro nelle unghie, flessibile nei capelli, fluido nelle mucose e secrezioni.
Fornisce all'apparato osseo sia le fibrille, che conferiscono l’elasticità necessaria per ammortizzare gli urti, sia la matrice organica, che lo indurisce depositandovi il calcio (1). Senza questa matrice, il calcio scorrerebbe via inutilizzato. In senso più generale, il collagene gioca un ruolo essenziale nel funzionamento dell’intero organismo.
Il collagene è una proteina, che come tutte le altre ha un ciclo. Nasce dal DNA, matura le conformazioni e funzioni ottimali, quindi invecchia e si disgrega. Quest’ultima comporta una perdita giornaliera di 14-18 g, che non si compensa ingerendo il collagene come tale. Non solo è indigeribile, ma come tale innescherebbe una reazione immunitaria auto aggressiva, con conseguenze devastanti (10,11).
Il collagene va idrolizzato, in modo da renderlo digeribile e assumibile sotto forma di aminoacidi (12), che l’organismo impiega per sintetizzarlo al proprio interno conformemente alla propria costituzione. È una nozione elementare, eppure siamo quotidianamente esposti a campagne promozionali che vantano i meriti di collageni nativi, che come tali non funzionano.
Il collagene idrolizzato contiene 20 aminoacidi presenti anche in altre proteine animali e vegetali, ma in rapporti diversi. Per esempio, la glicina e la prolina sono contenute nel collagene e nel suo idrolizzato in quantità 10-20 volte superiori ad altre proteine. Ne deriva che, per ingerire la stessa quantità di glicina contenuta in 10 grammi di collagene, occorrerebbero 2,8 litri di latte o 160 grammi di carne. Nel caso della prolina, le quantità sono dell’ordine di mezzo litro e di 100 grammi.
Questi numeri spiegano perché per combattere l’osteoporosi un elevato apporto proteico non basta (13). Anzi, oltre certi limiti comporta il rischio di effetti collaterali, quali l’eccessiva perdita di calcio con le urine, l'assorbimento di proteine indigerite, la formazione di acido urico e altri metaboliti tossici. La stessa problematica si pone con le diete vegetariane e vegane (14).
Il collagene idrolizzato può essere sostituito dalla corrispondente miscela dei suoi aminoacidi, sennonché essa è più costosa e non garantisce la stessa durata degli effetti desiderati. In termini tecnici, il collagene idrolizzato è assimilabile a un pro-farmaco, che funziona da rilascio controllato dei principi attivi.
In conclusione, allo stato delle attuali conoscenze scientifiche il collagene idrolizzato è la fonte preferenziale degli aminoacidi necessari per la rigenerazione del collagene, la principale proteina del nostro organismo. La dose, desunta dalla sua efficacia nelle condizioni causate dalla sua mancanza, è dell’ordine di 100 milligrammi/kg/die, corrispondenti a 7-10 grammi giornalieri.
La collagenopatia carenziale
Attorno alla metà del secolo scorso negli Stati Uniti si diffonde, trasformandosi in una vera e propria moda, l’impiego della gelatina, sinonimo di collagene idrolizzato, contro la fragilità delle unghie. Nessuno allora sapeva come e perché funzionasse, ma chi la usava ne constatava l’efficacia e ne diffondeva la notizia. Le unghie sono appendici della cute, esattamente come lo sono i capelli.
Da qui l’idea che il collagene idrolizzato potesse funzionare anche contro la calvizie. Sperimentato nell’animale da laboratorio e nell’uomo, il collagene idrolizzato ha fornito risultati positivi (15, 16). La linea di ricerca, che nei decenni successivi sarebbe culminata nel “rimedio diverso, efficace e sicuro” menzionato nel titolo, si diparte da queste due osservazioni.
La tappa successiva ha riguardato la cute, della quale unghie e i capelli costituiscono una propaggine. I risultati sono stati nuovamente positivi in una gamma di affezioni comprendenti le rughe e le ulcere distrofiche (11, 17). Per inciso, per non appesantire questa trattazione, d’ora in poi si fa riferimento non ai singoli articoli, ma a rassegne reperibili sul WEB, attraverso le quali il lettore potrà risalire ai dati originali.
