Disturbo erezione.

Quando l'erezione è difficile o non c'è. Che cosa fare?

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Dr. Giovanni Beretta Andrologo, Urologo, Patologo della riproduzione, Sessuologo

Il disturbo dell’erezione è definito impropriamente anche impotenza, un termine che gli andrologi oggi utilizzano per un più ampio spettro di disturbi della risposta sessuale.

Un disturbo dell’erezione, definito impropriamente anche impotenza (oggi con questo termine gli andrologi comprendono un più ampio spettro di disturbi della risposta sessuale), è scatenato da una patologia in cui, pur essendo il desiderio sessuale presente e buono, lo stimolo sessuale non porta a un aumento della vasocongestione, e quindi non si ha una rigidità del pene capace di permettere un rapporto sessuale di tipo penetrativo. Recenti stime statistiche calcolano che in Italia gli uomini che soffrono di impotenza o, meglio, di disturbi erettivi, sono circa tre milioni, cioè il 10-15% di tutta la popolazione maschile.

Cos'è l'erezione?

L'erezione è una complessa risposta fisiologica che dipende da una perfetta funzionalità delle strutture anatomiche, endocrine, neurologiche e vascolari ed è legata anche ad una complessa risposta comportamentale che dipende da una stretta coordinazione a vari livelli del sistema nervoso centrale. Le vie periferiche e centrali che controllano l'erezione sono sensibili a stimoli ormonali e utilizzano una grande varietà di neurotrasmettitori.

Due sono i meccanismi principali che danno un'erezione:

  • il primo passa attraverso una stimolazione psichica (fantasie o stimoli erotici di uno dei cinque sensi) ed è mediato dal centro dorso lombare a livello midollare;
  • il secondo attraverso una stimolazione riflessa dei genitali che viene mediata dal centro sacrale.

Durante una normale erezione la muscolatura liscia si rilascia e le resistenze periferiche cadono causando un massiccio e rapido afflusso di sangue arterioso; l'elasticità delle strutture vascolari aumenta e il sangue rimane intrappolato nei sinusoidi in espansione dei corpi cavernosi.

L'intero sistema comprime le venule contro la tunica albuginea del pene che è relativamente non espansibile ed elastica, riducendo così al minimo la fuga venosa. L'erezione è ottenuta tramite un massiccio apporto arterioso e il suo mantenimento è dovuto a una fine regolazione anatomica che tiene distesi i corpi cavernosi.

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Deficit dell'erezione: cause

Un deficit dell’erezione è un problema che genera paura e ansia e la prima consultazione riveste un'importanza critica nel determinare un rapporto di fiducia tra il medico e il paziente. È richiesta una franca e precisa descrizione del disturbo e bisogna sapere se questo è accompagnato da calo del desiderio, da disfunzioni eiaculatorie o da difficoltà orgasmiche.

Fino a qualche anno fa si pensava che circa il 90% dei problemi di disfunzione erettile fosse di origine psicologica, ma recenti studi e numerose ricerche andrologiche hanno dimostrato la presenza di una causa prevalentemente organica in più del 50% dei casi.

Un disturbo dell'erezione può avere una causa endocrina, sia per una carenza di testosterone, sia per un eccesso di ormoni inibitori, in particolare della prolattina. Comunque, l'incidenza complessiva dei deficit erettivi su base ormonale non sembra superare il 5% dei casi. Può essere utile in alcuni casi comunque una valutazione ematochimica generale, del testosterone e della prolattina.

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Diagnosi ed esami da fare

Quando si ha il sospetto di una patologia neurologica, l'integrità del sistema può essere accertata misurando i potenziali evocati corticali e sacrali. La cute del pene viene stimolata elettricamente e vengono eseguite delle registrazioni tramite un elettrodo che valuta il muscolo bulbocavernoso; si misura il tempo che intercorre tra la stimolazione e la prima risposta a livello muscolare. La normalità viene approssimativamente valutata in 40 m/sec.

La componente sensitiva del riflesso che determina l'erezione può anche essere studiata dalla misurazione della velocità di conduzione del nervo dorsale del pene. I potenziali evocati genito-corticali sono ottenuti stimolando la cute peniena e la registrazione viene eseguita attraverso elettrodi posti a livello dello scalpo come durante l'esecuzione di un elettroencefalogramma. Questo esame ci dà informazioni sulla componente sensitiva.

