Dolore cronico: una malattia del futuro
l dolore cronico è una condizione complessa che colpisce da 42 a 50 milioni di americani, secondo l'American Pain Foundation.
Le persone con dolore persistente, spesso pensano di essere affetti da una disturbo specifico, che si tratti di artrosi, mal di schiena, emicrania, o qualcosa del genere. Ma chi ha vissuto il dolore per alcuni mesi o anche più a lungo deve fare i conti con una condizione nota come dolore cronico.
Il dolore cronico è una condizione complessa che colpisce da 42 a 50 milioni di americani, secondo l'American Pain Foundation.
Nonostante decenni di ricerca, il dolore cronico rimane poco compreso e notoriamentedi difficile controllo.In un sondaggio condotto dalla American Academy of Pain Medicine è emerso che un trattamento completo con farmaci antidolorifici aiuta, in media, solo circa il 58% delle persone con dolore cronico.
Quali sono le cause del dolore cronico, e cosa si può fare?
Alcuni casi di dolore cronico possono essere ricondotti a una lesione specifica che nel tempo è guarita - per esempio, una grave infezione, o addirittura un intervento chirurgico
Altri casi non hanno alcun motivo apparente con 'assenza di danni ai tessuti sottostanti. Tuttavia, molti casi di dolore cronico sono correlati a queste condizioni:
- Mal di schiena
- Artrite,artrosi
- Mal di testa
- Sclerosi multipla
- Fibromialgia
- Herpes zoster
- Danni ai nervi (neuropatia)
Trattare la sua condizione di base è, ovviamente, di vitale importanza. Ma spesso non risolve il dolore cronico. Sempre più spesso, i medici ritengono che il dolore cronico sia una condizione propria, che richiede un trattamento del dolore che coinvolga, la salute fisica e psicologica del paziente.
Il dolore cronico ha tutte le caratteristiche di una malattia con risvolti psicologici e sociali gravi . Il paziente si sente abbandonato dalla struttura sanitaria e dagli operatori che hanno già fatto il possibile; non riesce a impegnarsi nella propria occupazione e spesso perde il lavoro.
Le relazioni interpersonali ma soprattutto quelle famigliari sono a rischio perché spesso chi è accanto a chi soffre di dolore cronico non capisce la situazione, non accetta il dolore come risposta a un diniego o una mancata presenza.
Viene a sminuirsi così il proprio ruolo sociale , la figura che ognuno di noi ha nella società e nella famiglia .
Pesante inoltre il ruolo economico del mancato guadagno o peggio di ulteriori spese per sopperire alle proprie mancanze. In poche parole la vita con i propri progetti le proprie aspettative e desideri viene stravolta in nome di una malattia che non ha nome e come tale spesso è difficile da credere.
Fin qui non c’è nessuna differenza con il dolore inutile e globale di una malattia neoplastica con la differenza che la patologia oncologica è di per se un alibi più che valido per giustificare la propria stanchezza il proprio dolore la propria solitudine.
Si è ammalati soltanto di dolore ….. e questa è l’ulteriore delusione! non avere nessuna giustificazione per come ci si sente.
D'altronde perché tanta preoccupazione e affanno per un po’ di dolore ?
Alla fine non è una diagnosi codificata è solo un sintomo che alcuni mal sopportano e pertanto finiscono per essere considerati lamentosi depressi e soprattutto psicologicamente poco reattivi . a questo punto i vengono isolati abbandonati e soprattutto non creduti . l’ennesima delusione! Tanto da desiderare di essere affetti da “un male di quelli“ ma comunque da una malattia.
Le similitudini con le patologie oncologiche non sono finite perche i pazienti con patologie croniche benigne che approdano ai centri e agli ambulatori di terapia del dolore, vi arrivano con le stesse facce preoccupate e tirate di chi è arrivato all’ultima spiaggia; all’ultimo giro di boa prima di fermarsi per sempre.
Siamo abituati ad associare la terapia del dolore al periodo breve o lungo che sia di un agonia che accompagna le malattie tumorali e l’uso degli stessi farmaci ne aumenta il carico emotivo.
Non siamo ancora stati educati alla presenza di uno specialista “algologo” che si occupa di tutte quelle sindromi dolorose croniche benigne che dalla neuropatia alla cefalea al dolore osteoartrosico si occupa di ridurre l’impatto del dolore migliorando le performances e la qualità di vita
È in questa ottica che la la Legge 1771 sulla terapia del dolore e cure palliative approvata in via definitiva il 9 marzo scorso, sancisce il diritto, di ogni cittadino di qualsiasi età, di accedere alla cura del dolore in tutte le sue forme abbattendo le barriere ideologiche che impedivano di riconoscere il dolore cronico come malattia e non più come sintomo, riformando di fatto una cultura che impediva l'applicazione di un diritto .
Certo la strada è lunga e irta di insidie perché mentre nelle cure palliative le reti sul territorio sono già presenti e strutturate sul dolore cronico benigno tutto deve essere ancora approntato con la differenza sostanziale che nelle reti del dolore cronico i pazienti andranno ad aumentare nel tempo perché lunga è la loro vita media.