L’impiego topico del collagene idrolizzato ne ha evidenziato l’effetto barriera, consistente in un manto protettivo che, esaurito questo ruolo, si disgrega esercitando un effetto nutrizionale. A chi ha letto l'Eneide, questo effetto ricorda le pizze che Enea scoprì sbarcando a Lavinio. Prima servivano da contenitore del cibo, poi venivano mangiate, lasciando il desco pulito.
Questa barriera biologica si è dimostrata più resistente di un foglio metallico di pari spessore (18). Per quanto riguarda l’azione nutrizionale, essa è riconducibile agli aminoacidi e ai peptidi rilasciati dal collagene idrolizzato, che penetrano nel sottostante tessuto garantendogli un eccellente brodo di coltura (19).
Il quarto passaggio di questa storia ha riguardato il tubo digerente, dove il collagene idrolizzato ha confermato la sua efficacia in affezioni che vanno dal bruciore di stomaco fino alle ulcere gastriche (5, 9, 11).
Il passaggio successivo ha riguardato le affezioni ossee, comprendenti artrite reumatoide, artrosi e riparazione delle fratture ossee, dove l’efficacia del collagene idrolizzato è stata nuovamente confermata (5, 9, 11, 20).
L’ultimo passaggio di questa storia riguarda l’osteoporosi, ma essa richiede una trattazione separata perché è tuttora in corso.
Questa è l’intrigante storia della collagenopatia carenziale, la sindrome causata dalla mancanza di collagene e suscettibile di trattamento mediante il suo idrolizzato. L‘idea di questa nuova entità morbosa è stata per la prima volta avanzata da Sam Shuster partendo dalla correlazione esistente, sotto questo profilo, tra cute e apparato osseo (21, 22).
La prima descrizione chiara e organica della collagenopatia carenziale è stata effettuata dall’autore di questo articolo e dai suoi collaboratori (23), a conclusione di un’indagine tenacemente perseguita per diversi decenni. Il primo brevetto è del 1988 (12), il secondo del 1998 (16).
L’osteoporosi
Come si è ricordato all’inizio, l’osteoporosi è contraddistinta da un'aumentata fragilità ossea e dal conseguente rischio di fratture. In Italia ne sono affette circa 6 milioni di persone, in Europa 75. Le fratture ossee, che ne costituiscono la manifestazione più grave, ammontano a livello mondiale a decine di migliaia al giorno, diversi milioni all’anno.
Diagnosi
I criteri diagnostici comprendono la storia del paziente e della sua famiglia, l’esame clinico e vari test di laboratorio. Tra essi spicca la determinazione della densità ossea, che in larga misura riflette il contenuto in minerali. La Mineralometria Ossea Computerizzata (MOC) è il test più usato, seguito dall’Ultrasonografia del calcagno o delle falangi.
Come indicatore dello stato della malattia è stato proposto anche un particolare metabolita del collagene, che però ha fin qui trovato un impiego solo a livello della ricerca (24-26). Un quadro clinico conclamato corrisponde a una riduzione attorno al 30 per cento della densità ossea.
Cause
Le cause dell’osteoporosi includono:
- l’età avanzata,
- la predisposizione genetica,
- i tumori,
- malattie come la cirrosi epatica e l’artrite reumatoide, l’ipertiroidismo e l’ipotiroidismo, l’iperparatiroidismo e l’ipoparatiroidismo,
- i cortisonici e altri medicinali,
- cui si aggiungono il fumo, l’abuso di alcol e di altre sostanze d’abuso, il ridotto esercizio fisico e la malnutrizione.
Per approfondire:Osteoporosi: una malattia silenziosa
Terapia e prevenzione
Le linee guida dell’osteoporosi tracciate dall’OMS prevedono interventi non farmacologici e farmacologici (27).
Tra i primi spiccano l’esercizio fisico e l’alimentazione, che richiedono il coinvolgimento attivo del paziente. Il primo va praticato regolarmente, per almeno 30-40 minuti al giorno. Camminare, salire le scale, la ginnastica a corpo libero e il ballo sono tutte pratiche efficaci. Lo sono meno il nuoto e l’uso della bicicletta, che riducono la forza di gravità. La sua importanza è testimoniata dagli astronauti, che in sua assenza sono esposti a un’osteoporosi galoppante (28).