Un altro esame è la monitorizzazione delle erezioni notturne utile a selezionare in prima battuta le problematiche dell’erezione "organiche" da quelle " psicologiche". Il test consiste nella misurazione per tre notti consecutive delle erezioni durante il sonno tramite dei rilevatori ad anello posti alla base e alla punta del pene. Quando il pene va in erezione, il rilevatore ne misura la tumescenza e la rigidità.

La durata, la frequenza e l'intensità delle erezioni notturne variano con l'età. In un adolescente di 15 anni si verificheranno in media 4 episodi di erezione notturna della durata di circa 30 minuti; nello stesso individuo a 70 anni le erezioni saranno solamente 2 e di durata più breve. Questa tecnica non è da ritenersi sempre precisa e sono stati riscontrati numerosi falsi positivi, cioè test che apparentemente danno un esito positivo per un problema organico.

In passato per valutare un probabile problema vascolare molti test sono stati utilizzati nel tentativo di studiare la circolazione arteriosa peniena, ma i risultati ottenuti erano poco soddisfacenti, dato che la maggior parte di questi test valutava il pene allo stato flaccido. L'introduzione delle iniezioni intracavernose di farmaci vasoattivi ci ha permesso di studiare il pene in erezione rivoluzionando l'approccio al paziente impotente.

La valutazione emoflussimetrica delle arterie peniene tramite sonda ecocolordoppler è stata utilizzata per differenziare la velocità del sangue nelle differenti arterie peniene attraverso l'analisi delle onde riflesse dalla parte corpuscolata dal sangue che scorre nei vasi.

L'iniezione intracavernosa di farmaci vasoattivi permette di studiare, utilizzando un ecografo munito di sonda Doppler, l'emodinamica arteriosa del pene in erezione. In questo modo si può anche valutare il diametro interno delle arterie cavernose e misurare il flusso ematico prima e dopo l'iniezione del vasodilatatore.

Durante l'esame vengono valutati: l'ecogenicità dei corpi cavernosi, lo spessore e le eventuali irregolarità della parete arteriosa, le pulsazioni e l'aspetto delle onde Doppler.

Altri esami

Quando si deve identificare la presenza e l'esatta localizzazione di un problema arterioso o di una fuga venosa è necessario utilizzare metodiche più invasive. Queste comprendono: la cavernosometria, la cavernografia dinamica e l'arteriografia selettiva dinamica delle arterie peniene.

La cavernosografia fornisce importanti informazioni anatomiche che potranno essere utili per una eventuale correzione chirurgica. Un'altra indagine è l'arteriografia selettiva dinamica delle arterie peniene. L'effetto vasoattivo della papaverina e della prostaglandina E1 ha determinato la possibilità di una migliore visualizzazione del letto vascolare.

Dalle valutazioni angiografiche dinamiche sappiamo che i siti di restringimento (stenosi) sono più frequenti a livello dell'arteria pudenda interna distale e delle arterie peniene prossimali.

Oggi sappiamo che le due maggiori cause che determinano una patologia ostruttiva arteriosa sono l'arteriosclerosi e i traumi. Altre cause possono essere l'esposizione a radiazioni o danni dopo interventi chirurgici. Ricordare sempre comunque che il più importante fattore di rischio associato ad un deficit erettivo è il fumo di sigaretta.

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Cosa fare quando si ha una caduta dell'erezione: l'approccio farmacologico

Il testorerone è un ormone importante (prodotto dai testicoli), anche se non decisivo, per avere un'erezione. Sappiamo che gli stati depressivi riducono il testosterone nel sangue così come la presenza di testicoli ridotti di volume (ipogonadismo). Un ipogonadismo, dovuto ad una patologia testicolare, non richiede una terapia con gonadotropine dato che in questo caso sono generalmente elevate. La terapia corretta può essere la somministrazione di testosterone sostitutivo.

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L'aumento della prolattina nel sangue è una malattia endocrinologica spesso associata a disfunzioni sessuali. Può essere iatrogena, cioè dovuta all'assunzione di farmaci, o prodotta da un tumore ipotalamico od ipofisario. Eventuali disturbi tiroidei vanno opportunamente diagnosticati e corretti; nel diabetico un miglioramento dell'assetto metabolico può determinare il ripristino di una normale attività sessuale.

