La Scuola di Magenta
Descrizione
Francesco Catanzaro
La storia di Magenta abbraccia 35 anni di storia Urologica Italiana e nel campo della Neuro-urologia ha lasciato una traccia che si nota in molti attuali cultori che in buona parte possono essere considerati allievi della Scuola di Magenta. La Scuola di Magenta è sempre stata caratterizzata da senso pratico, onestà, modestia e dal pudore di apparire oltre misura. Se una esperienza non era maturata a sufficienza e non era vagliata dall'autocritica non veniva presentata.
E’ per questo motivo che molto del lavoro svolto anche a livello scientifico non è stato divulgato, come forse sarebbe stato il caso, se si considerano analoghe esperienze internazionali che compaiono in letteratura e che vengono considerate punti di riferimento in materia neuro-urologica.
Ringrazio il Direttivo della SIU, anche a nome degli altri medici di Magenta e collegati, in qualità di più anziano del gruppo per l'opportunità data di ripercorrere questa singolare esperienza, di cui talora si sono perse alcune tracce anche nei nostri ricordi, e di farne patrimonio comune della comunità scientifica nazionale.
Giovanni Beretta, Matteo Marzotto Caotorta
La sessualità e i suoi diversi modi di esprimerla sono una delle componenti fondamentali della vita di un uomo. Questa affermazione, alla fine degli anni 70, generalmente accettata dall'uomo comune non sembrava valere per la popolazione colpita da disabilità. È in questo clima culturale che iniziò la nostra esperienza all'interno della Divisione Urologica dell'Ospedale di Magenta diretta dal professor Alberto Zanollo. Da anni questa realtà, grazie soprattutto alla particolare sensibilità di cui era dotato il suo primario, si occupava di tutte le problematiche riabilitative che coinvolgevano i medullolesi e per questo motivo era divenuta in quegli anni il Centro di riferimento per molti paraplegici di tutta Italia. In questo contesto generale favorevole si inserì il nostro particolare interesse per lo studio delle problematiche sessuali e riproduttive e iniziammo così ad occuparci di questi problemi ritenuti allora secondari e meno importanti. Dal primo Congresso tenutosi in Italia nel 1977 intitolato “Sessualità ed Handicap” che ebbe un carattere di denuncia generica dei pregiudizi e dell'emarginazione rispetto al diversabile che affrontava questi temi, passammo, alla fine degli anni 70, ad occuparci concretamente ed a trattare i problemi della sessualità e della riproduzione nelle tetra e paraplegie. All'inizio i concetti a cui ci si era ispirati erano legati al cosiddetto modello sociale della disabilità, che, partito dall'Inghilterra nei primi anni settanta, aveva introdotto alcune strategie di intervento che miravano ad analizzare non solo gli aspetti psicologici e medici, ma anche a considerare i vari problemi nel loro contesto sociale e quindi a studiare soluzioni mirate alla rimozione, quando possibile, anche delle barriere sociali e ambientali che il paraplegico doveva affrontare, in modo da rendere possibile una piena partecipazione sociale, fisica e lavorativa del disabile. Gli esponenti del modello sociale hanno offerto agli studi e alle politiche sulla disabilità, nonché alla cultura in genere, una ricca ermeneutica del linguaggio, una critica attenta ad ogni forma irrispettosa di classificazione, ben sapendo che dietro ad ogni parola si apre un mondo di significati che rende possibile ogni forma di socializzazione o di discriminazione (disabile, handicappato, paralitico, ecc.).
Col tempo, al nucleo originale degli esperti che costituivano il nostro Servizio, furono affiancati una assistente sociale ed uno psicologo. Fino dagli inizi degli anni ottanta la nostra attività, soprattutto in campo sessuologico, si articolava su consulenze specifiche individuali e di gruppo per permettere una corretta informazione. A causa di una diffusa ignoranza, disinformazione, confusione tra gli stessi disabili, abbiamo iniziato ad affrontare il tema della sessualità in tutti i suoi aspetti iniziando un programma di educazione sessuale.