Per quanto riguarda l’alimentazione, dopo anni spesi nella ricerca di diete risolutive, l’unico rimedio serio che ci rimane è il regime dietetico equilibrato, corrispondente alla dieta mediterranea (29).
Gli interventi farmacologici previsti includono le vitamine e altri elementi e microelementi nutrizionali, ma prevedono in prima battuta i bifosfonati, tipicamente rappresentati dagli acidi alendronico, etidronico, clodronico e zoledronico.
Essi induriscono l’osso e riducono significativamente il rischio di fratture, ma sono estranei alla composizione e al funzionamento dell’organismo, con le incognite e i rischi che ne derivano. Per esempio, induriscono eccessivamente l’osso esponendolo, in caso di fratture, alla frantumazione.
Sono inoltre gravati da effetti collaterali gastro-intestinali e sistemici. In più, interagiscono con l’assorbimento e l’efficacia di altri farmaci, alterandone l’assorbimento e l’efficacia. I bifosfonati sono affiancati ma molti altri farmaci.
I SERM, ad esempio, sono modulatori selettivi dei recettori per gli estrogeni. La Teriparatide riproduce gli effetti dell’ormone paratiroideo sul calcio. Il Ranelato di stronzio riduce il riassorbimento del calcio. Il Denosumab è un anticorpo monoclonale, che blocca l’azione osteolitica di fattori presenti nell’artrite reumatoide ed è indicato nell'osteoporosi post menopausa.
Questi farmaci sono efficaci, ma sono anch’essi gravati da fastidiosi effetti collaterali. In sostanza, l’armamentario farmacologico è prezioso, ma non fornisce una risposta pienamente soddisfacente al problema dell’osteoporosi.
Un rimedio diverso
L’impiego del collagene idrolizzato nell’osteoporosi prende corpo a cavallo tra questo e il secolo scorso, sfruttando l’animale ovariectomizzato come modello sperimentale. Uno studio del 1998 documenta un’accelerazione della riparazione delle fratture ossee (30), seguito nel 2005 da un altro che riporta un miglioramento della consistenza ossea (31).
Trascorrono 5 anni e altro lavoro, anch’esso nell’animale ovariectomizzato, documenta gli effetti positivi del collagene sulla matrice organica, che come abbiamo visto rafforza l’osso, depositandovi i minerali (32). Seguono altri lavori di significato analogo (33-35), ma un passaggio decisivo è firmato da Sam Shuster, lo stesso pocanzi citato a proposito della collagenopatia carenziale, il quale collega la perdita cutanea del collagene con quella ossea, ipotizzandone la reversibilità ad opera del collagene idrolizzato (21, 22).
Gli studi clinici avviati, sulla base della suddetta evidenza preclinica, hanno fornito risultati altrettanto positivi quanto quelli preclinici. Ad esempio, i peptidi del collagene idrolizzato migliorano, in uno studio randomizzato e controllato contro placebo, sia la densità ossea sia i markers umorali che la riflettono (36). Un secondo studio di lungo termine conferma i suddetti effetti nella donna in menopausa (37). Un terzo studio si spinge fino a raccomandare l’impiego dietetico del collagene idrolizzato, sotto forma dei suoi peptidi, nella prevenzione e nel trattamento dell’osteoporosi (38).
C’è chi rileva che l’efficacia del collagene idrolizzato non è documentata da studi clinici altrettanto rigorosi quanto quelli che normalmente supportano l’impiego medico di un medicinale, ma è un rilievo superficiale.
Il collagene idrolizzato non è un farmaco di sintesi gravido di incognite, rischi e pericoli. È un farmaco d’origine naturale, dotato di una storia che studiata con attenzione consente di impiegarlo in tutta sicurezza nella terapia delle malattie causate dalla sua mancanza.
L’unica differenza, rispetto alle vitamine e ad altri agenti anti carenziali, è che viene ricomposto e attivato all’interno dell’organismo. In altre parole, è un profarmaco. Il vero problema è la sua collocazione tra gli integratori alimentari, soggetti a una normativa da aggiornare, che ne complica l’impiego medico.