Nelle forme di deficit erettivo su base vascolare non gravi, con secondarie ed importanti complicanze psicologiche, può essere utile l'uso di vasodilatatori assunti tramite paste e creme come il glicerolo nitrato o la crema tripla (associazione di aminofillina, isosorbide dinitrato e co-dergocrine mesilato) oppure per via intrauretrale, ad esempio il MUSE (Medicated Urethral System for Erection) è un metodo brevettato per somministrare prostaglandina E1 in uretra sotto forma di microsupposta. L'uso di queste creme non sono ben accettate in generale da chi ha il problema né dai medici e per di più in Italia non sono commercializzate.

Altra via di somministrazione è quella orale con l'utilizzo di farmaci quali la Pentoxifillina o alcuni estratti vegetali derivati dalla Yohimbina o simili come la Damiana (estratta dalle foglie della Turnera Aphrodisiaca, una pianta originaria del Messico e delle Antille). Queste sostanze hanno una blanda azione alfa-litica con conseguente vasodilatazione attiva del tessuto spugnoso dei corpi cavernosi.

In fase di valutazione clinica sono le indicazioni all'uso per via orale di farmaci quali la Levo-Arginina o alcuni agenti Alfa-Litici come il Tradazone idrocloride, la Delequamina e la Fentolamina.

Dagli anni 90 sono entrati in commercio farmaci nuovi come gli inibitori delle fosfodiesterasi e l'Apomorfina cloridrato (quest’ultimo subito lasciato per le sue scarse risposte cliniche positive).

Il Sildenafil (o Viagra)

Il Sildenafil è stato il primo farmaco che attraverso l’inibizione delle fosfodiesterasi di tipo 5 è stato capace di determinare una vasodilatazione dei corpi cavernosi. Commercialmente chiamato Viagra, è usato alle dosi di 25, 50, 100 mg ed è capace di aumentare l'arrivo di sangue al pene perché rallenta appunto l'azione di un enzima (la fosfodiesterasi di tipo 5) responsabile a sua volta della degradazione di un mediatore (il Guanosin Monofosfato ciclico: GMPc) che, quando è assente o deficitario, causa un mancato rilasciamento della muscolatura liscia dei corpi cavernosi, una minore vasodilatazione arteriosa e quindi una caduta o una mancata erezione.

Il Sildenafil è in sostanza una pillola che, assunta 40 minuti prima di un rapporto sessuale, può aiutare ad avere una erezione valida. Nonostante la spettacolare presentazione fatta da parte dei mass-media come "pillola miracolosa" o "nuovo afrodisiaco", è a tutti gli effetti un farmaco e come tale deve essere considerato.

Ecco le cinque regole d'oro che, nell'assumere questo tipo di farmaco, devono sempre essere considerate:

  1. prenderlo solo dopo una attenta valutazione clinica del medico;
  2. come tutti i farmaci leggere attentamente il foglietto illustrativo;
  3. seguire scrupolosamente le indicazioni date dallo specialista;
  4. gli inibitori delle fosfodiesterasi non sono sostanze afrodisiache e quindi non aumentano il desiderio sessuale ed infine
  5. non si deve dare la pillola ad amici o conoscenti anche se lamentano o pensiamo che abbiano un disturbo erettivo.

Gli effetti collaterali segnalati con il Viagra sono soprattutto:

  • vampate di calore,
  • mal di testa,
  • capogiri,
  • in misura meno frequente sono stati segnalati disturbi gastrointestinali, congestione nasale e una visione alterata dei colori che virano verso il blu.

Le controindicazioni all'uso del Sildenafil sono assolute in tutti i pazienti cardiopatici in terapia con nitrati o con farmaci che stimolano la produzione di ossido di azoto (ad esempio il nitrato di amile). In questi pazienti si può verificare una importante caduta della pressione arteriosa.

Il Sildenafil resta controindicato nelle gravi ipotensioni, nei pazienti con una storia clinica recente di ictus o infarto cardiaco, nelle gravi cardiopatie, nei disturbi ereditari degenerativi della retina (ad esempio la retinite pigmentosa). Infine molta prudenza viene consigliata dagli specialisti quando ci sono patologie del sangue come l'anemia falciforme, il mieloma multiplo e la leucemia che possono scatenare un priapismo, cioè una erezione prolungata e dolorosa.

