L’inseminazione intrauterina
L’inseminazione intrauterina è la più semplice delle tecniche di procreazione assistita e per molte coppie è la prima proposta, dopo gli accertamenti diagnostici, per risolvere un problema d’infertilità.
Non si tratta di una tecnica nuova anzi la storia dell’inseminazione artificiale è molto antica.
Era già menzionata nel Talmud ebraico ed in un codice arabo del 1322, ma fu proprio un italiano, il sacerdote e filosofo Lazzaro Spallanzani che nel 1780 effettuò e descrisse la prima inseminazione artificiale scientificamente condotta e documentata in un mammifero (la sua barboncina).
Negli stessi anni in Inghilterra John Hunter, uno dei padri della chirurgia inglese, eseguiva la prima inseminazione in una coppia di pazienti in cui il partner maschile soffriva di una grave malformazione che gli impediva di eiaculare in vagina.
Da allora le tappe dell’inseminazione artificiale sono state lente e faticose; l’accoglienza che la comunità scientifica riservò a questo tipo di sperimentazioni era improntata all’intolleranza e all’ostilità, ed ancor più pesanti furono nel corso del tempo i condizionamenti di tipo etico e religioso.
Solo nella seconda metà del secolo scorso l’inseminazione intrauterina fu considerata una terapia medica a tutti gli effetti e scientificamente valutata e considerata.
A chi può essere utile
Le linee guida delle più importanti società scientifiche danno le seguenti indicazioni:
- Modesta alterazione dei parametri del liquido seminale.
- Sterilità inspiegata
- Fattore cervicale
Esistono altre indicazioni più rare come gravi alterazioni anatomiche che impediscono l’eiaculazione in vagina (ipospadia), utilizzo di liquido seminale crioconservato per vari motivi (se i parametri allo scongelamento rimangono idonei per questa tecnica).
Prima di intraprendere questo percorso va verificata la pervietà tubarica e l’assenza d’infezioni nel tratto genitale maschile e femminile.
Come si esegue
L’inseminazione artificiale è la tecnica più semplice di riproduzione assistita; l’aiuto medico in questo caso è limitato all’identificazione del periodo ovulatorio e all’inserimento in utero del liquido seminale opportunamente trattato.
Generalmente si procede con un’induzione dell’ovulazione il cui obiettivo è quello di portare a maturazione 2-3 follicoli per aumentare le possibilità che almeno uno di loro sia fecondato.
A questo scopo si utilizzano le gonadotropine per via iniettiva, ormoni che vanno a stimolare direttamente il reclutamento dei follicoli ovarici.
Un altro farmaco utilizzato per l’induzione dell’ovulazione è il Citrato di Clomifene che si assume per bocca e che stimola l’ovaio indirettamente, facendo aumentare le gonadotropine endogene.
Tramite l’ecografia si valuta qual è il momento più opportuno per somministrare l’HCG (ormone che determina lo scoppio dei follicoli) e, dopo circa 36-40 ore, si può procedere all’inseminazione.
Il giorno dell’inseminazione, il liquido seminale subisce un trattamento detto capacitazione che dura 60-90 minuti e che serve a selezionare gli spermatozoi più mobili.
L’inseminazione vera e propria si esegue con una sottile cannula che, attraverso il collo dell’utero, deposita nella cavità uterina una modesta quantità di liquido seminale (0,3–0,5 ml).
La tecnica è quindi molto semplice e non prevede manovre dolorose; dopo aver eseguito l’inseminazione la donna rimane in posizione supina per qualche minuto e poi può riprendere le sue normali attività.
Per approfondire:Inseminazione intrauterina: se lo sperma viene raccolto a casa?
Complicanze
Questa tecnica è semplice e non invasiva ma bisogna evidenziare che non è esente da rischi.
Nei casi in cui più di tre follicoli raggiungono la maturazione, esiste la possibilità di gravidanza multipla; questo rischio, secondo dati europei, è calcolabile tra il 10 e il 12% e dipende dal numero di follicoli reclutati e dall’età della paziente.
In queste situazioni il ciclo può essere sospeso, così come la stimolazione può venire interrotta se c’è il sospetto che si verifichi la sindrome da iperstimolazione ovarica; per tale motivo, la terapia ormonale deve essere sempre attentamente seguita da uno specialista esperto ed è assolutamente sconsigliabile assumere induttori dell’ovulazione senza controllo ecografico e, se necessario, ormonale.
Risultati
Secondo una recente review europea le possibilità di successo di questa tecnica variano dall’ 8,2 % al 12, 6 % per ogni tentativo.
Per l’HFEA (l’Autorità britannica che monitorizza e regola i Centri di Procreazione Assistita in Inghilterra) queste sono le percentuali di gravidanza ottenute con inseminazione intrauterina divise per fascia d’età della partner femminile:
- 15.8% per donne sotto i 35 anni
- 11.0% per donne tra i 35 e i 39 anni
- 4.7% per donne tra i 40 e i 42 anni
- 1.2% per donne tra i 43 e i 44 anni
- 0 per donne al di sopra dei 44 anni
Va sottolineato ancora una volta come l’età della donna sia un fattore determinante per il successo delle tecniche di riproduzione assistita, infatti, dopo i 40 anni, le possibilità scendono al di sotto del 5% sino ad annullarsi completamente dopo i 44 anni.
La letteratura scientifica ha dimostrato che l’88% delle gravidanze ottenute con IUI avvengono nei primi tre mesi di trattamento e il 95,5 % nei primi sei mesi; non è quindi utile proseguire le inseminazioni oltre tale periodo.
Referenze
- Nice Guidance Feb. 2004
- Bensdorp et al. BMC Womens Health 2009
- Nabila Kamil Yaaqoub
- Efficacy of Intra Uterine Insemination in the Treatment of Infertility American Medical Journal 2 (1): 47-50, 2011