Una normativa da aggiornare
In proposito il Codice comunitario è chiaro: “In caso di dubbio, se un prodotto tenuto conto delle sue caratteristiche può rientrare contemporaneamente nella definizione di medicinale e in quella disciplinata da un'altra Direttiva comunitaria, si applicano le disposizioni riguardanti i medicinali” (Direttiva 2001/83/ CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 6 novembre 2001).
La Corte di Giustizia europea è ancora più esplicita: “Ad un prodotto che soddisfi sia i requisiti per essere una derrata alimentare, sia quelli per essere un medicinale, si applicano le disposizioni del diritto comunitario specificamente concernenti i medicinali” (sentenza del 29 aprile 2004, in causa C/150/00 contro Austria, e C/387/99 contro Germania).
La burocrazia europea non è una novità. La scoperta dell’azione terapeutica del succo di agrumi nello scorbuto avvenne nel 1747, ma a James Lind occorse mezzo secolo per convincere l’Ammiragliato a inserire questo “integratore alimentare” nella dotazione di bordo delle navi britanniche. Nel frattempo, i marinai di lungo corso continuarono a soffrire e a morire di scorbuto.
Fortunatamente, il problema è stato superato dal documento comunitario Homeostasis (39), che riconosce all’integratore alimentare la capacità di “mantenere, supportare o ottimizzare specifici parametri fisiologici” (maintain, support or optimize specific physiological parameters).
Nel caso del collagene idrolizzato, questo parametro consiste nel ruolo svolto dal collagene nel funzionamento dell’organismo, con particolare riguardo al deposito del calcio nell’osso (1). Rimane la distinzione tra "medicinale" e “integratore alimentare", nel senso d’essere soggetti a norme ed impieghi diversi, che non vanno confusi. In questo quadro, il medico può prescrivere un integratore alimentare non come un medicinale, ma come una dieta o qualunque altra misura a carattere sanitario corroborata da una documentazione scientifica.
Per approfondire:Osteoporosi: prevenzione e stile di vita
Conclusioni
Il collagene idrolizzato è un’invenzione della natura, non dell’uomo. Nasce dallo studio dell’osso, costituito per il 70 per cento circa da idrossiapatite [(Ca5(PO4)3(OH)], un minerale sostanzialmente insolubile, per la parte restante da una matrice organica, composta principalmente da fibrille di collagene.
L'idrossiapatite garantisce la durezza richiesta per sostenere il resto dell'organismo, mentre il collagene svolge due ruoli distinti: da un lato assicura l’elasticità richiesta per resistere alle forze tensionali e torsionali cui l’osso è sottoposto, dall’altro assorbe i sali minerali sciolti nel sangue e ne catalizza il deposito sotto forma di precipitato solido (1).
Il conglomerato osseo ricorda il cemento armato delle costruzioni edili, costituito da tondini di ferro elastici annegati nel calcestruzzo rigido, sennonché l'osso è un tessuto vivo, capace di rigenerare le parti usurate e di riparare i danni subiti.
La rigenerazione prevale sull'usura sia durante la crescita e lo sviluppo corporeo, sia nelle attività lavorative e sportive che richiedono e comportano un rafforzamento dell’apparato osteoarticolare. L’usura prevale sulla rigenerazione nella senescenza e nelle affezioni a carattere degenerativo, come l’osteoporosi.
Questo è il modello naturale cui si ispira il rimedio contro l’osteoporosi descritto in questo articolo. Questo rimedio non rinnega le cure tradizionali, basate su medicinali “di sintesi”. Ne costituisce la base, il presupposto affiancandoli laddove la natura da sola non basta.
In questo senso il collagene idrolizzato fornisce una piccola, ma significativa lezione di Green economy, intesa come alleanza tra l’uomo e la natura (6). Mostra da un lato quanto sono avanzate le invenzioni approntate dalla natura nei 3-4 miliardi di evoluzione darwiniana, dall’altro quanto sia difficile smuovere l’Homo sapiens dalla torre eburnea delle sue conquiste tecnologiche.
Conquiste che l’hanno strappato dal buio delle caverne, ma sono alla base del disastro ambientale che ne minaccia la sopravvivenza. Ecco lo spunto di riflessione che il rimedio naturale contro l’osteoporosi lancia ai lettori.
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