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Altri farmaci

Dopo il Sildenafil, più recentemente, sono comparsi sulla scena clinica altri inibitori delle fosfodiesterasi di tipo 5 come il Tadalafil (commercialmente chiamato Cialis alle dosi di 5, 10, 20 mg) che presenta una emivita maggiore e quindi una durata d’azione più prolungata e il Vardenafil (commercialmente Levitra alle dosi di 5, 10, 20mg) farmaco anch’esso potente e selettivo; molto rapidamente il farmaco raggiunge le concentrazioni di picco e se il paziente viene adeguatamente stimolato si può avere una erezione già dopo circa 30 minuti e fino a 4 – 5 ore dall’assunzione del farmaco.

Il trattamento con gli inibitori delle fosfodiesterasi porta anche ad un miglioramento delle erezioni spontanee e quindi ad un generale miglioramento delle prestazioni e del senso di benessere che il paziente ha; inoltre migliorano le erezioni anche nei pazienti con diabete di tipo 1 e 2 e nei pazienti con tumore della prostata operati di prostatectomia radicale.

Infine altro farmaco entrato nella farmacopea dei disturbi dell'erezione è l'Apomorfina cloridrato (nome commerciali Ixense, Taluvian, Uprima) che con un ancora diverso meccanismo d'azione dovrebbe stimolare direttamente il sistema nervoso centrale come agonista dopaminergico agendo a livello dei recettori D2 nel nucleo paraventricolare dell’ipotalamo ed inducendo così una cascata “erettiva” che si concluderebbe con l’erezione del pene.

Le iniziali esperienze cliniche non sono state incoraggianti ed il prodotto è praticamente “scomparso” nel suo utilizzo clinico quotidiano.

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Le iniezioni intracavernose

Le iniezioni intracavernose di farmaci vasoattivi sono state un capitolo importante nel trattamento dei deficit erettivi. Il primo farmaco utilizzato fu la papaverina, un vasodilatatore non specifico che agisce sulla muscolatura liscia. Con questa tecnica Virag riportò anche un miglioramento delle erezioni spontanee.

Oggi i farmaci più usati per le iniezioni intracavernose sono la papaverina, la fentolamina e la più recente la prostaglandina E1. I primi due farmaci non sono esenti da effetti collaterali immediati e da complicanze a lungo termine. Dolore transitorio nella zona dell’iniezione, presenza di piccole ecchimosi ed ematomi sono complicanze generalmente lievi. L’effetto collaterale più grave che si può verificare subito dopo l’iniezione, in circa il 6-10% dei casi, è un’erezione prolungata che può diventare, se non trattata, un vero e proprio priapismo.

Nel caso di una erezione prolungata è consigliato lo svuotamento dei corpi cavernosi. Nei rari casi in cui l'erezione permanga dopo questo trattamento si procede a una irrigazione dei corpi cavernosi con un simpatico-mimetico ed eparina.

Dopo iniezioni ripetute circa il 4% dei pazienti può sviluppare delle aree di indurimento nel corpo cavernoso.

In molti casi si ha una loro risoluzione spontanea; in altri casi si ha l'evoluzione verso una fibrosi.

Prima dell’introduzione delle terapie orali e nei pochi casi in cui oggi queste non funzionano viene consigliata una autosomministrazione. A questo scopo i pazienti vengono accuratamente informati di tutte le fasi dell'autoiniezione, dei possibili effetti collaterali e delle eventuali complicanze. Viene fatta sottoscrivere una dichiarazione di consenso informato.

I pazienti interessati alle autoiniezioni seguono un breve corso di addestramento di tre sedute in cui imparano a praticarsi una iniezione nei corpi cavernosi del pene evitando di bucare l'uretra e il fascio neurovascolare dorsale.

Una iniezione nei corpi cavernosi è molto diversa da una iniezione sottocutanea o intramuscolare. Non è necessario aspirare sangue dal corpo cavernoso prima di iniettare il farmaco; il paziente deve essere sicuro di essere nel corpo cavernoso e deve imparare a percepire il cambio di resistenza offerto dai tessuti quando l'ago passa attraverso la tunica albuginea. Si è visto che l'incidenza di fibrosi diminuisce se non si fanno iniezioni al di fuori dei corpi cavernosi.

Uno dei problemi più delicati per l'andrologo è la messa a punto del corretto dosaggio e del tipo di farmaco da utilizzare. È molto importante che il paziente non esegua più di una o due autoiniezioni settimanali.