La disinformazione presente anche tra il personale medico e paramedico sulla sessualità in generale alimentava pregiudizi e paure negli stessi operatori ed era una delle cause di frustrazione ed oppressione della vita affettiva e sessuale delle persone con disabilità, questa consapevolezza ci spinse a organizzare corsi e convegni formativi anche per il personale medico.
Con il medulloleso individualmente cercavamo di consolidare, oltre l'accettazione del proprio problema, il processo affermativo della propria disabilità che sempre investe anche la sfera sociale: l'identità sociale della persona disabile deve sempre confrontarsi con i criteri normativi del riconoscimento sociale, politico ed economico di un altro individuo. L'intervento era così mirato anche alle figure che circondavano nella vita comune il paraplegico (famigliari, amici, personale medico, ecc.). Le disabiltà del corpo o della mente di una persona suscitano spesso disorientamento e paure. Il consulente, in quest'ottica psicosociale, deve aiutare la persona a cambiare atteggiamento nei confronti dei propri problemi e ad acquisire migliori capacità ed autonomia.
Oltre all'utilizzo di terapie sessuologiche comportamentali ed al counselling, furono introdotte nella gestione ambulatoriale di questi pazienti alcune metodiche innovative come l'utilizzo di vibrostimolatori e/o dispositivi meccanici per indurre l'eiaculazione e un'erezione valida dei corpi cavernosi del pene. Dopo il counselling sessuologico e le terapie mediche riabilitative, ai pazienti che non rispondevano a queste strategie conservative e non invasive, venivano proposte soluzioni chirurgiche come l'inserimento di una protesi peniena. All’inizio furono usate protesi malleabili, semirigide, poi lasciate perché nei pazienti mielolesi potevano più facilmente dare decubiti ed essere estruse; e con l’avvento delle protesi idrauliche bi o tricomponenti, più tollerate e con minori complicanze post-operatorie, le prime furono completamente abbandonate.
A metà degli anni ottanta a queste strategie chirurgiche ben consolidate fu affiancato l'uso di pomate contenenti alfalitici e vasodilatatori (minoxidil, papaverina, fentolamina, ecc.) e soprattutto l'utilizzo delle iniezioni intracavernose di farmaci vasoattivi (papaverina, fentolamina, prostaglandina E1) più efficaci nel determinare un'erezione valida e duratura. A questo proposito fummo tra i primi a segnalare la necessità di utilizzare questi farmaci vasoattivi ai dosaggi più bassi. Infatti il medulloleso, avendo un sistema vascolare integro e un problema nel controllo neurologico, ha una risposta ipertrofizzata a questi farmaci e i rischi di una erezione prolungata a diverse ore o di un priapismo sono decisamente più frequenti e più gravi.
Negli ultimi anni, l'utilizzo dei farmaci per via orale, sildenafil, vardenafili e tadalafil hanno rivoluzionato, da un punto di vista farmacologico e clinico, il nostro modo di affrontare queste problematiche riducendo le indicazioni chirurgiche. Nell'anno in corso il nostro centro è stato coinvolto, insieme ad altre Unità Spinali, in un protocollo internazionale di studio sull'utilizzo del Tadalafil Citrato (10-20 mg) e placebo in doppio cieco, nei pazienti con lesione midollare. Lo studio prevede una valutazione neurologica secondo lo schema ASIA e la possibilità di aumentare i dosaggi del farmaco se la risposta dovesse risultare insufficiente. Lo scopo del lavoro è quello di verificare la reale efficacia del farmaco in relazione al tipo di lesione midollare e soprattutto di portare al Ministero della Sanità una documentazione scientifica che possa facilitare la prescrizione del farmaco con nota CUF per renderlo così gratuito per i pazienti con mielolesione.
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