Donna, partorirai (ancora) nel dolore!
Una valutazione della diffusione della parto-analgesia in Italia sottolinea ancora una volta la poco edificante situazione del nostro Paese rispetto all'Europa.
Qual è la situazione della parto-analgesia in Italia e nei principali Paesi europei?
Una valutazione della diffusione della parto-analgesia in Italia sottolinea ancora una volta la poco edificante situazione del nostro Paese rispetto a quella riscontrabile negli altri paesi europei come Francia, Spagna, Germania e Gran Bretagna.
Se attualmente il parametro di riferimento raccomandato dall' O.M.S. é intorno al 15% di tagli cesarei(TC)/parti/anno e la media europea del ricorso al TC è uguale o addirittura poco al di sotto di questa percentuale, in Italia la situazione è ben diversa dal resto del continente arrivando a circa il 35% (media nazionale) con una consistente disomogeneità in quanto al Sud, in certe regioni in particolare, il 60% dei punti nascita esegue oltre il 40% dei TC sui parti totali eseguiti.
Il progetto “Ospedale senza dolore”
E' da circa una decina di anni che si sta tentando di affrontare il problema soprattutto nel momento in cui ha iniziato a diffondersi il più generico concetto di “Ospedale senza dolore” che alcune Aziende sanitarie italiane hanno inserito come impegno nei confronti degli utenti nei loro progetti obbiettivi.
Se da una parte quindi si è spinto di più responsabilizzando la classe medica su questo fronte, creando solo sulla carta “Piani” e “Implementazioni” per la riduzione del dolore, dall'altra non si sono garantiti idonei mezzi e sovvenzioni perchè nella realtà il progetto potesse effettivamente decollare.
La validità della tecnica, le condizioni irrinunciabili
Al di la del dato scientifico sull'indubbia validità della tecnica peridurale nella partoanalgesia, sul raggiungimento di elevati standard di sicurezza ed efficacia, degli indubbi vantaggi sia sul nascituro che sulla madre (quando l'analgesia del travaglio e del parto non diventi addirittura necessità in caso di determinate patologie fisiche e/o psichiche della gestante, tendenza ad affrontare una gravidanza sempre più avanti con l'età anagrafica o, peggio, morte intrauterina del feto), dato che non è nelle nostre intenzioni trattare in questa sede, è soprattutto nella carenza di scelte organizzative e gestionali che si vuole sottolineare una delle principali motivazioni del perchè la parto-anagesia in Italia non riesca a decollare nè si prevedono miglioramenti in questo senso in tempi brevi.
Solo nel 2010 la tecnica è stata inserita nei Livelli Essenziali di Assistenza e ben precisamente sottolineata all'art. 37 comma 3 laddove si recita che “...il SSN garantisce le procedure analgesiche nel corso del travaglio e del parto vaginale in alcune strutture individuate dalle Regioni... e ne promuove la diffusione attraverso programmi volti all'utilizzo (e quindi alla formazione del personale n.d.r.) delle procedure...”
I limiti organizzativi in Italia
Uno dei principali problemi, a nostro avviso, è da ricercarsi nell' errato convincimento organizzativo che l'attuale organico di Anestesisti Rianimatori presenti sull'intero territorio nazionale possa in qualche modo soddisfare la richiesta nelle 24h, 7/7 in tutti i punti nascita attivati, gestendo contemporaneamente il carico di lavoro normalmente gravante su questa figura medica essenziale della realtà ospedaliera.
Un dato incontrovertibile è inoltre determinato dal fatto che all'interno delle strutture nosocomiali è fondamentale che la parto-analgesia sia espletata da personale inserito in un Servizio specificamente “dedicato”, libero cioè per la tipologia di turno svolto, da altri impegni istituzionali assistenziali e a completa disposizione della partoriente per tutto il tempo necessario che va dal posizionamento del catetere peridurale fino al secondamento. Oltre che dotato di consolidata esperienza non solo nella tecnica anestesiologica di per se ma, anche, fine conoscitore delle problematiche e delle dinamiche ostetrico-ginecologiche che caratterizzano la gravidanza, il travaglio, il parto e la gestione delle sue complicanze. Impensabile quindi nella maggior parte delle realtà periferiche ospedaliere della provincia italiana, sedi di punto nascita, dove oltre a un esiguo numero di parti/anno (ai fini dell'esperienza e della manualià acquisita), si determina la necessità di dover gestire istituzionalmente e prioritariamente attività di consulenza in Pronto Soccorso, in sala operatoria chirurgica e ostetrica o emergenze intraospedaliere che ovviamente hanno la precedenza sull' assistenza al parto non complicato e quindi anche ad una eventuale parto-analgesia.
Pertanto durante la notte e i festivi nelle strutture che presentano tali caratteristiche ciò che dovrebbe essere sempre presidiato con un servizio di Guardia attiva anestesiologica (eventualmente potenziato con un complementare istituto di Pronta disponibilità aggiuntiva), è invece completamente vicariato dalla sola Pronta disponibilità attivata per la gestione anestesiologica dell'urgenza-emergenza.