La prostaglandina E1 (PG E1) si è dimostrata, nelle iniezioni intracavernose, il farmaco con la maggiore efficacia terapeutica e non sembra presentare importanti effetti collaterali.

La maggior parte dei tessuti umani contiene gli enzimi necessari per la metabolizzazione delle prostaglandine. In particolare, il corpo cavernoso è ricco di PG-reduttasi e ciò rappresenta un grosso vantaggio in quanto ai dosaggi consigliati la PGE1 fissata nei corpi cavernosi, viene metabolizzata in loco e il rischio di priapismo è molto basso.

È attualmente presente sul mercato una formulazione in polvere liofilizzata della PGE1 (Caverject, Viridal in confezioni da 5, 10 e 20 mcg). Insieme al farmaco la confezione contiene una fiala di solvente, una siringa da 2,5 ml e un ago ultrafine da 30G.

La dose di PGE1 necessaria per ottenere un'erezione soddisfacente è assolutamente variabile da paziente a paziente ed è stabilita sempre dall'andrologo.

Per una corretta autoiniezione si devono seguire le seguenti istruzioni:

  1. l'iniezione deve essere praticata lateralmente nel corpo cavernoso solo nell'area del pene;
  2. si tiene la testa del pene fra il pollice e l'indice per mantenerlo fermo contro la coscia;
  3. si disinfetta la cute e con un movimento deciso e continuo si inserisce l'ago nel punto di iniezione con un’angolazione di 90 gradi evitando i vasi;
  4. si preme sul pistone della siringa e si inietta lentamente il farmaco;
  5. infine si toglie l'ago e si preme con un batuffolo di cotone imbevuto di disinfettante sul sito dell’iniezione.

Il farmaco deve essere somministrato circa 10 minuti prima del rapporto sessuale. Solo dopo una attenta valutazione diagnostica ed un "apprendistato" sotto la guida di un esperto andrologo, questa tecnica non presenta importanti effetti collaterali.

La nostra esperienza con l'utilizzo della PGE1 risale al giugno del 1988. Il nostro protocollo di valutazione prevedeva l'utilizzo nei pazienti con problematiche neurologiche e nei pazienti con una sospetta causa psicologica di una dose iniziale di 2,5 ug, mentre nei pazienti con una sospetta patologia vascolare di 10 ug di PG. Il test viene giudicato positivo se si raggiunge una erezione completa per almeno 30 minuti. Il dosaggio della PGE1 viene poi personalizzato.

L'approccio chirurgico

Nei deficit dell’erezione su base vascolare arteriosa è indicata la chirurgia vascolare ricostruttiva. I candidati per questo tipo di approccio terapeutico sono purtroppo pochi, cioè uomini giovani con un'arteriopatia secondaria ad un evento traumatico.

L'argomento più controverso e discusso in questo campo rimane il trattamento di quei pazienti con una fuga venosa associata o no ad una arteriosclerosi.

La microchirurgia vascolare non può invece essere una soluzione nelle vasculopatie associate ad una arteriosclerosi diffusa.

Il successo del trattamento chirurgico nelle problematiche da causa venosa dipende dall'esatta identificazione del tipo di lesione, dal grado di incompetenza del sistema venoso e dallo stato del sistema arterioso.

Tra le complicanze di questa chirurgia vi possono essere una diminuzione della sensazione, esiti cicatriziali retraenti con accorciamento del pene e prolungato edema postoperatorio.

È difficile definire le percentuali di successo dell'approccio chirurgico, anche per il numero molto limitato dei casi trattati e pubblicati sulla letteratura internazionale.

Le protesi peniene

Quando le altre strategie terapeutiche non sono praticabili si ricorre alla protesi o pompetta peniena. L’introduzione delle terapie orali con inibitori delle fosfodiesterasi ha limitato molto l’utilizzo di questa strategia chirurgica.

L'inserzione di una protesi è comunque utilizzata da più di 50 anni. Il primo impianto fu fatto utilizzando una sezione di cartilagine costale su di un uomo che aveva avuto il pene amputato. L'uso di materiali non sintetici comportava però un riassorbimento della sostanza usata e quindi furono messi a punto dei materiali sintetici inerti.

Due tipi di protesi si sono sviluppate in questi anni: le semirigide e le gonfiabili.

Le protesi semirigide, rispetto alle gonfiabili, sono dispositivi meno costosi, facili da impiantare e difficilmente vanno incontro a deterioramenti meccanici.

Tra queste ricordiamo la semplice protesi di Small - Carrion e quella di Subrini, costituita da due elastometri di silicone. Queste protesi danno una adeguata rigidità per la penetrazione, ma non possono essere facilmente mascherabili.

Le semirigide più correntemente utilizzate hanno un anima metallica centrale così che il pene può essere facilmente messo in qualsiasi posizione e per questo sono dette "malleabili".

Nel 1973, per venire incontro alla crescente domanda di protesi più "fisiologiche" e quindi maggiormente accettabili da un punto di vista psicologico ed estetico, Scott introdusse la prima protesi peniena gonfiabile. La protesi di Scott è costituita da due cilindri per i corpi cavernosi, un serbatoio e una pompa.

Le caratteristiche positive di questa protesi erano bilanciate in negativo da una serie di complicanze quali la fuoriuscita di liquido dai cilindri, l'aneurisma degli stessi, le più facili infezioni.

Una seconda generazione di protesi gonfiabili è stata introdotta nel 1983. Apparentemente simili alle protesi di Scott ma prodotte con un materiale più resistente ed anelastico: il bioflex poliuretano. In questo modo gli aneurismi del cilindro e le rotture diventavano evenienze più rare.

In questi ultimi anni un'altra famiglia di protesi idrauliche (le bicomponenti) sono state utilizzate per conciliare la facilità dell'impianto, la riduzione dei costi e una migliore rigidità. In questa famiglia di protesi si hanno sempre i cilindri mentre la pompa e il serbatoio sono assemblati e possono essere posizionati nello scroto.

È molto importante informare i pazienti candidati a un impianto protesico su tutte le scelte, i problemi e le possibili complicanze delle diverse protesi in commercio.

Guarda il video: 3 domande sulla protesi peniena

I dispositivi esterni

Un breve cenno merita anche questa particolare strategia terapeutica oggi apparentemente abbandonata dopo l’introduzione delle terapie per via orale. Si tratta di apparecchi che possono produrre e mantenere un'erezione o uno stato simile all'erezione tale da permettere una penetrazione.

L'ErecAid System è costituito da un cilindro di plastica, una pompa che crea il vuoto, un tubo connettore e una benderella elastica. Il pene è posto dentro il cilindro dove viene creato del vuoto utilizzando la pompa.

La pressione negativa richiama sangue all'interno del pene, in quantità tale da produrre una situazione simile all'erezione. Questa viene mantenuta tramite l'applicazione di un elastico alla base del pene. Il cilindro viene rimosso e l'erezione viene mantenuta per un periodo di tempo che comunque non deve essere superiore ai 30 minuti.

Il Response System, il POST-T-VAC System e il Vacuum Erection Device funzionano tutti con un principio simile all'ErecAid System da cui differiscono molto poco.

Un dispositivo concettualmente differente è il Synergist Erection System, costituito da un dispositivo simile a un condom fatto con silicone trasparente. Questo è già rigido abbastanza da sostenere il pene flaccido.

Dopo avere applicato il dispositivo al pene si crea il vuoto all'interno attraverso un tubicino con la semplice suzione, il tubicino viene chiuso da una valvola e arrotolato alla base del pene. Dopo l'uso la valvola viene aperta e il dispositivo rimosso.

L'uso di questi apparecchi presenta alcuni potenziali vantaggi quali:

  • la relativa semplicità e sicurezza,
  • non richiedono intervento chirurgico,
  • non interferiscono con altri trattamenti farmacologici,
  • possono essere utilizzati quando lo si desidera e sono relativamente economici.

Come per le iniezioni intracavernose si è notato che l'utilizzo di questa tecnica permette in un certo numero di casi un deciso miglioramento delle erezioni spontanee, in quest'ottica è stato proposto l'uso dell'ErectAid System con una finalità di tipo ginnico-riabilitativo, cioè, indipendentemente dal rapporto sessuale, si consiglia al paziente di utilizzare l'apparecchiatura per 10 - 15 minuti tutti i giorni.

I più importanti svantaggi dei Vacuum Device sono costituiti dalla loro macchinosità che richiede una certa destrezza da parte del paziente e dal limite massimo di 30 minuti per il loro utilizzo.