Improponibile poi avallare l'equivoco entrato oramai nella regola di molte Aziende sanitarie per cui si possa considerare utilizzabile in tali contesti l'Anestesista - Rianimatore impegnato nelle Terapie Intensive, laddove il presidio Opedaliero sia anche dotato di Rianimazione.
L'eccessiva frammentazione dei punti nascita in Italia
Non gioca certo a favore della qualità della prestazione la parcellizzazione dei punti nascita sparsi sull'intero territorio nazionale dove l'esiguo numero di parti all'anno (e per esiguo numero si intenda un valore inferiore ai 1000 parti/anno) e una più ridotta esperienza non gioca a favore della costituzione di qualificati e affiatati team ostetrico-anestesiologici. In tali sedi infatti paradossalmente, e come evidenziato dalle indagini effettuate, si impenna la percentuale dei TC sul totale dei parti/anno.
La situazione precipita al sud e nelle isole dove nei 124 punti nascita esaminati, ben 74 (pari al 60%) eseguono TC per oltre il 40% delle nascite, mentre al centro e al nord Italia la percentuale si riduce all'8% e al 18%. I dati si riferiscono allo studio condotto pochi anni fa dai delegati Scientifici e dai Presidenti Regionali della A.A.R.O.I. Associazione Anestesisti-Rianimatori Ospedalieri Italiani.
Già in una precedente indagine condotta dal Club Italiano Anestesisti Ostetrici (C.I.A.O.) nell'anno 2000 solo il 10% dei punti nascita in Italia era in grado di erogare la prestazione e di questi solo una esigua percentuale copriva il servizio nell'arco delle 24h.
Una medesima indagine qualche anno più tardi (2003) condotta dal Ministero delle Pari Opportunità sottolineava che della totalità dei punti nascita censiti solo il 38% era in grado di poterla effettuare e solo il 9% in grado di erogare il servizio per 24h in regime istituzionale.
Il confronto europeo
Un raffronto con la situazione europea ci vede nettamente in una condizione organizzativa di inferiorità, laddove invece il 70% dei parti eutocici avviene con l'utilizzo della tecnica peridurale e molto bassa è la percentuale di TC. In questo contesto, al contrario della parcellizzazione denunciata da noi, le strutture sedi di punto nascita sono numericamente più esigue sul territorio grazie alla centralizzazione in alcuni centri pilota ma vantano tutte una casistica che va almeno tra i 1500 e i 3000 parti/anno.
Scarse prospettive future
La situazione può essere quindi ben compresa e sicuramente facile è la considerazione pessimistica ma realistica che ne consegue nel momento in cui oltre alle problematiche esposte si aggiungono i provvedimenti di manovre finanziarie sempre in agguato che anziché favorire il potenziamento degli organici in questo senso, determinano tagli nelle sovvenzioni alle Regioni (con ovvi risvolti sulla Sanità), blocchi nel turn-over dei Dirigenti medici e mancati rinnovi contrattuali di quelli a tempo determinato così come mancate sono le sostituzioni per le lunghe assenze giustificate che però gravano sull'organico residuo.
Se tali manovre, volte al risparmio assoluto, non fanno una grinza dal punto di vista imprenditoriale e manageriale, certo stridono se si debba considerare ancora l'Ospedale come luogo di cura in cui potersi permettere di mantenere standard umani e assistenziali per garantire la domanda crescente di Salute dei cittadini. La realtà dei fatti evidenzia una mancata volontà politica, nonostante sia ribadito ufficialmente il contrario, a far si che effettivamente nel nostro Paese si raggiunga il traguardo del parto indolore.
Conclusioni
I pochi risultati conseguiti fin qui possono essere attribuiti certamente solo alla buona volontà, alla professionalità e allo spirito volontaristico dei singoli Professionisti del settore coinvolti sul campo, più che della Politica. Ciò conforta e sottolinea il dato che, nonostante le carenze strutturali e organiche denunciate, l'Italia riesce comunque a conservare, nonostante tutto, uno degli indici di mortalità materno infantile più bassi del vecchio continente. Non è poca cosa, ma di certo i cittadini oggi ci chiedono di più.
Bibliografia:
-A. Paolicchi, A. Bardini: “Gli Anestesisti-Rianimatori tra Taglio cesareo e Partoanalgesia” Indagine conoscitiva nelle U.O. di Ostetricia e Ginecologia. Atti del 4° Congresso S.I.A.R.E.D.- Napoli 2006. A.A.R.O.I.
-C. Pesce: “La partoanalgesia può ridurre i tagli cesarei” da: www.aaroi.it/Pagine/documenti/dal.../partoanalgesia01_09-2010.pdf
-S. Antonucci et al. : “Indagine conoscitiva sulla situazione italiana dell'analgesia ed anestesia in ostetricia. 2005.