Cosa fare in caso di calo dell'erezione

Aspetti psicologici

L'uomo affetto da disturbi erettivi su base psicologica spesso proviene da una famiglia sessualmente repressiva. Ogni tipo di educazione che rende una persona paurosa dell'intimità, incapace di amare o di sentirsi amata, può lamentare una “impotenza sessuale”. I fattori che contribuiscono a creare tali reazioni possono essere liti continue tra i genitori, il sentirsi poco attraenti, il rifiuto dei propri coetanei.

A tali esperienze c'è da aggiungere l'influsso dell'ambiente culturale circostante. Il giovane, già pieno di paure, al suo primo tentativo può essere così ansioso e teso da non essere in grado di raggiungere una erezione.

La paura dell'insuccesso è spesso associata anche alla paura di essere abbandonato dal partner.

A volte bisogna combattere una serie di informazioni distorte. In alcuni casi lo specialista nota che l'impiego di tecniche sessuali inadeguate deriva dal fatto che l'uomo sta inconsapevolmente evitando di dare e ricevere stimolazioni adeguate ed efficaci a causa di un'ansia da prestazione mobilitata dalle sue stesse sensazioni negative.

In stretta relazione con la paura dell'insuccesso ci sono casi di “impotenza” secondaria che si verificano alla richiesta perentoria di prestazioni sessuali da parte del partner. Le emozioni negative generate dalla coercizione e da una richiesta troppo esigente possono facilmente mortificare la risposta sessuale.

Altri fattori possono essere costituiti dalle tensioni derivate:

  • dalla situazione economica o dal lavoro,
  • da reazioni depressive,
  • da discordie tra i partner,
  • dalla perdita di desiderabilità e da sporadiche esperienze traumatiche che fanno insorgere sensi di ostilità e di rifiuto verso il partner o fanno sentire l'uomo particolarmente inadeguato e colpevole.

Esempi classici possono essere la scoperta di una infedeltà o il contrarre una malattia importante.

A volte l'uomo si meraviglia del fatto che occorra più tempo per raggiungere l'erezione. Il risultato è alla fine una prestazione ansiosa e una conseguente caduta dell'erezione.

Il trattamento psicologico dei disturbi dell’erezione risente dei contributi dei sessuologi americani Masters e Johnson che hanno dimostrato come, assicurandosi l'aiuto e la comprensione del partner e operando una desensibilizzazione della componente ansiosa, sia possibile raggiungere risultati terapeutici migliori di quelli ottenuti con un trattamento psicoanalitico classico. La psicoanalisi è indicata in quelle situazioni in cui il conflitto intrapsichico è particolarmente “importante”.

L'obbiettivo prioritario del trattamento rimane quello di diminuire l'ansia e di modificare il sistema sessuale della coppia in modo tale da incrementare i fattori di stimolo. Spesso il maschio deve essere istruito ed aiutato a rifocalizzarsi sulle proprie sensazioni erotiche e ad interrompere, durante il rapporto sessuale, i penseri che le distruggono. La strategia è quella di prevenire l'ansia che insorge al momento del rapporto e che impedisce l'erezione.

Per approfondire:Perdi l'erezione: colpa dell'ansia da prestazione?

Aspetti organici

Quando la causa è di natura organica il disturbo è dovuto generalmente ad una alterazione del meccanismo neuro-vascolare che non riesce ad inviare o a trattenere nei corpi cavernosi del pene abbastanza sangue da renderlo rigido ed eretto. Un’altra patologia che può colpire la struttura anatomica del pene è l'induratio penis plastica o morbo di La Peyronie caratterizzato da fibrosi massiva dell'albuginea e successivamente anche dei corpi cavernosi.

Per molto tempo si è pensato che i problemi sessuali maschili fossero dovuti quasi esclusivamente a cause di natura psicologica e fossero di non semplice soluzione. Oggi, con i nuovi test diagnostici, si è potuto verificare che in molti casi le cause sono di tipo organico e possono essere razionalmente trattate.

Un rapporto sessuale ben riuscito si basa anche sulla integrità anatomica dei genitali e su un perfetto e coordinato lavoro dei sistemi endocrini, neurologici e vascolari. La possibilità di valutare le cause organiche o psicologiche non deve far pensare ad una loro rigida separazione.

Se si sospetta un problema vascolare gli esami da praticare sono: una monitorizzazzione delle erezioni notturne (la loro presenza fa pensare ad una causa prevalentemente psicologica) ed una valutazione delle arterie peniene con un ecocolordoppler. Disturbi di tipo neurologico richiedono indagini particolari con l'utilizzo di apparecchiature come le unità di registrazione dei potenziali evocati sacrali che permettono di verificare danni nella trasmissione degli impulsi nervosi. La componente endocrinologica è invece valutata attraverso il dosaggio nel sangue di alcuni ormoni quali il testosterone e la prolattina.

In presenza di una induratio penis plastica bisogna valutare le caratteristiche e l'estensione della fibrosi con una ecografia dinamica dei corpi cavernosi.

Nell' uomo che lamenta un disturbo dell’erezione possono essere in gioco fattori ambientali e comportamentali quali stress, affaticamento, abuso di farmaci, di alcool o di tabacco. Soprattutto quest’ultimo sembra essere uno dei più importanti fattori di rischio.

Oggi è possibile dare una valida risposta ad un numero sempre maggiore di disturbi. Le cause ormonali sono risolte da farmaci specifici che sostituiscono le sostanze di cui l'organismo è carente oppure bloccano l'attività di altri ormoni in eccesso che inibiscono il desiderio sessuale.

La recente scoperta di alcune sostanze vasoattive, come: la Papaverina, la Prostaglandina E1, il Sildenafil (Viagra), il Tadalafil (Cialis) e da ultimo il Vardenafil (Levitra), ha permesso di trattare numerosi disturbi vascolari.

Per approfondire:10 consigli per mantenere la tua erezione

Un’altra prospettiva di cura, ancora non utilizzata a livello clinico, è la terapia genica recentemente proposta da Arnold Melman, Direttore del Dipartimento di Urologia dell’Albert Einstein College of Medicine della Yeshiva University. Questa prevede il trasferimento di DNA nudo alla muscolatura liscia dei corpi cavernosi. Si tratta cioè di veicolare nei corpi cavernosi un gene, l'hSlo, che codifica per i canali maxipotassium. Ciò provoca l’apertura dei canali del potassio e, quando questo avviene, si ha il rilassamento del muscolo e quindi l’afflusso di sangue che determina l’erezione.

Per ora la ricerca è ancora in un momento molto iniziale, lo stadio della Fase I, cioè su volontari sani. L’effetto che si ottiene non è solo un'erezione ma sembra che ci sia anche un risvolto terapeutico a "lungo periodo". Questa terapia inoltre sembra potenziare gli effetti degli altri farmaci vasoattivi. Detto questo comunque rimangono diversi interrogativi. Uno è culturale: infatti la terapia genica si affida a vettori virali con tutti i problemi annessi e connessi a questo tipo di procedimento. Un secondo aspetto, più clinico, è la via di somministrazione, che richiede sempre un’iniezione nei corpi cavernosi e questo può essere un limite al suo futuro uso clinico come lo fu per i primi vasodilatatori utilizzati nei disturbi erettivi come la Papaverina, la Fentolamina e, la già più volte citata, Prostaglandina E1.

Nelle forme più gravi, dove i farmaci vasoattivi non possono essere utilizzati, due sono le prospettive terapeutiche. La prima è la possibilità di ristabilire il circolo arterioso o di bloccare quello venoso con interventi di chirurgia vascolare.

Queste tecniche sono applicabili ad un numero relativamente ristretto di pazienti ed i successi attualmente non sempre sono brillanti. La seconda possibilità è rappresentata dall'impianto di una protesi all'interno dei corpi cavernosi. Le protesi utilizzate sono in pratica costituite da due cilindri che permettono al pene di ottenere una valida rigidità, e sono particolarmente indicate in quelle forme di fibrosi che determinano un progressivo incurvamento o una retrazione del pene.

Le industrie biotecnologiche hanno messo e stanno mettendo sul mercato molti tipi di protesi. Due sono quelle più importanti: le protesi idrauliche gonfiabili e le semirigide. Il primo tipo utilizza un sistema che può simulare una erezione molto vicina a quella fisiologica. Quelle semirigide malleabili sono invece più semplici e danno una semierezione costante ma facilmente mascherabile.

Per approfondire:Eiaculazione precoce: cosa fare?

Data pubblicazione: 04 luglio 2011 Ultimo aggiornamento: 01 marzo 2022

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